Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34707 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34707 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23222/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2641/2022 depositata il 27/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 20 settembre 2022, illustrato da successiva memoria, NOME COGNOME ricorre per cassazione della sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello di Milano, n. 2641/2022, depositata in data 27.07.2022. L’intimata RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso, illustrato da successiva memoria.
La controversia è stata instaurata da NOME COGNOME per ottenere il risarcimento del danno in relazione al ritardo nell’adempimento delle obbligazioni contenute in un contratto stipulato in data 9 settembre 2016 con RAGIONE_SOCIALE, per ottenere servizi di telefonia fissa con annesso allaccio ad internet per lo svolgimento della sua professione di avvocato. Deduceva l’attore il tardivo adempimento di Fastweb in quanto la telefonia fissa era rimasta disattivata dal 25.10.2016 all’11.11.2016, mentre la rete internet era stata attivata solo il 14.11.2016 con conseguente impossibilità di svolgere regolarmente la propria attività. Per tale motivo chiedeva il rimborso di quanto fatturato nel periodo da Fastweb, l’indennizzo pari € 210,00 per la tardiva attivazione della linea internet e il risarcimento del danno sino all’ammontare di € 10.000,00. Il tribunale respingeva le domande di risarcimento, condannando l’attore alle spese.
Impugnata la sentenza dal ricorrente, la Corte d’appello, in rigetto dell’appello, confermava la sentenza di prime cure sull’assunto che non fosse ravvisabile alcun inadempimento
colpevole riferito all’obbligo di attivarsi prontamente in caso di disservizio non imputabile alla società contraente, ma al gestore di rete, come nei fatti accertato dal giudice di prime cure.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è affidato a cinque articolati motivi.
Con il primo motivo il ricorrente deduce la ‘nullità della sentenza per difetto di motivazione (o quanto meno, per motivazione meramente apparente), in violazione degli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c. in relazione all’art.360 n.4 c.p.c. 1.2. Nullità della sentenza impugnata per omissione di pronuncia, in violazione dell’art.112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4. 1.3. Violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c. 1.4. Violazione del principio della effettività della tutela giurisdizionale, di cui gli artt. 6 e 13 CEDU, in relazione all’art.360 n.4 c.p.c.’. Il ricorrente denuncia l’erroneità della motivazione là dove deduce, con riferimento al primo motivo di impugnazione in appello, che il primo Giudice avrebbe mandato assolta la RAGIONE_SOCIALEsenza alcun riferimento alle clausole contenute nelle condizioni generali bensì facendo applicazione dei principi generali ‘. 2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce: ‘ Nullità della sentenza per omissione di pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art.360 n.4 c.p.c. .2.2. In subordine, nullità della sentenza per difetto di motivazione, in violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c. 2.3. In ogni caso, violazione dei principi del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. e dell’effettività della tutela giurisdizionale di cui agli artt. 6 e 13 della CEDU, in relazione all’art.360 n.4 c.p.c.’. Deduce il ricorrente che, sempre con il primo motivo dell’appello, nella parte attinente al merito dell’inadempimento dedotto, nel denunciare la violazione degli artt.1218, 1175, 1176 e 1375 c.c., si era doluto non solo del fatto che dal 25.10.2016 al giorno 11 novembre 2016 (per alcuni servizi) e al giorno 14 novembre 2016 (per altri) era
stato privato della somministrazione di quanto gli era stato promesso secondo il contratto intercorso con Fastweb; ma anche del fatto che, come si legge nell’atto di appello, ‘RAGIONE_SOCIALE non solo non ha offerto al deducente un rimedio provvisorio (che avesse potuto in qualche modo attenuare il disservizio) ma non ha nemmeno informato l’utente di quello che era successo, né degli interventi che andava operando, nè tantomeno dei tempi di attivazione. In poche parole, si è disinteressata del tutto del servizio, lasciando lo studio professionale in balia delle onde e del caso’. Mancherebbe pertanto nella motivazione la considerazione del suddetto profilo di inadempimento in ordine agli obblighi di informativa e collaborazione con il contraente. 3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la ‘nullità della sentenza per difetto di motivazione, per violazione degli artt. 111 Cost e 132 c.p.c., in relazione all’art.360 n.4 c.p.c. 3.2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2719 e 2712 c.c., in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c. 3.3. Nullità della sentenza per difetto di motivazione in violazione dell’art.111 Cost. e dell’art.132 c.p.c., in relazione all’art.360 n.4 c.p.c.’. La censura ad oggetto la sentenza nella parte in cui ha dato rilievo al documento informatico prodotto da RAGIONE_SOCIALE con riferimento all’art. 2719 c.c., come se fosse stato dedotto che i fogli anonimi prodotti non erano conformi agli originali, mentre l’eccezione era riferita al fatto che detti documenti non fossero sufficienti ad attestare l’adempimento di RAGIONE_SOCIALE nel segnalare il disservizio al gestore di rete. Con il quarto motivo il ricorrente deduce ‘ Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 2647 c.c. e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c; nullità della sentenza, per lo stesso motivo, in relazione all’art.360 n.4 c.p.c..4.2. Nullità della sentenza per difetto di motivazione o per motivazione meramente apparente, in violazione dell’art.111 Cost. e dell’art. 132 c.p.c., il tutto in relazione all’art.360 n 4 c.p.c.’ Con il quinto motivo il ricorrente deduce: ‘Violazione o falsa
applicazione dell’art. 1226 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. 5.2. Nullità della sentenza per motivazione apparente, illogica o apodittica in ordine al risarcimento in via equitativa ex art. 1226 c.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. 5.1. Le doglianze riguardano la parte della sentenza impugnata, relativa al rigetto del secondo motivo di merito dedotto nell’appello. Il passo che intende criticare è il seguente: ‘Il rigetto dei motivi in punto di an impedisce l’esame del secondo motivo ‘di merito’, in punto di quantum, pur dovendosi osservare che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, anche in caso di provata responsabilità contrattuale di Fastweb, non si sarebbe potuto ‘procedere alla liquidazione equitativa del pregiudizio economico derivato’.
Osserva la Corte che ciascun motivo non supera il vaglio di ammissibilità di cui all’art. 366 c.p.c.
Il primo motivo è inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c. Il primo motivo di appello, attinente alla denuncia di mancata considerazione, in violazione dell’art. 112 c.p.c., della eccezione di nullità delle clausole contenute nelle condizioni generali, veniva rigettato dal giudice dell’appello sull’ assunto che: 1. il motivo di impugnazione non esplicasse come l’accoglimento di detta eccezione potesse influire sulla sentenza pronunciata; 2. in ogni caso fosse decisiva la circostanza che nelle conclusioni del primo grado non vi fosse una richiesta di pronuncia di nullità delle suddette clausole correlata all’eccezione relativa alla mancata sottoscrizione specifica delle clausole generali, in tesi non allegate al contratto. Va preliminarmente rilevato che il motivo di impugnazione risulta del tutto privo di specificità riguardo alle due statuizioni di rigetto del primo motivo di appello, risultando incentrato su questioni trattate nel primo grado di giudizio, ma non inerenti al difetto di deduzione della prima censura riscontrato – in rito dal giudice dell’appello.
Il secondo motivo è inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c. perché non si confronta adeguatamente con la ratio decidendi . La sentenza impugnata, in merito al ritardo di RAGIONE_SOCIALE nell’adempimento dell’obbligo di effettuare una tempestiva attivazione della linea telefonica e della rete internet, sulla base delle allegazioni di RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che a quest’ultima non fosse imputabile alcun ritardo colpevole, essendo come gestore del servizio nell’impossibilità di intervenire e avendo segnalato tempestivamente il disservizio a Telecom, gestore della rete, rilevando che la documentazione offerta da RAGIONE_SOCIALE a riprova di detta tempestiva segnalazione non fosse stata specificamente contestata (in particolare, le schermate del sito ‘Eureka’ da cui si evince la pronta segnalazione di RAGIONE_SOCIALE a Telecom s.p.a., quale proprietario della rete)
Il terzo motivo è inammissibile ex art. 366 n. 6 c.p.c. per violazione del principio di autosufficienza, in quanto non riporta in quale punto della censura in appello risulti la specifica deduzione che i suddetti documenti probanti la impossibilità di adempiere non fossero sufficienti ad attestare l’adempimento di RAGIONE_SOCIALE nel segnalare il disservizio al gestore di rete, e ciò al fine di verificare se vi sia stata una omessa pronuncia sul punto, posto che le considerazioni del ricorrente muovono da quanto espresso nella comparsa conclusionale del primo grado e non nell’atto di appello.
Il quarto motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza ex art. 366 n. 6 c.p.c. Si contestano gli esiti della valutazione probatoria della documentazione offerta da Fastweb a riprova della non imputabilità alla medesima del dedotto ritardo nell’adempimento, assumendo che vi sia stata una contestazione della documentazione prodotta, e dunque la violazione dei principi sull’onere della prova e di non contestazione racchiusi nelle norme citate, senza tuttavia
riferirsi né alla censura contenuta nell’atto di appello, né al passo motivazionale della sentenza in cui si sarebbero applicati detti principi, ma solamente deducendo la violazione di dette norme in astratto. Sotto il profilo della dedotta apparente o insufficiente motivazione, inoltre, la censura omette di rappresentare, per la parte che rileva, in quale punto della sentenza appare una intrinseca incongruenza assertiva, sì da delinearsi la violazione del cd. minimo costituzionale di cui a Cass. SU 8053/2014.
Il quinto motivo è inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c. in quanto non coglie la ratio decidendi là dove, quale primo motivo di rigetto della richiesta di liquidazione del danno, la Corte d’appello ha ritenuto che l’esclusione di ogni responsabilità contrattuale in punto di an debeatur impedisca l’esame in punto di quantum richiesto per il risarcimento del danno.
La successiva dissertazione sulla ipotetica insussistenza dei danni lamentati in caso di inadempimento imputabile a Fastweb, infatti, nella logica della motivazione di rigetto della domanda, rappresenta un obiter dictum del tutto irrilevante ai fini del decidere (correlata alla motivazione del primo giudice che aveva rigettato la domanda in considerazione della mancata prova di un danno risarcibile) e in ordine cui impugnazione il ricorrente è carente d’interesse , trattandosi di statuizione non influente sul dispositivo della decisione nella specie di rigetto nel merito del gravame per infondatezza delle censure ( Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7995 del 11/03/2022; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 30354 del 18/12/2017; Cass. Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della società controricorrente, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.600,00, di cui euro 3.400,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 5/12/2024