Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8369 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8369 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5438-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, le prime due, in persona del presidente e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘ , la terza, in persona dell’ amministratore delegato e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘, tutte domiciliate presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentate e difese dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante ‘ pro tempore ‘ , domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del
Oggetto
LOCAZIONE USO DIVERSO
Inammissibilità del ricorso
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 25/10/2023
Adunanza camerale
proprio difensore, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 2161/2021 d ella Corte d’appello di Milano, depositata il 13/07/2021;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 25/10/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, rispettivamente, ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE e ‘RAGIONE_SOCIALE‘) , ricorrono, sulla base di sette motivi, per la cassazione della sentenza n. 2161/21, del 13 luglio 2021, della Corte d’appello di Milano, che nel respingerne il gravame avverso la sentenza n. 3726/20, del 25 giugno 2020, del Tribunale di Milano -ha confermato il rigetto delle domande risarcitorie proposte dalle odierne ricorrenti nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘Ata’).
In particolare, la domanda di NOME era finalizzata ad ottenere il risarcimento dei danni subiti, per averle NOME restituito la ‘ res locata ‘ -al termine del contratto di locazione, relativo all’immobile denominato ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘ -in uno stato manutentivo deteriore rispetto a quello nel quale, per legge e contratto, sarebbe dovuta avvenire la restituzione. Agivano, invece, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE per il ristoro dei danni subiti per avere NOME, nel corso del rapporto, mancato di manutenere l’immobile secondo le previsioni di legge e contratto, compromettendone le capacità reddituali, che si riflettevano sul canone dovuto alle
locatrici, determinato in misura proporzionale al fatturato tratto dalla gestione del residence.
Riferiscono, in punto di fatto, le odierne ricorrenti che, il 27 ottobre 1986, RAGIONE_SOCIALE concluso -tra le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (danti causa, rispettivamente, di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) -un contratto di locazione ad uso commerciale, avente ad oggetto il complesso immobiliare ad uso alberghiero ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sito in Milano . Tale contratto prevedeva un canone di locazione annuale (da pagarsi in rate semestrali posticipate) commisurato ai ricavi complessivi realizzati da NOME sul residence in ogni esercizio commerciale successivo e pari al:
-15% dell’ammontare complessivo del fatturato, per una occupazione media annua delle camere fino al 60%;
-al 20% dell’ammontare complessivo del fatturato, per una occupazione media annua delle camere dal 60,01% fino all’80%;
-al 30% dell’ammontare complessivo del fatturato, per una occupazione media annua delle camere dall’80% in poi.
Intervenuta, in corso di rapporto, una serie di scritture private, con quella del 25 novembre 2003 era stato convenuto che RAGIONE_SOCIALE assumesse l’onere di eseguire, a propria cura e spese, le opere di manutenzione ordinaria dell’immobile e alcune migliorie.
Nel frattempo, in data 27 febbraio 2003, RAGIONE_SOCIALE aveva trasferito a Ere il diritto di usufrutto e la gestione di tutti i propri immobili, tra cui anche il ‘RAGIONE_SOCIALE ‘, sicché furono entrambi tali soggetti a comunicare ad RAGIONE_SOCIALE il diniego di rinnovo del contratto di locazione, che, conseguentemente, RAGIONE_SOCIALE a scadere il 31 dicembre 2015 (quantunque la riconsegna dell’immobile sarebbe avvenuta, in realtà, solo in data 1 8 marzo 2016).
Peraltro, avendo Ere retrocesso a RAGIONE_SOCIALE, il 23 dicembre 2015, il diritto di usufrutto sul bene in questione, quest’ultima, con atto di apporto sottoscritto in pari data, conferiva ad NOME, nella qualità di società di gestione del fondo comune di investimento alternativo immobiliare di tipo chiuso riservato, nove distinti immobili di pregio, tra cui anche il suddetto ‘RAGIONE_SOCIALE ‘.
Tale atto di apporto, in particolare, prevedeva che gli immobili in questione fossero, rispettivamente, ‘conferiti ed acquisiti con tutte le inerenti ragioni, azioni, accessioni e pertinenze, oneri accessori, quali competono all’Apportante in virtù dei titoli di proprietà e del possesso’, e ciò ‘nello stato di fatto e di diritto, di consistenza e di manutenzione in cui si trovano, con ogni inerente diritto, ragione, azione, con gli eventuali diritti di comproprietà ad essi spettanti’. Inoltr e, nello stesso atto si precisava che ‘il Comparto’, ovvero NOME, subentrasse ‘all’Apportante nei contratti di locazione assumendo da tale data la titolarità di tutti i rapporti attivi e passivi da essi derivanti’, fermo restando, però, che il suddetto ‘Apportante’ avrebbe conservato ‘il diritto ai canoni, indennità di occupazione, oneri accessori ed alle spese rimborsabili imputabili al periodo precedente alla data odierna indipendentemente dal periodo di pagamen to’.
Orbene, secondo le odierne ricorrenti, in forza delle suddette previsioni contrattuali, ‘RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente per il periodo di competenza, conservavano il diritto alla riscossione dei «canoni, indennità di occupazione, oneri accessori ed alle spese rimborsabili» riferibili al periodo di locazione antecedente al 23 dicembre 2015′, potendo, pertanto, richiedere il danno subito per aver incassato un canone inferiore a quello che sarebbe loro spettato se il conduttore avesse -nel corso del rapporto di locazione -puntualmente adempiuto all’obbligazione
manutentiva assunta contrattualmente, in forza della scrittura del 25 novembre 2003. Peraltro, ai fini della quantificazione del danno, assumeva rilievo la scrittura del 1° marzo 2012, intervenuta tra le parti del contratto di locazione, la quale prevedeva che, con effetto dal 1° gennaio 2011 e sino alla scadenza del contratto, il canone annuo complessivo fosse ‘determinato in una misura pari al 20% (venti per cento) sul totale dei ricavi realizzati in ciascuna annualità’ dal complesso alberghiero.
Per parte propria, invece, NOME aveva acquisito -in ragione del già indicato ‘atto di apporto’ ogni ‘diritto, ragione, azione’ inerente agli obblighi ‘di manutenzione’ di cui era onerata NOME in virtù del contratto di locazione, donde il proprio diritto al risarcimento dei danni subiti per avere il conduttore, alla cessazione del rapporto locatizio, restituitole un immobile in condizioni manutentive deteriori rispetto a quelle nelle quali, per contratto, l’immobile avrebbe dovuto , invece, trovarsi. Peraltro, tali condizioni deteriori sarebbero state accertate, secondo le odierne ricorrenti , all’esito di approfonditi sopralluoghi svolti -tra il 16 e il 20 aprile 2016 -da RAGIONE_SOCIALE, incaricata di effettuare un’attenta verifica dello stato manutentivo ordinario del ‘RAGIONE_SOCIALE ‘, avendo essa stimato in € 1.589.184,00 i costi RAGIONE_SOCIALE interventi necessari a rimediare all’inadempimento RAGIONE_SOCIALE obblighi manutentivi di RAGIONE_SOCIALE e tali da riportare l’immobile nello stato su cui RAGIONE_SOCIALE prima, e RAGIONE_SOCIALE poi, avevano riposto la legittima aspettativa, ai sensi dell’art. 1590 cod. civ.
2.1. Così ricostruiti i termini delle rispettive domande risarcitorie (e dei loro presupposti), le ricorrenti riferiscono che l’esito del giudizio incardinato innanzi al Tribunale milanese si sostanziava nel rigetto delle stesse, con decisione poi confermata in appello.
2.2. In particolare, il giudice di seconde cure, quanto alla pretesa risarcitoria azionata da RAGIONE_SOCIALE, pur riconoscendo che essa fosse legittimata a proporla, riteneva la stessa non fondata.
A tale esito perRAGIONE_SOCIALE, innanzitutto, sul rilievo che NOME avesse ‘genericamente allegato l’inadempimento’ di NOME, senza però dimostrare né ‘quale fosse lo stato manutentivo dell’immobile al momento della conclusione del contratto da porre a confronto con quello finale asseritamente deteriorato’, né ‘lo stato finale in cui si trovava l’albergo al momento della riconsegna’, e quindi ‘il deterioramento conseguente ad una condotta inadempiente tenuta dalla conduttrice in costanza di rapporto locatizio’. No n idonea a tale scopo RAGIONE_SOCIALE ritenuta la relazione redatta all’esito del sopralluogo esperito tra il 16 e il 20 aprile 2016, giacché contenente ‘una mera elencazione di interventi manutentivi asseritamente omessi da parte di RAGIONE_SOCIALE, senza alcuna indicazione, in primo luogo, dell’epoca in cui si sarebbero presumibilmente concretizzate le lamentate omissioni manutentive ad oper a della conduttrice’. Indicazione temporale, viceversa, rilevante, in ragione ‘non solo della durata trentennale del rapporto di locazion e, ma anche e soprattutto dell’esecuzione nel corso RAGIONE_SOCIALE anni di consistenti opere di manutenzione straordinaria da parte di RAGIONE_SOCIALE sull’immobile locato’, in forza ‘RAGIONE_SOCIALE accordi «premi» e «migliorie» di cui si è detto, il cui regolare adempimento ad opera della conduttrice ha comportato in costanza di rapporto locatizio una significativa trasformazione del complesso alberghiero rispetto allo stato di fatto in cui si trovava al momento della stipula del contratto’.
In ogni caso, la Corte milanese escludeva che NOME avesse ‘subito il danno’, motivando tale conclusione, innanzitutto, sul rilievo che, ‘se dopo la riconsegna dell’immobile’, sullo stesso è stato ‘attuato per scelta del proprietario/locatore un progett o di
ristrutturazione o riqualificazione in alcun modo legato alle omissioni manutentive c. d. «ordinarie» addebitate al conduttore’, doveva concludersi che ‘l’eventuale anteriore deterioramento dell’immobile non po tesse aver avuto ‘ alcun riflesso economico negativo sul patrimonio del locatore stesso e non possa pertanto tradursi in un danno patrimoniale effettivo per quest’ultimo’. D’altra parte, a conferma dell’assenza di qualsiasi pregiudizio subito da NOME, varrebbe l’ulteriore rilievo secondo cui ‘lo sta to manutentivo, e il corrispondente valore stimato dell’immobile’, hanno avuto sicura ‘rilevanza nella determinazione del corrispettivo dell’operazione di apporto’, secondo quanto emergerebbe dalla stessa perizia di parte, ‘elaborata impiegando il criterio finanziario reddituale ( discontinued cash low )’. Tale criterio, infatti, risulta fondato ‘sull’attualizzazione dei flussi di cassa netti generati entro un determinato periodo di tempo’, sicché l’assunto ‘alla base di questo criterio di stima consiste nel fatto che un acquirente razionale non è disposto a pagare per l’acquisto di un bene un costo superiore al valore attuale dei flussi di reddito ordinari attesi che il bene sarà in grado di produrre in futuro’.
Il rigetto della domanda risarcitoria di RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, invece, motivato nei seguenti termini.
Per un verso, essendo ‘emerso per tabulas che nel corso del rapporto locatizio e per accordo delle parti ‘ il canone di locazione era ‘stato determinato prima in misura fissa e poi’ in virtù della scrittura del marzo 2012 -‘in misura percentuale sul totale dei ricavi realizzati dalla conduttrice ma, comunque, non più parametrata all’occupazione media annua delle camere dell’albergo e quindi all’attrattiva ricettiva dell’RAGIONE_SOCIALE‘; inoltre, giacché ‘l’ipotizzata perdita di maggiori incassi e guadagni è stata allegata in modo del tutto generico da RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE in quanto basata non su dati certi, reali e documentati, bensì
sull’allegazione, per il deteriore stato manutentivo, di corrispondenza all’i d quod plerumque accidit della compromissione dell’appetibilità ricettiva della struttura e della conseguente capacità reddituale’.
Avverso la sentenza della Corte ambrosiana hanno proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, sulla base -come detto -di sette motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli artt. 1362 e segg. cod. civ., nonché a ll’art. 1470 e segg. cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata là dove afferma che ‘il RAGIONE_SOCIALE ha accettato di acquistare un bene di cui conosceva il valore effettivo e nelle condizioni di fatto in cui si trovava all’esito di una dettagliata relazione di stima’, così determinand osi ‘alla conclusione dell’operazione immobiliare con RAGIONE_SOCIALE per un corrispettivo fissato dalle parti in considerazione di tale valore e stato manutentivo’.
La Corte territoriale, assumono le ricorrenti, ‘ha erroneamente interpretato l’atto di apporto, qualificandolo quale contratto di compravendita’, con ‘violazione dell’art. 1362 cod. civ.’ (e con ‘falsa applicazione dell’art. 1470’), visto che l’atto di apporto ‘non è un contratto di compra vendita, e ciò per la semplice ragione per la quale, a fronte del conferimento dell’immobile, il proprietario conferente non riceve alcun corrispettivo in danaro ma subentra nella titolarità delle quote del RAGIONE_SOCIALE conferita rio’. Tale configurazione trova indiretta conferma nella disciplina fiscale RAGIONE_SOCIALE apporti, visto che l’art. 8, comma 1 -bis , del decreto-legge 25 settembre 2001, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, prescrive
che ‘gli apporti ai fondi immobiliari chiusi costituiti da una pluralità di immobili prevalentemente locati al momento dell’apporto, si considerano compresi, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, tra le operazioni di cui all’articolo 2, comma 3, lettera b), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni’, secondo cui non sono considerate cessioni di beni, tra gli altri ‘le cessioni e i conferimenti in società o altri enti’.
Del resto, osservano le ricorrenti, la differenza tra atto di apporto e compravendita è stata ben colta da questa Corte, nell’affermare che ‘la costituzione del fondo immobiliare può avvenire o mediante acquisto di beni immobili, diritti immobiliari e partecipazioni in società immobiliari successivamente alla sottoscrizione o mediante «apporto» -ossia conferimento di immobili e diritti immobiliari -da parte di enti pubblici o di società private che ne divengono partecipanti. Come la nozione di conferimento si ricollega al ruolo di socio, così, dunque, quella di apporto si relaziona al ruolo di partecipante al fondo e alla titolarità delle relative quote’ (è citata Cass. Sez. 5, sent. 16 giugno 2013, n. 15319).
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli artt. 1362 e segg. cod. civ.
Si censura, in questo caso, la sentenza impugnata perché ‘ha escluso che NOME fosse divenuta titolare del diritto al risarcimento dei danni conseguenti l’inadempimento manutentivo perché di un tale inadempimento le parti (la conferente RAGIONE_SOCIALE e il fondo conferitario RAGIONE_SOCIALE) avrebbero tenuto conto al momento dell’apporto’, e ciò ‘a prescindere dalla qualifica zione di un tale atto’.
Difatti, anche a ritenere che l’operazione negoziale suddetta non sia stata ricondotta dalla Corte milanese al contratto di
compravendita, risulterebbe comunque violato l’art. 1362 cod. civ., in particolare il canone ermeneutico ‘che impone all’interprete di superare il tenore letterale delle previsioni contrattuali e indagare circa la comune intenzione delle parti’, giacché ‘una tale indagine è stata completamente omessa’.
Invero, il giudice di appello, se avesse svolto siffatta indagine alla luce delle risultanze del processo, avrebbe accertato, secondo le ricorrenti, che l’intenzione comune alla conferente RAGIONE_SOCIALE e al RAGIONE_SOCIALE conferitario (e per essa della sua società di gestione) era, per l’appunto, nel senso che la pretesa risarcitoria connessa all’inadempimento dell’obbligo manutentivo dedotto nel contratt o di locazione dell’immobile conferito o meglio, derivante da tale inadempimento -pertenesse al fondo conferitario. Rivelatrice, infatti, di tale comune intenzione sarebbe proprio la comune scelta della conferente RAGIONE_SOCIALE e della conferitaria RAGIONE_SOCIALE ‘di agire nei confronti della ex conduttrice RAGIONE_SOCIALE in un unico contesto processuale: introducendo, con unico collegio difensivo e con unico ricorso il procedimento’ ora portato all’attenzione di questa Corte.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli artt. 1590 e 1218 cod. civ.
Si torna a censurare l’affermazione già oggetto del primo motivo di ricorso, sul rilievo che, anche a voler ritenere l’atto di apporto come compravendita, non sussisterebbero dubbi circa il fatto che NOME abbia acquistato, ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 1599 e 1602 cod. civ., la titolarità del diritto al risarcimento del danno, essendo l’atto di conferimento di data anteriore 23 dicembre 2015 -rispetto alla scadenza del contratto (risalente al successivo 31 dicembre).
La Corte milanese ha, invece, ritenuto che l’atto di apporto (o meglio, ‘il suo fantomatico prezzo’) tenesse in debita considerazione -scontandolo -il danno connesso alla mancata manutenzione dell’immobile, donde l’impossibilità di trasferire al fondo la conseguente pretesa risarcitoria.
Così argomentando, tuttavia, essa avrebbe ‘errato nella valutazione e applicazione dei principi che disciplinano la responsabilità contrattuale del conduttore’, ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 1590 e 1218 cod. civ., i quali ‘individuano il momento storico di realizza zione del pregiudizio economico’, in quello ‘della riconsegna dell’immobile’.
D’altra parte, in termini generali, la giurisprudenza di legittimità ‘ha già avuto modo di chiarire’ osservano sempre le ricorrenti -‘l’irrilevanza, ai fini dell’inadempimento contrattuale e del risarcimento del danno, delle vicende pregresse o successive al momento in cui il pregiudizio si è verificato’.
3.4. Il quarto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento al valore del RAGIONE_SOCIALE determinato al momento dell’atto di app orto.
Si censura la sentenza impugnata per l’omesso esame di un ‘fatto decisivo’ della controversia, consistente ‘nel non aver considerato, come chiaramente emerge dall’Allegato C) dell’atto di apporto, che il valore complessivo dell’apporto non tenesse in cons iderazione lo stato manutentivo dell’immobile come invece constatato al momento della consegna’.
Dal documento in questione emergerebbe, infatti, che la verifica dello stato di conservazione RAGIONE_SOCIALE immobili, poi apportati al RAGIONE_SOCIALE, è stata svolta, su tutti e nove gli immobili conferiti, nell’arco di un solo mese (luglio 2015), essendosi, inoltre,
sostanziata in ‘analisi puramente visive’. Non risultano, infatti, essere stati accertati né la funzionalità RAGIONE_SOCIALE impianti tecnologici presenti, né lo stato di manutenzione RAGIONE_SOCIALE elementi strutturali e/o della dotazione impiantistica, tanto che nel suddetto documento si affermava che, qualora l’esito ‘di una due diligence tecnica’ avesse, poi, evidenziato ‘condizioni diverse’, ci si riservava di ‘rivedere’ i ‘risultati delle analisi’.
Inoltre, la citata relazione utilizzava quale criterio per la valorizzazione dell’immobile quello del ‘ discounted cash flow ‘, che è ‘basato sull’attualizzazione dei flussi di cassa netti generabili entro un determinato periodo di tempo’, a prescindere dallo stato manutentivo, ‘confidando tutti i soggetti coinvolti nel conferimento’ sottolineano le ricorrenti -‘che i beni venissero riconsegnati in perfetto stato di manutenzione tale da consentire una locazione senza soluzione di continuità’.
In conclusione, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d ‘appello, ‘il valore dell’immobile non è stato assunto alla luce del suo stato di fatto, o manutentivo (che infatti la perizia omette di analizzare e detrarre dal valore delle quote), ma alla luce del reddito che la struttura avrebbe dovuto generare «a regime», sull’assunto che «la nuova gestione subentrerà alla precedente senza interruzione di continuità»’.
3.5. Il quinto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione delle norme di diritto con riferimento agli artt. 1218 e 2697 cod. civ., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti con riferimento a tutti gli elementi che attestavano l’inadempimento al contratto di locazione.
Il motivo è proposto per l’ipotesi in cui, ‘di seguito all’accoglimento dei precedenti motivi di ricorso, la Cassazione
intendesse decidere il merito della controversia’, giacché, in questo caso, ‘l’accoglimento delle domande di NOME potrebbe essere precluso dal capo della sentenza (puntualmente impugnato con motivo di appello) con cui il Tribunale ha ritenuto non provata la pretesa risarcitoria’ dalla stessa formulata.
Assumono i ricorrenti di aver ‘dedotto in giudizio l’inadempimento, da parte di RAGIONE_SOCIALE, dell’obbligo di procedere alla manutenzione ordinaria dell’immobile concessole in locazione’, peraltro, non solo rilevante a norma dell’art. 1590 cod. civ., ma pure oggetto di specifico impegno contrattuale, facendone il presupposto -quanto alla posizione di NOME -di una domanda risarcitoria basata sul fatto che, al momento della cessazione di quel rapporto contrattuale, ‘il locatore (i.e. il proprietario della struttura a quella data) potesse immediatamente disporre di un immobile puntualmente manutenuto’.
Orbene, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, chi agisce in giudizio per l’inesatto adempimento del debitore deve solo fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto (ed eventualmente del termine di scadenza), ‘limitandosi ad allegare l’inesattezza dell’adempimento costituita dalla violazione dei doveri accessori, dalla mancata osservanza dell’obbligo di diligenza o dalle difformità qualitative o quantitative dei beni, posto che incombe sul debitore convenuto l’onere d i dimostrare l’avvenuto esatto adempimento dell’obbligazione’ (è citata Cass. Sez. Un., sent. 30 ottobre 2001, n. 13533).
Ciò nonostante, nel caso di specie, non solo è stato ‘capovolto l’onere probatorio e di allegazione’, omettendosi ‘di considerare che, dedotto l’inadempimento (di una specifica obbligazione assunta ai sensi del contratto di locazione; e quindi «non solo» ai sensi dell’art. 1590 cod. civ.), fosse obbligo del conduttore dedurre il fatto estintivo o impeditivo di un tale inadempimento’, ma si è anche ‘omesso di valutare attentamente la portata di tutte
le presunzioni, gravi, precise e concordanti, che attestavano non solo l’inadempimento della resistente al contratto di locazione bensì la sussistenza di un effettivo pregiudizio economico’.
3.6. Il sesto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli artt. 1590 e 1218 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata per aver respinto la domanda risarcitoria formulata da NOME sul presupposto della ‘irrilevanza dei rilievi critici in ordine alla stato di degrado dell’immobile’, e ciò in quanto ‘l’inadempimento o l’inesatto adempiment o dell’obbligazione non obbliga l’inadempiente al risarcimento del danno, se non è concretamente derivato un danno al patrimonio del creditore’.
Si contesta alla Corte territoriale di aver ritenuto ‘irrilevanti’ i difetti manutentivi dell’immobile (pur accertati), poiché non si sarebbero potuti tradurre in un danno concreto, e ciò in quanto la successiva ristrutturazione, fatta eseguire da NOME, avrebbe in qualche modo ‘assorbito’ il danno generato dal conduttore Ata.
I ricorrenti ribadiscono che gli artt. 1590 e 1218 cod. civ. individuano il momento storico di realizzazione del pregiudizio economico in quello ‘della riconsegna dell’immobile’, senza, dunque, ‘che possano rivestire alcuna incidenza eventi estrinseci e successivi che non sono idonei ad interrompere il nesso causale tra inadempimento -accertato -e degrado manutentivo, anch’esso accertato’, a maggior ragione quando tali eventi, come nel caso di specie, siano correlati ‘ad un diverso rapporto giuridico, sorto successivamente e a distanza di anni dalla produzione dell’evento’.
3.7. Il settimo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con particolare riferimento alla prova del danno, in capo ad RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, derivante dall’inadempimento (provato) di RAGIONE_SOCIALE.
Si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto ‘non provata’, sia in relazione all’ an che al quantum , la pretesa risarcitoria formulata da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, qualificando, inoltre, ‘pretestuosa’ la domanda , essendo ‘ emerso per tabulas ‘ come, nel corso del rapporto locatizio e per accordo delle parti, ‘ il canone di locazione fosse stato determinato prima in misura fissa e poi in misura percentuale sul totale dei ricavi realizzati dalla conduttrice ma, comunque, non più parametrata all’occupazione media annua delle camere dell’albergo e quindi all’attrattiva ricettiva dell’RAGIONE_SOCIALE‘.
Osservano, per contro, le ricorrenti che -proprio in virtù di quanto stabilito con la scrittura privata del 1° marzo 2012 -‘l’attrattiva ricettiva del RAGIONE_SOCIALE‘ non poteva più ritenersi ‘testimoniata dall’occupazione media, bensì dai ricavi ottenuti dalla struttura’, sicché, se RAGIONE_SOCIALE, a partire dal 1° gennaio 2011, ‘avesse adempiuto ai proprio obblighi manutentivi, il RAGIONE_SOCIALE avrebbe aumentato i propri ricavi proprio a ragione della maggiore appetibilità ricettiva’.
Inoltre, sul presupposto che la prova del fatto costitutivo della pretesa risarcitoria potesse essere data dal locatore anche per presunzioni, purché ‘l’operata inferenza’ venisse ‘effettuata alla stregua di un canone di ragionevole probabilità, con riferimento alla connessione RAGIONE_SOCIALE accadimenti la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di esperienza’, le ricorrenti ritengono che la prova del danno potesse, nella specie, basarsi sul c.d. ‘ id quod plerumque accidit ‘, risultando ‘di evidenza cartesiana’ che ‘un deteriore stato manutentivo compromette l’appetibilità ricettiva della struttura e la conseguente capacità reddituale’ della stessa.
D’altra parte, neppure la difficoltà di indicare il ‘ quantum ‘ poteva condurre -osservano le ricorrenti -a ritenere infondata, perché priva dell’allegazione del danno, la domanda risarcitoria. Difatti, in caso di inadempimento, ‘il danno da mancato guadagno presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che, secondo un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità) il creditore avrebbe conseguito se l’obbligazione fosse stata adempiuta’ ; giudizio probabilistico, questo, che, tuttavia, ‘ben può essere equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l’entità del danno subito’.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, la società RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di memoria scritta da parte del Procuratore RAGIONE_SOCIALEe presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, in ciascuno dei motivi in cui si articola.
8.1. L’inammissibilità de l primo motivo va affermata a norma dell’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ .
8.1.1. Esso, difatti, censura una pretesa motivazione (circa la qualificazione dell’atto di apporto come compravendita) della quale non vi è traccia nella sentenza impugnata, che in nessun punto opera una simile qualificazione.
La censura proposta dalle ricorrenti finisce, dunque, col risolversi in un ‘non motivo’.
Sul punto, infatti, occorre ribadire che il motivo di ricorso per cassazione ‘è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo’, sicché, in riferimento al ricorso per Cas sazione ‘tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un «non motivo», è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366, n. 4), cod. proc. civ.’ (così Cass. Sez. 3, sent. 11 gennaio 2005, n. 359, Rv. 579564-01; in senso analogo anche Cass. Sez. 3, sent. 31 agosto 2015, 17330, Rv. 636872-01, nonché, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 20 marzo 2017, n. 7074, non massimata sul punto; conforme anche Cass. Sez. 1, ord. 24 settembre 2018, n. 22478, Rv. 650919-01).
8.2. Anche i motivi secondo, terzo e quarto -scrutinabili unitariamente, giacché articolati sul comune presupposto per cui, pur ritenendo che la sentenza impugnata non abbia qualificato l’atto di apporto come compravendita, essa avrebbe errato nel negare la titolarità, in capo ad NOME, del diritto al risarcimento del danno, esito al quale la Corte ambrosiana è pervenuta sull’erroneo convincimento , secondo le ricorrenti, che dell’inadempimento di ATA al suo obbligo manutentivo si sarebbe tenuto conto nel determinare il prezzo/corrispettivo dell’apporto -sono, nuovamente, inammissibili, e ciò per più ragioni.
8.2.1. Invero, i motivi secondo e terzo non prospettano alcuna violazione o falsa applicazione delle norme evocate nelle rispettive rubriche , ma pretendono di evidenziarla all’esito di una rivalutazione di circostanze fattuali, delle quali, infatti, propongono una diversa ricostruzione.
Da ciò deriva l’ inammissibilità dei due motivi, se è vero che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. ‘consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità’ (‘ ex multis ‘, Cass. Sez. 1, ord. 13 ottobre 2017, n. 24155, Rv. 645538-03; Cass. Sez. 1, ord. 14 gennaio 2019, n. 640, Rv. 652398-01; Cass. Sez. 1, ord. 5 febbraio 2019, n. 3340, Rv. 65254902). Ne consegue, quindi, che il ‘discrimine tra l’ipotesi di violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa e l’ipotesi della erronea applicazione della legge in ragione della
carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa’ (così, in motivazione, Cass. Sez., Un., sent. 26 febbraio 2021, n. 5442). Evenienza, quest’ultima, che ricorre nel caso di specie, visto che il presente motivo sollecita, dichiaratamente, un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie.
In merito, invece, al quarto motivo di ricorso, deve rilevarsi che esso individua il fatto del quale sarebbe stato omesso l’esame in una emergenza dell’atto c.d. di apport o (o più esattamente, dell’Allegato C allo stesso) , senza tuttavia spiegare dove e come esso sia stato fatto oggetto di attività argomentativa nel giudizio di merito, sicché l’illustrazione del motivo -in spregio all’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ. -si risolve solo nell’evocazione di ciò che risultava da tale documento . Per contro, l’osservanza della norma suddetta richiedeva che le odierne ricorrenti non si limitassero a dedurre quale fosse il fatto ‘omesso’ e la sua ‘decisività’, ma che individuassero anche il ‘dato’, testuale o extratestuale, da cui esso risulta esistente, e, soprattutto, il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8054, Rv. 629831-01; in senso conforme, tra le altre, Cass. Sez. 3, sent. 11 aprile 2017, n. 9253, Rv. 643845-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 10 agosto 2017, n. 19987, Rv. 645359-01).
In definitiva, il motivo si sostanzia nel semplice richiamo ad ampi stralci del documento suddetto, delle cui emergenze si sollecita una valutazione preclusa nella presente sede di legittimità, sicché esso si risolve in taluna di quelle censure ‘che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio’ (tal è,
appunto, il caso che occupa) mira, in realtà, ‘ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’ (da ultimo, Cass. Sez. Un., sent. 27 dicembre 2019, n. 34476, Rv. 656492-03).
8.3. Pure il quinto motivo è inammissibile.
8.3.1. Esso è, infatti, dedotto espressamente per l’ipotesi in cui, a seguito dell’accoglimento dei precedenti motivi di ricorso, questa Corte intendesse procedere alla decisione nel merito, sicché l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE uni preclude, evidentemente, la sua disamina.
Il tutto, peraltro, non senza considerare che il motivo investe non la motivazione della Corte territoriale, ma quella del primo giudice, ciò che di per sé ne comporta l’inammissibilità (Cass. Sez. Lav., sent. 21 marzo 2014, n. 6733, Rv. 630084-01).
Qualora, infine, si ritenesse che le considerazioni svolte attraverso di esso intendano criticare pure la motivazione della sentenza di appello, l’esito dell’inammissibilità sarebbe vieppiù da confermare, perché il presente motivo neppure individua -come già sopra chiarito -quale sia il passaggio motivazionale sottoposto a censura.
8.4. Il sesto motivo è inammissibile per una duplice, concorrente, ragione.
8.4.1. Il motivo, infatti, censura un a ‘ ratio dedicendi ‘ aggiuntiva, rispetto a quella che ha escluso la fondatezza della domanda risarcitoria proposta da NOME, sul rilievo che essa non abbia provato l’inadempimento di NOME, ovvero quella fondata sulla mancata prova anche dell’esistenza di un danno risarcibile.
Orbene, poiché la prima di tali ‘ rationes ‘ resiste alle censure articolate con i motivi di ricorso sin qui scrutinati, tanto basta per
ritenere inammissibile -per difetto di interesse -il motivo qui in esame.
Difatti, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza (o inammissibilità) delle censure mosse ad una delle ‘ rationes decidendi ‘ rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, ‘ in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività de lle altre, alla cassazione della decisione stessa’ (Cass. Sez. 5, ord. 11 maggio 2018, n. 11493, Rv. 648023-01; in senso analogo già Cass. Sez. Un., sent. 29 marzo 2013, n. 7931, Rv. 62563101; Cass. Sez. 3, sent. 14 febbraio 2012, n. 2108, Rv. 62188201).
D’altra parte, il motivo è comunque inammissibile, perché si risolve -per le stesse ragioni illustrate nello scrutinare i motivi secondo e terzo -non nella denuncia di una violazione o falsa applicazione delle norme evocate in rubrica, bensì in una sollecitazione a rivalutare circostanze di fatto, fra l’altro nemmeno indicate nel rispetto dell’art. 366 , comma 1, n. 6), cod. proc. civ.
8.5. Infine, pure il settimo motivo -che censura il rigetto della domanda risarcitoria, questa volta, di RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE -è inammissibile.
8.5.1. In disparte, infatti, il rilievo per cui -sussistendo, nella specie, un caso di ‘doppia conforme di merito’ la censura di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio risulta preclusa ai sensi dell’art. 348 -ter , ultimo comma, cod. proc. civ. (norma applicabile ‘ ratione temporis ‘ al presente giudizio, avendo le odierne ricorrenti gravato la sentenza di primo grado con ricorso
depositato in data 13 gennaio 2021 e dunque posteriormente all’11 settembre 2012 ). Le ricorrenti, infatti, non hanno soddisfatto l’onere ‘di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse’ (Cass. Sez. 1, sent. 22 dicembre 2016, n. 26774, Rv. 643244-03; Cass. Sez. Lav., sent. 6 agosto 2019, n. 20994, Rv. 654646-01).
L ‘esito dell’ inammissibilità del motivo, tuttavia, discende ancor prima dalla circostanza che esso non ha la struttura del vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., in quanto non denuncia l’omesso esame di un fatto, bensì una ‘mancata prova’, indulgendo , inoltre, sempre nel sollecitare a questa Corte una valutazione della ‘ quaestio facti ‘, ad essa, evidentemente, preclusa.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico delle ricorrenti e liquidate come da dispositivo.
A carico delle ricorrenti, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando la RAGIONE_SOCIALE, nonché le società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, a rifondere, alla società RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 10.0 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della