Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18825 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18825 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
Oggetto: rivendicazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3726/2021 R.G. proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Napoli, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME e COGNOME rappresentati e difesi dall’avv.NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME
– controricorrenti –
NOME COGNOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 1207/2020 emessa dalla Corte d’Appello di Salerno il 20/10-18/11/2020 e notificata il 20/11/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 giugno 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Si legge nella sentenza impugnata che, con atto di citazione notificato il 22/12/2004, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME premesso che erano divenuti proprietari di un fondo sito in Pontecagnano Faiano, in virtù di successione ereditaria da COGNOME NOME, deceduto il 24/4/2000, dallo stesso acquistato dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME e, in parte, dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME con scrittura privata del 13/3/1985; che NOME COGNOME originario promissario acquirente del fondo, unitamente a NOME COGNOME aveva stipulato, con scritture private, due preliminari di compravendita aventi ad oggetto porzioni del medesimo fondo, ossia quello intercorso con NOME COGNOME in data 25/3/1983 e quello intercorso con COGNOME NOME in data 30/6/1983; che NOME COGNOME aveva alienato il bene al figlio NOME COGNOME con atto del 18/5/2004; che COGNOME NOME aveva alienato il proprio a NOME COGNOME con atto del 20/6/1984 e che quest’ultimo lo aveva, a sua volta, alienato alla propria moglie COGNOME NOME con atto del 4/3/2004; che i due atti di compravendita erano nulli in quanto COGNOME NOME e NOME COGNOME non avevano mai acquistato la titolarità dei beni, che era stato posto in essere un inammissibile preliminare di preliminare e che non potevano essere maturati i presupposti dell’usucapione cui NOME COGNOME aveva fatto riferimento nell’atto, convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Salernoex Sez. distaccata di Montecorvino COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME perché venisse accertato il loro diritto di proprietà sulla porzione di terreno in questione, perché venisse dichiarata la nullità, per impossibilità dell’oggetto, dei contratti di
compravendita del 18/5/2004, intercorso tra NOME COGNOME e NOME COGNOME e del 4/3/2004, intercorso tra NOME Bernardo e NOME COGNOME e perché i predetti venissero condannati alla riconsegna delle porzioni di terreno illegittimamente detenute e al risarcimento dei danni patiti dagli attori per l’intervenuta trascrizione degli atti stessi.
Con sentenza n. 5899/2016 del 12/12/2016, pubblicata il 27/12/2016, il Tribunale di Salerno dichiarò l’inefficacia del contratto di compravendita del 18/5/2004, intercorso tra COGNOME NOME e il figlio NOME COGNOME (al Fg. 13, particella 928), e del contratto del 4/3/2004, intercorso tra COGNOME NOME e la moglie NOME COGNOME (Fg. 13, particelle 1049 e 1050), e condannò i predetti alla restituzione dei rispettivi beni, mentre rigettò la domanda risarcitoria.
Il giudizio di gravame, interposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME si concluse, nella resistenza di NOME COGNOME e COGNOME NOME e NOME, nonché di COGNOME NOME e COGNOME NOME che chiesero la declaratoria di competenza della Sezione agraria, con la sentenza n. 1207/20 del 20/11/2020, con la quale la Corte d’Appello di Salerno rigettò l’appello, condannando gli appellanti alle spese di lite.
Contro la predetta sentenza, COGNOME Raffaele propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati anche con memoria.
NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME si difendono con
contro
ricorso, mentre COGNOME COGNOME è rimasto intimato.
NOME Raffaele ha depositato memoria con la quale ha chiesto rinvio onde poter procedere alla integrazione del contraddittorio nei confronti di NOME COGNOME e COGNOME RosaCOGNOME
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione delle norme sulla competenza, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 2, cod. proc. civ., perché il Tribunale non aveva esaminato la competenza della Sezione Agraria, di cui la Corte d’Appello si era occupata superficialmente, senza tener conto delle eccezioni della controparte, benché la natura agraria del terreno si evincesse sia dal preliminare tra gli eredi COGNOME NOME e COGNOME NOME, sia dalla sentenza penale di condanna del Pretore di Montecorvino Rovella per il reato di lottizzazione abusiva.
Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., perché il Tribunale non aveva tenuto conto del fatto che gli acquirenti degli immobili avessero derivato la proprietà da soggetti (COGNOME NOME ed eredi COGNOME) non chiamati in giudizio, ritenendo di non dover estendere ad essi il contraddittorio. Inoltre, il Tribunale non aveva fatto alcuna precisazione su come avesse superato le domande di usucapione e di identificazione del soggetto che confermavano la competenza della Sezione agraria.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 360, primo comma, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., perché il Tribunale, all’udienza di decisione, aveva nominato relatore un giudice onorario, NOME COGNOME benché rimanessero nel collegio il Presidente e il consigliere, entrambi facenti parte della Sezione della Corte d’Appello che aveva deciso, poco prima, un giudizio (n. 297/18 RG, 722/13, pubblicata il 5/3/2018) nel quale erano stati commessi molti errori, poiché in questa sentenza il giudice relatore non aveva tenuto conto del fatto che gli altri due giudici non erano legittimati al giudizio e avevano trascurato di esaminare le eccezioni di nullità, di improcedibilità e di estinzione dei giudizi, di
competenza, di integrazione del contraddittorio e di usucapione. I predetti giudici avevano già rigettato in primo grado la richiesta di integrazione del contraddittorio e di usucapione, nonché quella di acquisizione effettiva ex lege derivante dalla stessa documentazione di controparte. La Corte non aveva esaminato i documenti prodotti e non aveva considerato che mancava in giudizio COGNOME NOME, uno degli eredi necessari di COGNOME NOME, che il contraddittorio andava esteso anche al venditore Di COGNOME NOME e che l’avvocato costituito COGNOME era privo di mandato di uno degli eredi del co-venditore NOME COGNOME
Con il quarto motivo di ricorso, infine, si lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e di contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, perché la Corte non aveva tenuto conto delle risultanze processuali derivanti dalla sentenza n. 297/18 della Corte d’Appello di Salerno e dalla documentazione prodotta, dell’estinzione delle domande proposte dagli eredi COGNOME, della sentenza del giudice di Montecorvino COGNOME del 2/10/2006, da cui risultava la natura agricola del terreno, della querela presentata nei confronti di ignoti per lo smarrimento del fascicolo di primo grado che aveva impedito di ricostruire i giudizi intentati dai proprietari dei terreni per lottizzazione abusiva, della falsità dei documenti.
Il ricorso è inammissibile per deficit espositivo, in violazione dell’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., come del resto eccepito nel controricorso.
Al riguardo, è noto che la funzione del requisito di cui alla citata disposizione codicistica consiste nel consentire alla Corte di cassazione di ‘ percepire con una certa immediatezza il fatto sostanziale e lo svolgimento del fatto processuale e, quindi, acquisire l’indispensabile conoscenza, sia pure sommaria, del processo, in modo da poter procedere alla lettura dei motivi di
ricorso in maniera da comprenderne il senso ‘ (così, esattamente, Cass., Sez. 6-3, 11/1/2013, n. 593, in motivazione).
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, per soddisfare il requisito imposto dalla predetta disposizione, il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito (tra le tante Cass., Sez. 6-3, 28/5/2018, n. 13312; Cass., Sez. 6-3, 3/2/2015, n. 1926).
Il principio di autosufficienza non risponde, invero, ad un’esigenza di mero formalismo, ma è volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione, e a consentire di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Cass., Sez. 3, 12/1/2024, n. 1352; Cass., Sez. 5, 4/10/2018, n. 24340).
Il ricorso, in esame, non si conforma affatto a tali principi, giacché non soltanto descrive confusamente i fatti di causa, senza precisare quali domande fossero state proposte e da chi e quali difese fossero state svolte da ciascuna delle parti nei due gradi di merito, ma omette di delineare in modo chiaro l’oggetto delle singole doglianze, rispetto alle quali neppure indica le nome violate,
sostanzialmente affidandole a non perspicue argomentazioni su altri procedimenti, anche penali, sul cattivo operato dei giudici del collegio in altri procedimenti, su documenti non precisati nei contenuti, di cui non viene in alcun modo chiarita neppure la pertinenza con l’oggetto del presente giudizio.
Da ciò consegue l’inammissibilità del ricorso.
6. In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico del ricorrente.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME