Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16121 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16121 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31812/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME DI COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TORINO n. 973/2020 depositata il 05/10/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza n. 973 del 2020 della corte d’appello di Torino che, in relazione al gravame del medesimo rispetto a una decisione di rigetto di una serie di domande in punto di nullità di clausole contrattuali di contratti di conto corrente e di mutuo stipulati con RAGIONE_SOCIALE, e di accoglimento invece della riconvenzionale della banca in ordin e all’ent ità dei saldi passivi, ha compensato le spese del giudizio di primo grado tra l’COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, confermando nel resto la prima sentenza.
Il ricorrente ha dedotto otto motivi di doglianza.
Le intimate hanno resistito con separati controricorsi.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato una memoria.
Ragioni della decisione
– I primi due motivi di ricorso si riferiscono alla statuizione della corte territoriale involgente la RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza ha compensato le spese del giudizio di primo grado nel rapporto tra il ricorrente e la detta società.
Il ricorrente denunzia:
(i) la violazione o falsa interpretazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. c.p.c. in punto di compensazione delle spese processuali;
(ii) l ‘ e rronea o falsa interpretazione dell’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993 (cd. T.U.B) in punto prova della cessione del credito e legittimazione della cessionaria.
II. -I motivi possono essere esaminati unitariamente.
Entrambi sono inammissibili.
III. -La ragione circa il primo motivo è questa.
Dalla sentenza risulta che la società RAGIONE_SOCIALE era intervenuta dinanzi al tribunale, quale cessionaria del credito, dopo la precisazione delle conclusioni.
La corte d’appello ha ritenuto che l’intervento fosse, in effetti inammissibile, ma anche privo di appesantimenti processuali, e in ragione di ciò, riformando il capo di condanna del tribunale, ha compensato le spese del giudizio di primo grado quanto al rapporto con l’attore.
Secondo costante giurisprudenza, il sindacato della Corte di cassazione in tema di spese processuali è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa. Per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti o validi motivi, quale che sia la regola ratione temporis applicabile ai sensi dell’art. 92 cod. proc . civ. (v. nelle diverse condizioni Cass. Sez. 6-3 n. 24502-17, Cass. Sez. 5 n. 8421-17, Cass. Sez. 6-3 n. 26912-20, Cass. Sez. 2 n. 18128-20).
IV. – La ragione circa il secondo motivo è invece questa.
Dalla sentenza risulta che l’appellante aveva contestato la legittimazione della cessionaria perché la copia della gazzetta ufficiale, sulla quale era stata pubblicata la cessione, non avrebbe potuto essere
prodotta una volta maturate l e preclusioni di cui all’art. 18 3 cod. proc. civ., e perché la comunicazione della cessione in gazzetta ufficiale non avrebbe consentito di individuare i crediti ceduti ‘in quanto il link ivi indicato rimanda(va) ad una pagina inesistente’ .
La corte d’appello ha respinto la doglianza rilevando che la documentazione comprovante la cessione avrebbe potuto essere prodotta comunque in appello, essendo finalizzata a dimostrare la legittimazione dell’interveniente, e inoltre che il link indicato nell’avviso di avvenuta cessione aveva rimandato a una pagina elettronica effettivamente esistente e direttamente consultabile; pagina idonea a visualizzare la lista dei crediti ceduti.
La prima affermazione della corte territoriale non è stata minimamente censurata.
La seconda implica una valutazione in fatto contraria alla tesi del ricorrente, essendo implicitamente riferibile anche alla riscontrata esistenza, tra i crediti indicati nella lista suddetta, di quello di cui si controverte.
– I restanti motivi di ricorso attengono alle statuizioni della sentenza relative al rapporto con la banca RAGIONE_SOCIALE.
-Si denunzia, col terzo motivo, l” erronea e/o falsa motivazione in punto di violazione dell’art. 117 del T.U.B., per difetto di forma, con riferimento al conto corrente n. 304916′ .
La critica del ricorrente è che, a fronte del contratto di conto n. 304916, la corte d’appello avrebbe errato nel qualificare come semplice lapsus calami il fatto che il contratto recante la firma fosse stato indicato col n. NUMERO_DOCUMENTO, perché invece ciò stava a dimostrare la diversità di questo rispetto a quello.
In ogni caso, anche a ritenere che il documento fosse riferibile al conto oggetto di causa, ciò non sarebbe bastato a escludere il difetto di forma rispetto alla clausola di interessi ultralegali, non specificamente e separatamente sottoscritta.
VII. – Il terzo motivo è inammissibile nella prima parte, perché implica un sindacato di fatto.
In vero la corte d’appello ha specificamente (e motivatamente) accertato che mai era stato concluso tra le parti il contratto di conto n. 309416, e che invece quello effettivamente stipulato era il n. 304916, ‘valido ed efficace in base alla nota giurisprudenza della Suprema Core sui contratti c.d. monofirma’ .
Il motivo è poi manifestamente infondato nella seconda parte, perché la debenza degli interessi in misura superiore a quella legale, ai sensi dell’art. 1284, terzo comma, cod. civ. come pure ai sensi dell’art. 117 del T.u.b., postula la stipulazione per iscritto del patto che fissa direttamente il tasso degli interessi medesimi, mentre non esige, qualora si verta in tema di clausola inserita in uno schema predisposto dal creditore, la separata approvazione di essa a norma dell’art. 1341 cod. civ., non ricorrendo alcuna delle ipotesi contemplate da tale disposizione (v. già Cass. Sez. 1 n. 3764-94 e poi Cass. Sez. 2 n. 1491201, Cass. Sez. 2 n. 9646-06, Cass. Sez. 3 n. 16124-09).
VIII. -Il quarto motivo denunzia l” erronea e/o falsa applicazione della legge ‘ e l” erronea interpretazione dei fatti in punto inammissibilità del IV motivo d’appello (erronea interpretazione degli artt. 1815, comma II, c.c. e 644 c.p. con riferimento alle c.m.s. e alla loro inclusione nel calcolo del TAEG)’ .
La critica del ricorrente è che nel caso concreto era pacifico che il c.t.u. non avesse utilizzato il cd. metodo del margine dettato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 16303 del 2018 a proposito della verifica del superamento della soglia usuraria. Sicché la corte d’appello avrebbe errato nel non considerare tale fatto.
Il motivo è inammissibile perché estraneo alla ratio decidendi della sentenza, la quale ha chiuso ogni questione affermando che l’appellante non aveva adempiuto all’onere di evidenziare se effettivamente il c.t.u. avesse o meno proceduto in base a un metodo di calcolo diverso, e di
spiegare se e quale fosse stato l’errore effettivamente compiuto al riguardo.
In una parola la corte ha ritenuto la censura inammissibile perché generica, e contro tale affermazione niente risulta dedotto nel ricorso col fine di stabilire se l’appello avesse invece assol to al fine di specificità richiesto dall’art. 342 cod. proc. civ.
IX. -Col quinto mezzo è dedotta l”e rronea e/o falsa applicazione della legge ed, in particolare, degli artt. 117 e 118 TUB in punto inammissibilità del V motivo di appello’, avendo la corte d’appello affermato che il detto motivo era nuovo, visto che la sanzione prevista dall’art. 118 T. u.b . non è la nullità del contratto bensì l’inefficacia .
Secondo il ricorrente l’affermazione sarebbe in contrasto con l’interpretazione sistematica , perché ‘ l ‘inefficacia di cui al comma terzo comma dell’art. 118 T.U.B. è la conseguenza della nullità delle clausole e delle pattuizioni prive di forma scritta, prescritta dall’art. 117 T.U.B’ .
Il motivo è inammissibile.
Esso contiene una critica a un passaggio motivazionale della sentenza che – questa volta – non assurge a ratio decidendi .
Si discuteva della affermata (dall’appellante) erronea interpretazione del ius variandi ex art. 118 del T.u.b.
La sentenza ha ritenuto inammissibile il motivo d’appello dicendo che ‘l’esercizio dello ius variandi senza l’osservanza delle prescrizioni stabilite dalla legge non ha costituito oggetto di censura in primo grado né nell’atto di citazione né nella memoria ex art. 183, sesto comma , n. 1, c.p.c., sicché la relativa doglianza non può essere formulata per la prima volta in sede di gravame ‘ .
Solo in aggiunta, e in termini esplicativi, la sentenza ha svolto la considerazione a proposito della inefficacia delle variazioni contrattuali di cui all’art. 118 del T.u.b., cosa che ben emerge dal la locuzione avverbiale di esordio della relativa frase (‘d’altra parte’).
Il ricorrente non ha censurato l’affermazione fondamentale integrante la ratio decidendi , e cioè che la questione del ius variandi di
cui all’art 118 del T.u.b. non poteva essere prospettata per la prima volta in appello.
Si è concentrato sulla frase immediatamente conseguente, senza avvedersi che non era questa, ma l’altra, a identificare il nucleo della decisione.
X. -Col sesto motivo il ricorrente denunzia l” erronea interpretazione del combinato disposto degli artt. 644 c.p. e 1815, comma II, c.c. con riferimento alla commissione per l’estinzione anticipata del finanziamento del 09.07.2003′ .
Sostiene che la corte territoriale avrebbe errato nel non ritenere raggiunta la prova della debenza della commissione per estinzione anticipata, non considerandola nel calcolo del TAEG, mentre -dice il difensore ‘la commissione penale per l’estinzione anticipata è divenuta giuridicamente esigibile nel momento in cui il Sig. COGNOME ha omesso di pagare una rata’ ; fatto, questo, da ritenere pacifico anche in base alla c.t.u.
Il motivo è inammissibile ancora una volta per difetto di aderenza alla ratio decisionale, avendo di contro la sentenza osservato che il tribunale aveva ritenuto carente la prova dell’effettivo addebito della commissione de qua , e che sul punto la sentenza di primo grado non era stata censurata.
XI. -Il settimo mezzo attiene alla ‘e rronea e/o falsa interpretazione ed applicazione dell’art. 117 TUB in punto conseguenze della difformità del TAEG pattuito rispetto a quello applicato con riferimento al contratto di mutuo del 09.07.2003’.
Il ricorrente assume che la sentenza sarebbe errata per aver ritenuto non applicabile l’art. 117 del T.u.b. a fronte di una difformità tra il TAEG pattuito e quello applicato.
Il motivo è inammissibile perché giustappunto risolto, nella sua genericità, in un asserto indimostrato, e cioè che ‘con riferimento al contratto di finanziamento (..) il TAEG pattuito fra le parti non coincide con quello applicato dalla banca’.
Si tratta di una illazione di fatto non riscontrata dalla sentenza, la quale ha invece ritenuto in proposito ininfluente la menzione in contratto d ell’ISC .
A tal riguardo la sentenza ha sottolineato che l’ISC è un indicatore sintetico di costi non rientrante nel novero dei tassi.
Questa affermazione non è totalmente perspicua rispetto alla questione che era stata prospettata.
L ‘ ISC è acronimo di Indicatore Sintetico di Costo, ma rappresenta il costo effettivo dell’operazione di finanziamento comprensivo di tutte le spese accessorie obbligatorie; donde definisce il prezzo effettivo del mutuo comprensivo degli interessi indicati nel TAN, delle spese iniziali da sostenere per attivare il prodotto e di quelle ricorrenti durante l’esistenza del finanziamento , così da avere la stessa funzione pratica del TAEG, di rendere comparabili le proposte di mutuo e agevolare il consumatore nella scelta del migliore tra quelli.
Ciò è quanto si ricava anche dalla giurisprudenza di questa Corte, essendo stata già posta in rilievo l’identità di funzione tra ISC e TAEG, ancorché senza rilevanza ai fini della regola di cui all’art. 117 del T.u.b.: ‘i n tema di contratti bancari, l’indice sintetico di costo (ISC), altrimenti detto tasso annuo effettivo globale (TAEG), è solo un indicatore sintetico del costo complessivo dell’operazione di finanziamento, che comprende anche gli oneri amministrativi di gestione e, come tale, non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni, la cui mancata indicazione nella forma scritta è sanzionata con la nullità, seguita dalla sostituzione automatica ex art. 117 del d.lgs. n. 385 del 1993; l’applicazione di condizioni più sfavorevoli di quelle pubblicizzate può, tuttavia, determinando la violazione di regole di condotta della banca, dar luogo a responsabilità contrattuale o precontrattuale di quest’ultima ‘ (Cass. Sez. 1 n. 4597-23).
È stato parimenti precisato che la mancata indicazione nella forma scritta di per sé non determina, in tali casi, una maggiore onerosità del finanziamento, ma solo l’erronea rappresentazione del suo costo
globale, pur sempre ricavabile dalla sommatoria degli oneri e delle singole voci di costo elencati in contratto (Cass. Sez. 1 n. 39169-21).
Ciò stante, nel caso di specie è decisivo constatare che il ricorrente ha svolto un’obiezione solo parzialmente diversa, e cioè che la sentenza avrebbe errato nel non considerare, ai fini dell’ art. 117 del T.u.b., la difformità tra il TAEG pattuito (e quindi in qualche misura emergente dal contratto di finanziamento) e quello applicato.
In disparte che il motivo di ricorso non fornisce alcuna effettiva indicazione in proposito, può comunque osservarsi che una simile difformità atterrebbe alle regole di condotta della banca, non alle regole di validità del contratto. Laddove invece la nullità del contratto o è testuale (e così non è quanto all’ISC o al TAEG), oppure postula un contrasto con la disciplina del medesimo implicante la rilevanza di norme imperative e inderogabili concernenti la sua validità. Non già la violazione di norme riguardanti il comportamento dei contraenti, la quale invece può essere semplice fonte di responsabilità (v. in generale Cass. Sez. U n. 26724-07, Cass. Sez. U n. 26725-07).
XII. -Col l’ottavo mezzo il ricorrente denunzia l’ ‘e rronea e/o falsa interpretazione ed applicazione del combinato disposto degli artt. 644 c.p. e 1815, comma II, c.c. con riferimento al contratto di mutuo del 09.07.2003’ .
S ostiene che ‘i l tasso contrattuale di mora, nel caso di specie, è superiore rispetto al tasso soglia’ e che ‘l’interesse di mora è rilevante ai fini del sindacato circa l’usurarietà, o meno, del contratto di mutuo’, sicché anche sotto questo profilo la sentenza della c orte d’ appello di Torino sarebbe da cassare.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non risultando la questione affrontata dalla sentenza e non essendo specificato se dove e quando essa, nella specifica formulazione, sia stata sollevata.
XIII. -Le spese processuali seguono la soccombenza.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida, per ciascun controricorrente, in 7.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione