Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16016 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16016 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12431/2022 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
–
ricorrente –
contro
COGNOME – Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’ avvocato COGNOME che la rappresenta e difende -controricorrente – avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1415/2021 pubblicata il 21/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n.1415/2021 pubblicata il 21/12/2021 ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con RAGIONE_SOCIALE così confermando la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal COGNOME.
La controversia ha per oggetto il pagamento dei contributi soggettivi per gli anni 2012 e 2013 e dei contributi integrativi per gli anni dal 2000 al 2008, 2012 e 2013 pretesi dall’ente previdenziale in via monitoria.
Per la cassazione della sentenza ricorre il COGNOME con ricorso affidato a quattro motivi. COGNOME resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione o falsa applicazione degli artt.2719, 2943, 2948, 2697 secondo comma cod. civ., della legge n.166/1991, con riferimento all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione o «falsa rappresentazione» dell’art.24 Cost., degli artt.414 e 157 cod. proc. civ., dell’art.1335 cod. civ., dell’art.34 D.M. 09/04/2001, degli artt.2943, 2948 e 2697 comma secondo cod. civ. e della legge n.166/1991, con riferimento all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art.34 D.M. 09/04/2001, degli artt.1335, 2697 secondo comma, 2943 quarto comma, 2948 cod. civ. e della legge
n.166/1991, con riferimento all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt.2697 secondo comma, 2943 quarto comma, 2948 cod. civ. con riferimento all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ.
Il primo motivo è inammissibile. Il ricorrente deduce che la corte territoriale ha errato nel non aver riconosciuto alcun effetto giuridico al disconoscimento della conformità agli originali delle copie delle ricevute di ritorno delle lettere di messa in mora spedite da RAGIONE_SOCIALE.
Sul punto la corte territoriale ha richiamato Cass. 12737/2018 ed ha ritenuto che -trattandosi di moduli standard e precompilati -l’appellante avrebbe dovuto puntualizzare quali tra le diverse annotazioni manoscritte fossero illeggibili. La corte ha poi ritenuto che «gli elementi manoscritti della ricevuta rilevanti ai fini della valutazione del prodursi dell’effetto interruttivo della prescrizione in primis la datasono ad avviso della Corte chiaramente comprensibili».
Nel ricorso non sono state trascritte, e nemmeno localizzate, le contestazioni svolte con riferimento alla pretesa difformità tra le copie e gli originali, e il motivo è pertanto inammissibile avuto riguardo all’art.366 comma primo n.6 cod. proc. civ. I l motivo è parimenti inammissibile anche perché non attacca la ratio decidendi sul punto. La corte territoriale non si è limitata a ritenere generica la contestazione, ma la ha anche ritenuta irrilevante al fine della decisione, alla luce della «chiara comprensibilità» delle annotazioni manoscritte. Questa ratio concorrente non è stata attaccata dal motivo, e anche in ragione di ciò il motivo è inammissibile.
Il secondo motivo è inammissibile. Il ricorrente deduce che la corte territoriale ha errato nel ritenere irrilevante l’eccepita illeggibilità delle sottoscrizioni apposte alle missive del 19/10/2010,
17/10/2011 e 27/01/2012. Sostiene che la oggettiva indecifrabilità delle sottoscrizioni gli avrebbe impedito di esercitare il diritto di difesa, e in particolare di formulare richieste istruttorie utili a superare la presunzione di conoscenza.
COGNOME ha eccepito la inammissibilità del motivo, siccome proposto per la prima volta solo nel giudizio di legittimità.
Dalla motivazione della sentenza della corte territoriale non risulta che il ricorrente abbia eccepito nei due gradi di merito alcuna eccezione di illeggibilità delle sottoscrizioni apposte alle missive del 19/10/2010, 17/10/2011 e 27/01/2012. Nel ricorso introduttivo non sono state trascritte, e nemmeno localizzate, le eccezioni de quibus . Il motivo è dunque inammissibile sia per la novità della questione, sia per la concorrente violazione dell’art.366 comma primo n.6 cod. proc. civ.
Il terzo motivo è inammissibile. Il ricorrente lamenta che la corte territoriale, con riferimento agli atti interruttivi della prescrizione spediti da COGNOME il 26/07/2004 e 23/12/2005, non ha dato rilievo risolutivo al certificato storico di residenza rilasciato dal comune di Arcore, dal quale risultava la residenza in luogo diverso.
Per quanto concerne la censura relativa alla messa in mora del 23/12/2005, il motivo è privo di decisività, perché la corte territoriale ha ritenuto l’interruzione della prescrizione «anche a non considerare la valenza interruttiva dell’intimazione di pagamento del 23.12.2005 ed a far decorrere il termine prescrizionale dal 31 ottobre dell’anno successivo a quello di riferimento». Appare evidente la carenza di interesse ad impugnare perché l’eventuale accoglimento del motivo non determinerebbe comunque alcun effetto favorevole per il ricorrente.
Per quanto concerne la censura relativa alla messa in mora del 26/07/2004, con due rationes concorrenti la corte territoriale ha ritenuto la novità della questione, siccome proposta per la prima volta solo in grado di appello; e in ogni caso la sua infondatezza
perché la missiva è stata ricevuta dal destinatario «con valida produzione dell’effetto interruttivo, nonostante essa sia stata spedita non all’indirizzo di residenza anagrafica dell’architetto».
14. Il motivo è inammissibile perché non si confronta con nessuna delle due rationes, limitandosi a riproporre la difesa tardivamente proposta in appello. Nessuna censura viene svolta con riferimento alla novità della questione, nessuna censura viene mossa all’accertamento compiuto dalla corte territoriale.
Il quarto motivo è inammissibile. Il ricorrente deduce che la corte territoriale ha errato nel ritenere non prescritto il contributo integrativo dell’anno 2002, avuto riguardo al primo atto interruttivo utile compiuto solo il 21/11/2010. Sostiene che gli atti interruttivi precedenti non farebbero alcun riferimento a tale annualità del contributo integrativo, e dunque sarebbero inidonei a interrompere la prescrizione
COGNOME ha eccepito la novità della questione. Dalla motivazione della sentenza della corte territoriale non risulta che il ricorrente abbia eccepito nei due gradi di merito l’inefficacia degli atti interruttivi della prescrizione (del contributo integrativo del 2002) antecedenti al 21/11/2010. Nel ricorso introduttivo tale eccezione non è stata trascritta, e nemmeno localizzata. Il motivo è dunque inammissibile sia per la novità della questione, sia per la concorrente violazione dell’art.366 comma pr imo n.6 cod. proc. civ.
Per questi motivi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 18. Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 5.500,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
euro 5.500,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/05/2025.