Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16679 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16679 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11331-2024 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 13/2024 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 15/01/2024 R.G.N. 7/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N.11331/2024
COGNOME
Rep.
Ud.10/04/2025
CC
RILEVATO CHE
NOME COGNOME impugna la sentenza n. 13/2024 della Corte d’appello di Ancona che ha confermato la pronuncia del Tribunale di Ascoli Piceno che aveva rigettato la domanda volta ad ottenere il riconoscimento del c.d. contributo per l’Autonoma Sistemazione introdotto, a seguito del sisma del 2016, per le abitazioni principali dichiarate inag ibili dall’art. 3 dell’OPCM n. 388/2016, contributo che il Comune di Acquasanta Terme aveva prima erogato, quindi sospeso ed infine revocato in ragione del fatto che il COGNOME alla data del sisma, non dimorava abitualmente in quell’immobile e che il coniuge, all’epoca non separato, risiedeva in Ascoli Piceno.
Propone due motivi di censura.
Resiste il Comune di Acquasanta Terme con controricorso, illustrato da memoria.
A seguito di richiesta di decisione depositata nei confronti della proposta di definizione accelerata del presente giudizio, è stata fissata l’odierna adunanza camerale, nella quale il collegio ha riservato il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Il ricorrente censura la sentenza sulla base di due motivi, così rubricati.
I motivo: ‘Difetto di giurisdizione di cui all’art. 360 n.1) c.p.c. nello specifico discrezionalità applicata dal Comune in merito ad
atto vincolato oggetto di diritto soggettivo – Violazione e falsa applicazione di norme di diritto di cui all’art.360 n.3) c.p.c. nello specifico violazione art. 11 Cpa, e contestuale violazione OCDPC n.614/19, artt.1 e 5 Manifesta illogicità’.
II motivo: ‘Nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 115 c.p.c. e dell’art.132 n.4) c.p.c. in relazione all’art.360 n.4) c.p.c. – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le par ti di cui all’art.360 n.5) c.p.c.’.
I due motivi possono essere esaminanti congiuntamente per l’intima connessione che li unisce e sono inammissibili.
Si legge in ricorso che la Corte territoriale avrebbe compiuto una ‘erronea individuazione in merito alle posizioni soggettive in essere al fine della corretta verifica del riparto di giurisdizione’, riconoscendo all’Amministrazione un potere discrezionale nell’erogazione del contributo che non competerebbe; inoltre, avrebbe erroneamente disatteso le prove offerte dal ricorrente. L’inammissibilità si lega, in primis, al fatto che i motivi mischiano censure diverse: benché formalmente le contestazioni siano state articolate in due distinti motivi, ciascuno costituisce il frutto di una mescolanza e sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, deducendosi, in ognuno, plurime violazioni di legge sostanziale e processuale e vizi di omesso esame di fatto decisivo.
In punto ‘mescolanza’ di motivi va richiamato l’orientamento consolidato di questa Corte per cui «un motivo di ricorso sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, a condizione però che la sua formulazione
permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi (Cass. S.U. n. 9100 del 2015): l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti la verifica dell’interpretazione della legge compiuta dal giudice del merito, della correttezza o meno della sussunzione dei fatti accertati entro il paradigma normativo ritenuto applicabile e degli eventuali vizi logici dell’accertamento compiuto sui fatti di causa non debbono infatti tradursi in una rimessione al giudice di legittimità del compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, giacché, così facendo, si attribuirebbe inammissibilmente al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse» (ex multis Cass. n. 17089/2017, n. 7326/2018, n. 3397/2024).
E’, quindi, «inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che
richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro» (Cass. n. 19909/2023).
Tanto deve dirsi nel caso di specie, non risultando possibile la verifica delle censure rivolte dal ricorrente alle varie statuizioni della sentenza impugnata senza prima isolare ciascun mezzo di impugnazione dall’insieme degli altri per poi ricercare quale disposizione sarebbe stata violata.
Il ricorso è inammissibile altresì perché le critiche articolate «sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza di motivazione, di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, mir, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito» (Cass. SSUU n. 34476/2019).
Dietro lo schermo delle plurime violazioni di leggi, sostanziali e processuali, denunciate, ciò che il ricorrente in sostanza vorrebbe è una nuova valutazione sul merito delle ragioni che hanno portato la Corte a respingere l’appello, riesame che non sarebbe neppure sollecitabile quale vizio di motivazione ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. in presenza, sul punto, di doppia conforme, in relazione alla quale, secondo il costante orientamento di legittimità, il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit.) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 30295/2019 ex multis e precedenti ivi citati), mentre nel caso
in esame, la prospettazione della censura conferma una totale consonanza di opinioni tra il primo e il secondo giudice, di tal che le doglianze del ricorrente appaiono piuttosto rivolte a sollecitare un riesame del merito della causa, inibito in questa sede.
Ancora, le censure non sono coerenti con la ratio decidendi : la Corte non ha affermato che la situazione soggettiva vantata dal COGNOME non fosse un diritto soggettivo ma ha, viceversa, accertato in via di fatto che non sussistevano i presupposti richiesti dalla legge per fruire del contributo preteso, con un ragionamento chiaro e completo.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ..
Alla inammissibilità fa seguito condanna alle spese secondo soccombenza.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. deve applicarsi l’art.96, commi 3 e 4, cod. proc. civ., contenendo l’art.380 bis, ult. co., cod. proc. civ. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 27195/2023 e n. 27433/2023, Cass. n.27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in € 2000,00 in favore del resistente e di una ulteriore somma di € 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di Cassazione, liquidate in € 4000,00 per compensi, €200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge;
condanna parte ricorrente a pagare al resistente l’ulteriore somma di € 2000,00;
condanna parte ricorrente a pagare € 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 10 aprile 2025.