Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5226 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5226 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 29637/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 838/2020 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 3/8/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE -poi RAGIONE_SOCIALE – conveniva davanti al Tribunale di Fermo AVV_NOTAIO agendo in surroga ex articolo 1916 c.c. per la somma di euro 996.443,70 versata alla propria assicurata Banca delle Marche in relazione alla condotta del convenuto, che avrebbe commesso gravi irregolarità quale direttore dell’Agenzia n.1, filiale di Civitanova Marche, da cui era sortito un procedimento penale concluso con sentenza di patteggiamento. Il COGNOME si costituiva resistendo.
Con sentenza del 15 aprile 2015 il Tribunale rigettava per maturata prescrizione quinquennale, avendo ritenuto che si trattasse di responsabilità extracontrattuale.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui controparte resisteva. La Corte d’appello di Ancona accoglieva integralmente il gravame, condannando quindi l’appellato a corrispondere la somma di euro 996.443,70 oltre interessi sulle somme rivalutate e a rifondere le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Il COGNOME ha proposto ricorso articolato in cinque motivi e illustrato anche con memoria, da cui RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente denuncia nullità della citazione di primo grado per violazione degli articoli 164, quarto comma, e 163, terzo comma, c.p.c.
1.1 Riporta il passo della sentenza d’appello in cui viene esclusa la nullità dell’atto di citazione ex articolo 164, quarto comma, c.p.c. e inserisce quindi nel motivo tutto l’ampio atto di citazione, notifica inclusa.
Dopo argomentazioni sul contenuto della citazione così trascritta, il ricorrente effettua un ulteriore assemblaggio di cinque pagine della prima memoria attorea ex articolo 183, sesto comma, c.p.c. per dedurre, infine, la pretesa nullità di cui alla rubrica.
1.2 Il motivo è inammissibile, sostanziandosi invero nel mero assemblaggio di atti del giudizio di merito di primo, in contrasto con il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Core con la sentenza 11 aprile 2012 n. 5698 secondo cui per il requisito di cui all’articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c. ” la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso “.
Principio confermato da una pluralità di pronunzie delle sezioni semplici di questa Corte nel senso della inammissibilità del ricorso formato mediante l’assemblaggio, inteso come mera trascrizione nel ricorso di plurimi atti del giudizio di merito, in violazione dell’onere espositivo in modo corretto (v. Cass. sez. L, 9 ottobre 2012 n. 17168; Cass. sez. 6-3, ord. 11 gennaio 2013 n. 593; Cass. sez. 6-5, ord. 2 maggio 2013 n. 10244; Cass. sez. 6-5, ord. 9 luglio 2013 n. 17002; Cass. sez. 6-5, ord. 22 novembre 2013 n. 26277; Cass. sez. 6-3, 22 febbraio 2016 n. 3385 – la quale correttamente precisa che il difetto del requisito dell’esposizione sommaria consistente nell’assemblaggio non può essere recuperato estrapolando dai motivi stessi quel che avrebbe dovuto essere il contenuto della esposizione sommaria -, Cass. sez. L, ord. 25 novembre 2020 n. 26837).
È insorto, tuttavia, pure un minoritario orientamento solo parzialmente conforme, che entro certi limiti applica un principio conservativo, escludendo l’inammissibilità nel caso in cui, ricondotto alla sinteticità espungendo le integrali trascrizioni, il ricorso resti autosufficiente (si vedano Cass. sez. 5, 18 settembre
2015 n. 18363, Cass. sez. 5, 4 aprile 2018 n. 8245), o comunque valorizzando in senso sanatorio, sia per quanto concerne l’assemblaggio sia per quanto concerne l’assenza comunque di un’adeguata premessa anche per diversa ragione, il contenuto dei motivi stessi (v. Cass. sez. 3, 28 giugno 2018 n. 17036, per cui per integrare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa non occorre che tale esposizione sia una parte a sé stante del ricorso, essendo sufficiente che emerga ‘ in maniera chiara dal contesto dell’atto, attraverso lo svolgimento dei motivi ‘; interpretazione, quest’ultima, che trova peraltro barriera in S.U. 22 maggio 2014 n. 11308 -‘ Il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione. ‘ – e nei seguenti conformi arresti – tra i massimati: Cass. sez. 2, 24 aprile 2018 n. 10072, Cass. sez. 6-2, ord. 12 marzo 2020 n. 7025 e Cass. sez. 1, ord. 1 marzo 2022 n. 6611).
Invero, la lettura maggioritaria -che, si ripete, trova sostegno nell’interpretazione delle Sezioni Unite – è pienamente condivisibile, in quanto non è compito del giudice “correggere” la conformazione inammissibile degli atti – ovvero, nella fattispecie, ricondurre ad un artificioso e non reale tamquam non essent le trascrizioni integrali dandole per espunte -, per cui le trascrizioni devono essere tenute in conto come presenti nel motivo o comunque nel ricorso, che non possono pertanto rendere compatibile con la concisione che esige il requisito di cui all’articolo 366, primo comma, n .3 c.p.c. E quindi, come nel caso in esame, quel che è un vero e proprio assemblaggio non trae alcun effetto correttivo dall’inserimento di alcuni passaggi fra l’una e l’altra riproduzione.
Per il secondo motivo il ricorrente indica una rubrica denunciante violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2043 e 1218 c.c. nonché dell’articolo 183,
sesto comma, e dell’articolo 112 c.p.c., qualificando la censura come in relazione all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c.
2.1 Provvede a trascrivere un’ampia parte della sentenza impugnata (ricorso, pagine 17-21) per lamentare poi che la Corte territoriale ha asseritamente errato nel considerare come non decisivo quanto dedotto da RAGIONE_SOCIALE nella prima memoria ex articolo 183 c.p.c. in ordine all’aver agito sia ex articolo 2043 sia ex articolo 1218 c.c..
Lamenta che nella memoria è stata invero inammissibilmente introdotta una domanda nuova, essendo la citazione fondata sulla responsabilità extracontrattuale, ed essendo asseritamente inapplicabile nella specie il iura novit curia .
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia <> degli articoli 2043, 2946 e 2947, primo comma, c.c.
Si duole che, trattandosi nella specie di responsabilità extracontrattuale, la prescrizione applicabile è quella quinquennale, e non già quella dalla corte di merito applicata ex art. 2946 c.c.
2.2 I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, a tacer d’altro risultano manifestamente infondati, atteso che nella concisa esposizione sommaria dei fatti di causa lo stesso ricorrente ha dichiar ato che ‘in primo grado l’attrice sosteneva che il convenuto, all’epoca dei fatti dipendente dell’RAGIONE_SOCIALE, avrebbe commesso gravi irregolarità e si sarebbe appropriato di somme altrui’ .
È evidente che attribuendo gravi irregolarità a chi ha agito come dipendente la causa petendi non viene posta ‘ all’esterno ‘ del rapporto lavorativo, e quindi è contrattuale.
Né, con pari evidenza, la seconda parte della sintetica descrizione della condotta del COGNOME -‘si sarebbe appropriato di somme altrui’ -, che potrebbe essere qualificata extracontrattuale, è idonea a far venir meno la qualifica offerta dalla prima parte del passo in questione.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. in relazione all’articolo 115 c.p.c., violazione dell’articolo 2729 c.c. nonché illogicità e contraddizione motivazionali.
4.1 Si riportano passi della sentenza impugnata in cui viene descritto l’accertamento della responsabilità dell’attuale ricorrente nel suo ruolo di direttore della filiale bancaria (ricorso, pagine 33-34), trascrivendo poi, come assemblaggio, l ‘ allegato 20 della seconda memoria ex articolo 183 c.p.c. di controparte (una ‘ relazione ‘ di più di tre fitte pagine effettuata dall’attuale ricorrente) assumendo che ne emergerebbe ‘ uno stridente contrasto ‘ con la tesi attorea. Il motivo si dipana successivamente in una quantità di censure rivolte all’accertamento, in cui viene inserito anche l’asserto di una inammissibilità della prova per presunzioni.
4.2 A parte quanto già più sopra posto in rilievo, va posto in rilievo come emerga ancor più evidente che il motivo risulta di carattere inammissibilmente fattuale, conforme ad un gravame anziché a un giudizio di legittimità.
Anche il conciso riferimento ad una pretesa inammissibilità della prova per presunzioni non è conforme al paradigma dell’articolo 360 c.p.c., sostanziandosi in una mera deduzione tratta dalla ricostruzione fattuale, per di più argomentata in modo assertivo, non coonestata dal mero richiamo di un precedente giurisprudenziale.
5.1 Con il quinto motivo il ricorrente denunzia violazione degli articoli 99 e 112 c.p.c.
Si duole essere stata erroneamente riconosciuta la svalutazione monetaria in assenza di domanda, riportandosi nel ricorso la parte finale dell’atto di citazione, ove vengono formulate le conclusioni, con la richiesta di condanna al pagamento della somma di € 996 .443,70 ‘oltre gli interessi legali dal giorno dei singoli pagamenti sino al soddisfo ‘.
5.2 Il motivo è invero formulato in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c. , non risultando dal
ricorrente debitamente riportate anche le conclusioni formulate nella prima memoria ex articolo 183 c.p.c. e nell ‘ udienza di precisazione delle conclusioni, volte a rendere palese come è stata nel giudizio di merito realmente definita la pretesa attorea.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente ala pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater , d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 22 novembre 2023