Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7896 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7896 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22200-2020 proposto da:
INDIRIZZO, in persona dell’ amministratore ‘ pro tempore ‘ , domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
– intimato –
Avverso la sentenza n. 305/20 della Corte d’appello d i Napoli, depositata il 27/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 05/10/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
GESTIONE D’AFFARI
Inammissibilità del ricorso
R.G.N. 22200/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 05/10/2023
Adunanza camerale
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, in Napoli, ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 305/20, del 27 gennaio 2020, della Corte d ‘a ppello di Napoli, che -in parziale accoglimento, nella contumacia del RAGIONE_SOCIALE, del gravame esperito da NOME COGNOME la sentenza n. 9165/12, del 3 settembre 2012, del Tribunale della stessa città -lo ha condannato a pagare al medesimo COGNOME la somma di € 13.044,06 a titolo di risarcimento danni da infiltrazioni, oltre spese giudiziali, ivi comprese quelle del procedimento per accertamento tecnico preventivo.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di essere stato convenuto in giudizio dal COGNOME, il quale lamentava danni ad un proprio immobile (un loft ricavato in una grotta tufacea, sottostante ad una rampa di scale di proprietà condominiale), in ragione di un fenomeno infiltrativo, per l’accertamento delle cui cause si era proceduto all’espletamento dell’incombente di cui all’art. 696 cod. proc. civ.
Rigettata la domanda risarcitoria dal primo giudice (che a tale esito perveniva sul rilievo che la causa primaria delle infiltrazioni era da individuarsi nella fisiologica permeabilità dello strato tufaceo della volta), la stessa veniva parzialmente accolta in appello, nella contumacia -che il RAGIONE_SOCIALE definisce frutto di un ‘disguido’ dell’appellato. Il giudice di seconde cure, in particolare, condannava il condominio al ristoro del danno emergente, ma non pure del lucro cessante.
Avverso la sentenza della Corte partenopea ha proposto ricorso per cassazione il Codominio, sulla base -come detto -di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cod.
proc. civ. e degli artt. 2051 e 2697 cod. civ., nonché dell’art. 2 Cost.
Si censura la sentenza impugnata per aver riformato la decisione del primo giudice, in quanto esso avrebbe fatto uso -in base al la ricostruzione che il ricorrente propone del ‘ dictum ‘ della Corte territoriale -di una cognizione specifica di natura tecnica, che esulava dai suoi poteri, così pervenendo alla conclusione di attribuire la causa del danno da infiltrazione al ‘fatto’ dello stesso danneggiato, avendo costui adibito ad abitazione l’interno di una grotta tufacea incompatibile con la destinazione abitativa.
Assume, per contro, il ricorrente che il giudice di prime cure aveva fatto corretta applicazione del potere di cui all’art. 115, comma 2, cod. proc. civ., trattandosi di conoscenza non di natura soggettiva, bensì oggettiva, ricavabile sia dal contesto della CTU, sia dalla non contestazione del COGNOME.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2051 e 1227 cod. civ.
Il ricorrente evidenzia che, stante l’impropria collocazione dell’abitazione all’interno della struttura tufacea, sussistevano i presupposti per valutare la riduzione del danno, in ragione del concorso del danneggiato. Come risulta, infatti, dall’espletata consulenza, il COGNOME, oltre a non rispettare la destinazione originaria dell’immobile quale ‘grotta’, non a vrebbe eseguito le opere necessarie alla protezione delle strutture tufacee, essendosi limitato a coprire la volta con un controsoffitto.
3.3. Infine, il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117, 1223, commi 2 e 3, 1125 e 2051 cod. civ.
Sul presupposto -che si assume attestato dalla CTU -che la struttura condominiale, da cui ha tratto origine il danno, era sovrastante quella danneggiata, il ricorrente sostiene che, in
applicazione del combinato disposto degli artt. 1123 e 1125 cod. civ. (che ripartisce in parti eguali l’onere di custodia, e quindi anche l’obbligo risarcitorio -riparatorio, tra il condominio e il proprietario dell’immobile sottostante) , il giudice di appello avrebbe dovuto espungere dalle voci contenenti il computo metrico allegato all’ATP quelle che erano a carico del COGNOME, e non attribuirle, invece, interamente al RAGIONE_SOCIALE.
Costituirebbe , infatti, ‘ ius receptum ‘ -secondo il ricorrente -il principio per cui, allorquando l’area scoperta funge da copertura, riparo e protezione delle unità immobiliari sottostanti, è applicabile la presunzione di comproprietà ex artt. 1117 cod. civ., con paritaria ripartizione di oneri di custodia e risarcitori.
È rimasto solo intimato il COGNOME.
La trattazione del presente ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, quanto a ciascuno dei motivi in cui si articola.
7.1. L’ inammissibilità del primo motivo discende dal fatto che esso non coglie -né, quindi, con essa si confronta criticamente -l ‘effettiva ‘ ratio decidendi ‘ della sentenza impugnata (cfr. Cass. Sez. 6-1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910, Rv. 645744-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv. 658411-01).
Difatti, la -parziale -riforma della pronuncia resa in prime cure risulta basata, dalla Corte partenopea, sul fatto che il RAGIONE_SOCIALE non ha provato che la causa delle infiltrazioni era da addebitare alla permeabilità della volta tufacea del locale del
COGNOME. Nessuna valutazione, dunque, viene espressa, nella sentenza impugnata, circa un preteso deficit di cognizioni tecniche in capo al primo giudice.
7.2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente, infatti, non chiarisce quale sia stata la sede processuale -o meglio, se ve ne sia stata una -nella quale fu posta la questione della riduzione del danno ex art. 1227, comma 1, cod. civ., in ragione del concorso del danneggiato. Dell’avvenuta devoluzione, ai giudici di merito, di tale questione non vi è traccia nello stesso ricorso, prima ancora che nella sentenza impugnata.
Di qui, pertanto, la necessità di dare seguito al principio secondo cui, ‘ove una determinata questione giuridica che implichi un accertamento di fatto -non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di l egittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare « ex actis » la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa’ (Cass. Sez. 2, ord. 24 gennaio 2019, n. 2038, Rv. 652251-02).
7.3. Le stesse considerazioni, e il medesimo esito dell’inammissibilità, vanno affermati pure in relazione al terzo motivo di ricorso.
Il ricorrente, neppure in questo caso, chiarisce se pose, sin dal primo grado di giudizio, la questione della presunzione di comproprietà ex artt. 1117 cod. civ., con conseguente paritaria ripartizione di oneri di custodia e risarcitori.
Nulla va disposto quanto alle spese del presente giudizio di legittimità, essendo il COGNOME rimasto solo intimato.
A carico del ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contribut o unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della