Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14580 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 14580 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2417/2020 R.G. proposto
da
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE , in persona del Presidente del RAGIONE_SOCIALE pro tempore e domiciliata ope legis in ROMA INDIRIZZO
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato – Compenso ex art. 18, Legge n. 109/1994 – Presupposti
R.G.N. 2417/2020
Ud. 09/05/2024 CC
INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che
la rappresenta e difende
-controricorrente –
REGIONE CALABRIA
-intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello Catanzaro n. 868/2019 depositata il 21/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 09/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 868/2019, pubblicata in data 21 giugno 2019, la Corte d’appello di Catanzaro, nella regolare costituzione dell’appellata e appellante incidentale RAGIONE_SOCIALE e nella contumacia dell’altra appellata REGIONE CALABRIA, ha parzialmente accolto l’appello principale proposto da NOME COGNOME e totalmente accolto l’appello incidentale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme n. 28/2018 del 25 gennaio 2018.
NOME COGNOME, infatti, aveva convenuto sia la RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE sia la REGIONE CALABRIA, riferendo di avere lavorato per l’ufficio del Commissario delegato all’emergenza ambientale nel settore rifiuti urbani nel territorio calabrese, partecipando ad un gruppo di lavoro per l’elaborazione di un piano di raccolta differenziata.
nonché contro
Aveva quindi chiesto riconoscersi il proprio diritto a conseguire l’incentivo ex art. 18, Legge n. 109/1994, agendo, in via subordinata, ex art. 2041 c.c.
La Corte territoriale, da un lato, ha escluso la legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro lato, ha ritenuto infondata la domanda formulata nei confronti della REGIONE CALABRIA, argomentando che:
-l’art. 18 della Legge n. 109/1994, nella versione vigente ratione temporis prevedeva che la ripartizione dei compensi per il personale interno avvenisse sulla base di modalità e criteri previsti in sede di contrattazione collettiva e, successivamente, recepiti anche in un regolamento dell’amministrazione, essendo peraltro necessari a la regolamentazione pattizia dei compensi accessori, essendo peraltro posta la regola inderogabile del D. Lgs. n. 165/2001 secondo cui il trattamento accessorio dei pubblici dipendenti è definito dai contratti collettivi , mentre invece l’appellante non aveva allegato e provato né i criteri fissati dalla contrattazione collettiva né la sussistenza di regolamenti amministrativi che fossero strettamente connessi a detta contrattazione collettiva;
-tali carenze si riflettevano anche sulla domanda subordinata ex art. 2041 c.c., non potendo quest’ultima essere accolta una volta che la domanda principale era stata disattesa per carenze probatorie;
-l’insussistenza del diritto all’incentivo ex art. 18, Legge n. 109/1994 derivava ulteriormente dal fatto che l’attività dedotta dal ricorrente concerneva un contratto di fornitura o servizi, senza che fosse stato allegato che detti contratti
comprendevano lavori con un rilievo superiore al 50% come previsto dall’art. 2, comma 1, Legge n. 109/1994.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catanzaro ricorre NOME COGNOME.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE DEI RAGIONE_SOCIALE.
È rimasta intimata REGIONE CALABRIA.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo, il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la ‘violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale avrebbe rilevato d’ufficio circostanze che non erano state contestate dalla REGIONE CALABRIA nel corso del giudizio di prime cure, deducendo in particolare che il regolamento per la ripartizione dei compensi per il personale interno è stato invece approvato, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello.
Il ricorso è inammissibile.
Occorre rammentare che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito, con la conseguenza che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c.,
sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 12355 del 2020; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11603 del 14/05/2018; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 6519 del 06/03/2019; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19959 del 22/09/2014).
Nel caso in esame la formulazione del ricorso è tale da non consentire di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, non permettendo o comunque rendendo difficoltosa l’individuazione delle questioni sollevate (Cass. 17 marzo 2017, n. 7009; Cass. 23 ottobre 2018, n. 26790; Cass. 9 dicembre 2021, n. 39169), del resto neppure articolate in conformità alle prescrizioni, a pena di inammissibilità dell’art. 366 c.p .c.
Le censure contenute nel ricorso -la cui rubrica, peraltro, omette persino di individuare le norme che si assume essere state violate dalla decisione impugnata -oscillano disorganicamente da deduzioni di error in iudicando a doglianze circa la ricorrenza di un error in procedendo , senza peraltro riprodurre il tenore letterale degli atti di causa od operare la necessaria localizzazione dei medesimi, in tal modo omettendo di rispettare il principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c .
Ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso è costituita dal fatto che lo stesso in ogni caso non si confronta con la prima ratio decidendi della decisione impugnata.
Quest’ultima, infatti, ha disatteso la domanda dell’odierno ricorrente rilevando, da un lato, che quest’ultimo non aveva né allegato né provato l’avvenuta fissazione dei criteri di quantificazione del compenso ad opera della contrattazione collettiva e, dall’altro lato, che
fossero stati adottati gli atti regolamentari per le modalità di erogazione del compenso previsto dall’art. 18, Legge n. 109/1994 che le amministrazioni sono chiamate ad emanare.
Ratio , quest’ultima, che non viene investita adeguatamente, limitandosi il ricorrente ad invocare -nelle non perspicue deduzioni -l’applicabilità al riguardo del principio di non contestazione, omettendo, tuttavia, di considerare che detto principio non può operare in relazione alle carenze assertive della parte sui fatti costitutivi della domanda, essendo onere del convenuto contestare i soli fatti che siano stati allegati e non quelli neppure dedotti.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE (nei cui confronti il ricorrente ha riproposto tutte le domande – v. pagg. 30 e 31 del ricorso – senza censurare il dichiarato difetto di legittimazione passiva e senza prospettare una notifica del ricorso avvenuta a mero fine di denuntiatio litis ) delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Nessuna statuizione in punto spese deve essere adottata per la REGIONE CALABRIA, rimasta intimata.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 6.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 9 maggio