Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16884 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16884 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
Condominio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3006/2020 R.G. proposto da: COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– Ricorrente –
Contro
CONDOMINIO DI INDIRIZZO, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– Controricorrente –
Avverso la sentenza del la Corte d’appello di Roma n. 5342/2019 depositata il 03/09/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 10 giugno 2025.
Rilevato che:
la Corte d’appello di Roma , nel contraddittorio del Condominio INDIRIZZO Roma, ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME contro la sentenza n. 22293 del 2018 del Tribunale
di Roma, che aveva respinto la domanda del condòmino volta ad ottenere la declaratoria di nullità della deliberazione approvata, in seconda convocazione, dall’assemblea del condominio, per i seguenti vizi: nullità della decisione assembleare per la falsa attestazione della presenza in assemblea di un delegato del Vicinanza e della conseguente presenza di tutti i condòmini; annullabilità della delibera a causa della mancanza di corrispondenza alla situazione reale dei bilanci consuntivi relativi agli esercizi 2014 e 2015, in difetto di attestazione di alcuni pagamenti effettuati dal Vicinanza per quote di spese relative a lavori eseguiti negli anni 2007 e 2008; annullabilità della delibera perché contraddittoria nella parte relativa all’approvazione del bilancio preventi vo per l’esercizio 2016 in quanto, prima, veniva confermata l’assegnazione de lavori ad un’impresa di pulizie (RAGIONE_SOCIALE) e, subito dopo, si sospendeva il servizio, sicché non era chiaro se i condòmini dovessero o meno corrispondere le quote risultanti dal bilancio preventivo approvato, che comprendeva le spese di pulizia;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, cui ha resistito il Condominio con controricorso.
In prossimità dell’udienza, il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte ed ha chiesto che il ricorso sia respinto.
Considerato che:
il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 71 bis disp. att. c.c., 1129, 1130 c.c.: sarebbe errata la sentenza impugnata che, nel respingere l’eccezione dell’appellante di difetto di legittimazione a stare in giudizio de ll’amministra tore del condominio sul rilievo che quest’ultimo debba fornire la relativa prova soltanto in caso di contestazione, non avrebbe considerato che, in presenza della relativa eccezione, non è sufficiente che l’amministra tore provi di aver ricevuto il mandato, dovendo egli anche dimostrare di essere in
possesso dei requisiti di cui all’articolo 71 bis , che è norma imperativa la cui violazione determina la nullità degli atti di autonomia privata;
il motivo è inammissibile;
la sentenza, sul tema della legittimazione dell’amministratore, poggia su due, distinte e autonome, ragioni giustificatrici (v. pag. 2): primo -aspetto, questo, che il giudice distrettuale definisce ‘assorbente’ -che è tardiva la comparsa conclusionale dell’appellante nella quale è proposta, per la prima volta, l’eccezione di difetto di legittimazione a stare in giudizio dell’amministrazione del Condominio; secondo, che la stessa eccezione è infondata nel merito perché la qualità di amministratore in capo alla persona che ha firmato la procura alle liti non è stata oggetto di specifica contestazione da parte del Vicinanza.
La prima ratio decidendi non è stata attinta da specifica censura, donde l’ inammissibilità del motivo, dovendosi al riguardo richiamare il consueto indirizzo di questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 18641 del 27/07/2017, Rv. 645076 -01; in termini, da ultimo, Cass. n. 2360 del 2025), secondo cui, ove (come nella specie) la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l ‘ autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza;
il secondo motivo -‘mancata ammissione delle prove’ denuncia che la sentenza impugnata non avrebbe accolto, perché non riproposte nella precisazione delle conclusioni e perciò da considerarsi rinunciate, l’istanza di prove formulata in primo e in secondo grado,
basandosi su una presunzione inesistente, anziché su una puntuale disposizione normativa;
il motivo è inammissibile;
posto che la norma di legge che si assume violata non è indicata nella rubrica del motivo e non si evince dalla trattazione della doglianza, occorre fare applicazione del principio di diritto secondo cui «in tema di ricorso per cassazione, l ‘ onere di specificità dei motivi, sancito dall ‘ art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d ‘ inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa» (Cass. Sez. U, Sentenza n. 23745 del 28/10/2020, Rv. 659448; conf. Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18998 del 06/07/2021; in termini, Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 32005/2021).
A questo primo profilo d’inammissibilità se ne aggiunge un altro, sottolineato dal Pubblico ministero nelle conclusioni scritte, cioè il difetto di autosufficienza della censura, non essendo ivi esposto il tenore delle prove richieste (v., tra le molte, Cass. n. 4890/2025, e la giurisprudenza da essa citata, in tema di inammissibilità, per difetto di autosufficienza, del motivo relativo alla mancata ammissione della prova testimoniale per non aver il ricorrente trascritto i capitoli di prova testimoniale dei quali assumeva l’ingiustificata mancata ammissione);
il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 3.000,00, più euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione