Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30582 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30582 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/11/2024
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE CONDELLO AUGUSTO TATANGELO NOME COGNOME NOME
Presidente
AVV_NOTAIO NOME.
AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2105/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall ‘ AVV_NOTAIO, con domicilio digitale: EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall ‘ AVV_NOTAIO (p.e.c.: ) e dall ‘ AVV_NOTAIO (p.e.c.:
), elettivamente
domiciliata presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO
di estinzione di espropriazione immobiliare contro terza proprietaria
Ud. 09/10/2024 CC Cron. R.G.N. 2105/2023
COGNOME NOME
-intimato – avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Roma n. 4926/2022, pubblicata in data 15 luglio 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 ottobre 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Fatti di causa
1. Nell ‘ ambito di procedura esecutiva immobiliare promossa da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della debitrice NOME COGNOME -proprietaria di immobile ipotecato a garanzia del pagamento di un contratto di mutuo, concluso dalla creditrice procedente con NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME -e nella quale era intervenuto NOME COGNOME, il Giudice dell ‘ esecuzione, dando atto che l ‘ istanza di ricusazione presentata dalla esecutata poggiava su motivi identici a quelli già formulati con precedenti istanze, ritenute inammissibili, e d accertato l’esito positivo del procedimento di conversione del pignoramento ex art. 495 cod. proc. civ., assegnava al creditore procedente l ‘ importo di euro 18.329,16 giacente sul conto della procedura, che dichiarava estinta, ordinando la cancellazione della trascrizione del pignoramento immobiliare.
Avverso tale ordinanza la debitrice proponeva reclamo ex art. 630 cod. proc. civ., deducendo che la procedura esecutiva avrebbe dovuto considerarsi automaticamente sospesa per effetto della presentazione di istanza di ricusazione ed essere conseguentemente dichiarata
e nei confronti di
estinta per omessa riassunzione, da parte del creditore procedente, nel termine di legge, decorrente dall’ordinanza resa dal Collegio; anche il coobbligato NOME COGNOME proponeva distinto reclamo, di contenuto analogo; riuniti i due procedimenti, il Tribunale di Roma rigettava i reclami.
La Corte d ‘ appello di Roma, investita del gravame promosso dalla esecutata e di quello incidentale di NOME COGNOME, ha confermato la sentenza di primo grado, disattendendo l ‘ eccezione di nullità della sentenza per vizio di costituzione del Giudice e rilevando che il creditore, pur ritenendo che il processo non fosse stato sospeso, aveva comunque presentato ricorso in riassunzione, che era stato ritualmente notificato alle controparti nel termine di sei mesi.
NOME COGNOME propone ricorso, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza d ‘ appello, cui resiste RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME non ha svolto attività difensiva in questa sede.
In data 9 novembre 2023 è stata depositata proposta di definizione del giudizio ai sensi dell ‘ art. 380bis cod. proc. civ., comunicata alle parti in data 14 novembre 2023, per la rilevata inammissibilità del ricorso. Con istanza depositata in data 22 dicembre 2023, alla quale è stata allegata procura, la ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
A seguito della fissazione dell ‘ adunanza camerale, entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Il Collegio si è riservato il deposito dell ‘ ordinanza nel termine di sessanta giorni dalla decisione.
Ragioni della decisione
Preliminarmente, è superflua la verifica della ritualità
dell ‘ instaurazione del contraddittorio, sin dall ‘ introduzione del giudizio nei confronti dei debitori diretti (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME ed NOME COGNOME, questi ultimi due quali eredi di NOME COGNOME) e, nel presente giudizio di legittimità, anche nei confronti di NOME COGNOME, coobbligato e già parte del giudizio di appello, alla stregua dei principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, che esimono dall ‘ ordine di rinnovazione della notifica del ricorso in caso di nullità o di integrazione del contraddittorio, nell ‘ evenienza di ricorso di cui si palesi l ‘ inammissibilità o l ‘ infondatezza (Cass., sez. U, 22/03/2010, n. 6826; in termini, Cass., sez. 3, 17/06/2013, n. 15106; Cass., sez. U, 22/12/2015, n. 25772). Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l ‘ atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti (Cass., sez. U, 23/09/2013, n. 21670; Cass., sez. 3, 14/03/2014, n. 5944; Cass., sez. 2, 21/05/2018, n. 12515; Cass., sez. 3, 17/06/2019, n. 16141).
Con il primo motivo la ricorrente denunzia, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ‹‹violazione o falsa applicazione degli artt. 174 e 158 c.p.c., 25 e 111 Cost. ed art. 6 C.E.D.U. ›› , per non avere la Corte d ‘ appello rilevato che l ‘ ordinanza del 27 aprile 2021, che aveva definito il processo esecutivo, doveva ritenersi nulla perché emessa da Giudice diverso da quello naturale,
regolarmente designato, come contestato in sede di reclamo ex art. 630 cod. proc. civ. ed in sede di appello.
Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 52, 298, 626, 627 e 630 cod. proc. civ.
Rimarca la ricorrente che, pur avendo depositato istanza di ricusazione già in data 21 luglio 2020 e, successivamente, il 13 aprile 2021, il processo esecutivo non era stato sospeso, né ritualmente e tempestivamente riassunto nel termine indicato nel provvedimento del 14 ottobre 2020, che aveva rigettato la prima istanza; da tanto fa discendere che il procedimento esecutivo dovrebbe ritenersi automaticamente estinto e che l ‘ ordinanza del 27 aprile 2021, che ha definito il giudizio, dovrebbe considerarsi nulla. Fa rilevare, altresì, che l ‘ ordinanza resa dal Collegio che aveva pronunciato sulla ricusazione aveva espressamente confermato che il processo esecutivo era rimasto sospeso e aveva fissato il termine perentorio di sei mesi per la riassunzione del giudizio, ordinando alla competente cancelleria di ‹‹ darne notizia ›› alle parti ed al giudice ricusato.
Con il terzo motivo, denunziando, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 1418 e 1422 cod. civ., nonché all ‘ art. 331 cod. proc. civ., la ricorrente censura la decisione gravata nella parte in cui i giudici di appello hanno omesso di accogliere, o di respingere, l ‘ eccezione di nullità della ordinanza del 27 aprile 2021, sebbene fosse stata dedotta la nullità, per contrarietà a norme imperative, del contratto di mutuo dal quale originava la pretesa azionata in sede esecutiva.
Con il quarto motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., nonché, ai sensi
dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe trascurato di pronunciarsi sulla eccepita infondatezza dell ‘ azione esecutiva sotto il profilo del quantum del preteso credito, a dimostrazione della quale aveva prodotto apposita relazione peritale dalla quale si evinceva l ‘ esistenza di un suo credito (di circa euro 3.000,00) nei confronti dell ‘ istituto, anziché di un suo debito, come pure sulla dedotta carenza di contraddittorio, considerato che dalla lettera di costituzione in mora proveniente dalla Banca risultava che i debitori non erano due, bensì otto.
Conformemente a quanto evidenziato nella proposta di definizione accelerata, il ricorso si espone ad un preliminare rilievo di inammissibilità perché non rispettoso della prescrizione del n. 3 dell ‘ art. 366, primo comma, cod. proc. civ., che esige che nel ricorso si dia conto delle vicende processuali, con l ‘ indicazione sufficientemente chiara e specifica delle rispettive posizioni processuali e degli atti con cui le parti hanno formulato la causa petendi ed il petitum , non potendo devolversi a questa Corte un ‘ attività di estrapolazione, dalla illustrazione dei motivi, dell ‘ oggetto della materia del contendere, che è riservata alla parte ricorrente.
6.1. Nella parte introduttiva dell ‘ atto la ricorrente si è, invero, limitata ad una sintetica e superficiale ricostruzione dello svolgimento delle varie fasi processuali e non si è adeguatamente soffermata a puntualizzare la vicenda sostanziale ed il tema della lite, così come emergenti dalla sentenza impugnata, in tal modo trascurando di indicare le difese addotte a fondamento dei reclami ex art. 630 cod. proc. civ., le ragioni per cui in primo grado essi sono stati rigettati ed i motivi proposti a sostegno dell ‘ appello.
Nulla si ricava, nemmeno dall ‘ illustrazione dei singoli motivi, circa
le ragioni di rigetto dei reclami in primo grado ed i motivi di gravame, perché essi si articolano in una confusa commistione di elementi di fatto e di tesi di diritto sottoposte al giudice del merito, cosicché, per come formulati, violano il requisito di specificità e postulano un intervento integrativo di questa Corte.
6.2. Come è noto, la prescrizione normativa di cui all ‘ art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. risponde non ad un ‘ esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., sez. U, 20/02/2003, n. 2602) e la legittimità di tale requisito di accesso al giudizio di legittimità non può essere messa in dubbio in relazione al diritto di difesa delle parti, o a quello al giusto processo, tutelati dagli artt. 24 e 111 Cost., ovvero dall ‘ art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell ‘ Uomo e delle libertà fondamentali.
Sotto questo profilo, in particolare, giova ribadire che il requisito di contenuto-forma in questione è imposto in modo chiaro e prevedibile, non è eccessivo per il ricorrente e risulta funzionale al ruolo nomofilattico della Suprema Corte e segnatamente all ‘ esigenza di «consentire alla Corte di cassazione di conoscere dall ‘ atto, senza attingerli aliunde , gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell ‘ origine e dell ‘ oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni con esso assunte dalle parti» (Cass., sez. U, 10/09/2019, n. 22575; Cass., sez. U, 16/05/2013, n. 11826).
A tale contesto ermeneutico di riferimento non apporta significative novità la pronuncia della Corte Edu 28/10/2021, Succi c. Italia, che ha escluso la violazione della norma convenzionale in uno dei tre casi esaminati in cui veniva in considerazione proprio il
requisito dell ‘ art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. (ritenuto in quel caso non rispettato dalla RAGIONE_SOCIALE per l ‘ utilizzo della tecnica redazionale del c.d. assemblaggio), osservando in particolare che: -l ‘ interpretazione data all ‘ esposizione sommaria dei fatti è compatibile con l ‘ applicazione del principio dell ‘ autosufficienza del ricorso che esige che la Corte di cassazione, ad una lettura globale del ricorso, sia in grado di comprendere l ‘ oggetto della controversia nonché il contenuto delle censure che dovrebbero giustificare l ‘ annullamento della decisione impugnata e sia in grado di pronunciarsi; -la giurisprudenza della Corte di cassazione prevede procedure chiare e definite (si vedano i paragrafi 17 e 30) per la redazione dell ‘ esposizione dei fatti rilevanti; -la procedura davanti alla Corte di cassazione prevede l ‘ assistenza obbligatoria di un avvocato che deve essere iscritto in un albo speciale, sulla base di determinate qualifiche, per garantire la qualità del ricorso e il rispetto di tutte le condizioni formali e sostanziali richieste; l ‘ avvocato dei ricorrenti era quindi in grado di sapere quali fossero i suoi obblighi al riguardo, sulla base del testo dell ‘ art. 366 cod. proc. civ. e con l ‘ aiuto dell ‘ interpretazione della Corte di cassazione, definita «sufficientemente chiara e coerente».
Va, dunque, ribadita la piena legittimità del requisito in parola, per soddisfare il quale è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, ma anzi chiaro e sintetico, l ‘ indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed
infine del tenore della sentenza impugnata (v. Cass., sez. U, 20/02/2003, n. 2602; ex multis , Cass., sez. 3, 08/08/2023, n. 24149; Cass., sez. 3, 03/11/2021, n. 31318; Cass., sez. 3, 19/10/2021, n. 28929).
È appena il caso di notare che tale lacuna originaria del ricorso non può essere colmata da alcun atto successivo, per giurisprudenza di legittimità consolidata: e, quindi, tanto meno dall’istanza di decisione o da alcuna delle memorie previste per l’adunanza camerale o la pubblica udienza fissate per la decisione.
Anche se si potesse prescindere da tale assorbente profilo di inammissibilità, i motivi formulati andrebbero comunque incontro ad un esito analogo.
7.1. Difatti, il primo motivo, come già evidenziato nella proposta di definizione ex art. 360bis cod. proc. civ., è inammissibile per difetto di autosufficienza sulla non novità della censura, in quanto non risulta né dal ricorso, né dalla sentenza che la relativa questione sia stata sottoposta al giudice di merito, emergendo piuttosto dalla decisione qui gravata che, in appello, l ‘ odierna ricorrente aveva lamentato, con il primo motivo di gravame, la irregolare costituzione del collegio del reclamo, per avere il Giudice relatore ed estensore già deciso, quale giudice monocratico, altra causa concernente lo stesso processo esecutivo.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, qualora una questione giuridica non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell ‘ inammissibilità per novità della censura, ha l ‘ onere non solo di allegare l ‘ avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex
actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., sez. 6 -3, 10/08/2017, n. 19988; Cass., sez. 2, 09/08/2018, n. 20694; Cass., sez. 6 -5, 13/12/2019, n. 32804).
Va, peraltro, rilevato che il motivo sarebbe in ogni caso infondato, considerato che, nel processo civile, l ‘ inosservanza del principio della immutabilità del giudice istruttore -e quindi del g.e -sancito dall ‘ art. 174 cod. proc. civ. -e la trattazione della causa da parte di un giudice diverso da quello individuato secondo le tabelle, determinata da esigenze di organizzazione interna al medesimo ufficio giudiziario, pur in mancanza di un formale provvedimento di sostituzione da parte del presidente del tribunale, costituiscono una mera irregolarità di carattere interno, che, in difetto di una espressa sanzione di nullità, non incide sulla validità degli atti, né è causa di nullità del giudizio o della sentenza (Cass., sez. 3, 26/04/2022, n. 12982; Cass., sez. L, 25/01/2017, n. 1912).
7.2. Parimenti inammissibile è il secondo motivo, che non si confronta con la ratio decidendi della pronuncia impugnata, che ha rilevato, come si legge nella proposta di definizione accelerata, ‹‹ come – a seguito dell ‘ ordinanza del 14.10.2020, emessa dal Collegio della ricusazione -il creditore procedente aveva comunque tempestivamente riassunto la procedura, entro il termine semestrale ex art. 627 cod. proc. civ.; e che, in ogni caso, il g.e. (che dapprima non aveva ritenuto operare la causa di sospensione) aveva assegnato al procedente nuovo termine per la riassunzione, entro il 16.4.2021, per l ‘ appunto rispettato dal procedente ›› .
Tale percorso argomentativo non è minimamente attinto dalla censura in esame, come sviluppata nel solo rilevante ricorso, con la quale la ricorrente insiste nel ribadire che l ‘ istanza di ricusazione comporta l ‘ automatica sospensione del processo e rende nulla l ‘ attività svolta nel periodo di sospensione, così ponendosi in palese
contrasto con l ‘ orientamento consolidato di questa Corte secondo cui l ‘ istanza di ricusazione non sospende automaticamente il processo quando il giudice a quo ne valuti l ‘ inammissibilità per carenza ictu oculi dei requisiti formali, sicché esso può proseguire senza necessità di impulsi di parte o d ‘ ufficio; ciò al fine di contemperare il diritto delle parti all ‘ imparzialità di giudizio, assicurato dalla circostanza che la delibazione di inammissibilità del giudice a quo non può comunque assumere valore ostativo alla rimessione del ricorso al giudice competente, ed al contempo il dovere di impedire l ‘ uso distorto dell ‘ istituto (tra le tante, Cass., sez. 2, 19/01/2022, n. 1624; Cass., sez. 6 -3, 04/12/2014, n. 25709).
7.3. Il terzo motivo incorre nella violazione dell ‘ art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., in quanto non supportato, nel solo rilevante ricorso, da una idonea esposizione circa l ‘ esatta consistenza dell ‘ eccezione di nullità della ordinanza del 27 aprile 2021 o comunque dei vizi, diversi da quelli relativi alla supposta estinzione, il cui esame il giudice d ‘ appello avrebbe tralasciato di prendere in considerazione; ciò che rende la censura del tutto incomprensibile, e come tale inammissibile, perché inadeguata a far conoscere il significato e la portata delle critiche rivolte alla sentenza impugnata e le ragioni per le quali si chiede la cassazione della sentenza (Cass., sez. L, 18/08/2020, n. 17224; Cass., sez. U, 08/11/2021, n. 32415).
7.4. Inammissibile è pure la censura prospettata con il quarto motivo, con il quale si muovono contestazioni all ‘ azione esecutiva sotto il profilo del quantum , poiché trattasi di questione deducibile con l ‘ opposizione all ‘ esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., ma non già con il reclamo ex art. 630 cod. proc. civ., che è mezzo con il quale è consentito impugnare esclusivamente i provvedimenti di estinzione tipica della procedura esecutiva; ed esclusa, per la diversità della struttura dei rispettivi riti, qualunque possibilità di riqualificazione
della domanda.
Va, dunque, dichiarata l ‘ inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
La definizione del giudizio in conformità alla proposta ex art. 380bis cod. proc. civ., comporta l ‘ applicazione del terzo e del quarto comma dell ‘ art. 96 cod. proc. civ., come testualmente previsto dal citato art. 380bis, ultimo comma, cod. proc. civ., con determinazione delle somme oggetto delle rispettive condanne come in dispositivo.
Come chiarito dalle Sezioni Unite con la recente sentenza n. 36069/2023, ‹‹ richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l ‘ art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., l ‘ art. 380bis cod. proc. civ. codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore delegato, una ipotesi di abuso del processo, già immanente nel sistema processuale, giacché non attenersi alla delibazione del Presidente che trovi poi conferma nella decisione finale, lascia presumere una responsabilità aggravata sanzionabile con la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore a euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, cod. proc. civ., ove, appunto il legislatore usa la locuzione ‹‹ altresì ›› ) (v. Cass., sez. U, 22/09/2023, n. 27195, anche per quanto riguarda la disciplina intertemporale) ›› .
Anche se va esclusa una interpretazione della norma che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, nell ‘ ipotesi in esame non si rinvengono ragioni per discostarsi dalla previsione legale, stante la complessiva ‘ tenuta ‘ della proposta di definizione accelerata rispetto alla motivazione necessaria per confermare l ‘ inammissibilità del ricorso.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma di euro 6.600,00 per compensi professionali, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, nonché al pagamento, ai sensi dell ‘ art. 96, terzo comma, c.p.c., della ulteriore somma di euro 6.600,00 ed al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, della ulteriore somma di euro 3.000,00.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione