Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9076 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9076 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10975/2022 R.G. proposto da :
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliata presso il domicilio digitale del medesimo
Pec:
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME in ROMA INDIRIZZO, pec:
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE -intimati-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 1339/2022 depositata il 31/3/2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME e COGNOME NOME e NOME COGNOME in qualità di fideiussori della società RAGIONE_SOCIALE, con atto del 29/12/2014, proposero opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Napoli con cui la Banca Monte dei Paschi di Siena aveva loro intimato il pagamento in solido della somma di € 855.689,80.
Si costituì in giudizio l’opposta chiedendo il rigetto dell’opposizione.
Il Tribunale, istruita la causa anche con CTU contabile, accolse l’opposizione dei Correale revocando nei loro confronti il decreto ingiuntivo e rigettò quella della COGNOME confermando nei suoi confronti il decreto ingiuntivo.
A seguito di gravame della COGNOME e di costituzione in giudizio sia di RAGIONE_SOCIALE, in nome e per conto di Monte dei Paschi di Siena SpA, sia di RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito a seguito di atto di scissione parziale della Banca, intervenuta nel giudizio di appello, la Corte d’Appello di Napoli , con sentenza n. 1339 del 31/3/2022, dichiarato ammissibile l’intervento di RAGIONE_SOCIALE e dato atto del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei confronti dei Correale, acclarato altresì l’inadempimento dell a RAGIONE_SOCIALE nei confronti della Banca, confermato il rilascio, da parte della COGNOME, di due fideiussioni in favore della banca per € 780.000 ,00 e 150.000,00, ha rigettato l’appello ritenendo che non vi fosse in atti alcuna rinuncia della banca ad avvalersi delle
fideiussioni, e che mancasse altresì la prova scritta dell’accordo risolutorio della garanzia.
Avverso la sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Ha resistito AMCO con controricorso.
In data 3/4/2024 è stata formulata una proposta di definizione anticipata.
La ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso ed in vista della odierna adunanza camerale ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo -violazione dell’art. 360 co. 1 n. 3, 4 e 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Omesso esame di un fatto e di un documento decisivo -la ricorrente lamenta che la corte del merito ha omesso di considerare documenti dai quali, a suo dire, avrebbe dovuto desumere l’avvenuta liberazione della Pigna dalla fideiussione per l’importo maggiore di € 780.000 ,00 con la permanente esposizione della garante per il solo importo di € 150.000 ,00.
Con il secondo motivo -violazione dell’art. 360 co. 1 n. 3, 4 e 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Omesso esame di un fatto e di un documento decisivo. Omessa ammissione delle prove. Violazione dell’art. 24 Cost. lamenta che la corte del merito non ha dato ingresso alle prove testimoniali e all’interrogatorio formale volti a provare che la banca aveva ridotto il proprio credito nei confronti del fideiussore COGNOME
Con il terzo motivo -violazione dell’art. 360 co. 1 n. 3, 4 e 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Omesso esame di un fatto e di un documento decisivo. Travisamento. Violazione dell’art. 24 Cost.- lamenta che la corte del merito non ha stigmatizzato il difetto di legittimazione attiva della Amco intervenuta in giudizio.
Con il quarto motivo chiede la Corte sollevi le questioni pregiudiziali già formulate nei pregressi gradi di merito nei confronti della Corte di Giustizia UE.
Va anzitutto osservato che tutti i motivi sono formulati in violazione del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui ‘ In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa ‘ (si veda in particolare Cass., S.U. n. 23745 del 28/10/2020).
I motivi risultano altresì in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366 n. 6 c.p.c., non risultando dall’odiern a ricorrente invero debitamente riportati nel ricorso gli atti e i documenti del giudizio di merito posti a fondamento delle mosse censure.
Non può infine sottacersi che le censure sono inammissibilmente volte a richiedere un riesame dei fatti di causa e una nuova valutazione delle prove, invero non consentita in sede di legittimità.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
Va altresì disposta la condanna della ricorrente al pagamento di somme ex art. 96, 3° e 4° co., c.p.c., ricorrendone i rispettivi presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 11.200,00, di cui euro 11.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; al pagamento di euro 11.000,00 ex art. 96, terzo comma c.p.c.
Condanna la ricorrente al pagamento di euro 1.000,00 ex art. 96, IV co. c.p.c., in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile