Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21811 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21811 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13389/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
COGNOME (anche quale erede di COGNOME domiciliati ex lege presso RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, PIAZZA COGNOME, rappresentati e difesi dall ‘avvocato COGNOME
-ricorrenti – contro
Oggetto:
Contratti
bancari –
Conto corrente
Capitalizzazione
R.G.N. 13389/2022
Ud. 08/07/2025 CC
RAGIONE_SOCIALE , in persona del
legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOMECOGNOME e NOME COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO BARI n. 386/2022 depositata il 07/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 08/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 386/2022, pubblicata in data 7 marzo 2022, la Corte d’appello di Bari, nella regolare costituzione dell’appellata BANCA RAGIONE_SOCIALE DI PUGLIA RAGIONE_SOCIALE ha parzialmente accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE e COGNOME – quest’ultimo anche quale erede di NOME COGNOME -avverso la sentenza del Tribunale di Trani n. 1112/19, del 2 maggio 2019.
Il Tribunale, a propria volta, in parziale accoglimento delle domande originariamente proposte da RAGIONE_SOCIALE e dai soci RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, aveva accertato che, alla data del 31 dicembre 2012, sussisteva un saldo a debito della società complessivamente pari ad € 290.593,05, dovendosi espungere dal saldo negativo di € 314.412,04 -di cui € 18.327,24 per il conto anticipi n. 122388.5 ed € 296.084,80 per il c/c ordinario n. 122 -374.5 – gli addebiti per commissione di massimo sc operto non dovuto pari ad € 23.818,99.
Proposto appello da parte degli originari attori -i quali avevano chiesto di accertare che il saldo negativo del conto anticipi era pari alla minor somma di € 15.265,46 e che il saldo complessivo dei due conti, epurato dalle commissioni di massimo scoperto indebite già accertate in primo grado e dalla capitalizzazione, per ulteriori € 121.502,95, era pari ad € 163.536,31 la Corte territoriale ha accertato che, alla data del 31 dicembre 2012, il saldo negativo dei due conti era pari ad € 288.750,53, per effetto della rideterminazione del saldo del conto anticipi dalla somma accertata dal giudice di prime cure € 18.327,24 -alla minor somma di € 16.464,72.
La Corte territoriale, infatti, ha accolto parzialmente il primo motivo di gravame, col quale gli appellanti censuravano la decisione di prime cure per aver determinato i saldi passivi computando spese e commissioni mai pattuite per iscritto.
La Corte territoriale, infatti, ha evidenziato che il giudice di prime cure, pur evidenziando che in relazione al conto anticipi non risultavano pattuite per iscritto commissioni e spese con riguardo al periodo compreso tra l’inizio del rapporto ed il 28 aprile 2008, aveva tuttavia ritenuto che, nonostante la mancanza di pattuizione espressa di commissioni e spese per il periodo anteriore al 2008, la questione fosse “interamente assorbita’ dalla mancata contestazione degli estratti trimestrali.
La Corte d’appello ha affermato l’erroneità di tale affermazione sottolineando che la mancata contestazione degli estratti conto non valeva a superare la illegittimità degli addebiti per oneri non oggetti di specifica pattuizione, ed ha quindi proceduto alla eliminazione degli addebiti non oggetto di specifica pattuizione.
La Corte ha invece disatteso il secondo motivo di appello, col quale si censurava la decisione di prime cure per non aver escluso la capitalizzazione degli interessi passivi.
La Corte ha rilevato che i contratti originari risalivano al 2003 e che quelli successivi risalivano al 2008, riconoscendo la pari periodicità della capitalizzazione, tanto per gli interessi passivi quanto per quelli attivi, come rilevato dal CTU nella relazione depositata in prime cure.
La Corte territoriale ha quindi ritenuto rispettato il principio di reciprocità nella produzione degli interessi previsto dal combinato disposto dell’art. 120 TUB e degli artt. 2 e 6 della delibera CICR del 9 febbraio 2000.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Bari ricorrono la RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso BANCA RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso articolato su due distinti profili viene dedotta, testualmente, ‘violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex art.360 n.3 c.p.c., in relazione all’art. 1283 c.c., all’art.120 del D.L. 1 settembre 1993 n.385 e degli artt. 2 e 6 della Delibera CICR del 9.2.2000, per aver ritenuto legittimamente pattuita la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi in ambedue i contratti stipulati dai ricorrenti con la Banca resistente e contraddistinti con il n.388 e con il numero 374 (sia con riferimento a quelli originari del 18 febbraio e del 23 gennaio 2003, che a quelli successivi del 28
aprile 2008), sull’erroneo presupposto del rispetto del principio di reciprocità nella produzione degli interessi. nonché sull’erroneo rilievo della effettiva ed analitica indicazione dei tassi debitori e creditori in tutti i suddetti contratti; violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex art.360 n.3 c.p.c., in relazione altresì all’art.117. commi 1 e 3 del T.U.B. per aver omesso di rilevare, anche ex officio, la nullità del contratto di conto anticipi n.388 datato 18.02.2003, per mancata pattuizione per iscritto delle condizioni economiche allo stesso applicate’ .
I ricorrenti deducono che la decisione della Corte territoriale sarebbe stata assunta con ‘una scarsa attenzione ai documenti prodotti in atti, sebbene espressamente richiamati, nonché a quanto in essi contenuto’ in quanto ‘diversamente da quanto si legge in sentenza e nella CTU a firma della dr.ssa COGNOMEall.to E), non in tutti i contratti per cui è causa è espressamente contenuta l’espressa pattuizione della capitalizzazione trimestrale degli interessi’ .
Argomentano i ricorrenti che:
-‘contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte d’Appello adita, non in tutti i contratti sottoscritti dalla RAGIONE_SOCIALE (sia quelli del 2003. sia quelli successivi del 2008), è pattuita correttamente la pari periodicità della capitalizzazio ne’ ;
-‘nel contratto anticipi n. 388 del 18.2.2003 mancano del tutto le condizioni pattuite (…)’ ;
-‘per il contratto di c/c ordinario n.374 datato 28.4.2008, contrariamente a quanto affermato dal CTU, non si rinvengono le relative condizioni (…)’ ;
-nel contratto anticipi n.388 ‘sottoscritto sempre il 28.04.2008’ vi sarebbe ‘la sola indicazione del tasso debitore nominale
annuo nel limite del fido. del tasso effettivo annuo (comprensivo della capitalizzazione). del tasso nominale annuo max su sconfinamenti ma non anche il relativo tasso effettivo annuo (…)’ ;
-‘nella comunicazione di apertura di credito datata 3.4.2003 (…) ed in quella successiva datata 28.04.2008 prodotta da controparte (…) si trova l’indicazione del solo tasso debitore (tasso dare c/c e anticipi su fatture) ma non l’ulteriore indicazione del tasso creditore con relativa capitalizzazione (…)’ .
Da tali profili conseguirebbe, secondo la ricorrente la nullità dei contratti in questione, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità.
Il ricorso è, nel suo complesso, inammissibile.
2.1. In primo luogo, si deve osservare che lo stesso, nei vari profili che viene a dedurre, si viene ad imperniare sulla deduzione di una inadeguata valutazione degli elementi documentali, venendo di fatto a sollecitare a questa Corte un inammissibile riesame della documentazione medesima e, nella sostanza, un vero e proprio nuovo giudizio sul merito della vicenda, dovendosi invece qui ribadire che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
2.2. In secondo luogo, va osservato che, nel momento in cui i ricorrenti vengono addirittura a dedurre una lettura del dato documentale non corrispondente all’effettività del dato medesimo, gli
stessi sembrano voler argomentare la sussistenza di una vera e propria ‘svista concernente il fatto probatorio in sé’ (Cass. Sez. U – Sentenza n. 5792 del 05/03/2024).
Detto proprio, tuttavia, avrebbe dovuto essere dedotto:
ove il dato fosse stato non controverso -e dovendosi qui osservare che il ricorso deduce una lettura inesatta ad opera dello stesso consulente tecnico nominato in primo grado, senza tuttavia dedurre di avere formulato sul punto specifico motivo di appello e senza articolare nel complesso le proprie argomentazioni nel rispetto della specificità di cui all’art. 366 c.p.c. – con il rimedio di cui all’art. 395, n. 4), c.p.c.;
ove il dato fosse stato invece controverso, deducendo in modo specifico il vizio ex art. 360, n. 5), c.p.c.
2.3. Carenze irrimediabili di specificità -con le evidenti conseguenze in tema di inammissibilità del ricorso – vanno anche ravvisate in relazione alla ricostruzione complessiva della vicenda negoziale intercorsa tra le parti, non essendo prospettato con la necessaria chiarezza il rapporto tra le stipulazioni del 2003 e quelle del 2008, ed in particolare non essendo chiaro se queste ultime fossero da considerarsi frutto della vera e propria conclusione di nuovi contratti sostituivi dei precedenti o se si trattasse della mera modifica dei precedenti contratti facendo in tal modo salve le clausole non oggetto di modificazione e rendendo quindi superflua una nuova pattuizione delle stesse.
2.4. La complessiva inammissibilità del motivo vale, quindi, a precludere anche qualsivoglia ipotetico rilievo ufficioso della dedotta nullità -dedotto come vizio della decisione impugnata ma in realtà sollevato solo nella presente sede – non senza osservare che tale rilievo sarebbe comunque precluso dal principio per cui la nullità del contratto
è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, e quindi può essere dichiarata anche in sede di legittimità, purché tale accertamento non imponga nuove indagini in fatto (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 4175 del 19/02/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 21243 del 09/08/2019), indagini che invece si renderebbero necessarie nel caso ora in esame (cfr. Cass. Sez. L – Ordinanza n. 40896 del 20/12/2021), proprio perché i ricorrenti hanno inteso sollecitare a questa Corte un inammissibile nuovo esame del merito della controversia.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara il ricorso inammissibile;
condanna i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 8.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,
comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima