Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13920 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13920 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2687/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IMPIANTO MOBILE RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente
e
ricorrente incidentale-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
PRESIDENZA RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro RAGIONE_SOCIALE, COMMISSARIO STRAORDINARIO GOVERNO PER EMERGENZA RIFIUTI -intimati-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 2223/2021 depositata il 15/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
In data 12.02.2002 RAGIONE_SOCIALE – Impianti RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE.) e il Commissario di Governo per l ‘ emergenza rifiuti, delegato ex OO.P.C.M. n. 2425/96 (di seguito Commissario), hanno stipulato la Convenzione n. 103/2002, avente ad oggetto la RAGIONE_SOCIALE degli impianti di selezione, trattamento, valorizzazione e riciclaggio dei rifiuti solidi urbani (RSU), di proprietà dei Consorzi di RAGIONE_SOCIALE e di quelli in corso di individuazione da parte del Sub Commissario. Per quanto qui rileva, in tale Convenzione è stata prevista: la non onerosità delle prestazioni rese dal Consorzio ed il diritto di quest’ultimo al rimborso dei costi sostenuti; la liquidazione dei costi da parte del Commissario con impegno, fino all’esaurimento, sulle disponibilità maturate, alla data del 31 dicembre 2001, quali somme da rimborsare a cura dei Consorzi di RAGIONE_SOCIALE ex art. 8 co. 3 OPCM n. 2774/1998; la determinazione della tariffa (individuata come fonte di ristoro dei costi) da corrispondere da parte di Comuni, Enti e soggetti conferenti i rifiuti mensilmente dietro presentazione di fatture che sarebbero state liquidate alla società a trenta giorni dalla data di emissione delle stesse.
In data 25.02.2002 il Commissario ha affidato alla RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE dell’impianto di Giffoni Valle Piana, località RAGIONE_SOCIALE, protrattasi sino al 23.02.2004, quando la RAGIONE_SOCIALE è stata affidata alla società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Con atto di citazione notificato il 12.09.2007, RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli il Commissario e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) per ottenere la condanna del Commissario al pagamento di € 1.879.510,50, quale residuo dovuto a titolo di rimborso per i costi di RAGIONE_SOCIALE degli impianti di RAGIONE_SOCIALE di Giffoni Valle Piana, Paulisi, Giugliano e Pomigiliano d ‘ Arco, e per ottenere la condanna in solido del Commissario e della RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 18.365.425,16, quale residuo dovuto a titolo di
rimborso per i costi di RAGIONE_SOCIALE dell ‘i mpianto sito in località RAGIONE_SOCIALE di Giffoni Valle Piana.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 6641/2013, ha accolto le domande proposte dalla RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto , ha condannato il Commissario al pagamento di € 2.099.390,92; b) ha condannato in solido la RAGIONE_SOCIALE ed il Commissario al pagamento di € 12.753.488,50.
Avverso la sentenza n. 6641/2013 ha proposto appello principale il Commissario, richiedendone l’integrale riforma con rigetto delle domande di RAGIONE_SOCIALE, e appello incidentale la RAGIONE_SOCIALE, richiedendone la riforma nella parte in cui il Tribunale aveva affermato la solidarietà nel pagamento tra la RAGIONE_SOCIALE ed il Commissario, dovendosi ritenere che tenuto al pagamento di quanto accertato fosse soltanto quest ‘ ultimo.
Parallelamente a tale vicenda processuale, se ne è sviluppata un’altra, avente ad oggetto il rapporto tra RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) e la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (di seguito PCM), in relazione alla RAGIONE_SOCIALE dell’impianto di smaltimento sito in Ariano Irpino.
In particolare, per quanto ancora rileva, con ordinanza commissariale n. 54 del 7.12.2001 RAGIONE_SOCIALE, quale gestore dell’impianto di smaltimento di Ariano Irpino, è stata autorizzata a gestire le volumetrie residuali del sito, con determinazione in £ 145 (oltre IVA) al kg della tariffa di conferimento dovuta dai comuni.
Successivamente, con ordinanze n. 31 e 41 del 2002, il Commissario ha affidato la RAGIONE_SOCIALE amministrativa delle attività di conferimento dei rifiuti alla discarica di Ariano Irpino alla RAGIONE_SOCIALE, che ha riceveva dai comuni interessati le tariffe.
Con atto di citazione del 27.02.2012 RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione, con contestuale richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa della RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE,
avverso il decreto ingiuntivo n. 8023/2011, emesso dal Tribunale di Napoli, con il quale, ad istanza della RAGIONE_SOCIALE, le è stato intimato il pagamento di € 6.842.891,93 oltre interessi, a titolo di costi di smaltimento dei rifiuti.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 8676/2018, dopo aver rigettato l’opposizione, ha accolto la domanda di manleva formulata dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, terza chiamata.
Avverso la sentenza n. 8676/2018 ha proposto appello principale la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE richiedendo il rigetto della domanda di manleva formulata, e appello incidentale la RAGIONE_SOCIALE, richiedendo il riconoscimento della legittimazione passiva esclusivamente in capo alla PCM, nonché il rigetto della domanda di RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di Napoli, con sentenza n. 2223/2021, previa riunione delle due cause per sussistenza di continenza parziale, per un verso, ha accolto l’appello principale del Commissario e rigettato l’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 6641/2013, per altro verso, ha accolto l’appello principale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE e rigettato l’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 8676/2018. La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto fondati il secondo ed il quinto motivo di gravame formulati dal Commissario, nonché il terzo motivo di gravame formulato dalla RAGIONE_SOCIALE, affermando che:
-la Convenzione n. 103/2002 e le ordinanze commissariali emesse successivamente non prevedevano alcun obbligo di pagamento dei costi di RAGIONE_SOCIALE con danaro proprio a carico del Commissario, che avrebbe dovuto e potuto liquidare all’ RAGIONE_SOCIALE soltanto le somme eventualmente disponibili nei propri fondi (in primis quello previsto dall’art. 8, co. 3, OPCM n. 2774/98);
-l’esistenza di somme giacenti sui detti fondi integrava elemento costitutivo dell’azione di pagamento dei costi di RAGIONE_SOCIALE proposta dall’ RAGIONE_SOCIALE, da allegare e provare in primo grado;
-non potevano, pertanto, assumere rilievo né le note del 19.12.2002, del 24.12.2002, del 7.5.2003 e del 23.5.2003, né l’ordinanza commissariale n. 22/2004, che disponeva il passaggio dell’impianto di Giffoni, località RAGIONE_SOCIALE, alla RAGIONE_SOCIALEco. a far data dal 23.02.2004, atteso che la statuizione della suddetta ordinanza con cui si precisava che tutti i rapporti, crediti e debiti, anteriori alla data del 23 febbraio 2004 o, comunque, inerenti alla precedente RAGIONE_SOCIALE, restavano a favore e a carico della RAGIONE_SOCIALE e del Commissario, doveva intendersi riferita sia alle poste attive che passive, come maturate in precedenza secondo le disposizioni contrattuali intercorse tra le parti;
-la RAGIONE_SOCIALE, inoltre, non aveva fornito la prova della effettiva RAGIONE_SOCIALE dell’impianto di Giffoni, località RAGIONE_SOCIALE, atteso che la stessa società aveva affermato che il definitivo passaggio di RAGIONE_SOCIALE non era mai avvenuto.
La Corte di merito ha, inoltre, rigettato l’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE, ribadendo le medesime argomentazioni con cui ha accolto gli appelli principali, e ritenendo inammissibili ex art. 342 c.p.c. le censure relative alla asserita carenza di prova del credito della RAGIONE_SOCIALE
La Corte di Appello ha, infine, rigettato l’appello incidentale della RAGIONE_SOCIALE
In particolare, il giudice di secondo grado ha ritenuto che la legittimazione passiva della società rispetto alle pretese di RAGIONE_SOCIALE era fondata: a) sulle ordinanze commissariali nn. 31 e 41 del 2002 e sulla Convenzione n. 103/2002, sulla scorta della quale RAGIONE_SOCIALE, quale gestore amministrativo degli impianti, era tenuta a sostenere i costi di smaltimenti dei rifiuti, salvo poi
ottenere il rimborso dal Commissario, previa rendicontazione; b) sulla nota n. 26710/CD del 31.10.2002, con cui il Commissario aveva indicato RAGIONE_SOCIALE quale soggetto obbligato a ricevere e pagare le fatture relative allo smaltimento dei rifiuti; c) sull’avvenuto pagamento, da parte di RAGIONE_SOCIALE, di alcune delle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE per il medesimo servizio svolto; d) sulla nota del 18.6.2005 con cui RAGIONE_SOCIALE aveva riconosciuto il credito della RAGIONE_SOCIALE per € 7.292.891,93.
Inoltre, la Corte di Appello ha ritenuto provato il credito della RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, in virtù non solo della documentazione depositata con il ricorso per decreto ingiuntivo (fatture ed estratti autentici delle scritture contabili), ma anche, a fronte di una contestazione generica da parte dell’opponente, di quella ulteriore depositata nel corso del giudizio di opposizione (MUD relativo all’anno 2002 e nota di riconoscimento, da parte della RAGIONE_SOCIALE, della pretesa dell’RAGIONE_SOCIALE, datata 18.06.2005).
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a sette motivi.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso, proponendo, altresì, ricorso incidentale, affidandolo a quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
La RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
La ricorrente principale ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1. cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale è stata dedotta la ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c. Error in iudicando. Error in procedendo’ .
La ricorrente censura la decisione della Corte di Appello nella parte in cui, sulla scorta di una errata lettura della Convenzione n. 103/2002 e delle obbligazioni da essa discendenti, ha escluso la legittimazione passiva del Commissario, ed ha affermato che il rimborso dei costi ad RAGIONE_SOCIALE dovesse avvenire solo ed esclusivamente nei limiti della disponibilità di cui ai fondi commissariali.
In particolare, ad avviso della ricorrente, la Convenzione stabiliva espressamente che il Commissario avrebbe riconosciuto e rimborsato ‘i costi sostenuti diretti ed indiretti’, con una previsione, quindi, di ristoro integrale dei costi sostenuti da RAGIONE_SOCIALE nello svolgimento delle attività rientranti nella predetta convenzione.
Pertanto, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, l’Amministrazione si era obbligata espressamente a rimborsare la differenza tra i costi sostenuti e la tariffa recuperata dai Comuni.
Con il secondo motivo del ricorso principale è stata dedotta la ‘ Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c. Error in iudicando. Error in procedendo’.
Lamenta la ricorrente che la Corte di Appello non ha fatto alcun cenno al rilievo che il Commissario, oltre all’impegno assunto nella fase iniziale con la convenzione, aveva, altresì, emanato ordinanze di impegno e liquidazione, utilizzando risorse finanziarie ulteriori rispetto a quelle inizialmente indicate nella convenzione.
La Corte d’Appello non aveva esaminato minimamente il contenuto delle ordinanze, non considerando il riconoscimento di debito in esse contenuto, avente una forza vincolante ed efficacia pari alla stessa convenzione.
Infine, la Corte d’Appello non aveva reso alcuna pronuncia sulla domanda di pagamento delle somme riconosciute nelle ordinanze commissariali, né aveva esplicitato le ragioni per cui per cui non costituirebbero titolo idoneo a radicare l’obbligo di pagamento
della struttura commissariale; aveva escluso l’obbligo di pagamento in capo al Commissario, senza tenere conto del fatto che nei dispositivi n. 25275/2002 e 25659/2002 il Commissario si era espressamente obbligato a rimborsare la differenza tra i costi sostenuti e la tariffa recuperata dai Comuni.
Con il terzo motivo del ricorso principale è stato dedotto ‘Error in iudicando. Omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.’.
Lamenta la ricorrente che la Corte di Appello, a fronte del tenore della Convenzione n. 103/2002 e delle numerose ordinanze del Commissario di riconoscimento e di liquidazione delle somme in favore di RAGIONE_SOCIALE (e, in particolare, dell’ordinanza n. 145/2003 con impegno di € 25.862.666,65, sulle risorse del conto di contabilità speciale 1731), aveva escluso l’obbligo di pagamento in capo al Commissario senza pronunciarsi sulla domanda di pagamento delle somme riconosciute nelle suddette ordinanze commissariali, e senza esplicitare le ragioni per le quali tali ordinanze non costituivano titolo idoneo a radicare l’obbligo di pagamento da parte della struttura commissariale.
Con il quarto motivo di ricorso principale è stata dedotta ‘Violazione dell’art. 345 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. Error in iudicando. Error in procedendo’.
In particolare, ad avviso della ricorrente, la decisione della Corte di Appello è errata alla luce delle seguenti considerazioni:
le risorse economiche assegnate al fondo ex art. 8 OPCM n. 2774/1998 erano pari a £ 81.214.258,60 (€41.943.663,98) e, quindi, di importo di gran lunga superiore alle somme da liquidare ad RAGIONE_SOCIALE;
la circostanza che i Consorzi non avevano versato al Commissario le somme che avrebbero dovuto confluire nel fondo, oltre a non essere documentata, era inidonea a far venire meno l’obbligo del Commissario al pagamento delle somme per le attività affidate a RAGIONE_SOCIALE e previste
nella Convenzione e nelle ordinanze adottate successivamente al 31.12.2001, dal momento che il Commissario avrebbe potuto esercitare le azioni di recupero nei confronti dei consorzi debitori;
a differenza di quando sostenuto dal giudice di secondo grado, l’ RAGIONE_SOCIALE ha correttamente adempiuto al proprio onere probatorio, mediante il deposito di tutta la documentazione attestante lo svolgimento delle attività, della rendicontazione delle stesse alla struttura commissariale e delle ordinanze commissariali che accertavano e dichiaravano la sussistenza del diritto di RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle somme, mentre spettava al Commissario eccepire la sopravvenuta insussistenza dei fondi, l’assenza di responsabilità della struttura commissariale per il venire meno di risorse ed offrirne la relativa prova;
la tesi della Corte territoriale secondo cui RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto far fronte, per la copertura dei costi, agli introiti da tariffa addebitata ai Comuni è errata, in quanto la sufficienza o meno della tariffa per la copertura dei costi di RAGIONE_SOCIALE era circostanza addebitabile soltanto al Commissario, che avrebbe dovuto procedere all’adeguamento della tariffa da praticare ai sensi dell’art. 7 della Convenzione n. 103/2002.
I primi quattro motivi, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono inammissibili.
In primo luogo, inammissibile è la generica deduzione, contenuta nel primo motivo, della violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n.3,4,5 c.p.c..
In proposito, secondo Cass. n. 23745/2020, ‘In tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena
d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa’.
Nel caso di specie, la ricorrente non solo non ha indicato le norme sostanziali e processuali asseritamente violate, ma neppure, con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 360 , comma 1°, n. 5 cod. proc. civ., ha indicato quale sarebbe il fatto decisivo omesso dalla Corte e ‘dove’ e ‘come’ tale fatto sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti.
Inoltre, la ricorrente, nel dedurre reiteratamente che la Corte d’Appello avrebbe errato nell’esaminare il contenuto della convenzione del 12.2.2002, non fa che svolgere mere censure di merito, in quanto finalizzate a sollecitare una diversa lettura della convenzione della predetta.
L’interpretazione di un atto negoziale è, infatti, tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., o di motivazione inadeguata, ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell'”iter” logico seguito per giungere alla decisione. Pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice
del merito se ne sia discostato, con l’ulteriore conseguenza dell’ inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull’asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 10745/2022; 14355/2016; Cass. 27136/2017).
Nel caso di specie, la ricorrente si è limitata ad invocare una diversa interpretazione della convenzione di cui è causa, senza neppure dedurre l’eventuale violazione delle norme di interpretazione contrattuale.
Quanto alla doglianza secondo cui la Corte d’Appello non si sarebbe pronunciata sulla domanda di pagamento delle somme riconosciute nelle ordinanze commissariali, né avrebbe esplicitato le ragioni per cui per cui tali ordinanze non costituirebbero titolo idoneo a radicare l’obbligo di pagamento della struttura commissariale, la ricorrente non ha colto la ratio decidendi.
Infatti, la Corte d’Appello ha evidenziato che, non solo la convenzione del 12.2.2002, ma anche le ordinanze commissariali non contengono alcuna previsione in ordine all’obbligo diretto del Commissario di pagamento dei costi di RAGIONE_SOCIALE e di farsi carico dell’eventuale differenza tra i costi di RAGIONE_SOCIALE e le entrate presenti nel fondo commissariale ex art. 8.
Dunque, la Corte d’Appello non ha affatto omesso la pronuncia sul punto.
Parimenti inammissibile è la dedotta violazione dell’art. 345 cod. proc. civ..
Non vi è dubbio che la ricorrente, nel contestare l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui l’obbligo di pagamento assunto dal Commissario fosse limitato alle disponibilità economiche del fondo ex art. 8 cit., e che quindi tale disponibilità integrasse un elemento costitutivo della pretesa, non fa che censurare,
inammissibilmente, ancora una volta l’interpretazione della convenzione fornita dalla Corte territoriale.
Con il quinto motivo del ricorso principale è stata dedotta ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. Error in procedendo. Contraddittorietà’.
Lamenta la ricorrente che la Corte di Appello è incorsa in errore laddove ha rigettato la domanda sul presupposto che RAGIONE_SOCIALE non avesse mai concretamente gestito l’impianto di Giffoni, località RAGIONE_SOCIALE, non essendo mai avvenuto il definitivo passaggio di RAGIONE_SOCIALE dal Sindaco del Comune di Giffoni.
Sostiene, infatti, la ricorrente che la domanda di pagamento nei confronti del Commissario e della RAGIONE_SOCIALE non riguardava una attività di RAGIONE_SOCIALE tecnica – operativa dell’impianto, bensì il residuo del ribaltamento dei costi di smaltimento, sostenuto per il conferimento delle frazioni in uscita dal predetto impianto agli impianti finali individuati dal Commissario. Di conseguenza, i crediti vantati da RAGIONE_SOCIALE verso l’impianto di RAGIONE_SOCIALE e verso il Commissario trarrebbero origine dall’ordinanza n. 22/2004 e, più in generale dalla Convenzione n. 103/2002, nonché dalle successive ordinanze, in virtù delle quali la società è stata individuata quale unico soggetto conferitore agli impianti finali di smaltimento e, pertanto, destinatario delle fatture di costo.
7. Il motivo è inammissibile.
La ricorrente ha introdotto una questione, di cui, da un lato, non vi è alcuna traccia nella sentenza impugnata, e, dall’altro, non ha neppure dedotto ‘dove’ e ‘come’ avrebbe sottoposto ai giudici di merito la circostanza che non avrebbe chiesto il rimborso dei costi di RAGIONE_SOCIALE dell’impianto, ma solo il residuo del ribaltamento del costo di smaltimento. Peraltro, anche nei precedenti motivi, la ricorrente ha ripetutamente dedotto che il Commissario si sarebbe obbligata a rimborsare i costi di RAGIONE_SOCIALE dell’impianto.
Con il sesto motivo del ricorso principale è stata dedotta (sul giudizio riunito RG 5442/2018) ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c. Error in iudicando. Error in procedendo’.
Con il settimo motivo del ricorso principale è stata dedotta ‘Violazione e falsa applicazione dell’ art. 2697 c.c. in relazione all ‘art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4 c.p.c.’ per avere la Corte di Appello ritenuto provato il credito della RAGIONE_SOCIALE, nonostante la produzione di documentazione del tutto inidonea a soddisfare l’onere probatorio ricadente in capo alla medesima.
In questi ultimi due motivi la ricorrente ha svolto le stesse censure già formulate nei precedenti motivi, ovvero l’errata e distorta interpretazione da parte della Corte d’Appello della convenzione di cui è causa e delle ordinanze commissariali, e ciò in quanto anche nel giudizio RG 5442/2018, il giudice d’appello ha accolto l’appello del Commissario con la identica motivazione riportata in narrativa – con cui lo aveva accolto nel procedimento RG 2697/2014.
Pertanto, le censure della RAGIONE_SOCIALE si appalesano, parimenti, inammissibili per le stesse ragioni illustrate nei precedenti motivi.
Con particolare riferimento al credito di RAGIONE_SOCIALE, la ricorrente principale non fa che censurare inammissibilmente una valutazione di fatto svolta dalla Corte d’Appello in ordine alla sussistenza della prova di tale credito.
Va preliminarmente osservato che RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto ‘controricorso per cassazione’ nel quale non ha svolto osservazioni sui motivi del ricorso di NOME, ma ha, in realtà, svolto autonomi motivi. Ne consegue che tale ‘controricorso’ può essere qualificato come ricorso incidentale (in quanto successivo a quello di NOME) avente natura adesiva a quello principale.
Con il primo motivo di ricorso incidentale è stata dedotta la ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c. error in iudicando. Error in procedendo’.
La ricorrente censura la decisione della Corte di Appello ove, sulla scorta di una errata lettura della Convenzione n. 103/2002 e dell’ordinanza n. 22 del 16.02.2004, ha escluso la legittimazione passiva del Commissario in relazione alla domanda di pagamento formulata da RAGIONE_SOCIALE
Con il secondo motivo del ricorso incidentale è stata dedotta la ‘ Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c. Error in iudicando. Error in procedendo’.
Lamenta la ricorrente che la Corte di Appello ha escluso l’obbligo di pagamento in capo al Commissario, senza tenere conto del fatto che nei dispositivi n. 25275/2002 e 25659/2002 il Commissario si era espressamente obbligato a rimborsare la differenza tra i costi sostenuti e la tariffa recuperata dai Comuni.
14. Con il terzo motivo del ricorso incidentale è stata dedotta la ‘ Nullità della sentenza in relazione all ‘ art. 360 c.p.c., n. 4), per violazione dell ‘ art. 132, co. 2, n. 4 c.p.c. ‘.
Lamenta la ricorrente che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto inammissibile il proprio motivo di appello incidentale, sul presupposto della mancata indicazione delle contestazioni formulate in primo grado alla consulenza tecnica d’ufficio, in quanto nella comparsa conclusionale erano state puntualmente contestate le risultanze dell’elaborato peritale.
Ad avviso della ricorrente, la Corte territoriale, omettendo di motivare sui motivi di inammissibilità e di infondatezza dell’appello incidentale, ha erroneamente escluso la legittimazione passiva del Commissario in relazione alla domanda di pagamento della IMPRAGIONE_SOCIALERERAGIONE_SOCIALEGERAGIONE_SOCIALECORAGIONE_SOCIALE, che, invece, era espressamente prevista nell’ordinanza commissariale n. 22/2004.
15. Con il quarto motivo del ricorso incidentale è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte di Appello escluso ogni obbligo di pagamento a carico del Commissario, omettendo di esaminare le ordinanze commissariali e, in particolare, l’ordinanza n. 22/2004.
16. Tutti i motivi del ricorso incidentale sono inammissibili atteso che la ricorrente incidentale invoca una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti ed una differente valutazione del materiale probatorio rispetto a quella operata dalla Corte d’Appello.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Con riferimento al rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e NOME, quest’ultima, con il proprio controricorso, ha, in realtà, aderito a quasi tutti i motivi del ricorso principale, opponendosi soltanto all’accoglimento dell’ultimo. Ne consegue che, essendo in tale controricorso di gran lunga prevalente l’adesione al ricorso di RAGIONE_SOCIALE piuttosto che il suo contrasto, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale ed il ricorso incidentale adesivo.
Condanna la ricorrente principale e la ricorrente incidentale adesiva, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali della RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE che liquida in € 44. 200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese anticipate a debito.
Dichiara compensate le spese processuali fra la ricorrente principale e RAGIONE_SOCIALE
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale adesivo
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Roma, così deciso il 7.3.2024 nella camera di consiglio della prima