Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19262 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19262 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 786-2020 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
Oggetto
Altre ipotesi rapporto privato
R.G.N.786/2020 Cron. Rep. Ud.03/04/2025 CC
RAGIONE_SOCIALE
– intimati – avverso la sentenza n. 644/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 24/09/2019 R.G.N. 813/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/04/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza n. 644/2019 la Corte di appello di Firenze ha dichiarato inammissibile il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la ordinanza del Tribunale di Prato che aveva dichiarato estinto il giudizio di primo grado per la mancata riassunzione nei termini di legge, ritenendo che l’originario ricorrente avesse avuto conoscenza del fatto interruttivo (sospensione del legale dall’esercizio della professione) quanto meno dal 26.5.2017 e da quella data era decorso il termine di tre mesi per la riassunzione, non osservato.
Nei confronti della suddetta ordinanza era stato proposto, in un primo tempo, reclamo ex art. 308 cpc, dichiarato anche esso inammissibile avendo il provvedimento impugnato natura di sentenza; la successiva riassunzione e la susseguente proposizione dell’a ppello erano però state ritenute inammissibili dai giudici di seconde cure sia perché non si verteva nelle ipotesi disciplinate dagli artt. 44 e 45 cpc, sia perché l’appello era stato depositato, come detto, oltre il termine di sei mesi previsto dall’art. 327 cpc, non applicandosi, alla fattispecie, la sospensione feriale dei termini in quanto si verteva in una controversia prevista dall’art. 429 cpc.
NOME COGNOME ricorre per cassazione sulla base di un unico articolato motivo.
Resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE
Non hanno svolto attività difensiva la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE
Il ricorrente, assistito da un nuovo Difensore, ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
Con un unico articolato motivo il ricorrente si duole della nullità della sentenza per ‘violazione e falsa applicazione di norme come l’art. 430, 121, 131, 132, 133 peraltro qui neanche comunicata cpc ed è nullità ex art. 113 -161 c. II oltre ovviamente c. I-162 e sempre ex art. 57 cpc, art. 118119 Disp. Att. cpc, oltre che ex art. 1992-2001-1325 n. 41324-1350 n. 13-1353-1372-1418-1421-1422-1423 nonché, stante l’art. 826 cc ‘per i beni destinati ad un pubblico servizio’ , l’art. 828 c. I e 830 c. I cc e sempre art. 3 c. II -4-10-12 c. I ‘disposizioni sulla legge in generale’ nonché art. 54-101 c. II111 c. I Cost.’; lamenta, poi, la ‘violazione o falsa applicazione di norme di diritto’ nonché ex ‘5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’ poiché rilievi già in atti (art. 360 cpc)’ ; si duole, infine, della ‘violazione e falsa applicazione di norme come art. 3 c. II -4-12 c. I ‘disposizioni sulla legge in generale’ nonché art. 3 -principio di ragionevolezza -13 co. I e II -54-101 c. II -111 c. I Cost., art. 99 -113- 156 c. I 125- 121- 44- 159 cpc, art. 1324, 1339- 1340-1362 e ss. fino a 1371 -art. 2907 cc e sempre ex ult. c. art. 826 ‘per beni destinati ad un pubblico servizio’ ex art. 828 co. I e 830 c. I cc nonché art. 3 c. IV -10 bis –
sempre presupposti l’art. 1 co. I e 29 L. 241/90′; obietta l’erroneità dell’affermazione della Corte territoriale che aveva affermato che la mancanza della data di pubblicazione della sentenza non era causa di nullità qualora la cancelleria avesse provveduto a comunicare alle parti costituite l’avvenuto deposito della decisione cosicché la parte avrebbe potuto tempestivamente impugnare la pronuncia; contesta, infine, la statuizione dei giudici di merito sulla sospensione feriale dei termini.
Il ricorso, come redatto, è inammissibile.
Preliminarmente va dichiarata inconferente l’eccezione, sollevata dal ricorrente, con riguardo alla nullità delle procure di controparte e alle nullità delle notifiche di due pec pervenutegli a firma degli Avvocai COGNOME e COGNOME
Si tratta di asseriti vizi di atti stragiudiziali, che non rilevano nel presente giudizio, in relazione ai quali, peraltro, le suddette doglianze difettano di specificità e di autosufficienza.
Sempre in via preliminare deve, altresì, specificarsi che non può tenersi conto di quanto affermato nella memoria depositata nell’interesse di parte ricorrente perché contiene argomentazioni e specificazioni nuove rispetto al ricorso. Va, al riguardo, ribadito che la memoria ex art. 378 c.p.c., così come quella ex art. 380 bis 1 cpc, non può integrare i motivi del ricorso per cassazione, poiché assolve all’esclusiva funzione di chiarire ed illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente – cioè in maniera completa, compiuta e definitiva – enunciati nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, con il quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione (Cass. n. 8949/2023).
Venendo alle censure di cui all’atto introduttivo, deve in primo luogo evidenziarsi che la motivazione della Corte territoriale è chiara, logica, esente dai vizi di cui all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc nuova formulazione nonché conforme ai principi di diritto citati, come riportata sinteticamente nello storico.
Ebbene, rispetto ad essa, parte ricorrente, in primo luogo, in palese contrasto con il principio processuale secondo cui il giudizio di cassazione è a ‘critica vincolata’ da veicolarsi tassativamente attraverso uno dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., propone delle critiche senza che in esse si trovino con chiarezza le espressioni delle ragioni del dissenso che si intendono marcare nei riguardi della decisione impugnata, formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato proprie del mezzo azionato e, insieme, da costituire una critica precisa e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto l’adozione (Cass., Sez. III, 5/06/2007, n. 13066).
Il ricorrente declina, poi, contestazioni di ordine motivazionale che si sottraggono al perimetro di attuale ricorribilità per cassazione del relativo vizio, non costituendo più vizio determinante, alla stregua del dettato dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nuova formulazione, la carenza della motivazione e non evidenzia per contro, stante l’esaustività delle argomentazioni sviluppate dal giudicante a conforto della decisione, la sussistenza di un vulnus apprezzabile nel quadro della riduzione al minimo costituzionale del controllo di legittimità sulla motivazione.
Parte ricorrente sollecita, inoltre, per alcuni aspetti, una rimeditazione delle ragioni in fatto della decisione che non è
compito di questa Corte, trattandosi di giudizio di esclusiva spettanza del giudice di merito a cui la Corte non può sovrapporre il proprio non essendo essa giudice del fatto sostanziale.
Va, poi, evidenziato che, nella articolazione delle censure vi è la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, non contenendo le doglianze alcun preciso riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 co. 1 n. 3, n. 4 e n. 5 cpc, indispensabili per veicolare le ragioni di impugnazione.
Infine, le doglianze difettano di specificità in relazione al gravato provvedimento perché riguardano essenzialmente argomentazioni astratte, con richiami anche alla pronuncia di primo grado, limitandosi, poi, a richiamare considerazioni generali svincolate dai punti decisivi della gravata sentenza e omettendo di raffrontare, con riguardo alle violazioni di legge denunciate, la ratio decidendi della impugnata sentenza con la giurisprudenza di legittimità ovvero di fornire validi elementi per una sua rivisitazione.
Va ribadito che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 cod. proc. civ., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, come nel caso di specie, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro
confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in favore delle controricorrenti, che si liquidano come da dispositivo; nulla per le altre intimate che non hanno svolto attività difensiva.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle controricorrenti, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, nulla per le altre intimate che non hanno svolto attività difensiva. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 aprile 2025