Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7183 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7183 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 5179/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avv. AVV_NOTAIO e NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 4696/2019 della Corte d ‘Appello di MILANO;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
Il Tribunale di Milano con sentenza del 30 giugno 2018, su domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE – in relazione a contratto di somministrazione tra loro stipulato per l’applicazione d ei c.d. Accordi di Colore conclusi il 26 febbraio 2004 e il 22 luglio 2010 dalla convenuta con le RAGIONE_SOCIALE dei gestori, tra cui RAGIONE_SOCIALE – di condanna della convenuta stessa a corrisponderle la somma di euro 267.379,08 oltre accessori previa declaratoria di nullità e/o inefficacia del contratto, oltre a rimborsi e contributi, condannava RAGIONE_SOCIALE a pagare all’attrice la richiesta somma di euro 267.379,08, oltre Iva e interessi, accoglieva una domanda riconvenzionale della convenuta cond annando l’attrice a pagarle la somma di euro 4035,07 oltre interessi legali e dichiarava cessata la materia del contendere sulle altre domande attoree respingendo ulteriori domande riconvenzionali.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui controparte resisteva.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 4696/2019, rigettava il gravame.
NOME ha presentato ricorso, articolato in tre motivi e illustrato anche con memoria; controparte si è difesa con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1236, 1334, 1324, 1362, 1363, 1364, 1365, 1366, 1367, 1368, 1369 e 1370 c.c. nonché omessa pronuncia su fatto decisivo.
1.1 Il giudice d’appello avrebbe errato negando ‘gli effetti estintivi dei diritti economici di 3T provocati e aventi titolo nelle lettere sottoscritte dalla stessa 3T gli esercizi 2008, 2010, 2011 e 2012 … avendo escluso la loro natura di
transazione’ e così respingendo l’eccezione sollevata dall’attuale ricorrente su tali effetti estintivi dei diritti economici di controparte riguardanti i margini di gestione. Si trascrive, nelle pagine 21-22 del ricorso , un passo delle ‘Lettere di Rinuncia’ (indicato come doc. 10 del fascicolo di controparte), per argomentare che il giudice d’appello avrebbe ‘omesso di qualificarle come valide rinunce unilaterali sottoscritte dalla sola 3T e, come tali, ricadenti nella disciplina degli artt. 1326, 1334 e 1 324 cod. civ.’ e concludere infine che ‘il capo della Sentenza qui impugnato è errato in diritto poiché esso non ha correttamente valutato la portata e gli effetti delle rinunce contenute in tali missive e che RAGIONE_SOCIALE ha reso a fronte dei pagamenti eseguiti da RAGIONE_SOCIALE ha titoli di margini sulla gestione dell’Area di Servizio’, così violando tutti gli articoli indicati nella rubrica.
1.2 Pur tentando di schermarne l’effettiva natura mediante l’invocazione delle norme, e in particolare di quelle ermeneutiche, il presente motivo è palesemente una diretta contestazione in punto di fatto rispetto all’accertamento operato dal giudice d’appello.
Anche a prescindere, dunque, dall’articolo 348 ter, ultimo comma, c.p.c., qui ratione temporis vigente, la censura si inquadra nella funzione di un gravame ed è pertanto inammissibile in questa sede.
Con il secondo motivo si denuncia , in relazione all’articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 c.p.c. e 116 c.p.c.
2.1 Si afferma che nel primo grado l’attuale ricorrente ‘ha provato che 3T ha venduto carburante al pubblico a prezzi superiori al prezzo massimo previsto negli Accordi di Colore’ (cioè tra i fornitori e i gestori delle aree di servizi), prova che sarebbe stata fornita documentalmente -e qui si rinvia ai documenti 36 ss. e 34 del ‘fascicolo RAGIONE_SOCIALE‘, senza peraltro specificare, si nota fin d’ora, se sia quello di primo grado o quello di secondo grado (cfr. ricorso, pagina 30) -. Si otterrebbe così un ‘compl essivo quadro probatorio non … considerato’ da entrambi i giudici di merito, che non hanno disposto la richiesta consulenza tecnica d’ufficio. E avendo dichiarato che la ricorrente ‘non avrebbe fornito in
modo puntuale’ la prova di questo sovrapprezzo, ritenendo ‘che tale <> sarebbe stato riferito genericamente negli atti di RAGIONE_SOCIALE, che la prova sarebbe stata <> e che <>, il giudice d’appello sarebbe incorso nella violazione del principio di vicinanza della prova, in quanto ‘la specifica prova del <
>' da controparte sarebbe nella esclus iva disponibilità di quest'ultima, essendo documentazione da essa emessa.
Per di più, l'attuale ricorrente avrebbe provato il sovrapprezzo operato da controparte 'attraverso un esplicito riconoscimento della stessa 3T contenuto nella lettera in data 15 dicembre 2007', il cui testo è riportato nella premessa del ricorso a pagina 17, nota 7.
In tale 'situazione di fatto', entrambi i giudici di merito avrebbero dovuto, applicando correttamente i principi dell'onere della prova, 'ritenere che 3T non ha fornito la prova, nella sua disponibilità, del rispetto del prezzo massimo'; e la disposizione della consulenza tecnica d'ufficio 'avrebbe dovuto portare all'accoglimento dell'eccezioni svolta ( sic ) dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, non avendo RAGIONE_SOCIALE altrimenti provato di aver venduto il carburante al prezzo inferiore a quello massimo, e quindi di aver diritto agli sconti di cui ha chiesto in via giudiziale il pagamento'.
2.2 Anche questa censura è palesemente conforme ad un gravame, in quanto, pur avendo nuovamente tentato la ricorrente di avvalersi come schermo un principio di diritto - la vicinanza della prova -, essa consiste nella ostensione di elementi probatori che avrebbe apportato proprio la ricorrente e che entrambi i giudici di merito non avrebbero considerato, non disponendo neppure una consulenza tecnica d'ufficio.
Senza sottacersi che il principio di vicinanza della prova sarebbe palesemente incongruo - se il motivo non fosse appunto direttamente fattuale -in un ambito in cui la stessa ricorrente, a ben guardare, attribuisce a controparte l'onere di
dimostrare di non avere violato il prezzo massimo, ovvero di fornire una prova negativa.
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all'articolo 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1364, 1365, 1366, 1367, 1368, 1369 e 1370 c.c. - norme relative alla interpretazione dei contratti ed anche degli atti unilaterali ex articolo 1324 c.c. - nonché omesso esame di fatto decisivo della controversia.
3.1 Ancora si verte sulla questione del sovrapprezzo, richiamando il passo della sentenza impugnata (pagina 9) che ha disatteso l'eccezione dell'attuale ricorrente presentata avverso la domanda di 3T 'per la pratica di overpricing da questa eseguita', dichiarando che ' in presenza di una sistematica pratica di applicazione di prezzi superiori al massimo consentito, l'art.3 cit. (dell'Accordo di Colore, n.d.r.) prevede l'adozione di una procedura condivisa tra le parti per la definizione delle conseguenze da adottare, procedura a cui non vi è alcun riferimento nelle lettere di definizione inter partes … nelle quale (sic), anzi, proprio il richiamo agli accordi sindacali appare in contrasto con la denunciata pratica di overpricing '. Ciò sarebbe 'manifestamente viziato da un'omessa disamina ed omessa interpretazione (o, comunque, un'errata e falsa applicazione) degli Accordi di Colore e della relazione esistente tra il riconoscimento da parte di RAGIONE_SOCIALE previsti in tali Accordi ed il rispetto da parte del gestore del prezzo massimo'.
Dagli accordi collettivi sarebbe stata rimessa alle parti 'l'individuazione delle conseguenze' sul singolo rapporto; si riportano due passi dell'accordo del 2004 (quello anteriore all'accordo del 2010 che costituisce il principale oggetto della controversia quanto alla sua applicazione), ove si è sottolineata l'importanza del rispetto del prezzo massimo da parte del gestore, per ribadire che, se questi effettua sovrapprezzi come avrebbe fatto l'attuale controricorrente -, sarebbe stato violato l''equilibrio contrattuale', per cui RAGIONE_SOCIALE non potrebbe 'pretendere l'applicazione degli sconti, e ciò peraltro in una misura superiore a quella già riconosciuta da RAGIONE_SOCIALE nelle lettere di rinuncia su cui è caduta l'errata ed omessa valutazione' della sentenza impugnata, 'alla luce del primo motivo'.
3.2 Come risalta anche dalla conclusione, pure questo motivo è una protrazione di quelli precedenti, in quanto anch'esso si fonda sull'asserto che vi sia stata vendita con sovrapprezzo da parte di 3T, fatto che invece - e già si è visto che ciò non può essere censurato in sede di legittimità il giudice d'appello, conformemente al primo giudice, ha ritenuto non provato, osservando che (si riporta qui ad abundantiam , per il limite di vaglio appena rimarcato) 'le lettere di definizione intervenute inter part es … non fanno alcun riferimento a una pregressa contestazione di un prezzo alla pompa … superiore al prezzo massimo stabilito' e che 'l'assunto della applicazione di prezzi superiore ( sic ) al consentito è genericamente riferito, negli atti di RAGIONE_SOCIALE, ad una pratica generalizzata ' , in quanto i 'capitoli di prova dedotti sul punto … peccano di genericità e appaiono valutativi, non evincendosi quale sia stato il prezzo alla pompa effettivamente applicato' ; inoltre RAGIONE_SOCIALE non spiega 'come l'ammissione delle prove orali possa condu rre all'accoglimento della sua prospettazione sulla condotta di overpricing '.
Anche questo motivo, dunque, come le precedenti censure patisce una evidente inammissibilità.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente a rifondere a controparte le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in un totale di € 7.900,00, di cui euro 7.700,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.
Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 21 dicembre 2023