Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21438 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21438 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32061 R.G. anno 2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME, domiciliata presso l’avvocato NOME COGNOME ;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
contro
ricorrente e ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 2782/2020 della Corte di appello di Bologna, pubblicata il 22 ottobre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 maggio 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
─ Con sentenza del 25 settembre 2017 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha accolto parzialmente le domande proposte da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE: domande vertenti su di un contratto di conto corrente e su altri contratti a finanziamento flessibile ad esso collegati, su di un contratto di mutuo e su di un interest rate swap stipulato in concomitanza col predetto mutuo.
Il Tribunale ha disatteso le domande relative al rapporto di conto corrente e dei rapporti ad esso collegati osservando, per un verso, che il rapporto in questione non risultava ancora chiuso e rilevando, per altro verso, che l’attrice non aveva individuato quali fossero gli addebiti illegittimi oggetto di contestazione, essendosi la stessa limitata a richiamare principi di diritto astratti sulla disciplina della forma del contratto con particolare riguardo agli interessi, all ‘ anatocismo e alla commissione di massimo scoperto. Ha invece accolto la domanda di risarcimento del danno conseguente alla mancata erogazione di una parte del mutuo e ha dichiarato la nullità dello swap riconoscendo che lo stesso risultava viziato sotto il profilo causale sia in quanto il nozionale non corrispondeva all’importo del finanziamento concretamente erogato dalla banca, sia in quanto nel contratto non era stato esplicitato il metodo di calcolo del mark to market .
2 . ─ La Corte di appello di Bologna ha riformato la sentenza di primo grado con esclusivo riguardo al profilo concernente il riconoscimento, sull’importo liquidato a titolo risarcitorio, della rivalutazione e degli interessi con decorrenza dal 31 dicembre 2011.
– La sentenza della Corte emiliana, pubblicata il 22 ottobre 2020, è impugnata per cassazione da RAGIONE_SOCIALE con un ricorso articolato in tre motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE: questa ha spiegato un’impugnazione incidentale su di un motivo. Vi sono memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Col primo motivo dell’impugnazione di RAGIONE_SOCIALE è denunciata la violazione degli artt. 112 e 132, n. 4, c.p.c. per omessa motivazione o motivazione meramente apparente in relazione alla validità ed efficacia del recesso dal rapporto di conto corrente che era stato esercitato con l’atto di citazione; si oppone inoltre la nullità della sentenza e la violazione degli artt. 10 d.l. n. 233/2006, 1852, 1857 e 2033 c.c. in relazione alla ritenuta inammissibilità delle domande di determinazione del saldo del conto e di ripetizione dell’ indebito. Sostiene la ricorrente che il rapporto per cui è causa doveva ritenersi chiuso e cessato in conseguenza della dichiarazione di recesso formulata con l’atto di citazione e che l’affermazione della Corte di appello con cui era stato ritenuto privo di valore tale recesso risultava essere immotivata. Viene inoltre osservato che a norma dell’art. 1852 c.c. il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito: in tal senso, il Giudice distrettuale «avrebbe dovuto ritenere che il saldo attivo del conto corrente, come accertato alla data del 30 giugno 2003 Tribunale, fosse disponibile per il correntista il quale legittimamente poteva richiederne, così come ha richiesto con la citazione, il pagamento del medesimo saldo attivo indipendentemente dall’eventuale prosecuzione del rapporto».
Col secondo motivo del ricorso principale si lamenta la violazione dell’art. 164, comma 4, c.p.c. in relazione alla ritenuta genericità dell’oggetto della domanda per omessa individuazione delle operazioni di conto corrente contestate. La sentenza impugnata è censurata nella parte in cui ha condiviso il giudizio del Tribunale secondo cui la domanda di ripetizione risultava essere carente di allegazione, avendo mancato l’attrice di individuare con precisione quali fossero gli addebiti illegittimi e i relativi importi. Si deduce che nella citazione introduttiva l’odierna ricorrente aveva indicato i tassi e le commissioni applicate al conto e contestato gli addebiti, indicandone anche la causale con riferimento alle risultanze degli estratti conto prodotti: si rileva che sulla scorta di
tali elementi era possibile addivenire all’individuazione del petitum .
Col terzo mezzo la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1283 c.c., 117 t.u.b. (d.lgs. n. 385/1993), nonché per omessa pronuncia della nullità dei rapporti collegati al rapporto di conto corrente, stante l’ inosservanza della forma prescritta per la stipulazione dei relativi contratti. La doglianza investe il giudizio circa l’indeterminatezza della domanda proposta con riguardo all’illegittimità de gli addebiti di somme (interessi principali ed anatocistici, valute e commissioni) effettuati dalla banca sul conto corrente e riferiti ad operazioni relative ad altri conti, funzionali all’erogazione di finanziamenti. Col terzo motivo di appello, si osserva, era stato evidenziato che gli interessi e le commissioni non erano stati validamente pattuiti e che l’anatocismo risultava essere vietato da norma imperativa. Secondo la società istante, inoltre, ricorrerebbe la fattispecie dell’omessa pronuncia, avendo mancato la Corte di appello di pronunciarsi sulla nullità delle pattuizioni relative a interessi e commissioni.
2. – Il primo motivo è inammissibile.
La ricorrente deduce che il recesso dal contratto di conto corrente sarebbe stato esercitato con la citazione introduttiva del giudizio ma non riproduce, né riassume, il contenuto di tale atto nella parte che qui interessa. Che la citazione contenesse il recesso non emerge, del resto, dalla sentenza impugnata, la quale si limita a dare atto di un «recesso formalizzato nel corso del processo»: in un momento che resta, quindi, imprecisato.
Questa Corte reputa inammissibili, per violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso e senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione (Cass. Sez. U. 27 dicembre
2019, n. 34469; Cass. 1 luglio 2021, n. 18695); più di recente, in una prospettiva che valorizza il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, si è precisato come l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi possa avvenire alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, poi, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicato nel ricorso, sia accompagnato da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui sia stato prodotto o formato (Cass. 19 aprile 2022, n. 12481).
Deve del resto escludersi che la Corte di appello fosse tenuta a pronunciare condanna al pagamento del saldo (ricalcolato) prima della chiusura del conto. Una pronuncia in tal senso trova infatti un limite nell’esistenza di movimentazioni che siano incorse nel periodo successivo alla proposizione della relativa domanda : infatti, l’art. 185 2 c.c. attribuisce al correntista il diritto di disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito sul conto (salva l’osservanza del termine di preavviso eventualmente pattuito), ma non gli consente di ottenere la condanna a un saldo che, per essere non più attuale, può rivelarsi diverso da quello effettivo; non può difatti escludersi che nel periodo posteriore alla quantificazione del saldo il credito del cliente si sia ridotto o sia divenuto addirittura inesistente. Ora, la ricorrente non fornisce indicazioni quanto alla stabilizzazione del saldo da ricalcolare attraverso lo storno delle poste contestate: fa cenno di un saldo attivo alla data del 30 giugno 2003, accertato dal Tribunale, ma non precisa che esso restò immutato nel tempo successivo; tantomeno deduce di aver affermato ciò avanti ai Giudici di merito. In mancanza di precisazioni nel senso indicato, non vi è modo di ritenere che la domanda di pagamento fosse suscettibile di essere presa in esame, per essere riferita a un saldo non modificatosi fino al momento della decisione.
La censura svolta non risulta perciò concludente su questo versante.
L’inammissibilità del primo motivo comporta l’adozione di analoga statuizione con riguardo al secondo e al terzo mezzo.
Questi ultimi investono una ratio decidendi aggiuntiva rispetto a quella basata sull ‘inammissibilità della domanda per la mancata chiusura del conto. La Corte di appello, infatti, dopo aver dato atto della preclusione determinata dall’indicata evenienza, ha condiviso la decisione del Tribunale che aveva disatteso quella domanda perché carente di allegazione. Ciò posto, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, il mancato accoglimento delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 11 maggio 2018, n. 11493; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108).
L’unico motivo del ricorso incidentale è riferito alle statuizioni di condanna al risarcimento del danno riferito al contratto di mutuo e alla dichiarazione di nullità dell’operazione finanziaria avente ad oggetto l’ interest rate swap.
Il mezzo di censura non denuncia alcuno dei vizi di cui all’art. 360 c.p.c. ed è svolto senza raccordarsi a ben individuate censure concernenti errori di diritto o carenze motivazionali.
Il motivo è perciò inammissibile.
Infatti, il ricorso per cassazione deve essere articolato in specifiche censure riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall’art. 360, comma 1, c.p.c., sicché, pur senza la necessaria adozione di formule
sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa (Cass. Sez. U. Sez. U 8 novembre 2021, n. 32415)
– I n conclusione, sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere dichiarati inammissibili.
Le spese processuali possono compensarsi per l’intero attesa la soccombenza reciproca dei contendenti.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibili entrambi i ricorsi e compensa le spese di giudizio ; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di entrambe le parti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione