Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14938 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14938 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
sul ricorso 20241/2021 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimati – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di PERUGIA n. 54/2021 depositata il 28/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/04/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre con tre motivi, seguiti da memoria -a cui non hanno inteso replicare gli intimati che non hanno svolto attività processuale -contro l’epigrafata sentenza con la quale la Corte di appello di Perugia -pronunciando sul gravame proposto dal medesimo avverso il rigetto in primo grado delle istanze di condanna promosse in danno della RAGIONE_SOCIALE e dei suoi amministratori per aver posto all’incasso assegni bancari rilasciati alla RAGIONE_SOCIALE a garanzia di un saldo ancora dovuto e per ciò che ne era disceso in proprio pregiudizio a seguito dell’istanza di fallimento ha riformato la decisione impugnata nel capo in cui aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva degli amministratori della convenuta, osservando, tuttavia, che da ciò non conseguiva la rimessione della causa al primo giudice a mente dell’art. 354 cod. proc. civ. «in quanto in realtà il giudizio di primo grado si è svolto anche nei loro confronti»; e l’ha invece confermata nel capo di merito, non solo perché il difetto di un interesse meritevole di tutela, che aveva indotto il primo giudice a disconoscere la liceità del rilascio in garanzia degli assegni, non era stato fatto oggetto di gravame, sì che ciò «comporterebbe già di per sé il passaggio in giudicato della sentenza in punto di merito», ma perché «i danni lamentati dall’attuale appellante sono stati cagionati comunque dalla procedura», che, benché apertasi a fronte dell’istanza della COGNOME, traeva tuttavia giustificazione della dichiarazione di fallimento pronunciata dal Tribunale a tutela dei creditori e del mercato».
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -con cui si censura la decisione di appello per violazione degli artt. 132 e 354 cod. proc. civ. poiché, contrariamente a quanto in essa affermato, gli amministratori della COGNOME erano stati estromessi dal giudizio con ordinanza in data
25.1.2018 quando la causa era ancora nella fase iniziale e si sarebbero potuti ancora chiedere i termini istruttori di cui all’art. 183 cod. proc. civ. e perché, in ogni caso, la mancata remissione della causa al primo giudice risultava immotivata -è inammissibile in quanto la formulata censura, ad onta delle contestazioni che vi sono contenute, urta contro l’autorità del giudicato seguito alla declaratoria operata dal primo giudice.
4. Esaminando, per vero, l’incarto processuale -alla cui disamina il collegio è abilitato in ragione del vizio denunciato -si legge nella sentenza di primo grado che «con ordinanza del 25.01.2018 il sottoscritto, a seguito della presa di possesso di funzioni presso l’intestato Tribunale in data 03.11.2017, dichiarava il difetto di legittimazione passiva di COGNOME NOME e COGNOME NOME, rimettendo le parti all’udienza del 19.06.2018 per la precisazione delle conclusioni ex art. 281 sexies c.p.c.». Ora è evidente, insieme all’improprietà di linguaggio che infirma la sentenza di appello laddove utilizza, per sintetizzare questo snodo processuale, la parola «estromesso», che l’ordinanza adottata dal Tribunale il 25.1.2018, poiché chiude il processo nei confronti degli amministratori della COGNOME, dell’ordinanza -ossia del provvedimento che ha funzione interlocutoria e chiude al più un incidente processuale, ma «senza definire il giudizio» -ha solo la forma, ma se si guarda alla definitività di quanto da essa deciso assume la più concreta sostanza della sentenza. E’ noto, infatti, che i provvedimenti che, ai sensi dell’art. 279 cod. proc. civ., contengono una statuizione di natura decisoria (sulla giurisdizione, sulla competenza, ovvero su questioni pregiudiziali del processo o preliminari di merito) anche quando non definiscono il giudizio, ancorché qualificati ordinanza, vanno considerati sentenze non definitive, con la conseguenza che la statuizione ivi contenuta non può essere, neppure implicitamente,
revocata o modificata dalla sentenza (definitiva), atteso che il frazionamento della decisione comporta l’esaurimento del potere giurisdizionale per la parte della controversia decisa con la sentenza interlocutoria, ancorché avente forma di ordinanza (Cass., Sez. IV, 4/02/2005, n. 2237). Non definendo, perciò, l’intero giudizio, l’ordinanza-sentenza pronunciata nell’occasione identifica più esattamente una sentenza non definitiva secondo la definizione che di essa si trova nell’art. 279, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., di talché, ove se ne fosse voluta impugnare la statuizione, sarebbe stato necessario impugnarla nei termini di cui all’art. 327 cod. proc. civ. ovvero, qualora si fosse voluto differirne l’appello per poterla appellare insieme alla sentenza definitiva, formalizzare la riserva di cui all’art. 340 cod. proc. civ. Poiché nella specie avverso la predetta ordinanza 25.1.2018 non è stato formalizzato né l’appello immediato -né può ritenersi che essa sia stata appellata con l’appello avverso la sentenza definitiva, atteso che questo, avuto riguardo ai termini di notifica, sarebbe tardivo -, né consta che nella prima udienza successiva alla sua pronuncia sia stata fatta la riserva di cui all’art. 340 cod. proc. civ., ne risulta per forza di legge il suo passaggio in giudicato, onde la doglianza esternata con il motivo non è scrutinabile in quanto sulla statuizione oggetto di ricorso è scesa appunto l’autorità del giudicato.
4. Il secondo motivo di ricorso -con cui si censura la decisione di appello per vizio di motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 96, comma 2, cod. proc. civ per non avere la sentenza impugnata correttamente applicato i principi che regolano il risarcimento del danno causato dal proponente l’istanza di fallimento e per aver omesso l’esame di un fatto decisivo consistente nel non aver tenuto conto dell’inganno fraudolento posto in essere dai convenuti omettendo di rappresentare che gli assegni erano stati
rilasciati in garanzia -ed il terzo motivo di ricorso -con cui si censura la decisione di appello per vizio di motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 132 cod. proc. civ. per aver omesso la motivazione su un punto decisivo della controversia in quanto il decidente non avrebbe spiegato le ragioni ed «i fondamenti giuridici» che l’hanno condotto alla conclusione in critica -esaminabili congiuntamente, in quanto involgenti il medesimo capo della decisione impugnata, sono entrambi inammissibili in quanto non esauriscono la totalità delle rationes decidendi enunciate dal decidente a presidio di quanto deciso.
5. Per vero, la Corte di appello, respingendo nel merito la domanda attrice, oltre all’argomento in critica, ha fatto anche osservare -richiamando le motivazioni impiegate dal Tribunale, che, per dar conto del rigetto in quella sede della domanda, aveva posto l’accento sul fatto che, avendo l’assegno funzione di pagamento, la convenzione che ne faceva uno strumento di garanzia era contra legem e non era dunque meritevole di tutela -che «quanto alla mancanza di un interesse meritevole di tutela in capo al sig. COGNOME Mauro al rispetto dell’asserito patto di consegna, soltanto in garanzia degli assegni, posto dal tribunale a fondamento della propria decisione nel respingere la domanda, va osservato che l’appellante non ha in realtà svolto nell’atto di appello alcun motivo specifico, il che comporterebbe già di per sé passato giudicato nella sentenza il punto di merito».
L’affermazione in parola, che vale di per sé sola a rendere inconfutabile il decisum non è stata fatta qui oggetto di ricorso, sì che la contestazione svolta con entrambi i motivi non essendo, anche se fondata, idonea a privare la decisione impugnata del citato fondamento, rende palese, per quanto più volte affermato da questa Corte ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 18/09/2006, n. 20118) il difetto di
interesse dell’impugnante, con la conseguenza che ne va per questo dichiarata l’inammissibilità.
La ratio decidendi è la legittimità del fallimento e tale motivo portante della decisione esclude l’apparenza della motivazione.
Il ricorso, va dunque, dichiarato inammissibile.
Nulla spese in difetto di costituzione avversaria.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 23 aprile 2025
Il Presidente
Dott. NOME COGNOME