Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5083 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5083 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
FINO RAGIONE_SOCIALE , e per essa quale mandataria RAGIONE_SOCIALE (già doBank s.p.a denominazione assunta da RAGIONE_SOCIALE ) rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
FALLIMENTO PRATO RAGIONE_SOCIALE
– intimato –
Nonché
COGNOME NOME, COGNOME NOME E COGNOME , rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME , in
NOME COGNOME, elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo Roma, INDIRIZZO
Oggetto: conto corrente anatocismo ed interessi usurari
avverso la sentenza n. 2761/2019, della Corte di Appello di Firenze, pubblicata il 21.11.2019, notificata il 27.11.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21.2.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con atto di citazione ritualmente notificato la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE NOME, COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE NOME, proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE che aveva rigettato l’opposizione da essi proposta avverso il decreto ingiuntivo n. 2328/2011, reso su istanza della RAGIONE_SOCIALE, per la somma di € 346.861 quali saldi debitori del conto corrente ordinario n. 4351079 e del conto anticipo fatture n. 3817066 a cui avevano prestato fideiussione i RAGIONE_SOCIALE.
-Gli opponenti avevano contestato il quantum della pretesa di RAGIONE_SOCIALE perché erronea e chiedevano, pertanto, il rigetto della domanda di RAGIONE_SOCIALE previa revoca del decreto ingiuntivo opposto e di pronunciare la liberazione dei fideiussori dagli obblighi di cui alle fideiussioni stipulate. Deducevano la contrarietà del comportamento della Banca a buonafede avendo essa continuato ad erogare credito nella consapevolezza del deterioramento delle condizioni economiche della RAGIONE_SOCIALE Tnt.
-Il Tribunal e rigettava l’opposizione per l’ asserita genericità della stessa.
-Gli attuali controricorrenti proponevano gravame dinanzi alla Corte di Appello di Firenze che con la sentenza qui impugnata, accoglieva l’appello.
-Per quanto qui di interesse la Corte di merito statuiva che:
le difese degli opponenti non erano generiche al punto di poter ritenere operante il principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c.;
spettava alla Banca opposta dimostrare il credito vantato e che il saldo negativo non era frutto di illegittima applicazione di interessi
anatocistici ed altre voci non dovute;
il preteso richiamo alle condizioni del conto corrente nel contratto di finanziamento del 2005 non era logicamente possibile, poiché tale contratto è stato stipulato nel 2011;
la banca non aveva efficacemente contestato la consulenza di parte da cui si evinceva l’appl icazione di interessi anantocistici e spese non dovute.
–RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con due motivi.
RAGIONE_SOCIALE NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va valutata l’eccezione d ei controricorrenti sulla assenza di legittimazione della RAGIONE_SOCIALE, costituita per la prima volta in questo giudizio di legittimità quale cessionaria di RAGIONE_SOCIALE, a sua volta costituita nei giudizi di merito. Controparte cita giurisprudenza di questa Corte che avrebbe affermato il principio di non sufficienza del deposito dell’avviso di pubblicazione della cessione. L’affermazione è relativa, però , ad una ipotesi nella quale l’avviso, secondo la valutazione di merito del Tribunale, confermata dalla Corte territoriale, non indicava gli estremi del contratto e non consentiva di individuare con esattezza i crediti ceduti : « il documento notarile londinese è insufficiente, sia perché incompleto, sia perché al notaio non è stato esibito
l’originale del contratto di cessione, ma solo un estratto; a fronte dell’estrema genericità del documento richiamato, la Corte ha legittimamente ritenuto non provata la cessione e, quindi, la prova del diritto vantato» (testualmente Cass., n.2780/2019). La parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale (ex multis Cass., n.24798/2020; Cass., n. 34373/2023 ). Controparte pur dando atto che nell’avviso venga riportato l’arco tempo temporale nel quale erano esistenti i crediti ceduti e pur l’esplicito riferimento alla cessione di tutti i crediti sorti in quel periodo ritiene che la dizione ‘ deteriorati ‘ indichi una classificazione specifica che non consente di individuare se il credito oggetto del giudizio sia ricompreso oppur no nella cessione in quanto ‘deteriorato’. La locuzione deteriorato è termine tecnico -contabile e non una classificazione giuridica e fa riferimento a tutti i crediti rimasti insoluti come il caso di specie. L’e ccezione è infondata.
La ricorrente deduce:
8. -Con il primo motivo: Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 348 bis, 342 e 345 c.p.c. con riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c. la Corte non aveva considerato, in violazione dell’art. 112 c.p.c., l’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 54 d.l. n. 83/2012. La parte aveva svolto motivi di gravame non coerenti con quanto richiesto in I grado, modificando le domande formulate come la stessa Corte aveva evidenziato con provvedimento del 7.7.2015 che aveva statuito sulla richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva del d.i.
8.1 -La censura è inammissibile.
Non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto (Cass., n. 15255/2019). Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione. (In applicazione del principio, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso denunciante l’omessa pronuncia sulla dedotta inammissibilità dei motivi d’appello, per difetto di specificità degli stessi, avendo il giudice comunque deciso il gravame nel merito) (Cass., n. 452/2015; Cass., n. 24155/2017; Cass., n.20718/2018; Cass., n. 2083/2021; Cass., n. 2151/2021; Cass., n. 36445/2023).
9. -Con il secondo motivo: Violazione e/o Falsa applicazione degli artt. 115 e 116, c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. con riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c. La Corte non avrebbe considerato sufficiente l’esibizione degli estratti conto quale prova dell’entità del credito vantato nemmeno nei confronti dei fideiubenti poiché le condizioni contrattuali del finanziamento erano quelle indicate nel conto corrente. Deduceva, inoltre, che gli estratti conto non erano stati mai contestati
9.1 -La censura è inammissibile.
Il motivo è articolato in modo diffuso e non sempre lineare impedendo di individuare le censure svolte per le singole violazioni ipotizzate. In tema di ricorso per cassazione è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, c.p.c. non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass. 9 maggio 2018, n. 11222, Sez. I; Cass. 7 febbraio 2018, n. 2954, Sez. II; Cass. 20 novembre 2017, n. 27458, Sez. Lav.; Cass. 5 ottobre 2017, n. 23265 Sez. Lav.; Cass. 6 luglio 2017, n. 16657, Sez. III; Cass. 23 giugno 2017, n. 15651, Sez. III; Cass. 31 marzo 2017, n. 8333, Sez. III; Cass. 31 marzo 2017, n. 8335, Sez. III; Cass. 25 febbraio 2017, n. 4934, Sez. II; Cass. 10 febbraio 2017 n. 3554, Sez. III; Cass. 18 ottobre 2016, n. 21016, Sez. II; Cass. 28 settembre 2016, n. 19133, Sez. Trib.; Cass. 2 marzo 2012, n. 3248, Sez. III; Cass. 23 settembre 2011, n. 19443, Sez. III). Una tale impostazione, che assegna al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente al fine di decidere successivamente su di esse, è inammissibile, perché sovverte i ruoli dei diversi soggetti del processo, e rende il contraddittorio aperto a conclusioni imprevedibili, gravando l’altra parte del compito di farsi interprete congetturale delle ragioni che il giudice potrebbe discrezionalmente enucleare dal conglomerato dell’esposizione avversaria. Nel caso di specie si versa in ipotesi di motivo composito, nel quale è incomprensibile delimitare l’area concernente ciascuna censura, con conseguente inammissibilità delle medesime.
In ogni caso, la Corte ha ritenuto che la discrasia temporale tra la conclusione del contratto di finanziamento del 2005 incontestabilmente incompleto nelle condizioni contrattuali e la conclusione del rapporto di conto corrente del 2011 non consentisse di ritenere applicabili al primo le condizioni contrattuali del secondo anche in assenza di alcun riferimento esplicito in tal senso nel contratto stesso stipulato circa 6 anni dopo. Tale argomentazione non viene in alcun modo censurata con argomentazioni che non si limitino a ripetere l’esistenza dell’applicabilità delle condizioni. Trattasi di attività di interpretazione dei documenti contrattuali e la relativa censura non può risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata. A tale fine, l’estrapolazione del singolo brano della motivazione del provvedimento che si intenda censurare deve associarsi a una puntuale evidenziazione del vizio, dissolvendosi altrimenti la deduzione critica in un’astratta enunciazione di principio (Cass., n.30885/2022).
Ed inoltre, nel contratto di conto corrente, l’approvazione anche tacita dell’estratto conto, ai sensi dell’art. 1832, comma 1, c.c., preclude qualsiasi contestazione in ordine alla conformità delle singole annotazioni ai rapporti obbligatori dai quali derivano gli accrediti e gli addebiti iscritti nell’estratto conto, ma non impedisce di sollevare contestazioni in ordine alla validità ed all’efficacia dei rapporti obbligatori dai quali derivano i suddetti addebiti ed accrediti, e cioè quelle fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell’inclusione o dell’eliminazione di partite del conto corrente (Cass., n. 30000/2018; Cass., n. 12544/2019 ).
-Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 12.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione