Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27924 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27924 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1193-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’Amministratore Delegato e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘, domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco ‘ pro tempore ‘, domiciliat o ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 644/2021 d ella Corte d’appello di Caltanissetta, pubblicata in data 21/05/2021;
Oggetto
INDEBITO ARRICCHIMENTO
Inammissibilità dei motivi di ricorso
R.G.N. 1193/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 28/5/2025
Adunanza camerale
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 28/05/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 244/21, del 21 maggio 2021, della Corte d’appello di Caltanissetta, che accogliendo parzialmente il gravame esperito dal Comune di RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 269/13 del Tribunale di Nicosia -ha rigettato la domanda riconvenzionale proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE, volta ad ottenere il riconoscimento di un proprio controcredito nei confronti del Comune RAGIONE_SOCIALE, il quale aveva conseguito, nei confronti della predetta società, un decreto ingiuntivo.
Riferisce, in punto di fatto, di essersi opposta al suddetto provvedimento monitorio, con il quale il Comune di RAGIONE_SOCIALE la aveva ingiunto il pagamento della somma di € 391.068,32, relativa a costi sostenuti negli anni 2005-2006 e rendicontati dall’ATO Idrico, nonché quella di € 3.3712,3 1, relativa a costi per l’anno 2006 per incentivi al personale.
Con la proposta opposizione, COGNOME formulava ‘due eccezioni di estinzione del debito’: l’una, come ‘adempimento parziale’, opponendo l’avvenuto pagamento di € 20.000,00, l’altra, qualificata come ‘domanda riconvenzionale ed eccezione di compensazione’, relativa ad un credito di € 161.000,00 per consumi idrici sulle utenze in uso al Comune.
Costituitosi in giudizio, l’opposto sempre nella ricostruzione dei fatti proposta dall’odierna ricorrente contestava sia la regolarità formale dei documenti attestanti i pagamenti parziali, perché depositati in copia non conforme, sia il credito eccepito in compensazione, ma ciò solo sul rilievo che non vi era stata alcuna
fornitura di acqua presso le strutture comunali, ancor meno negli anni dal 2005 al 2010, e che esso Comune non avesse, comunque, ricevuto alcuna richiesta né formale né informale, né alcuna fattura in ordine al pagamento di tali somme.
Accolta parzialmente l’opposizione, avendo il giudice di prime cure ritenuto fondata la domanda riconvenzionale (così confermando il decreto ingiuntivo per il credito azionato in via monitoria, ancorché diminuito di € 161.000,00), nulla invece esso statuen do sull’eccezione di estinzione parziale in ragione dell’intervenuto pagamento, la decisione veniva riformata su gravame del Comune di RAGIONE_SOCIALE. Il giudice d’appello, infatti, ritenuta l’assenza di un contratto scritto per la somministrazione d’acqua interve nuto con il Comune, su tali basi escludeva che NOME potesse opporre in compensazione il proprio controcredito, oggetto della proposta domanda riconvenzionale, rilevando, altresì, la tardività della domanda di indebito arricchimento, perché formulata s enza l’osservanza dei termini di cui all’art. 183 cod. proc. civ.
Avverso la sentenza della Corte nissena ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, sulla base -come detto -di tre motivi, i primi due, peraltro, illustrati congiuntamente.
3.1. Il primo motivo censura la sentenza impugnata -ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -‘per avere assunto la fattispecie concreta giudicata dal Tribunale di Nicosia in funzione di Giudice di primo grado sotto una norma che non le si addice’ (quella sull’indebito arricchimento) e ciò ‘perché la fattispecie astratta da essa prevista non è idonea a regolare la domanda contenuta nel primo grado di giudizio avente ad oggetto, nelle forme della opposizione al decreto Ingiuntivo, l’accertamento della fondatezza di due eccezioni di estinzione del debito
attraverso la prova di un pagamento parziale per costi inerenti aventi il medesimo titolo delle voci di costo della domanda ingiuntiva opposta e la proposizione della eccezione riconvenzionale di esistenza di un controcredito di cui si è fornita la prova d ella esatta quantificazione’.
Il secondo motivo denuncia -sempre ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -violazione e mancata applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., nell’interpretazione degli atti del processo, censurando la sentenza impugnata per vizio di motivazione, ‘concernete l’err onea ricognizione da parte della Corte nissena della fattispecie concreta oggetto del primo grado di giudizio attraverso le risultanze della causa’.
Nell’illustrare, congiuntamente, i due motivi la ricorrente assume che la Corte territoriale -‘ sovvertendo i criteri di logica processuale e sostanziale, senza indicare in quale parte dell’atto (comparsa conclusionale) sia stata svolta la domanda di indebito ‘, da parte di COGNOME, ‘ né per quali ragioni abbia ritenuto che ivi fosse svolta domanda di indebito, mentre tutto il processo, a tacer d’altro, si è svolto nell’accertamento del quantum dell’obbligazione contrattuale’ si sarebbe limitata a dire che l’odierna ricorrente ‘ ha proposto nel primo grado di giudizio domanda di indebito arricchimento nei confronti del Comune di RAGIONE_SOCIALE e che tale domanda è tardiva ‘ .
Tuttavia, si sostiene, ‘ entrambe le circostanze non rispondono a verità e agli atti processuali ‘, sicché la sentenza, ‘ oltre che viziata da una motivazione solo apparente ‘ , sarebbe affetta ‘ da errore di giudizio ed erronea interpretazione degli atti processuali resa in evidente violazione delle regole ermeneutiche di cui agli artt. 1362-1365 cod. civ. ‘.
3.2. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione dell’art. 2697 cod. civ., censurando la
sentenza impugnata ‘avendo imposto alla odierna ricorrente un onere probatorio diverso da quello discendente dall’accertamento della esistenza di un fatto estintivo e modificativo del debito contenuto nella domanda ingiuntiva e la conseguente mancata valutazione dei documenti probatori formatisi nel primo grado di giudizio volti a provare l ‘ eseguito pagamento delle somme oggetto di appello incidentale, in relazione a fatti già oggetto di discussione tra le parti’.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il Comune di RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile -anche in relazione al decorso del termine ex art. 327 cod. proc. civ., nonchè per difetto di valida procura -o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di requisitoria scritta da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
‘ In limine ‘ vanno rigettate le due preliminari eccezioni di inammissibilità -per intempestività dell’impugnazione e per difetto di valida procura speciale -sollevate dal controricorrente.
8.1. Quanto alla prima eccezione, deve innanzitutto evidenziarsi -ma il punto non è in contestazione -che, nel presente giudizio, trova applicazione l’art. 327 cod. proc. civ.,
come ‘novellato’ dall’art. 46, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69, sicché il termine ‘lungo’ per proporre il ricorso era di sei mesi (e non di un anno) dalla pubblicazione della sentenza.
La norma ‘novellata’, infatti, si applica ‘ ratione temporis ‘ al presente giudizio, giusta la previsione di cui all’art. 58, comma 1, della medesima legge n. 69 del 2009, giacché esso risulta instaurato -quanto al primo grado -dopo la data di entrata in vigore della legge, ovvero il 4 luglio 2009. Difatti, trattandosi di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la sua instaurazione deve farsi risalire -anche ai fini suddetti, ovvero per l’individuazione del testo applicabile dell’art. 327 cod. pro c. civ. -al momento del deposito del ricorso monitorio (Cass. Sez. 6-3, ord. 14 marzo 2016, n. 4987, Rv. 639349-01), nella specie avvenuto il 27 ottobre 2009.
Ciò premesso, il termine semestrale di cui all’art. 327 cod. proc. civ. risulta rispettato, visto che la sentenza impugnata risulta pubblicata il 21 maggio 2021 ed il ricorso è stato notificato il 22 dicembre 2021, e dunque entro sei mesi dall’avvenuta pubblicazione, tenendo conto della sospensione feriale dei termini di cui alla legge 7 ottobre 1969, n. 742, pari a trentuno giorni (quelli del mese di agosto).
Difatti, se è vero che, diversamente dai termini a giorni e ore ( per i quali si escludono il giorno o l’ora iniziali, ex art. 155, comma 1, cod. proc. civ.), per il computo dei termini mensili o annuali si osserva il calendario comune, secondo quanto previsto dal comma 2 del medesimo articolo (Cass. Sez. 3, sent. 31 agosto 2015, n. 17313, Rv. 636514-01; Cass. Sez. 6-5, ord. 30 maggio 2018, n. 13546, Rv. 648692-01; analogamente, Cass. Sez. 3, ord. 15 febbraio 2024, n. 4165, non massimata), nella specie, tenu to contro dei trentuno giorni del mese di agosto, l’ultimo giorno utile per la notificazione del ricorso era proprio il 22
dicembre 2021, donde la tempestività della proposta impugnazione.
8.2. Da respingere, poi, è anche l’eccezione di carenza di valida procura speciale, basata sull’assunto che essa, conferita in forma cartacea e di seguito acquista in copia per immagine, difetterebbe ‘dell’indispensabile attestazione di conformità all’originale cartaceo’.
Senonché, come osservato dalla ricorrente nella propria memoria, l’ attestazione di conformità è contenuta nella relata di notificazione con cui è stato trasmesso, per la notifica, il ricorso per cassazione e la stessa procura speciale alle liti.
Ciò detto, il ricorso è inammissibile, in ciascuno dei motivi in cui si articola.
9.1. Inammissibile è, infatti, il primo motivo.
9.1.1. Esso addebita alla sentenza impugnata un vizio motivazionale, ma lo prospetta in modo non rituale.
Si assume, infatti, che l’affermazione del giudice d’appello, relativa alla proposizione, da parte di essa COGNOME, di una domanda di indebito, non risponderebbe a verità, essendo smentita dagli atti processuali.
Di qui, pertanto, il preteso carattere ‘apparente’ della motivazione, vizio la cui denuncia, però, risulta avvenuta in violazione del principio secondo cui -ai sensi dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., nel testo ‘novellato’ dall’art. 54, comma 1, lett. b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ‘ ratione temporis ‘ al presente giudizio) esso deve avere carattere ‘testuale’ (come rammenta, da ultimo, in motivazione,
Cass. Sez. Un., sent. 5 marzo 2024, n. 5792, al § 10.9, pag. 24), occorrendo, cioè, che ‘emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata’ (Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 62983001), vale a dire ‘prescindendo dal confronto con le risultanze processuali’ (così, tra le molte, Cass. Sez. 1, ord. 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata, nonché Cass. Sez. 1, ord. 3 marzo 2022, n. 7090, Rv. 664120-01).
9.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
9.2.1. Esso, come detto, denuncia un errore nell’interpretazione della domanda, assumendo che quanto ritenuto in sentenza non corrisponda alle risultanze dagli atti processuali.
Orbene, nello scrutinare tale censura deve ribadirsi -a titolo di premessa -il consolidato orientamento di questa Corte, a mente del quale l’interpretazione degli atti negoziali, ai quali sono equiparabili quelli processuali, è ‘ insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto’ (così, tra le molte, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 7 novembre 2019, n. 28625, non massimata sul punto; in senso analogo, tra le molte, sempre in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 29 luglio 2016, n. 15763). Affinché, tuttavia, una censura siffatta possa dirsi ritualmente proposta, risulta necessario che ‘la parte che, con i l ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione’, non si limiti ‘a richiamare le
regole di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione ‘ -come, invece, accaduto nel caso che occupa -‘tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 28 novembre 2017, n. 28319, Rv. 646649-01; in senso analogo, più di recente, Cass. Sez. 1, ord. 9 aprile 2021, n. 9461, Rv. 661265-01).
Del resto, anche con specifico riferimento all’interpretazione degli atti processuali si è ribadito che ‘l a parte che censuri il significato attribuito dal giudice di merito deve dedurre la specifica violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., la cui portata è generale, o il vizio di motivazione sulla loro applicazione, indicando altresì nel ricorso, a pena d’inammissibilità, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici ‘ -ciò che nella specie, come detto, difetta -‘ ed il testo dell ‘ atto oggetto di erronea interpretazione ‘ (da ultimo, Cass. Sez. 2, ord. 31 gennaio 2025, n. 2360, Rv. 67361301).
9.3. Infine, pure il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
9.3.1. Nell’esaminarlo, va premesso che neppure si comprende, con esattezza, quale sia la ‘sede’ dell’illustrazione del presente motivo, giacché la ricorrente -dopo averlo indicato, in sintesi, a pag. 3 del ricorso -non ha specificamente destinato ad ess o un’apposita partizione dell’atto d’impugnazione ; ciò che già ne inficia, pertanto, l’ammissibilità .
Ciò detto, deve osservarsi che, identificatone il contenuto nella dedotta violazione dell’art. 2697 cod. civ., e ciò per essere stata omessa la ‘ valutazione dei documenti probatori formatisi nel primo grado di giudizio volti a provare l ‘ eseguito pagamento delle somme oggetto di appello incidentale ‘, l’esito dell’inammissibilità risulta vieppiù confermato.
Difatti, la ‘violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte divers a da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni’ (così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, n. 13395, Rv. 649038-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18092, Rv. 658840-01; in senso analogo, sebbene non massimata sul punto, anche Cass. Sez. Un., sent. 5 agosto 2016, n. 16598, richiamata da Cass. Sez. 6-3, ord. 23 ottobre 2018, n. 26769, Rv. 650892-01); evenienza, quella appena indicata, che non risulta lamentata nel caso di specie, giacché, come detto, COGNOME si duole del fatto che non sia stato ritenuto provato il suo pagamento.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
A carico della ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la società RAGIONE_SOCIALE alla rifusione al Comune di RAGIONE_SOCIALE delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 6.0 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, svoltasi il 28 maggio 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME