Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11492 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11492 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23617-2022 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO DEL TRIBUNALE DI VENEZIA depositato il 19/4/2022, n.1874 in RG n. 9026/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘adunanza in c amera di consiglio del l’8 /4/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale, con la pronuncia in epigrafe, ha accolto il reclamo che il RAGIONE_SOCIALE aveva proposto nei confronti del decreto con il quale lo stesso tribunale, in data 18/6/2021, aveva aperto la procedura di
liquidazione del patrimonio richiesta da NOME COGNOME a norma dell ‘ art. 14 ter della l. n. 3/2012.
1.2. Il tribunale, in particolare, per quanto ancora importa, ha ritenuto che: – il requisito della mancanza di atti in frode, richiesto dall ‘ art. 14 quinquies l. n. 3 cit., non è stato oggetto di abrogazione implicita per effetto della modifica dell ‘ art. 14 decies l. n. 3 cit., che ha attribuito al liquidatore la legittimazione ad intraprendere o proseguire le azione dirette a far dichiarare l ‘ inefficacia degli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori , ‘ risultando non del tutto coincidenti le categorie degli atti in frode e degli atti pregiudizievoli ‘, posto che ‘il perimetro degli atti in frode risulta maggiore rispetto ai soli atti revocabili ‘ di cui all ‘ art. 2901 c.c., ‘ ricomprendendo anche le ipotesi penalmente rilevanti di bancarotta, e gli atti volutamente depauperativi che comportino un aumento del passivo o una diminuzione dell ‘ attivo, ovvero che dolosamente simulano attività inesistenti) e in ogni caso tenuto conto che la ratio della modifica alla norma ha inteso ribadire la legittimazione del liquidatore rispetto alle azioni indicate ‘; -inoltre, la mancata indicazione della pendenza di una causa risarcitoria del valore di 500.000 euro ‘ costituisce un atto in frode ‘ nonché ‘ una omissione tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio del debitore in violazione dell ‘ art 14 ter comma 5 l n. 3/2012 ‘; – la pendenza dell ‘ azione risarcitoria per €. 500.000,00 nei confronti dell’istante ‘ integra una dolosa omissione di denuncia di un credito (ancorché futuro e incerto) rilevante in relazione alla valutazione di fattibilità tenuto conto che la decurtazione patrimoniale dell ‘ attivo conseguente ai necessari accantonamenti determina una non fattibilità della proposta ( a fronte di un attivo di euro 98.000,00 e di un passivo esposto nel ricorso per euro 744.407,45 …) ‘; – il giudice, infatti,
sia nella fase di apertura della liquidazione (fase che non si svolge nel contraddittorio con i creditori), che in quella eventuale del reclamo, deve ‘ verificare se la proposta di liquidazione sia fattibile ‘ .
1.3. NOME COGNOME con ricorso notificato il 27/9/2022, ha chiesto, per due motivi, la cassazione del decreto.
1.4. Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente ha lamentato la violazione e la falsa applicazione degli artt. 14 ter e 14 quinquies della l. n. 3/2012, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., censurando il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che la mancata indicazione dell ‘ azione di responsabilità proposta nei suoi confronti integrava un atto di frode e che la mancanza di atti in frode ai creditori continuava ad essere un requisito di ammissione alla procedura di liquidazione.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha lamentato la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 14 ter della l. n. 3/2012, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., censurando il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che la mancata indicazione della causa risarcitoria avviata dal Fallimento reclamante integra una violazione dall ‘ art. 14 ter, comma 5, della l. n. 3/2012, essendosi tradotta in un’omissione documentale che non consente di ricostruire compiutamente il patrimonio del debitore.
2.3. Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto avverso un provvedimento che, revocando il decreto di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio in ragione (tra l’altro) dell’affermata inammissibilità della domanda di accesso a tale procedura per l’accertata violazione dell’art. 14 ter ,
comma 5, cit., è, in realtà, privo, pur se pronunciato in accoglimento del reclamo proposto da un creditore, dei caratteri della decisorietà e della definitività .
2.4. Non v ‘ è dubbio, invero, che: – nell ‘ ambito delle procedure di sovraindebitamento disciplinate dalla l. n. 3/2012, come integrata dalla l. n. 221/2012, il ricorso per cassazione proposto avverso il decreto pronunciato in sede reclamo è ammissibile soltanto se si tratta di provvedimento con cui il tribunale, in composizione collegiale, abbia accolto o respinto, per ragioni di merito (vale a dire, concernenti la ritenuta sussistenza o insussistenza dei fatti costitutivi della domanda o, per contro, dei fatti impeditivi alla sua proposizione), la domanda (di omologazion e del piano o dell’accordo ovvero di liquidazione dei beni) proposta dal debitore; – solo in tale caso, infatti, il decreto, reso all’esito di un procedimento che si svolge nel contraddittorio (anche solo potenziale) tra le parti, è dotato dei requisiti della decisorietà e della definitività, in quanto idoneo non solo ad incidere sui contrapposti diritti soggettivi delle parti ma anche ad incidervi (sia pur allo stato degli atti) con la particolare efficacia del giudicato, regolamentando in modo incontrovertibile, con provvedimento non suscettibile di distinta impugnazione, la dedotta situazione di sovraindebitamento (Cass. n. 30529 del 2024, in motiv.; Cass. n. 28013 del 2022; Cass. n. 22797 del 2023; Cass. n. 4451 del 2018).
2.5. Non è, per contro, ammissibile il ricorso per cassazione ove sia stato proposto avverso il decreto che ha dichiarato l’inammissibilità della proposta o del piano.
2.6. Si è, infatti, detto che: – il decreto reiettivo del reclamo avverso il provvedimento di rigetto dell’ammissibilità del piano del consumatore di cui agli artt. 6, 7, comma 1 bis , e 8 della l. n. 3 cit., non precludendo a quest’ultimo, benché nei
limiti temporali previsti dall’art. 7, comma 2, lett. b), della medesima legge, di presentare un altro e diverso piano di ristrutturazione dei suoi debiti, è privo dei caratteri della decisorietà e definitività e non è, dunque, ricorribile per cassazione (Cass. n. 1869 del 2016; Cass. n. 20917 del 2017); – il decreto che, in sede di reclamo, abbia confermato la dichiarazione di inammissibilità della proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti è privo dei caratteri della decisorietà e definitività, non decidendo nel contraddittorio tra le parti su diritti soggettivi e non esclude, pertanto, la reiterabilità della proposta medesima, sicché non è ricorribile per cassazione (Cass. n. 6516 del 2017; Cass. n. 27301 del 2022); – il decreto reiettivo del reclamo avverso il provvedimento che ha dichiarato inammissibile la proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, non decidendo nel contraddittorio tra le parti su diritti soggettivi e non escludendo, pertanto, la reiterabilità della proposta medesima, è privo dei caratteri della decisorietà e definitività e non è ricorribile per cassazione (Cass. n. 4500 del 2018); – il decreto del tribunale che abbia dichiarato inammissibile la proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, presentata dal debitore che versi in stato di sovraindebitamento, non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., perché il provvedimento è privo dei caratteri della decisorietà e definitività, e pertanto non è suscettibile di passaggio in giudicato (Cass. n. 30534 del 2018).
2.7. Nei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento, se il provvedimento reso in sede di reclamo si arresta alla fase dell’inammissibilità della domanda , in ragione, ad esempio, della mancanza di uno dei requisiti previsti dall’art. 7, comma 2, della l. n. 3 cit. (richiamato, in parte, dall’art. 14 ter , comma 1, e, comunque, ribadito dall’art. 14 ter ,
comma 5, che riproduce il testo dell’art. 7, comma 2, lett. d) , non si ha una decisione sui diritti contrapposti delle parti e non si è, dunque, in presenza di un provvedimento avente il connotato della decisorietà necessario ai fini del ricorso per cassazione (cfr. Cass. n. 30529 del 2024, in motiv.).
2.8. Nello stesso modo e per le stesse ragioni, deve ritenersi che il provvedimento che (come quello impugnato) abbia accolto il reclamo avverso il decreto di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio ex art. 14 quinquies della l. n. 3 cit., in ragione della ritenuta mancanza di un requisito di ammissibilità della domanda (come quello previsto dall’art. 14 ter , comma 5), non è suscettibile di ricorso per cassazione, trattandosi di provvedimento che, in quanto privo -appunto – del carattere della definitività e della decisorietà, non inibisce la reiterabilità della domanda di apertura della procedura di liquidazione (cfr. Cass. n. 2461 del 2022, in motiv.).
Il ricorso è, dunque, inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l ‘inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio, che liquida in €. 5.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà
atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima