Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 135 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 135 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 20600-2022 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE),
., per procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore p.t. , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
nonché contro
DELL’ORO COGNOME
-intimati-
avverso la sentenza n. 2682/2022 emessa da CORTE D’APPELLO di MILANO il 09/06/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2/10/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. La Corte di Appello di Milano ha rigettato il reclamo ex art. 18 l. fall. proposto da RAGIONE_SOCIALE, rappresentata in giudizio dall’amministratore NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale di Monza dichiarativa del suo fallimento ad istanza della dipendente NOME COGNOME e dell’avv.to NOME COGNOME.
La corte di merito, per quanto ancora interessa: i) ha escluso che la reclamante avesse provato di non essere assoggettabile a fallimento, ai sensi dell’art. 1, comma 2, l. fall, in quanto , come già rilevato dal tribunale, alla CCIAA risultava depositato un unico bilancio dell’esercizio 2020, nel quale i ricavi lordi erano indicati in € 230.000, e non anche il bilancio rettificato (che riportava un dato inferiore alla soglia di cui alla lett. b) dell’art. 1 comma 2 l. fall. ), che non era stato accettato perché la rettifica era priva di motivazione, mentre, nelle dichiarazioni rese nel questionario, Studio 40 aveva indicato dati ancora diversi; ii) ha aggiunto che i plurimi elementi di anomalia indicati dal primo giudice non erano stati chiariti dalla reclamante, la quale aveva depositato altri documenti parimenti oggetto di unilaterale e recente rettifica (come le dichiarazioni dei redditi e IVA 2020), senza tuttavia produrre la documentazione contabile che avrebbe potuto dimostrare l ‘ esistenza dell ‘ asserito errore e che, inoltre, l’inattendibilità del bilancio emergeva anche dalla mancata appostazione di debiti risultanti dalle domande di ammissione al passivo;; iii) ha ritenuto provato lo stato di insolvenza della reclamante in ragione del mancato pagamento del modesto credito, di soli 5000 euro, della dipendente istante, della parziale infruttuosità del
pignoramento mobiliare subito e dalla notifica di uno sfratto per morosità, nonché dell’ammontare e della natura dei crediti ammessi al passivo; iv) ha accertato la sussistenza del requisito di procedibilità di cui all’ultimo comma dell’art. 15 l. fall.
La sentenza, pubblicata il 09/06/2022, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
I creditori istanti non hanno svolto difese.
Ricevuta comunicazione della proposta di definizione accelerata del ricorso formulata dal Presidente delegato ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la ricorrente ha depositato tempestiva e rituale istanza di decisione.
In vista della trattazione del ricorso in camera di consiglio, le parti costituite hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, che lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1 l. fall. , Studio 40 sostiene di aver provato il mancato superamento delle tre soglie di fallibilità e deduce la contraddittorietà del l’opposto accertamento compiuto sul punto dalla corte d’appello.
Col secondo mezzo, che denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 5 l. fall., la ricorrente contesta la sussistenza del proprio stato di insolvenza.
Con il terzo motivo, che prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 15 l. fall., la ricorrente assume che la procedibilità delle istanze di fallimento andava esclusa perché ai crediti degli istanti (pari a circa 16.000 euro complessivi) non poteva essere sommato quello di € 69.000 vantato dall’erario, in quanto rateizzato a seguito dell’accoglimento della sua istanza di rottamazione.
I motivi indicati sono inammissibili, per le ragioni già evidenziate nella proposta di decisione accelerata di cui all’art. 380 bis c.p.c., che il collegio ritiene di far proprie, riportandole qui di seguito.
Innanzitutto, il fatto che il ricorrente riproponga le medesime contestazioni sulle risultanze istruttorie già oggetto dei tre motivi di reclamo, identici a quelli in esame (violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 5 e 15, co. 9, l.fall.) rappresenta di per sé indice d ell’ intento di ottenere in questa sede una valutazione diversa degli elementi probatori scrutinati dal tribunale e dalla corte d’appello, trasformando surrettiziamente il giudizio di legittimità in un ulteriore grado di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019) e trascurando che la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale, essendo chiamata ad esercitare un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, anche perché, ove si ammettesse un sindacato sulle quaestiones facti , si consentirebbe un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nel provvedimento impugnato e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice di merito (Cass. Sez. U, 28220/2018; Cass. 2001/2023, 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018, 8758/2017). Il ricorrente per cassazione non può dunque pretendere di contrapporre le proprie valutazioni (a prescindere dal loro essere più o meno appaganti, sotto il profilo del coordinamento delle acquisizioni istruttorie) a quelle del giudice di merito, per ottenere la revisione degli accertamenti di fatto da questi compiuti, o una diversa lettura delle risultanze processuali (Cass. 3630/2017, 9097/2017, 30516/2018, 205/2022), non essendo compito di questa Corte condividere o meno la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove contenute nella decisione impugnata (Cass. 12052/2007, 3267/2008). Inoltre, posto che i tre motivi denunziano violazione di legge e non vizio di motivazione, va ricordato che: (i) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretativo ed applicativo della norma di legge (Cass. 4784/2023); (ii) il discrimine tra violazione di
legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 195/2016, 26110/2015, 8315/2013, 16698/2010); (iii) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13238/2017, 26110/2015).
Più in particolare, nella specie la denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 1 l.fall. si basa sulle stesse considerazioni e allegazioni sottoposte al giudice del reclamo, il quale ha puntualmente replicato che l’inattendibilità dei bilanci era fondata non già su dubbi ‘pilateschi’, bensì su una serie di circostanze specifiche, indicate a pag. 4 e 5 della sentenza impugnata (predisposizione, dopo l’istanza di fallimento, di un bilancio rettificato con diminuzione dei ricavi -indicati in euro 230.000,00 nel bilancio ufficiale, conformemente alla dichiarazione dei redditi -al di sotto della soglia di fallibilità, senza alcuna indicazione degli elementi posti a base della correzione; mancata accettazione del deposito del ‘bilancio rettificato’ d a parte della CCIAA per mancanza di motivazione della rettifica e del verbale di approvazione; difformità dei dati rettificati anche rispetto alle dichiarazioni rese nel questionario; deposito in sede di reclamo di ulteriore documentazione parimenti oggetto di unilaterale e recente rettifica, come la dichiarazioni dei redditi e l’ISA 2020, inidonea a fornire chiarimenti sul preteso errore circa il valore dei ricavi; inattendibilità dei bilanci anche sotto il profilo dell’esposizione debitoria, mancante dei debiti poi insinuati al passivo e riscontrati dalla curatela fallimentare).
In diritto può solo aggiungersi che, per costante insegnamento di questa Corte, grava sul debitore l’onere di fornire la prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità ex art. 1, comma 2, l.fall. (Cass. 29809/2023, 35381/2022, 21188/2021, 6991/2019, 33091/2018), mentre compete ai giudici di merito valutare l’attendibilità dei bilanci, delle scritture contabili e di ogni altro documento a tal fine prodotto (Cass. 19351/2023, 10220/2022, 21188/2021, 30541/2018, 25870/2011), essendo la valutazione del materiale probatorio attività riservata in via esclusiva al giudice di merito, che nel suo esercizio non è tenuto ad esprimersi analiticamente su ciascun elemento, né a confutare ogni singola deduzione delle parti (Cass. 42/2009, 11511/2014, 16467/2017).
Inoltre, il mancato esame di un documento (come la ‘dichiarazione Iva del 19.07.21’) può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento, sicché la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass. 19150/2016, 16812/2018; cfr. Cass. 15733/2022).
Analoghe considerazioni valgono anche per il secondo motivo.
La corte territoriale non solo ha indicato analiticamente le circostanze ritenute ‘sintomatiche, in modo univoco e concordante, dell’incapacità strutturale dell’impresa di far fronte alle obbligazioni contratte’, ma ha anche analizzato in dettaglio le dedu zioni dell’odierno ricorrente sulla pretesa insussistenza dello stato di insolvenza, indicando le ragioni per
le quali esse non giovano ad escludere la sua incapacità ‘di onorare i propri debiti alle scadenze e con mezzi normali’ (v. pag. 5 e 6). E questa Corte ha più volte ricordato che il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, ove sorretto, come nel caso in esame, da motivazione esauriente e giuridicamente corretta (Cass. 7252/2014, 17105/2019, 8745/2023).
Identiche conclusioni valgono per il terzo motivo, avendo la corte d’appello accertato che la soglia debitoria ex art. 15, co. 9, l.fall. è stata ‘ampiamente superata’, alla luce dei vari debiti indicati a pag. 6 (tra cui i canoni di locazione non pagati e maturati prima della dichiarazione di fallimento, non menzionati dal ricorrente), e tenendo conto del maggior debito erariale insinuato al passivo, nonostante la dedotta rateizzazione.
Il ricorso è dunque dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
C ome espressamente previsto dall’art. 380 bis , ultimo comma, c.p.c. (disposizione immediatamente applicabile ai giudizi, come il presente, pendenti alla data del 1° gennaio 2023 per i quali, a tale data, non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio: cfr. Cass., SS.UU. nn. 27195/2023, 27433/2023), la ricorrente va inoltre condannata al pagamento in favore del controricorrente di una somma, equitativamente determinata, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. nonché al versamento alla cassa delle ammende di un’ulterior e somma, sempre determinata in via equitativa, ai sensi del comma 4 della medesima disposizione.
5.1. La Corte stima equo fissare in € 7.000 la prima sanzione e in € 2.500 la seconda, tenuto conto del carattere consolidato dei principi
giurisprudenziali applicati e della conseguente, manifesta inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a pagare al Fallimento controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 7.000 per compensi e in € 200 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e cpa come per legge, nonché la somma di € 7.000, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.; condanna altresì la ricorrente a versare alla cassa delle ammende la somma di € 2.500 ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c..
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Prima Sezione Ci-