Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23307 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23307 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16375/2024 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’INTERNO
-intimato- avverso DECRETO di TRIBUNALE DI SALERNO n. 1456/2022 depositato il 10/05/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente, proveniente dal Senegal, propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno avverso il decreto pronunciato dal Tribunale di Salerno
in data 10.5.24, con il quale veniva dichiarato inammissibile il ricorso per non aver fornito prova il richiedente della tempestività dell’opposizione contro la decisione della Commissione Territoriale competente, che aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale tanto nella forma dello status di rifugiato che in quella della protezione sussidiaria, nonché la sussistenza dei presupposti della protezione speciale.
Il Ministero è rimasto intimato, non essendosi costituito nei termini di legge mediante controricorso, ed avendo depositato solo una nota al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, comma 1 c.p.c.
È stata formulata una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c. La difesa di parte ricorrente ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- In via preliminare il ricorrente deduce che il giudice abbia errato a ritenere inammissibile il ricorso, poiché ‘ era tenuto ad entrare nel merito e verificare dalle motivazioni addotte dall’immigrato in ricorso la sussistenza dei motivi per il riconoscimento della protezione internazionale in sede giudiziaria” .
2.- Con un secondo motivo -privo di rubrica e indicazione delle norme violate – il ricorrente si duole che la CT di Caserta, in sede di audizione personale, non si sarebbe attenuta a quanto disposto dalla normativa richiamata, mancando agli atti di causa la videoregistrazione del colloquio e comunque la prova che ciò sia avvenuto, con conseguente nullità degli atti della Commissione Territoriale e, invocando Cass. sent. 17717 del 2018, che ha sancito che la mancanza della registrazione o della prova della sua esistenza implica l’obbligo da parte del Giudice, in sede di ricorso, di fissare preliminarmente udienza per la comparizione personale delle parti, ha os-
servato che l’omissione di detto adempimento nel giudizio di I grado ha inficiato l’intero processo nonché l’impugnata sentenza.
3.- Con un terzo motivo denuncia nullità del provvedimento della C.T. per violazione degli artt. 4 e 32, del D. Lgs. n. 25/2008, e la violazione dei principi di correttezza e buon andamento dell’attività amministrativa ex art. 97 Costituzione, osservando che il provvedimento impugnato è stato redatto e sottoscritto dal solo Presidente, sì da comportarne la nullità assoluta per manifesta violazione di legge; inoltre l’atto impugnato (il diniego pronunciato dalla locale CT) sarebbe viziato anche per eccesso di potere, dal momento che non riporta neppure la certificazione del Segretario della Commissione, rendendolo di fatto inesistente e comunque illegittimo anche per detto motivo.
4.- Con un quarto motivo il ricorrente si duole del modus decidendi della Commissione, che avrebbe violato gli artt. 8, 9 e 14 del D.lgs n. 25/2008 e art. 3 co. Lett. a) b) e c), 4 e 5 art. 19 D.lgs 251/2007, giacché il verbale non rappresenta un completo ed esaustivo colloquio del richiedente protezione internazionale, essendo sintetico e dai contenuti estremamente succinti, sì che il provvedimento sarebbe illegittimo, poiché assunto sulla base di una valutazione superficiale sulla veridicità di quanto dichiarato dal richiedente.
5.- Con il quinto motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 10 Costituzione, e nella denegata ipotesi in cui il Giudice non ritenesse sussistere i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, chiede che gli venga riconosciuto il diritto all’asilo in Italia, ai sensi e per gli effetti dell’art. 10, comma 3 della nostra Costituzione, a fronte di un sistema giuridico culturale che si fonda sull’odio vendicativo e sulla repressione. Perciò ritiene -laddove si ritenesse di aderire alla tesi secondo cui il ricorrente non avrebbe diritto al riconoscimento dello status di rifugiato -che si dovrebbe quanto meno convenire che la situazione del ricorrente si concretizza
nell’effettivo impedimento dell’esercizio delle libertà democratiche e giustifica, quindi, almeno il giungere al riconoscimento del diritto di asilo ai sensi e per gli effetti dell’art. 10, comma 3 della Costituzione italiana.
6.- Il sesto motivo osserva che in violazione dell’art. 5, co. 6, d. Lgs n. 286/1998, nell’adottare il provvedimento con il quale ha negato il riconoscimento dello status di rifugiato, la Commissione non ha ritenuto di rilasciare un permesso di soggiorno di carattere umanitario.
-La proposta di definizione anticipata ha il tenore che segue: « Rilevato che:
il Tribunale di Salerno, con decreto del 10/05/2024, depositato il 13/05/2024, rigettava il ricorso proposto da COGNOME (rettificato in COGNOME), avverso il provvedimento della competente Commissione Territoriale che negava il riconoscimento della protezione internazionale;
avverso tale decreto Fall COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione affidato ad un motivo in via preliminare e tre motivi in via gradata;
Ritenuto che:
anzitutto l’esposizione dei motivi di ricorso non risulta chiara e sintetica, con la relativa indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, così come previsto dall’art n. 366 c.p.c. n. 4;
-il motivo eccepito in via preliminare (‘le motivazioni addotte dallo stesso sono da considerarsi infondate in fatto e in diritto. Parte ricorrente ha regolarmente provveduto ad impugnare l’atto di diniego alla richiesta di protezione internazionale operata dalla competente commissione territoriale dinanzi al Tribunale di Salerno e pertanto il giudice ad avviso da questa difesa era tenuto ad entrare nel merito e verificare dalle motivazioni addotte dall’immigrato in ricorso la sussistenza dei motivi per il riconoscimento della protezione internazionale in sede giudiziaria’) è inammissibile, in
quanto, da un lato si connota in termini di assoluta genericità e astrattezza, censurandosi il provvedimento impugnato senza alcun riferimento al caso concreto e, dall’altro, non si confronta con la ratio decidendi fondante il decreto impugnato, in cui il Tribunale di Salerno ha dichiarato inammissibile il ricorso, non avendo il ricorrente ‘fornito prova come richiesto -della tempestività dell’opposizione, né può accogliersi l’istanza di rimessione nei termini veicolata nel corpo del ricorso introduttivo del giudizio’;
gli ulteriori profili sollevati in via subordinata risultano tutti inammissibili in quanto non si conformano alla ratio decidendi del provvedimento impugnato (che è in rito, di inammissibilità del ricorso) e sottendono una rivalutazione fattuale nel merito estranea al giudizio di legittimità;
propone la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. ».
8.- La proposta va condivisa.
8.1.- Il ricorrente nell’insistere nella decisione, invero, non muove alcuna obiezione agli argomenti della PDA, che risulta condivisibile, trattandosi di ricorso che muove da motivi palesemente inammissibili laddove privi di indicazione delle norme violate (il primo), rivolti al provvedimento di diniego della Commissione (il terzo e il sesto) ovvero non conducenti rispetto alla ratio decidendi del provvedimento gravato, che riguarda l’inammissibilità per tardività del ricorso (tutti gli altri)
9.- Non v’è necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., S.U., n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, « sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115/02, i presupposti processuali per
il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto», mentre «spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
9.1.- Considerato che la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ultimo comma a seguito di proposta di inammissibilità a firma del Consigliere delegato dal Presidente della sezione, la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., come testualmente previsto dall’art. 380 bis , ultimo comma c.p.c. (« Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 »). L’art. 96 al quarto comma prevede: « Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000 ».
Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, si tratta di «una disposizione (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 149/2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione «altresì»). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di
abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale) » (v. Cass. Sez. Un. n. 27433/2023, in motivazione).
Perciò, il ricorrente va condannato al pagamento dell’ulteriore somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende, ex art, 96 quarto comma c.p.c.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Se-