Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25533 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25533 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5292/2022 R.G. proposto da:
BFF BANK SPA, in persona del Dirigente, Procuratore AVV_NOTAIO NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco e legale rappresentante p.t. dell’RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 2252/2021 depositata il 15/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La BFF Bank (già RAGIONE_SOCIALE) impugnava la sentenza n. 631/2019 resa dal Tribunale di Varese, con la quale era stata accolta l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 797/2016 -emesso nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di Venegono Superiore con cui si ingiungeva il pagamento della somma di € 173.402,05 a favore della RAGIONE_SOCIALE, in qualità di creditrice cessionaria per imponibile ed IVA, dei prezzi per forniture di energia e gas effettuate dalla società cedente RAGIONE_SOCIALE e per somme relative a note debito per interessi di mora maturati a fronte del ritardato pagamento di crediti acquistati pro soluto -ritenendo non sufficientemente provata la sussistenza del credito azionato all’esito dell’istruttoria e della CTU disposta e, per l’effetto, aveva revocato il decreto e condannato la BFF al pagamento delle spese di lite in favore del RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 2251/2021, del 15 luglio 2021, ha rigettato l’appello della BFF Bank.
Propone ricorso per cassazione BFF, sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.
Il RAGIONE_SOCIALE di Venegono Superiore resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c. in relazione al credito azionato per l’importo di € 64.084,70 (art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.).
Sostiene che la Corte d’appello: i) avrebbe ignorato il riconoscimento di debito compiuto dal RAGIONE_SOCIALE in sede di comparsa
conclusionale di primo grado; ii) avrebbe omesso di esaminare fatti oggetto di discussione e/o atti e documenti acquisiti in giudizio decisivi per la controversia; iii) non avrebbe considerato che la contestazione svolta dall’RAGIONE_SOCIALE e sul suddetto credito era assolutamente generica, per cui avrebbe dovuto applicare l’art. 115 c.p.c. e ritenere il credito di BFF non contestato e quindi provato.
Inoltre, la motivazione sarebbe apparente in quanto la Corte avrebbe esplicitato ‘le ragioni della decisione in modo completamente riduttivo da svuotarne ogni sostanza argomentativa’ (cfr. p. 16, ricorso principale).
5.2. Con il secondo ( denominato ‘ secondo e terzo ‘ ) complesso motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 2697 c.c. (art. 360, comma 1, nn. 4 e 5, c.p.c.).
Contesta ancora che la Corte d’appello avrebbe errato nel considerare non provato l’ulteriore credito di € 71.860,59, relativo alla bolletta di chiusura n. 1100337605 del contratto di fornitura del gas stipulato dal RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE e in generale della mancata prova del quantum dovuto.
Sostiene la RAGIONE_SOCIALE che l’erronea decisione deriverebbe dalla mancata disamina dei documenti acquisiti in atti e dall’altrettanto erroneo valore attribuito agli stessi, così come al contegno processuale dello stesso RAGIONE_SOCIALE. Anche le considerazioni del giudice di merito sulle risultanze della CTU sarebbero frutto di un errore di valutazione.
5.3. Con il terzo ( denominato ‘ quarto ‘ motivo ) denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., in relazione alla ritenuta assenza del credito di € 13.035,36 a titolo di interessi di mora maturati al 31 agosto 2013, già fatturati da RAGIONE_SOCIALE (art. 360, comma 1, nn. 4 e 5, c.p.c.).
Il computo di tali interessi sarebbe corretto e la relativa statuizione della Corte di appello sarebbe incomprensibile ed espressione di
una erronea valutazione della documentazione in atti, tra cui la lettera di RAGIONE_SOCIALE del 16 dicembre 2013.
5.4. Con il quarto ( denominato ‘ quinto ‘ ) motivo denuncia la violazione degli artt. 116 c.p.c. e 2697 c.c. in relazione alla ritenuta compensazione del credito vantato da BFF con il risarcimento del danno del RAGIONE_SOCIALE per la segnalazione alla RAGIONE_SOCIALE Rischi (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Si duole che la c orte d’appello abbia male interpretato e applicato le norme sul diritto al risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale, nonché sulla compensazione.
Lamenta che i l danno all’immagine ed alla reputazione non è stato dalla controparte provato, sicché la compensazione non avrebbe dovuto essere compiuta. Con conseguente illogicità della decisione e sua non conformità alle norme richiamate degli artt. 1218, 2043, 2697 e 1241 c.c.
I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente stante la sostanziale sovrapponibilità e comunque connessione logica e giuridica delle censure esposte in relazione ai diversi vizi del vigente art. 360, comma 1, c.p.c., sono inammissibili per le seguenti ragioni.
Innanzitutto, le censure sono del tutto aspecifiche in punto di violazione delle norme di diritto e si compendiano in una contestazione meramente fattuale della valutazione delle prove compiuta dai giudici di merito, in ciò contravvenendo ai due principi di diritto, di formazione giurisprudenziale, secondo cui la denuncia del vizio n. 3, a pena di inammissibilità: (a) non può sostanziarsi nella mera indicazione delle norme asseritamente violate dal giudice di merito, ma, in ossequio all’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., deve contenere l’esame del contenuto precettivo della norma, confrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, in modo da dimostrare che contrastano col precetto normativo (cfr. tra le
tante, da ultimo, Cass. civ., Sez. II, Ord., 18 gennaio 2024, n. 1918; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 12 gennaio 2024, n. 1346; Cass. civ., Sez. II, Ord., 2 gennaio 2024, n. 28; Cass. civ., Sez. I, Ord., 19 dicembre 2023, n. 35425; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22 novembre 2023, n. 32483); (b) non può inerire le questioni di fatto, chiedendo un nuovo e diverso accertamento appunto dei fatti di causa, in contrasto con i caratteri morfologici e funzionali del giudizio di legittimità (v. ex plurimis, tra le più recenti, Cass. civ., Sez. lav., Ord., 26 febbraio 2024, n. 5051; Cass. civ., Sez. V, Ord., 22 febbraio 2024, n. 4778; Cass. civ., Sez. I, Ord., 9 febbraio 2024, n. 3698; Cass. civ., Sez. I, Ord., 15 gennaio 2024, n. 1384; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 11 gennaio 2024, n. 1222; Cass. civ., Sez. III, Ord., 11 dicembre 2023, n. 34404; Cass. civ., Sez. V., Ord. 10 agosto 2023, n. 24344; principio sancito in Cass. civ., SS.UU., 27 dicembre 2019, n. 34476).
Nel caso di specie, parte ricorrente non ha avuto cura di specificare quali sarebbero stati gli errori nel giudizio di diritto commessi dalla Corte ambrosiana e, quindi, per ciascuno dei primi quattro motivi di ricorso perché le conseguenze giuridiche tratte dai giudici di merito non sarebbero conformi a quelle volute dalla legge. Aggiungasi come, dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, la BFF cela la richiesta di rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione monitoria, ponendo a presupposto di tale violazione una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti che, però, inerendo l’operazione di accertamento riservata al giudice di merito, ne comportano la patente inammissibilità.
6.1. Osserva inoltre il collegio come l’inammissibilità d motivi derivi anche dal fatto che le censure in punto di vizio n. 5 dell’art. 360 c.p.c. sono precluse, e in via di per sé assorbente, ricorrendo l’ipotesi di c.d. doppia conforme prevista dall’art. 348 ter, comma 5, c.p.c., non avendo parte ricorrente assolto all’onere di indicare la diversità delle ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della
decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello (tra le molte, v. Cass. civ., Sez. V, Ord., 20 febbraio 2024, n. 4455; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 13 febbraio 2024, n. 3929; Cass. civ., Sez. III, Ord., 6 febbraio 2024, n. 3424; Cass. civ., Sez. I, Ord., 9 gennaio 2024, n. 709; Cass. civ., Sez. V, 28 dicembre 2023, n. 36248; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14 dicembre 2023, n. 35096; Cass. Civ., Sez. III, Ord., 28 febbraio 2023, n. 5947).
6.2. Analoghe considerazioni possono svolgersi per le restanti censure prospettate nei cinque motivi in relazione al vizio n. 4 di cui all’art. 360 c.p.c., avuto riguardo agli artt. 115 e 116 c.p.c., perché articolate in poche righe che si rivelano assolutamente insufficienti e inidonee anche solo a far comprendere le ragioni di doglianza.
Quando invece, in tema di valutazione delle prove, questa Corte, più volte, ha chiarito che il principio del libero convincimento, posto a fondamento dei suddetti articoli, ‘opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, c.p.c.’ (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 26 febbraio 2024, n. 4980; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 18 gennaio 2024, n. 1982; Cass. civ., Sez. V, Ord., 10 novembre 2023, n. 31292; Cass. civ., Sez. III, 26 giugno 2023, n. 18217; Cass. civ., Sez. II, 20 giugno 2023, n. 17659; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 19 aprile 2022, n. 12465; Cass. civ., Sez. V, Ord., 29 marzo 2022, n. 10017).
Limiti qui non superabili attese le preclusioni determinate dalla c.d. doppia conforme per le ragioni appena illustrate.
6.3. Inoltre, i motivi sono inammissibili ai sensi dell’art. 366, 1° comma n. 4, c.p.c.
Secondo consolidato principio, ‘l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere’. Ne discende quindi che, il motivo di ricorso per cassazione non rispettoso di detti requisiti deve considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo, risolvendosi nella proposizione, nella sostanza, di un ‘non motivo’, sanzionabile con la declaratoria di inammissibilità ex art. dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 20 febbraio 2024, n. 4524; Cass. civ., Sez. III, Ord., 25 gennaio 2024, n. 2445; Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 novembre 2023, n. 33186; Cass. civ., Sez. III, Ord., 28 settembre 2023, n. 27569; Cass. civ., Sez. I, Ord., 16 gennaio 2023, n. 1066; Cass. civ. Sez. III, Ord., 14 aprile 2022, n. 12263 Cass. civ., Sez. VI-3, Ord., 22 aprile 2020, n. 8036).
Nel caso, le censure articolate dalla BFF non si correlano affatto alla motivazione della sentenza impugnata, non avendo i giudici di merito compiuto alcuna compensazione tra le parti, ma rigettato la domanda risarcitoria proposta, in via riconvenzionale, dal RAGIONE_SOCIALE (v. p. 7 sentenza impugnata n. 2252/2021).
Trattasi di questione dirimente, al punto da rendere superflua l’analisi del motivo di ricorso, in punto di prova dell’esistenza del danno all’immagine e alla reputazione in capo al RAGIONE_SOCIALE, presupponendo una tale censura il riconoscimento dell’esistenza di un tale danno, la relativa liquidazione e la sua successiva
compensazione con il credito della stessa BFF, di fatto, non avvenuti nei precedenti gradi di giudizio.
In un tale contesto, quindi, sarebbe poi ancor più superfluo addentrarsi nella qualificazione del tipo di compensazione che sarebbe stata compiuta, a dire della ricorrente, dai giudici del merito, se quindi essa sia stata atecnica e/o propria (distinzione ben delineata dalla giurisprudenza di legittimità, v. Cass. civ., Sez. II, 8 maggio 2019, n. 12085; Cass. civ., Sez. lavo., Ord., 21 gennaio 2019, n. 1513).
Dunque, i profili della sentenza censurati non assumono rilievo rispetto all’esito della lite.
7. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza