Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5102 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 5102  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
Oggetto
LOCAZIONE USO DIVERSO
Sentenza –
Duplicità di ‘ rationes
decidendi ‘ –
Inammissibilità del motivo di ricorso avverso una di esse per difetto di ‘localizzazione’ del documento su cui il motivo si fonda Conseguente inammissibilità dei restanti motivi sull’altra ‘ ratio ‘
sul ricorso 25302-2020 proposto da:
R.G.N. 25302/2020
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona del legale rappresentante, amministratore unico ‘ pro tempore ‘ , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio da ll’AVV_NOTAIO,  che  la  rappresenta  e  difende unitamente all’AVV_NOTAIO COGNOME; Cron. Rep. Ud. 14/09/2023 Adunanza camerale
ricorrente –
contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME QUATTROCIOCCHI INES;
– intimati –
Avverso la sentenza n. 3156/2020 d ella Corte d’appello di Roma , depositata il 01/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 14/09/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘) ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 3156/20, del 1° luglio 2020, della Corte d ‘a ppello di Roma, che -accogliendo il gravame esperito avverso la sentenza n. 1933/11, del Tribunale di Latina, dagli eredi di NOME COGNOME, ovvero NOME COGNOME, NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOMECOGNOME quale esercente la responsabilità genitoriale nei confronti di NOME COGNOMECOGNOME e NOME COGNOME -ha dichiarato gli appellanti non tenuti a rispettare, a norma dell’art. 2923, comma 3, cod. civ., il contratto di locazione stipulato dalla società RAGIONE_SOCIALE in relazione ad alcuni terreni in località Pontinia, dei quali il predetto NOME COGNOME si era reso aggiudicatario all’esito di procedura esecutiva.
 Riferisce,  in  punto  di  fatto, l’odierna ricorrente di essere stata convenuta in giudizio da NOME COGNOME, il quale agiva sul duplice  presupposto  che  la  creditrice  esecutante  aveva  visto accogliere, in prime cure, la propria domanda ex art. 2901 cod. civ. in relazione al contratto di locazione ultranovennale concluso, nel 1999, tra la debitrice esecutata ed essa società RAGIONE_SOCIALE, ed inoltre che  il  canone  di  locazione  risultava  inferiore  a  quanto  previsto dall’art. 2923, comma 3, cod. civ.
Il  primo  giudice,  tuttavia,  rigettava  la  domanda,  sul  rilievo che,  per  un  verso,  la  decisione  di  accoglimento  dell’azione revocatoria esperita dalla Banca di Roma era stata riformata in appello, nonché, per altro verso, che non fosse stata raggiunta la prova che il prezzo della locazione fosse inferiore almeno di un
terzo  a  quello  ‘giusto’,  sì  da  rendere  la  stessa  inopponibile all’aggiudicatario ai sensi del già citato comma 3 dell’art. 2923 cod. civ.
Su gravame  degli eredi di NOME COGNOME, tuttavia, la pronuncia del primo giudice veniva riformata in appello, ritenendosi idonea a dimostrare la carenza del giusto prezzo la perizia  di  parte  già  allegata  da  parte  attrice,  in  assenza  di contestazioni in ordine alle sue risultanze.
 Avverso  la  sentenza  della  Corte  capitolina  ha  proposto ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE, sulla base -come detto -di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione di norme di diritto in punto di prova nel processo civile, in relazione agli artt. 2697, 2727, 2729 e 2923, comma 3, cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata là dove afferma che la parte già attrice aveva ‘ offerto un principio presuntivo in merito all’insufficienza del corrispettivo pattuito con la locazione’, e ciò ‘avendo depositato una «Relazione di stima»’, documento dal quale emergeva che ‘il prezzo medio di mercato per l’affitto di terreni simili a que llo oggetto di stima oscilla da un minimo di € 650, 00 a un massimo di € 950,00 ad ettaro, con una media di € 800,00 per ettaro’, sicché il canone di € 272,50 per ettaro ‘non a ppare giusto’. Soggiungeva, poi, la Corte territoriale che, sebbene il documento in questione costituisse ‘una relazione di parte’, l’allora convenuta, nel costituirsi in giudizio, ‘non solo non ha offerto elementi tecnici di segno diverso, ma non ha svolto considerazioni di sorta in merito all’elaborato prodotto da parte attrice’.
Così argomentando, tuttavia, la sentenza impugnata avrebbe, innanzitutto, disatteso l’art. 2697 cod. civ., a norma del quale è l’attore  che  deve  provare  i  fatti  che  costituiscono  fondamento della propria pretesa, non potendo, dunque, rilevare la circostanz a che la parte convenuta non abbia ‘offerto elementi tecnici di segno diverso’ rispetto a quelli risultanti dalla relazione tecnica suddetta.
Che tale documento, poi, non fosse idoneo a comprovare che il  canone pattuito fosse inferiore di un terzo al ‘ giusto prezzo ‘ , sarebbe confermato dallo stesso contegno processuale di parte attrice, che aveva chiesto procedersi allo svolgimento di una CTU.
Erronea,  inoltre,  sarebbe  la  qualificazione  della  relazione come ‘principio presuntivo’, e ciò perché a norma dell’art. 2729, comma 2, cod. civ. -le  presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testi, casi tra i quali va annoverato anche quello della testimonianza su elementi di natura tecnica.
D’altra parte, quella in esame non risulta neppure una consulenza tecnica di parte, ma una semplice allegazione difensiva, donde l’impossibilità di riconnettervi qualsiasi efficacia probatoria, e ciò anche in ragione del fatto che ben due consulenze d’uffi cio -l’una espletata nella procedura esecutiva, l’altra nei già citato giudizio ex art. 2901 cod. civ. promosso dalla Banca di Roma -avevano valutato del tutto congruo il canone pagato da MIA, rispetto a quelli rilevati nella zona di appartenenza dell’im mobile.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione di norme di diritto in punto di valutazione della prova nel processo civile, in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
La ricorrente non solo assume che, nel caso di specie, non sarebbero state poste alla base della decisione ‘prove proposte dalle parti’, ma censura anche l’erroneità del rilievo secondo cui la convenuta, non contestando la perizia di parte, avrebbe reso applicabile, nei propri confronti, il principio di non contestazione.
Tale principio, infatti, opera -sottolinea la ricorrente -solo in relazione ai ‘fatti’ allegati dalla controparte, rimanendo, pertanto, estranea alla sua applicazione una mera ‘allegazione difensiva’, qual è, appunto, una relazione di parte.
Il tutto, peraltro, non senza osservare -conclude sul punto la ricorrente -come  essa  NOME,  nel  costituirsi  in  appello,  avesse contestato e replicato in merito alla predetta allegazione, donde l’impossibilità di fare riferimento al principio di non contest azione, peraltro  pure  applicato,  irritualmente,  ‘ ex  officio ‘  dalla  Corte capitolina.
Quanto alla violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., secondo cui  il  giudice  deve  valutare  le  prove  secondo  il  suo  prudente apprezzamento,  ‘salvo  che  la  legge  disponga  altrimenti’,  la ricorrente  assume  come,  nella  specie,  sia  proprio  la  legge  a disporre che la relazione di parte non valga come prova, ma quale mera allegazione difensiva.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione di norme di diritto in punto di requisiti per l’applicazione di quanto statuito dall’art. 2923, comma 3, cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata là dove afferma che anche il  primo  giudice  aveva ‘ritenuto che le valutazioni espresse dal tecnico di parte fossero in sé attendibili’, tuttavia discostandosene, sul presupposto che i rilievi fossero ‘riferiti alla data del 2008’.
Nega, per contro, la ricorrente che il Tribunale di Latina abbia mai  ritenuto  minimamente  attendibili  le  valutazioni  contenute nella suddetta relazione di parte, sicché la decisione resa in prime cure ‘è stata immune da vizi di sorta’.
Sono rimasti solo intimati gli eredi di NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di conclusioni scritte da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. Il ricorso è inammissibile.
8.1. Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che il giudice d’appello ha affermato -fornendo, così, una motivazione alternativa (come evidenzia l’uso , a pag. 5, dell’espressione ‘del resto’) a quella qui fatta oggetto dei primi due motivi di ricorso -che il giudice di prime cure aveva ritenuto ‘in sé attendibil i’ le valutazioni contenute nella perizia di parte, salvo però esso stesso discostarsene, sul rilievo che tali valutazioni risalissero al 2008. Dopo di che, la Corte capitolina ha giustificato il dissenso dal Tribunale di Latina con la motivazione enunciata nella terza proposizione della medesima pag. 5 della pronuncia qui in esame, ovvero sottolineando che, attraverso ‘la devalutazione dell’importo indicato nella Relazione di stima in atti alla data del 1999 e sia pure tenendo conto del valore più basso indicato dal
AVV_NOTAIO, l’oscillazione che ne deriva (anche sulla base di nozioni di comune esperienza), consente, comunque, di ritenere che il canone previsto dal contratto di locazione, pari a € 272,50 per ettaro, sia inferiore di un terzo a quello giusto’ .
Orbene,  anche  questa  motivazione  è  stata  fatta  oggetto  di censura, in particolare con il terzo motivo della presente impugnazione, il quale, però, risulta inammissibile. Esso, infatti, si fonda sul contenuto della sentenza di primo grado, che viene riprodotto, senza però provvedere a localizzare, in questo giudizio di legittimità, la sentenza stessa, e ciò in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6) cod. proc. civ.
Difatti, la norma suddetta, che impone ‘ l ‘ indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda ‘ , va inteso nel senso che ‘ indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata «localizzazione» del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull ‘ osservanza del principio di autosufficienza dal versante «contenutistic o»’ ( cfr., da ultimo, Cass. Sez. 1, ord. 10 dicembre 2020, n. 28184, Rv. 660090-01).
Consolidandosi, per tale ragione, la motivazione fatta oggetto del terzo motivo di ricorso (alternativa, come detto, rispetto a quella censurata con i primi due motivi e basata sulla valenza di ‘elemento presuntivo’ della relazione di stima, e comunque sulla sua ‘non contestazione’) , tanto basta a determinare l’inammissibilità dell’intero ricorso. Invero, le questioni oggetto dei primi due motivi di ricorso non possono essere esaminate, perché, quand’ anche fossero fondate, ciò non impedirebbe alla sentenza di passare in giudicato sulla motivazione alternativa, non idoneamente censurata con il terzo motivo. Va, infatti, dato
seguito al principio secondo cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza, o inammissibilità, delle censure mosse ad una delle ‘ rationes decidendi ‘ rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’int ervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. Sez. 5, ord. 11 maggio 2018, n. 11493, Rv. 648023-01; in senso analogo già Cass. Sez. Un., sent. 29 marzo 2013, n. 7931, Rv. 625631-01; Cass. Sez. 3, sent. 14 febbraio 2012, n. 2108, Rv. 621882-01).
 Nulla  va  disposto  in  relazione  alle  spese  del  presente giudizio di legittimità, essendo rimasti solo intimati l’COGNOME, gli COGNOME e la COGNOME.
A carico della ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di  versare  un ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato,  se  dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,  comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza
dei  presupposti  per  il  versamento  da  parte  della  ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  all’esito  dell’adunanza  camerale della