Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14996 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14996 COGNOME 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 29335 – 2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE -pP_IVAvP_IVAa. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME che disgiuntamente e congiuntamente al l’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE -c.f./p.i.v.a. P_IVA – in persona del sindaco pro tempore , elettivamente domiciliat o, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Pescara, alla INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 1383/2022 del la Corte d’Appello di L’Aquila , udita la relazione nella camera di consiglio del 23 maggio 2024 del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO,
RILEVATO CHE
Con ricorso ex artt. 633 e ss. cod. proc. civ. depositato il 21.12.2011 il Comune di Popoli adiva il Tribunale di Pescara.
Esponeva che l’ ‘RAGIONE_SOCIALE non aveva provveduto a corrispondergli le indennità periodiche per la captazione dell’acqua del fiume Giardino , complessivamente ammontanti ad euro 490.937,46, relative alle annualità 2007, 2008, 2009 e 2010 (cfr. ricorso, pag. 2) e stabilite con scrittura privata di ricognizione e dilazione di debito del 7.7.2005 in relazione a ll’ atto di conciliazione datato 30.10.2001 (cfr. controricorso, pag. 2) .
Esponeva segnata mente che l’atto di conciliazione era intercorso tra le parti nelle more del giudizio che aveva intrapreso dinanzi al RAGIONE_SOCIALE della Regione Abruzzo (cfr. ricorso, pag. 2) .
Chiedeva ingiungersi all ‘ ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ il pagamento della somma anzidetta, oltre interessi e spese (cfr. controricorso, pag. 2) .
Con decreto n. 272/2012 il t ribunale pronunciava l’ingiunzione .
Con citazione notificata il 6.4.2012 l ‘ ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ proponeva opposizione.
Instava per la revoca dell’ingiunzione.
3.1. Resisteva il Comune di Popoli.
Con ulteriore ricorso ex artt. 633 e ss. cod. proc. civ. depositato il 26.8.2013 il Comune di Popoli adiva il Tribunale di Pescara.
Chiedeva ingiungersi all ‘ ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ il pagamento della somma di euro 313.790,23, oltre interessi e spese, quali indennità periodiche per la captazione dell’acqua del fiume Giardino relativ e alle annualità 2011 e 2012 (cfr. ricorso, pag. 3) .
Con decreto n. 1973/2013 il tribunale pronunciava l’ingiunzione .
Con citazione notificata il 12.11.2013 l ‘ ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ proponeva opposizione. Instava per la revoca dell’ingiunzione.
6.1. Resisteva il Comune di Popoli.
Riunite le opposizioni, con sentenza n. 979/2015 il tribunale le rigettava e condanna va l’ opponente alle spese (cfr. controricorso, pag. 3) .
L ‘ ‘ARAGIONE_SOCIALEC.A.’ proponeva appello.
Resisteva il Comune di Popoli.
Con sentenza n. 1383/2022 la Corte d’Appello di L’Aquila rigettava il gravame e condan nava l’appellante al le spese del grado.
Evidenziava la Corte di L’Aquila – in ordine al primo motivo d’appello , con cui l’appellante aveva addotto che si verteva in materia di derivazione di acque pubbliche e di determinazione del relativo canone e dunque che operava la competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Roma -che doveva opinarsi per la competenza del tribunale ordinario.
Evidenziava altresì che dovevano reputarsi nuove, ex art. 345 cod. proc. civ., tutte le domande con cui l’appellante aveva lamentato la sussistenza di un vizio genetico della convenzione/conciliazione in data 30.10.2001, asseritamente idoneo a comportarne la nullità (cfr. sentenza d’appello, pag. 5) .
Evidenziava del resto che la convenzione/conciliazione era stata adempiuta da ciascuna parte sino al 2007 né vi era contestazione in ordine al quantum liquidato dal tribunale con l’impugnat o dictum (cfr. sentenza d’appello, pag. 5) .
Evidenziava ancora che la convenzione non forniva riscontro di un rapporto di tipo concessorio tra il Comune e l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘, contemplante, quale controprestazione, il versamento di un canone (cfr. sentenza d’appello, pag. 5) .
Evidenziava infatti che il presupposto della convenzione/conciliazione, come si spiegava nelle relative premesse, era costituito dalla volontà di definire una controversia concernente la realizzazione di indebite opere di captazione e la successiva captazione delle acque del fiume Giardino (cfr. sentenza d’appello, pag. 6) ; ed ulteriormente che la convenzione transattiva aveva stabilito RAGIONE_SOCIALE indennizzi solo impropriamente definiti canoni (cfr. sentenza d’appello, pag. 6) .
Evidenziava infine che le prospettazioni di parte appellata rinvenivano riscontro, oltre che nello stesso atto di concil iazione del 30.11.2001 e nell’atto di impegno del 7.7.2005, altresì nella nota datata 12.8.2012, con cui l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘, in risposta alla diffida di parte avversa, aveva riconosciuto sia la debenza sia i titoli delle somme ex adverso pretese (cfr. sentenza d’appello, pa g. 6) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’ ‘RAGIONE_SOCIALE ; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
Il Comune di Popoli ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore, con distrazione, delle spese.
La ricorrente ha depositato memoria. Del pari ha depositato memoria il controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3 e n. 5, cod. proc. civ. (cfr. ricorso, pag. 12) la violazione dell’art. 11 2 cod. proc. civ. per omessa statuizione su un punto essenziale dell’appello; la violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 20, 35, 55, lett. g), e 140 r.d. n. 1775/1933.
Deduce che la Corte di L’Aquila, allorché ha denegato la competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Roma, ha statuito con motivazione illogica ed apparente (cfr. ricorso, pag. 10) .
Deduce che la corte d’appello neppure ha indicato le domande ed eccezioni esperite ex novo in grado d’appello (cfr. ricorso, pag. 11) ; che l’affermato difetto di contestazione in ordine al quantum da essa ricorrente già versato fino al 2007 non ‘può sopperire alle omissioni d el giudicante che restano insanabili’ (così ricorso, pag. 11) .
Deduce che ‘sostenere che l’atto di conciliazione non è una concessione amministrativa perché la legge non lo consentirebbe, significa restare fermi al dato formale che distingue la tipologia di atti (…), ma è priva di contenuto relativamente al caso concreto ‘ (cfr. ricorso, pag. 12) .
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘ violazione dell’art. 112 c.p.c. e violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 36 e 20 T.U. acque. Violazione dell’art. 140 T.U. acque e dell’art. 360, n. 2 e 5, c.p.c.’ (così ricorso, pag. 13) .
Deduce che ‘il Comune ha preteso di addossare ad RAGIONE_SOCIALE, mediante l’atto di conciliazione del 2001, l’onere del pagamento dei canoni idrici, che esso aveva corrisposto direttamente allo Stato fino al febbraio 1969′ (così ricorso, pag. 14) .
Deduce che la Corte di L’Aquila ‘non spiega perché la somma indicata nell’atto di conciliazione espressamente a titolo di canone idrico per il prosieguo della captazione dal fiume Giardino debba essere interpretata come , dal momento che in seno al medesimo atto il termine indennizzo è utilizzato per indicare altro genere di pagamenti ‘ (così ricorso, pag. 14) .
Deduce che nella specie ‘si configura (…) un’assenza totale di motivazione e di decisione su un punto centrale della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.)’ (così ricorso, pag. 16) .
Deduce che ‘è lo stesso Comune a dare la prova dell’esistenza di un contenzioso sul regime delle acque pubbliche, chiedendo espressamente le somme a titolo di canoni idrici (…)’ (così ricorso, pag. 16) .
I motivi di ricorso sono all’evidenza connessi; il che ne suggerisce la disamina simultanea; comunque, ambedue i mezzi di impugnazione sono inammissibili.
Non può non rimarcarsi, previamente, che la censura addotta in ordine al profilo della competenza si risolve, sic et simplicter , del tutto genericamente, nell’asserita illogicità, nell’asserita apparenza in parte qua della motivazione.
Su tale scorta non può prescindersi dal rilievo per cui l’ eventuale ‘ error in procedendo ‘ riv este valenza indipendentemente dall’esistenza ovvero dalla sufficienza e logicità della motivazione del giudice di merito sul punto, sicché non è consentito alla parte interessata formulare in sede di legittimità la relativa censura in termini di omessa motivazione (cfr. Cass. (ord.) 2.9.2019, n. 21944; Cass. 10.11.2015, n. 22952) .
E tanto si rimarca, per giunta, in un quadro segnato dall’assoluta disorganicità, dall’assoluta disarticolazione delle doglianze addotte e con l’uno e con l’altro motivo di impugnazione (si condividono, perciò, gli analoghi rilievi del Comune di Popoli: cfr. controricorso, pagg. 10 -11) .
16. In ogni caso la Corte di L’Aquila ha, in punto di competenza, esplicitato che l’azionata pretesa si fondava su di un titolo negoziale reso a margine del contenzioso intercorso tra le parti dinanzi al RAGIONE_SOCIALE della Regione Abruzzo, titolo negoziale diretto non già a regolamentare il versamento di un canone concessorio in favore del Comune di Popoli bensì ad indennizzare il medesimo Comune per i danni lamentati per gli illeciti a scritti all’ ‘A.C.A.’ (cfr. sentenza d’appello, pag. 4) .
E siffatte affermazioni, ben vero, risultano in linea con le affermazioni di cui all’ordinanza n. 14477/2021, pronunciata da questa Corte nel giudizio iscritto al n. 20335/2020 r.g., scaturito dal regolamento facoltativo di competenza esperito dalla RAGIONE_SOCIALE in questa sede ricorrente nei confronti del Comune RAGIONE_SOCIALE Popoli avverso la sentenza n. 712/2020 emessa del Tr ibunale di Pescara nell’ambito del medesimo rapporto di durata oggetto del presente giudizio, sentenza con cui il Tribunale abruzzese aveva disconosciuto, a reiezione dell’eccezione di incompetenza sollevata dall’ ‘A.C.A.’ , la competenza del Tribunale regionale delle Acque Pubbliche di Roma ed aveva, nel merito, respinto l’opposizione proposta dall’ ‘RAGIONE_SOCIALE.’ avverso l’ingiun zione di pagamento chiesta e ottenuta dal Comune di Popoli.
Con l’ordinanza summenzionata questa Corte, pur sulla scorta del rilievo per cui ‘il giudicato sulla competenza può esservi solo in relazione allo specifico
giudizio e non certo può estendersi ai giudizi aventi ad oggetto petitum diversi, anche se relativi al medesimo rapporto di durata’ (così ordinanza n. 14477/2021, pag. 4. Cfr., per altro verso, Cass. (ord.) 15.12.2017, n. 30220, secondo cui le sentenze sulla giurisdizione e sulla competenza rese in sede di regolamento o di ricorso ordinario dalla S.C. -cui, per la funzione istituzionale di organo regolatore della giurisdizione e della competenza, spetta il potere di adottare decisioni dotate di efficacia esterna (cd. efficacia panprocessuale) -producono effetti anche nei successivi processi tra le stesse parti; Cass. 27.6.2005, n. 13768) , ha puntualizzato che ‘rientra nella competenza del giudice ordinario la controversia che come quella di cui si discute, ha ad oggetto la controversia sorta in virtù di un atto conciliativo sottoscritto tra le parti il 30 ottobre 2001, con il quale è stato definito un complesso contenzioso tra le parti e con cui è stato definito il corrispettivo da pagare all’ente comunale per avere rinunciato a favore di RAGIONE_SOCIALE alla concessione di derivazione di acqua dal fiume giardino ‘ (così ordinanza n. 14477/2021, pag. 6) .
17. Sotto altro profilo questa Corte spiega che il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere imposto dall’art. 366, 1° co., n. 6, cod. proc. civ. – di produrlo agli atti, indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi, e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso (cfr. Cass. (ord.) 28.9.2016, n. 19048; Cass. 13.11.2018, n. 29093; Cass. sez. un. 27.12.2019, n. 34469, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, 1° co., n. 6, cod. proc. civ., le censure fondate su
atti e documenti del giudizio di merito, qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità) .
D ‘altronde , con la pronuncia n. 8950 del 18.3.2022 le sezioni unite di questa Corte hanno esplicitato, sì, che i l principio di ‘autosufficienza’ del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, 1° co., n. 6, cod. proc. civ., quale corollario del requisito di specificità dei motivi (anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021) , non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa. E però hanno ribadito la necessità che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto RAGIONE_SOCIALE atti richiamati all’interno delle censure.
18. Su tale scorta non può che farsi luogo ad una duplice puntualizzazione.
La ricorrente non ha provveduto a riprodurre nel ricorso il testo del l’atto di conciliazione del 30.10.2001.
La ricorrente non ha fornito -neppure in calce al ricorso – alcuna indicazione in ordine alla collocazione del medesimo documento.
19. In ogni caso il tenore delle censure addotte con gli esperiti mezzi è tale, che l ‘ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ appare dolersi per l’erronea interpretazione dell’atto di
conciliazione (ulteriormente l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha prospettato che ‘la Corte insiste nell’affermare apoditticamente che il canone idrico non è tale, nonostante sia espressamente contemplato dalla conciliazione’: così ricorso, pag. 12 ; che ‘la seguente disamina ha la funzione di rappresentare al giudice della legittimità che in realtà il cd atto conciliativo aveva ad oggetto una revisione sostanziale della disciplina delle acque pubbliche (…)’: così ricorso, pag. 13; che la Corte di L’Aquila ‘non spiega perché riti ene che non siano coinvolti interessi pubblici e perché si tratterebbe solo di un atto privatistico’: così ricorso, pag. 14) .
20. Ovviamente sovvengono gli insegnamenti di questa Corte.
Ossia l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione per violazione delle regole ermeneutiche ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. ovvero per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del l’ art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass. sez. lav. 4.4.2022, n. 10745) .
Ossia l’insegnamento secondo cui né la censura ex n. 3 né la censura ex n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. possono risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131) .
21. In questo quadro si rimarca quanto segue.
Da un canto, la ricorrente né nella rubrica dei motivi né nel corpo dei motivi ha fornito compiuta, puntuale indicazione ed esplicitazione dei parametri
ermeneutici asseritamente disattesi (a pag. 18 del ricorso si rinviene riferimento al 1° co. dell’art. 12 delle preleggi, rubricato ‘interpretazione della legge’ ; analogamente a pag. 5 della memoria della ricorrente) .
D’ altro canto, il giudizio di appello ha avuto inizio nel corso del 2016 ed il secondo dictum ha integralmente confermato il primo dictum , sicché si applica ratione temporis nella specie la previsione di cui all’art. 348 ter , 5° co., cod. proc. civ., che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. la sentenza di appello ‘che conferma la decisione di primo grado’ (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860, secondo cui l’art. 348 ter, 5° co., cod. proc. civ. non si applica ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’11.9.2012 . Cfr. altresì Cass. 22.12.2016, n. 26774) .
22. Si tenga conto in pari tempo che non hanno precipua valenza né la circostanza per cui la Corte di L’Aquila non avrebbe espressamente motivato ‘sul motivo di appello che deduce in ordine alla rinuncia parziale alla concessione, che è elemento costitutivo del contenuto obbligatorio dell’atto transattivo’ (così ricorso, pag. 15) , né la circostanza per cui la Corte di L’Aquila avrebbe ignorato la diversa prospettazione difensiva dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pag. 15) .
Invero, questo Giudice spiega che l’omesso esame di una questione riguardante l’interpretazione del contratto, non costituendo ‘fatto decisivo’ del giudizio, non è riconducibile al vizio di cui all’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., atteso che rientrano in tale nozione gli elementi fattuali e non quelli
meramente interpretativi (cfr. Cass. (ord.) 13.8.2018, n. 20718; Cass. 8.3.2017, n. 5795) .
E spiega ancora che l’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del dec. leg. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, introduce nell ‘ ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all ‘ omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (cfr. Cass. 14.6.2017, n. 14802; Cass. (ord.) 18.10.2018, n. 26305) .
23. Una finale notazione si impone.
A ppare del tutto generico il rilievo della ricorrente a tenor del quale ‘il rimando generico alla del termine canone idrico da intendersi come indennizzo, riferita dalla Corte alla sentenza di primo grado, possa essere considerata motivazione per relationem ‘ (così ricorso, pag. 17) .
Tanto, ben vero, a prescindere dalla considerazione per cui la sentenza d’appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, seppur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado (cfr. Cass. (ord.) 5.8.2019, n. 20883) .
24. In dipendenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare le spese del presente giudizio di legittimità al l’AVV_NOTAIO, difensore del controricorrente , che ha dichiarato di aver anticipato le spese e di non aver riscosso gli onorari.
La liquidazione segue come da dispositivo.
25. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE , a rimborsare all’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, difensore anticipatario del controricorrente, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 9.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte