Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26442 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 26442 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18471/2023 R.G. proposto da:
NOME COGNOME NOME, rappresentata e difesa in proprio, con domiciliazione digitale come in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domiciliazione digitale come in atti
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE – intimate – avverso la SENTENZA di CORTE D ‘ APPELLO MESSINA n. 214/2023 depositata il 14/03/2023;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; sentito il Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso in via principale per l ‘ inammissibilità del ricorso ed in via subordinata per il rigetto; scritta AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, per la ricorrente, che si riporta agli
è comparso l ‘ AVV_NOTAIO, per delega dell ‘ atti ed insiste per l ‘ accoglimento del ricorso;
è comparso l ‘ AVV_NOTAIO, per delega dell ‘ AVV_NOTAIO, difensore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, che si riporta agli atti depositati e conclude per l ‘ inammissibilità e comunque per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
I fatti ancora direttamente rilevanti in questa sede di legittimità, per quanto il ricorso contenga una narrazione di atti e fatti giuridici risalente alla metà degli anni ‘ 90, sono i seguenti: NOME COGNOME impugna, con atto affidato a tre motivi di ricorso, la sentenza della Corte d ‘ appello di Messina n. 214 del 14/03/2023 che ha rigettato l ‘ appello averso la sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto n. 195 del 18/02/2020, di declaratoria di inammissibilità del reclamo proposto dalla stessa NOME COGNOME avverso l ‘ ordinanza in data 3/08/2019 del giudice dell ‘ esecuzione del detto Tribunale che, nell ‘ esecuzione n. 56 del 2010, aveva rigettato l ‘ istanza di sospensione dell ‘ esecuzione e rimesso le parti dinanzi al Tribunale di Milano.
RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria della RAGIONE_SOCIALE, resiste con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, già contumaci nel merito, sono rimaste intimate.
Il AVV_NOTAIO generale ha concluso come in epigrafe.
Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, si osserva che – in base ai principî affermati da Cass., Sez. U, Ordinanza n. 6826 del 22/03/2010 (e successive conformi) ed in considerazione dell’inammissibilità del ricorso – può prescindersi dalla verifica della ritualità delle notificazioni eseguite nei confronti degli intimati restati tali.
I motivi di ricorso sono così rubricati.
I) motivo ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 c.p.c. per omesso esame a seguito di mancato esatto riferimento nei fatti di causa di un evento avvenuto all ‘ udienza del 14/06/2018 e dal quale comunque il giudice dell ‘ esecuzione non avrebbe tratto adeguate conclusioni in ordine all ‘ estinzione del processo esecutivo. In particolare, la ricorrente critica la decisione impugnata ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione e (o) falsa applicazione dell ‘ art. 630 c.p.c. ed ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, nn. 4 e 5 c.p.c. per omesso esame di un atto di causa, che determina la nullità del provvedimento per grave vizio di motivazione e per omesso esame di un fatto decisivo individuato: nell ‘ inattività della parte, derivante dal fatto che all ‘ udienza del 14 giugno 2018 la parte costituita RAGIONE_SOCIALE non compariva e nessuna parte legittimata ad agire in via esecutiva era presente per chiedere la prosecuzione della procedura esecutiva.
II) motivo ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, nn. 3. 4 e 5 c.p.c. in quanto la sentenza della Corte d ‘ appello di Messina, in considerazione dell ‘ omesso esame di cui al primo motivo, sarebbe anche nulla, in quanto la motivazione è meramente apparente. In particolare, la ricorrente sostiene che: «In sintesi, la sentenza è stata emessa in assenza di effettiva valida motivazione ed in ogni caso avendo omesso l ‘ esame di un “fatto storico”, che aveva formato oggetto di discussione e che era “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia. Il. difetto di motivazione o l ‘ utilizzo di
R.g. n. 18471 del 2023
U.p. 12/09/2025; estensore: NOME COGNOME
una motivazione apparente e (o) l ‘ omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” è causa di nullità della sentenza riconducibile all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c.».
III) motivo ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 c.p.c. relativo alla mancata coincidenza tra i nominativi dei magistrati del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che, quale Collegio, avevano assunto la causa in decisione nella fase di reclamo e quelli che risultavano dall ‘ intestazione del provvedimento, in quanto nell ‘ intestazione del provvedimento del Tribunale risulta il nome della dottoressa COGNOME, che, viceversa, non aveva preso parte all ‘ udienza di discussione, cui era presente la dottoressa COGNOME.
I primi due motivi, sopra separatamente individuati, sebbene costituiscano in concreto un ‘ unica doglianza, sono inammissibili, per le ragioni di cui alla sentenza di questa Corte n. 21349 del 25/07/2025, deliberata all ‘ udienza pubblica del 26/06/2025 che possono essere utilmente richiamate, in quanto essa ha affrontato sostanzialmente lo stesso compendio censorio come sopra riportato.
Deve, invero, ribadirsi quanto affermato nel richiamato precedente di questa Corte:
«6. Difatti, l ‘ atto introduttivo viola l ‘ art. 366, comma 1, nn. 3 e 4 e 6, c.p.c., perché – ad onta del dovere di chiarezza e sinteticità (oggi ulteriormente rafforzato dall ‘ art. 121 c.p.c.) – l ‘ atto è redatto in modo tale da rendere incomprensibili l ‘ ordinato sviluppo delle diverse vicende processuali (ivi comprese le difese delle parti) e, soprattutto, le decisioni assunte nei diversi giudizi, il cui testo è riportato solo in alcuni stralci, estrapolati da più ampi contesti e inframmezzati da considerazioni di parte (che impediscono di distinguere la motivazione dalla critica) e da continui rinvii ad atti dei gradi di merito e, peraltro, a dettagli del tutto irrilevanti al fine dello scrutinio delle censure svolte… .
Inoltre, le censure sono generiche e incomprensibili, sia perché difetta una precisa individuazione degli errori asseritamente commessi in iure dalla Corte d ‘ appello (si richiama l ‘ art. 630 c.p.c., ma non si spiega in alcun modo perché il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente interpretato o applicato la norma), sia perché si cumulano in un inestricabile groviglio eterogenei vizi ex art. 360 c.p.c., inammissibilmente demandando alla Corte di legittimità l ‘ individuazione della censura rivolta al giudice di merito.
Si sostiene, poi, la formazione di un giudicato esterno e si critica la sentenza impugnata per averlo escluso, ma si omette di riportare – nel solo rilevante ricorso, neppure potendo le sue carenze essere colmate da atti successivi – in maniera chiara ed esaustiva il contenuto della decisione che, a dire della ricorrente, avrebbe sancito l ‘ invalidità della procura conferita da RAGIONE_SOCIALE e di dimostrare idoneamente (con attestazione ex art. 124 disp. att. c.p.c.) il passaggio in giudicato.
Infine, le ragioni della decisione sono perfettamente intellegibili e ben superiori al cd. ‘minimo costituzionale’ e la ricorrente mostra di non aver colto, tra le diverse argomentazioni addotte dal giudice di merito (alcune delle quali ad abundantiam e, dunque, del tutto irrilevanti nel percorso logico-argomentativo della Corte territoriale), una ratio che di per sé sola vale ad escludere la configurabilità dell ‘ estinzione invocata da NOME COGNOME.».
Sul punto, del resto, potrebbe in via dirimente osservarsi (così, sia pur complessivamente, presi in considerazione gli argomenti sviluppati dalla ricorrente anche nella memoria, nella parte in cui questi ultimi non siano inammissibili) che non può mai qualificarsi, ai fini della configurabilità di una ipotesi di estinzione tipica da mancata comparizione, come non comparso alcuno ad un’udienza davanti al giudice dell’esecuzione, nel caso in cui, invece, sia comparsa una parte, benché di questa si contesti la legittimazione
ad processum e, ad ogni buon conto, quando sia mancato il successivo chiaro e univoco provvedimento del giudice di rinvio ad una successiva udienza proprio per l’eventuale estinzione.
I detti motivi sono, altresì, inammissibili in quanto sotto il profilo dell ‘ art. 360, quarto comma, c.p.c., come introdotto dall ‘ art. 3, comma 27, lett. a) n. 1 del d.lgs. n. 149 del 10/10/2022, applicabile nella specie trattandosi di ricorso notificato dopo il 1/01/2023, incorrono in preclusione da cd doppia conforme e, in ogni caso, pongono in modo confuso e privo di specificità questioni di fatto e di diritto, in alcun modo agevolmente identificabili in compiute e intellegibili censure.
A quanto sopra riportato dalla sentenza dello scorso 25/07/2025 n. 21345 di questa stessa Corte deve aggiungersi che la Corte territoriale, nel provvedimento in questa sede impugnato, ha fondato un ‘ ulteriore e autonoma causa di inammissibilità del reclamo, affermando che i motivi posti a fondamento del reclamo avverso l ‘ ordinanza del giudice dell ‘ esecuzione del 3/08/2019 non riguardavano la pretesa inattività delle parti all ‘ udienza del 14/06/2018, il che avrebbe integrato una causa tipica di estinzione, quanto l ‘ estinzione della procedura per improcedibilità, quale conseguenza della mancanza all ‘ udienza del 14/06/2018 di un soggetto munito di valida procura alla lite e legittimato a chiedere la prosecuzione dell ‘ esecuzione, il che, viceversa, afferma esattamente la Corte d ‘ appello (alla dodicesima, sebbene non numerata, pagina della motivazione) avrebbe integrato un ‘ ipotesi di estinzione atipica e la cui declaratoria, dunque, non poteva essere impugnata con il reclamo di cui all ‘ art. 630 c.p.c., ma necessitava della proposizione dell ‘ opposizione agli atti esecutivi, di cui all ‘ art. 617 c.p.c. (così questa Corte: Cass. n. 30201 del 23/12/2008 Rv. 606105 – 01; Cass. n. 8404 del 29/04/2020 Rv. 657602 – 01). Si lascia impregiudicata in questa sede, ferma restando l ‘ esclusione della ritualità del reclamo
di cui all ‘ art. 630 c.p.c., la questione dell ‘ impugnabilità della detta ordinanza con lo strumento del reclamo cautelare di cui all ‘ art 669 terdecies c.p.c. o di quello di cui all ‘ art 624 c.p.c., ove potesse alla stessa attribuirsi un contenuto sostanzialmente interinale.
Il terzo motivo è inammissibile per la carenza di specificità circa il contenuto del verbale di discussione della causa di reclamo, avverso l ‘ ordinanza del giudice dell ‘ esecuzione, dinanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.
La ricorrente, nei propri atti difensivi, non specifica in alcun modo quale fosse il contenuto del detto verbale e tanto a prescindere dalla dirimente circostanza, che trattandosi di procedimento disciplinato dall ‘ art. 178 c.p.c., sulla falsariga dell ‘ abrogato reclamo avverso le ordinanze del giudice istruttore, nella parte ancora vigente, ossia con riferimento alle sole ordinanze di estinzione del processo, e dunque sostanzialmente di un procedimento in camera di consiglio, che non contempla lo svolgimento di un ‘ udienza pubblica di discussione, e nel cui ambito, pertanto, la redazione di un verbale che dia atto dei giudici partecipanti alla deliberazione e delle attività compiute, a opera del cancelliere, non è prevista. La mancanza di un ‘ udienza pubblica è, peraltro, espressamente sancita dall ‘ art. 130 disp. att. c.p.c. che prevede che nella fase d ‘ appello «il collegio, quando è necessario, autorizza le parti a presentare memorie, fissando i rispettivi termini e provvede in camera di consiglio con sentenza» (sul punto si veda la giurisprudenza di questa Corte successiva ai mutamenti introdotti nel tessuto del codice di rito dalla legge n. 353 del 26/11/1990: Cass. n. 19973 del 06/10/2004 Rv. 578396 – 01): e da tanto può inferirsi che il procedimento sia cameralizzato anche nella prima fase, ossia quella dinanzi al Tribunale.
Ove pure si ritenesse di potere superare, il che non è, il suddetto e dirimente profilo di inammissibilità, deve ritenersi comunque mancante la prova che la dottoressa COGNOME non avesse
effettivamente partecipato alla camera di consiglio del 28/01/2020, alla quale la causa risultava decisa, non potendosi desumere dalla sola circostanza che ella quel giorno non teneva udienza monocratica e, comunque, non era prevista la sua presenza in Tribunale per altre incombenze, la conseguenza della sua mancata presenza in Tribunale e quindi alla camera di consiglio: notorio essendo che il magistrato, pur non tenuto all’osservanza di un orario di ufficio in senso stretto, è comunque obbligato ad assicurare la sua presenza nell’ufficio stesso in ogni evenienza in cui questa sia necessaria.
E tanto senza considerare che, al contrario, sarebbe la circostanza che la dottoressa COGNOME non avesse altri incombenti, quale giudice monocratico, a rendere plausibile che ella abbia partecipato alla camera di consiglio nella quale venne deciso il reclamo avverso l ‘ ordinanza del giudice dell ‘ esecuzione.
Il ricorso, in conclusione, è inammissibile, con riferimento a tutti i profili di censura.
Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e, tenuto conto dell ‘ attività processuale espletata in relazione al valore della controversia (da riferirsi, in difetto di altri elementi utili, all’entità del precettato , originariamente superiore a 13 milioni di euro : tale essendo l’oggetto effettivo delle complessive doglianze dell’opponente, che investono l’intero processo esecutivo) , sono liquidate come da dispositivo.
Atteso l ‘ esito del ricorso deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento, al competente Ufficio di merito, da parte della ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 30/05/2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 21.000,00 (ventunomila/00) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 (duecento/00) ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, in data 12/09/2025.
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME