Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20254 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20254 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7833/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Procuratore legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di LECCE n. 1029/2021 depositata il 22/09/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 2015, la società RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di euro 434.560,91 a titolo di risarcimento del danno o di indennizzo ex art. 2041 c.c. per:
maggiore importo dovuto quale rimborso della differenza tra il valore delle opere realizzate in proprio per la connessione di un impianto fotovoltaico alla rete di distribuzione (Euro 625.000) e agli oneri di connessione dovuti a RAGIONE_SOCIALE (Euro 247.743,40) detratto quanto a titolo già versato dalla società convenuta (Euro 126.135); b) canone di locazione o indennità di utilizzo dell’impianto per il periodo compreso tra l’attivazione di esso (26 agosto 2011) e la stipula dell’atto notarile di cessione alla convenuta (31 luglio 2014), per un importo di euro 91.609,59;
ripetizione degli oneri di occupazione di suolo pubblico versati alla provincia di Lecce (COSAP) dal 26 agosto 2011 a tutto il 2014 pari ad euro 90.543,36;
rimborso del premio di una polizza fideiussoria, pagato da RAGIONE_SOCIALE al banco di Napoli per il periodo agosto 2014/maggio 2015, pari a 1286,55 €.
A fondamento della domanda deduceva che controparte aveva abusato della propria posizione dominante nel rapporto di connessione alla rete elettrica di un impianto di produzione fotovoltaica di energia da essa realizzato, ritardando ingiustificatamente i tempi per l’acquisizione delle autorizzazioni
necessarie alla connessione e conseguentemente costringendola ad accettare condizioni più onerose.
Il Tribunale, con la sentenza n. 558/2019, pronunciata ex articolo 281 sexies c.p.c. rigettava la domanda.
La Corte d’ Appello di Lecce, con la sentenza n. 1029 del 22 settembre 2021, rigettava l’appello confermando la sentenza del Tribunale.
Innanzitutto, dopo aver puntualizzato che la Guida per le connessioni contiene le regole e le condizioni contrattuali per l’erogazione del servizio di connessione elaborate dal gestore nel rispetto delle disposizioni regolamentari, condivideva quanto già affermato dal tribunale che la valorizzazione deve essere operata sulla base dei parametri contenuti nella guida delle connessioni ed. 2009 poiché in vigore al tempo in cui si era formato l’accordo al tempo della comunicazione da parte di RAGIONE_SOCIALE. di accettazione del secondo preventivo predisposto da RAGIONE_SOCIALE avvenuta il 18 giugno 2010. Tale lettura era l’unica plausibile in quanto diversamente si farebbe dipendere la valorizzazione dell’impianto dall’epoca della sua cessione e da criteri non noti al momento della formazione della volontà negoziale.
Rigettava, altresì, l’ipotesi secondo cui RAGIONE_SOCIALE avesse tenuto una condotta di abuso di una posizione di dipendenza economica nell’ambito del rapporto oggetto di lite.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito propone ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE, sulla base di 5 motivi illustrati da memoria.
3.1. La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1366, 1370 e 1371 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Si duole che la corte di merito, come già il tribunale, nella determinazione del valore dell’impianto da compensare con il corrispettivo di connessione dovuto ex art. 15.4. del TICA abbia erroneamente applicato i parametri della Guida per le connessioni Ed. 1.1. del dicembre 2009 efficaci al momento della sottoscrizione del contratto in luogo dei parametri del dicembre 2011 valevoli all’epoca della cessione dell’impianto.
4.2. Con il secondo motivo denunzia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175, 1218, 1337, 1375 c.c., dell’art. 9, legge n. 192/1998, nonché degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.).
In particolare, deduce che la c orte d’appello, come già il tribunale, sotto il primo profilo, ha erroneamente ritenuto che nella procedura per la connessione alla rete dell’impianto di RAGIONE_SOCIALE avrebbe agito in buona fede, sia nella fase precontrattuale che contrattuale, laddove alla stregua delle risultanze istruttorie emerge l’a buso di posizione dominante da parte della medesima anche in merito alla soluzione tecnica minima dalla stessa individuata.
Lamenta che la corte di merito non ha fatto buon governo né del principio di ripartizione dell’onere probatorio (non essendosi avveduta che RAGIONE_SOCIALE non aveva dimostrato il tempestivo avvio dell’iter per la costituzione di servitù coattiva) né delle regole ermeneutiche contrattuali (avendo peraltro ritenuto che l’espressione ‘atti autorizzativi’ includesse, oltre a quelli di fonte pubblicistica, anche quelli privatistici) né delle norme sulla valutazione delle prove (non avendo correttamente considerato le risultanze delle prove orali acquisite in primo grado).
Si duole che il giudice del gravame abbia omesso di considerare il mancato rispetto, da parte di RAGIONE_SOCIALE, del termine contrattualmente previsto per consegnare l’impianto, tempo invece indispensabile per assicurare la sopravvivenza del contraente debole RAGIONE_SOCIALE.
4.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia l’omessa valutazione delle prove orali e, ancora una volta, la violazione dell’art. 116 c.p.c. (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.).
Le censure riguardano la statuizione di rigetto della domanda di condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento di un indennizzo per l’uso dell’impianto, durante il periodo compreso tra la sua attivazione, avvenuta il 14.8.2011, e la stipula dell’atto notarile di cessione, in data 31.7.2014.
La ricorrente si duole che In particolare il giudice del gravame abbia erroneamente valutato la prova testimoniale dalla quale si evince che la cabina di sezionamento della linea installata sarebbe servita ad allacciare alla rete altre utenze tramite quel medesimo impianto.
4.4. Con il quarto motivo denuncia l’omessa valutazione da parte del giudice del gravame dell’uso esclusivo dell’impianto in capo ad RAGIONE_SOCIALE, fatto pure confermato dalle prove orali raccolte, non contestato e decisivo ai fini della decisione, con conseguente violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ancora in tema di valutazione delle prove orali (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.).
4.5. Con il quinto motivo denuncia l’omessa valutazione di un ulteriore fatto decisivo, costituito dalla durata della polizza fideiussoria, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
Sostiene che la sentenza impugnata deve essere cassata laddove la Corte di appello ha omesso di considerare che la durata della suddetta polizza, rilasciata da RAGIONE_SOCIALE in favore di RAGIONE_SOCIALE a garanzia di eventuali vizi e difetti dell’impianto, era triennale dalla data di consegna di quest’ultimo, avvenuta nell’agosto 2011, per cui la mancata restituzione dell’impianto entro detto termine avrebbe provocato un danno alla stessa RAGIONE_SOCIALE per aver dovuto continuare a pagare i premi fino a maggio 2005, per un totale di € 1.286,55.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
Le censure svolte dalla ricorrente riguardano non propriamente l’errore del giudice di merito nell’applicazione delle regole ermeneutiche in materia contrattuale quanto piuttosto il risultato interpretativo a cui detto giudice è pervenuto nella lettura del contratto inter partes , in relazione all’art. 15.4 del TICA e ai parametri unitari previsti dalla Guida per le Connessioni del dicembre 2009, diversi da quelli contenuti nella versione del dicembre 2011. L’approdo a cui è pervenuta la Corte territoriale è insindacabile in sede di legittimità se non nei limiti del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360, comma 1, c.p.c., che però non è stato veicolato (v. ex plurimis , Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5446; Cass. civ., Sez. III, Ord., 31 gennaio 2024, n. 2887; Cass. civ., Sez. III, Ord., 12 dicembre 2023, n. 34629; Cass. civ. Sez. I, Ord., 21 settembre 2023, n. 26986).
Non può d’altro canto sottacersi che l’interpretazione delle clausole contrattuali è riservata al giudice di merito, il quale deve indagare su quale sia stata la comune intenzione dei contraenti, partendo dal significato letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, per poi mettere in correlazione le singole clausole con la disciplina integrativa espressamente voluta dalle parti, al fine di chiarirne il significato (cfr. tra le molte, Cass. civ., Sez. I, Ord., 13 febbraio 2024, n. 3949; Cass. civ., Sez. V, Ord., 19 maggio 2021, n. 13572; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 25 giugno 2020, n. 12620; Cass. civ. Sez. III, Ord., 8 giugno 2018, n. 14882).
Ebbene, la decisione impugnata risponde a tali requisiti, essendo fondata su un iter argomentativo rispettoso delle regole legali di ermeneutica contrattuale, governate dai criteri dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c., tra cui quelli di buona fede e di interpretazione del contratto più favorevole alla parte debole, nonché delle norme integrative espressamente volute dai contraenti, costituite dalla Guida per le Connessioni del 2009 e alle condizioni generali di contratto.
5.1. Non può per altro verso sottacersi che i motivi risultano dalla ricorrente formulati in violazione dei requisiti a pena d’inammissibilità prescritti all’art. 366 c.p.c.
C on riferimento al vizio di cui al n. 3 dell’art. 360, c.p.c. va osservato che la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto solo mediante richiamo alle norme asseritamente violate, atteso che ogni doglianza, invece di consistere in specifiche argomentazioni sul perché le affermazioni contenute nella sentenza gravata sarebbero in contrasto con le norme regolatrici richiamate, involge sempre al preteso abuso di posizione dominante di RAGIONE_SOCIALE, con conseguente sostanziale sovrapponibilità delle medesime censure.
La relativa disamina disvela una richiesta di rivalutazione dei fatti storici da cui è originata la vicenda, perché pone a suo presupposto una diversa, e più favorevole, ricostruzione degli atti negoziali e normativi rispetto a quella accolta nella sentenza impugnata, attraverso doglianze che si connotano non già in vizi di legittimità, ma di merito, senza confrontarsi con la ratio decidendi della decisione impugnata, così travalicando il modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’art. 360 c.p.c. (cfr. Cass. civ., Sez. V, Ord., 8 marzo 2024, n. 6356; Cass. civ., Sez. III, Ord., 8 febbraio 2024, n. 3572; Cass. civ., Sez. I, Ord., 24 gennaio 2024, n. 2335; Cass. civ., Sez. lav., 21 agosto 2020, n. 17570).
A ben vedere, le censure di parte ricorrente ineriscono pure l’apprezzamento degli esiti probatori del processo, ma, anche sotto questo profilo, non meritano di essere accolte, trattandosi di compito riservato al giudice del merito e insindacabile in cassazione, quando, come nel caso, risulta logico e coerente il valore preminente dallo stesso attribuito agli elementi utilizzati e posti a fondamento della decisione e le argomentazioni sono inadeguate e insufficienti a superarlo (cfr. da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 5 ottobre 2023, n. 28120; Cass., Sez. lav., 20 luglio
2023, n. 21681; Cass., Sez. lav., Ord., 9 luglio 2023, n. 21343; Cass., Sez. II, Ord., 20 giugno 2023, n. 17560; Cass., Sez. I, Ord., 28 marzo 2023, n. 8764; Cass., Sez. I, Ord., 20 marzo 2023, n. 7942; Cass., Sez. II, Ord., 18 gennaio 2023, n. 1466 Cass., Sez. VI-2, Ord., 24 settembre 2021, n. 25941; Cass., Sez. VI-5, Ord., 4 dicembre 2017, n. 28929). Infatti, la Corte d’appello ha compiutamente esaminato tutte le risultanze istruttorie, correttamente -così escludendosi la fondatezza pure della doglianza di violazione dell’art. 2697 c.c. ed ha ricostruito i fatti costitutivi della domanda di RAGIONE_SOCIALE, ritenendo, sulla base degli esiti delle prove orali, di cui ha dato specificatamente atto in motivazione, non sussistere un inadempimento di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (cfr. pp. 23-24 sentenza impugnata n. 1029/2021).
Neppure può porsi una questione di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., non avendo il ricorrente allegato e dimostrato che il giudice del merito ha basato la sua decisione su prove non dedotte dalle parti o ne ha disposte d’ufficio fuori dei limiti legali ovvero ha disatteso prove legali o considerato come facenti piena prova elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. tra le molte, Cass. civ., Sez. II, Ord., 6 marzo 2024, n. 6005; Cass. civ., Sez. V, Ord., 28 febbraio 2024, n. 5233; Cass. civ., Sez. I, Ord., 27 febbraio 2024, n. 5135; Cass. civ., Sez. I, Ord., 23 gennaio 2024, n. 2259; Cass. civ., Sez. I, Ord., 31 luglio 2023, n. 23151; Cass. civ., Sez. V, Ord., 22 aprile 2022, n. 12830; Cass. civ., Sez. I, 1° marzo 2022, n. 6774).
Quanto al dedotto vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. va osservato che nella specie ricorre un’ipotesi di c.d. doppia conforme, e la ricorrente non ha indicato nel ricorso le divergenti ragioni su cui la prima e la seconda decisione di merito risultano fondate legittimanti la denunzia del vizio in argomento (v. ex plurimis , Cass. civ., Sez. V, Ord., 20 febbraio 2024, n. 4455; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 13 febbraio 2024, n. 3929; Cass. civ., Sez. III,
Ord., 6 febbraio 2024, n. 3424; Cass. civ., Sez. I, Ord., 9 gennaio 2024, n. 709; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 1° settembre 2023, n. 25640; Cass. civ., Sez. II, Ord., 19 luglio 2023, n. 21230).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza