Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5712 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 5712  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7364/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
entrambi  elettivamente  domiciliata  in  INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrenti – contro
Oggetto: Contratti bancari -Mutuo -Interessi -Convenzionali -Moratori -Cumulo -Superamento tassosoglia di legge
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 14 febbraio 2025
CC
RAGIONE_SOCIALE ,  in  persona  del  legale  rappresentante pro tempore e per essa, la mandataria
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro  tempore ed  elettivamente  domiciliata  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 3054/2020 depositata il 26/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 3054/2020, pubblicata in data 26 novembre 2020,  la  Corte  d’appello  di  Bologna,  nella  regolare  costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE e, per essa, della mandataria RAGIONE_SOCIALE  ha  respinto  l’appello  proposto  da  RAGIONE_SOCIALE  ed  RAGIONE_SOCIALE  avverso  la  sentenza  del Tribunale di Rimini n. 944/2017 del 10 ottobre 2017.
Quest’ultima, a propria volta, aveva  respinto l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE (debitore principale) ed COGNOME (fideiussore) avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dalla CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA SPA col quale era stato ingiunto agli  opponenti  il  pagamento  della  somma  di  €  846.055,71,  oltre interessi e spese, di cui € 117.102,58 per scoperto del conto corrente n° 12616/1 e, in solido col COGNOME, € 728.953,13 per residue rate del mutuo n° 617366.
Per quanto ancora rileva nella presente sede, la Corte d’appello ha disatteso i motivi di gravame, osservando che:
-erano da ritenersi inammissibili per novità una serie di motivi di gravame, tra i quali quello con il quale si veniva a dedurre la necessità di verificare l’entità del TAEG includendo oltre agli interessi corrispettivi anche  i costi per il rilascio delle fideiussioni e per l’assicurazione dei beni ipotecati;
-né gli interessi corrispettivi né gli interessi di mora risultavano nel concreto superare il limite di legge, dovendosi conteggiare,  per  quanto  riguarda  gli  interessi  moratori,  la maggiorazione di 2,1 punti percentuali di cui all’art. 2, comma 4,  Legge  n.  108/1996  e  dovendosi  invece  escludere  dal computo la penale per estinzione anticipata;
-risultavano  infondate  le  deduzioni  in  ordine  al  carattere indeterminato delle clausole sulla determinazione degli interessi, risultando invece che le clausole contrattuali avevano  determinato  i  tassi  di  interesse  con  riferimento  a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci al contratto oggettivamente individuabili e non determinati unilateralmente dalla banca;
-il  contratto  di  conto  corrente  non  poteva  essere  dichiarato nullo unicamente per la mancanza della firma dell’azienda di credito.
 Per  la  cassazione  della  sentenza  della  Corte  d’appello  di Bologna ricorrono RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE.
Resiste  con  controricorso  RAGIONE_SOCIALE  e,  per  essa,  la mandataria RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Il primo motivo di ricorso è, testualmente, rubricato: ‘Art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 1815, comma 2, cod. civ. ed art. 644, comma 3 e 4, cod. pen., nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 4, I. [sic] n. 108 del 1996 ed art. 1, comma 1, d.l. n. 394 del 2000, conv. dalla L. n. 24 del 2001’
Si  censura  la  decisione  della  Corte  felsinea  per  non  aver dichiarato la nullità delle clausole del contratto di mutuo per effetto del carattere usurario degli interessi.
Argomentano i ricorrenti che il tasso effettivo di interessi doveva essere determinato come comprensivo di commissioni, remunerazioni a  qualsiasi  titolo  applicate,  escluse  quelle  per  imposte  e  tasse, compresa la maggiorazione per gli interessi di mora.
Viene sottoposta a critica la decisione di questa Corte Sez. U Sentenza  n.  19597  del  18/09/2020,  argomentando  che  la  stessa avrebbe determinato un arbitrario incremento del tasso soglia nel caso degli interessi moratori, laddove detto tasso soglia dovrebbe risultare unico per tutte le tipologie di interessi.
1.2.  Il  secondo  motivo  è,  testualmente,  rubricato: ‘Art.  360, comma 1°, n. 3) c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 1283, 1284,  1346,  1418,  1419  cod.  civ.,  nonché  per  violazione  e  falsa applicazione degli artt. 120, comma 2, e 117, comma 6 e 7, TUb e dell’art. 6 della delibera CICR del 9 febbraio 2000’ .
Si  censura  la  decisione  impugnata  per  non  aver  dichiarato  la difformità  tra  il  tasso  di  interessi  pattuito  in  contratto  ed  il  tasso
effettivamente applicato nel concreto sviluppo del piano di ammortamento.
Argomentano i ricorrenti che la Corte d’Appello avrebbe dovuto accertare l’indeterminatezza delle condizioni economiche applicate, in ragione della difformità tra il tasso pattuito e quello effettivamente applicato nello sviluppo del piano di ammortamento ed avrebbe dovuto quindi dichiarare la nullità della clausola relativa agli interessi ai sensi dell’art. 1419, secondo comma, c.c. e, conseguentemente, in applicazione del disposto di cui all’art. 117, comma 6 e 7, TUB , disporre l’applicazione del solo tas so di interesse legale.
1.3. Il terzo motivo è, testualmente, rubricato: ‘Art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 1346, 1825, 1284,  1418,  comma  2º,  cod.  civ.,  nonché  per  violazione  e  falsa applicazione degli artt. 2 L. n. 287/1990, 101 Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e 53 dell’Accordo sull’Area Economica Europea (EEA) nonché dell’art. 127 TUb e degli artt. 115 e 116 c.p.c.’
Si censura la decisione della Corte d’appello di Bologna per non aver dichiarato la  nullità  della  clausola  relativa  al  tasso  Euribor,  nel periodo 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008, per effetto dell’illecita alterazione  oggettiva  del  predetto  parametro,  come  accertata  dalla decisione della Commissione Antitrust Europea -Direzione Generale della Concorrenza C(2013) 85121 in data 4 dicembre 2013.
Deducono  i  ricorrenti  che  la  Corte  d’Appello  avrebbe  dovuto accertare e dichiarare la nullità della clausola del contratto di finanziamento nella parte in cui viene fatto riferimento all’illecito indice Euribor ai fini del calcolo degli interessi -in  quan to intesa ‘a valle’ frutto  della  violazione  delle  previsioni  a  tutela  della  concorrenza  –  e che,  conseguentemente,  la  stessa  Corte  d’Appello  avrebbe  dovuto
considerare  invalido  ogni  tipo  di  interesse  legato  all’indice  Euribor, sostituendolo con il tasso legale tempo per tempo vigente ex artt. 1346 e 1284, terzo comma, c.c. ovvero, con il tasso minimo dei BOT emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto.
I motivi di ricorso sono, nel loro complesso, inammissibili.
2.1. Quanto al primo motivo, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile  ex  art.  380bis, n.  1),  c.p.c.,  in  quanto  la  decisione impugnata si è pienamente conformata alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare detto orientamento.
Il motivo, invero, evidenzia la consapevolezza dei ricorrenti del pieno conformarsi della decisione della Corte felsinea all’orientamento fissato da questa Corte con la decisione Cass. Sez. U – Sentenza n. 19597 del 18/09/2020, al punto da indirizzare le proprie critiche non alla decisione impugnata ma proprio alla decisione delle Sezioni Unite di questa Corte.
Tuttavia esso, nel suo percorso critico non fa che riproporre profili che questa Corte, nell’assumere il proprio orientamento, ha già pienamente valutato, compresa la valenza della decisione della Corte costituzionale n. 29/2002, la cui mancanza di cogenza è stata da questa Corte evidenziata, osservando che le considerazioni contenute nella decisione della Consulta erano riferire al profilo dell’am missibilità della questione di legittimità costituzionale ‘ove il giudice delle leggi si limita a reputare non irragionevole una data interpretazione resa possibile dall’enunciato, non a darle il crisma della inconfutabilità’ .
2.2. Parimenti inammissibile ex art. 360bis, n. 1), c.p.c. si rivela il  secondo motivo, essendosi la decisione impugnata conformata alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. U – Sentenza n. 15130 del 29/05/2024) sia in relazione al profilo del carattere determinato del
sistema di ammortamento alla francese (cfr. Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 39169 del 09/12/2021) sia in relazione alla possibilità che tale sistema venga a determinare un meccanismo di capitalizzazione (cfr. Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 13144 del 15/05/2023, anche in ordine ai presupposti di ammissibilità di un motivo di ricorso che tale profilo venga a dedurre, presupposti nella specie assolutamente non ravvisabili), profili che peraltro nel motivo di ricorso risultano dedotti in modo a tratti promiscuo.
2.3. L’inammissibilità del terzo motivo discende, invece, dalla sua carenza di specificità e dalla conseguente violazione dell’art. 366 c.p.c .
Il ricorso, invero, si limita a prospettare in modo assolutamente generico la nullità del contratto concluso dalle parti in quanto ‘a valle’ di una intesa restrittiva della concorrenza, senza in alcun modo circostanziare le proprie deduzioni -basate su una sorta di equazione tra la decisione della Commissione C(2013) 85121 e la riconducibilità tra i contratti ‘a valle’ di qualunque pattuizione contenente il riferimento all’Euribor e senza, in particolare, dedurre -a tacer d’ogni altra considerazione -il coinvolgimento di una delle parti stipulanti alle dedotte intese o pratiche illecite restrittive della concorrenza; la conoscenza di tali intese da parte di almeno uno dei contraenti; l’intento di conformare oggettivamente il regolamento contrattuale al risultato delle medesime intese o pratiche.
 Il  ricorso  deve  quindi  essere  dichiarato  inammissibile,  con conseguente  condanna  dei  ricorrenti  alla  rifusione  in  favore  della controricorrente delle spese  del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma  1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di
un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato,  pari  a  quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza  in  concreto  del  contributo,  per  la  inesistenza  di  cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara il ricorso inammissibile;
condanna i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 10.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai  sensi  del  D.P.R.  30  maggio  2002,  n.  115,  art.  13  comma  1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima