Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 5375 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 5375 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
sul ricorso iscritto al n. r.g. 11663-2024 proposto da:
PROVINCIA DI TERAMO, in persona del Presidente della Provincia pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso le sentenze del CONSIGLIO DI STATO n. 10010/2023, depositata il 22/11/2023 e n.3517/2019, depositata il 28 maggio 2019;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale conclude per il dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; in subordine il rigetto.
FATTI di CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, per brevità, ASPI) , in persona del legale rappresentante pro tempore , propose ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo per la Regione Abruzzo per l’annullamento del verbale di accertamento e contestazione n.10/2018 del 19.2.2018, emesso dalla Provincia di Teramo con il quale l’Amministrazione aveva accertato l’occupazi one da parte della Società, senza il relativo atto di concessione rilasciato dalla Provincia di Teramo, e quindi, abusivamente e senza avere neppure corrisposto il relativo canone di occupazione di suolo pubblico nell’importo dovuto per l’anno 2013 , dello spazio sovrastante la strada provinciale ivi specificata, attuata con struttura sopraelevata costituita da un pontone autostradale.
In particolare, la Provincia di Teramo contestò all’ASPI la violazione prevista e sanzionata dall’art.63, comma 2, lett. G bis del d.lgs. 15.12.1997 n.446 e dall’art. 50, comma 1, del Regolamento provinciale approvato con D.C.P. n.17 del 15.3.2011; tale atto costituiva presupposto per l’irrogazione della sanzione pecuniaria, pari al doppio del canone dovuto ma anche per le facoltative misure ripristinatorie.
Il Tribunale Amministrativo per la Regione Abruzzo, con sentenza n.281/2018 del 2 luglio 2018, sull’eccezione svolta dalla Provincia di Teramo , dichiarò il difetto di giurisdizione in favore del Giudice ordinario sull’argomentato assunto che il verbale impugnato fosse esclusivamente prodromico alla irrogazione della sanzione pecuniaria (come tale rimessa alla cognizione del giudice ordinario) e che il potere sanzionatorio in funzione ripristinatoria non fosse stato né esercitato né, comechessia, preannunziato.
La decisione venne appellata dall’ASPI innanzi al Consiglio di Stato il quale, con sentenza n.3517/2019, pubblicata il 28 maggio 2019, disposta la riunione
degli appelli avverso analoghe decisioni assunte dal TAR tra le parti, aventi a oggetto analoghi verbali di accertamento e contestazione (ognuno per le singole strade provinciali interessate dalla sopraelevazione del tratto autostradale) affermò la giurisdizione del giudice amministrativo e, pertanto, rimise, ai sensi dell’art.105, comma 1, c. p. a., la causa al primo giudice, ossia al T.A.R. AbruzzoL’Aquila.
Il Consiglio di Stato -premesso che la natura della violazione contestata era stata individuata, nel corpo dei verbali di accertamento e contestazione impugnati, in termini di occupazione senza il relativo atto di concessione e, quindi, abusivamente, del suolo pubblico provinciale mediante pontone autostradale in (concorrente) violazione dell’obbligo di corrispondere il relativo canone e che tale contestazione trovava fondamento nell’art. 50 del regolamento COSAP della Provincia di Teramo- rilevava che tale norma operava una distinzione tra due fattispecie distinte: la mera occupazione sine titulo di suolo pubblico (che legittima l’irrogazione di sanzioni pecuniarie) e l’installazione abusiva di manufatti per la quale si prospetta(va), in virtù di un potere di carattere discrezionale, l’adozione di misure ripristinatorie e di misure sanzionatorie (concorrenti o alternative).
Secondo il Consiglio di Stato l’attitudine dell’accertamento del carattere abusivo dell’occupazione di suolo pubblico a legittimare l’adozione delle consequenziali misure sanzionatorie andava apprezzata in astratto e non in concreto con la conseguenza che, nel caso in esame, la astratta prefigurazione in forza della normativa applicata di un cumulo alternativo di sanzioni, correlato alla contestazione di abusività dell’occupazione, accompagnata dalla non titolata installazione di manufatti, era idoneo ad attivare la giurisdizione del giudice amministrativo.
Il T.A.R., innanzi al quale veniva riassunta la causa da parte di ASPI, con sentenza n.551 del 29 gennaio 2020, rigettò nel merito il ricorso della Società, ritenendo infondate le censure dalla stessa sollevate e rilevando, in particolare, come non potesse applicarsi alla società concessionaria della gestione delle autostrade l’esenzione prevista per le occupazioni effettuate dallo Stato; rigettò l’eccezione di sopravvenuta improcedibilità e inammissibilità del ri corso
sollevata dalla Provincia per essere stata nel frattempo emessa un’ordinanza ingiunzione che non era stata opposta ma, anzi, eseguita da ASPI.
La decisione, appellata da entrambe le parti, è stata riformata dal Consiglio di Stato, Sez. Quinta, il quale, con sentenza n. 10010/2023, pubblicata il 22 novembre 2023, ha accolto l’impugnazione principale proposta da ASPI e rigettato quella incidentale proposta dalla Provincia di Teramo.
In particolare, il C.d.S. ha rigettato l’appello incidentale rilevando che la lesività del verbale di accertamento e contestazione impugnato in primo grado (e correlativamente dell’interesse ad agire) era già stata accertata con la sentenza del Consiglio di Stato n.3517/2019 e che, in ogni caso, la perdurante lesività di tale provvedimento amministrativo rilevava anche perché era con detto provvedimento che era stata accertata -in modo definitivo- la presunta abusività dell’occupazione di porzioni del de manio provinciale ad opera del concessionario autostradale. Con riferimento all’impugnazione principale , il Giudice amministrativo di appello stabiliva che l’occupazione effettuata da un concessionario autostradale, tramite l’infrastruttura assentita con concessione statale, esulava dall’ambito di applicazione del regime di occupazione di suolo pubblico degli enti locali, per carenza dei presupposti, posto che il canone non poteva gravare un bene del demanio statale, per di più realizzato per evidenti finalità di interesse nazionale.
Il Consiglio di Stato, quindi, dichiarava illegittimo il verbale di accertamento e contestazione impugnato da ASPI accogliendo in riforma della sentenza impugnata il ricorso originariamente proposto da Autostrade per l’Italia s.p.a.
Avverso la sentenza la Provincia di Teramo, in persona del Presidente pro tempore , ha proposto ricorso, articolando tre motivi.
L’ Autostrade per l’Italia RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Il ricorso è stato avviato, ai sensi dell’art.380 bis. 1 cod. proc. civ. alla trattazione in camera di consiglio, in prossimità della quale il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha depositato le sue
conclusioni chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile o, in subordine, rigettarlo.
La Provincia di Teramo ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo – rubricato: difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, avendo la controversia ad oggetto una sanzione amministrativa pecuniaria: in coerenza con quanto disposto dall’art.63 del d.lgs. n.446/1997, l’art.50, comma 1, del Regolamento provinciale COSAP prevede il potere della Provincia di irrogare esclusivamente una sanzione pecuniaria, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario -la ricorrente deduce l’errore perpetrato dal Consiglio di Stato (con la sentenza n. 3517/2019) nell’afferm are la propria giurisdizione, prefigurando la sussistenza in capo alla Provincia di un potere sanzionatorio di natura ripristinatoria che, invece, né la legge né, di conseguenza, il suo Regolamento le attribuiscono. In particolare, la Provincia lamenta il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo avendo la controversia a oggetto una tipica sanzione amministrativa pecuniaria.
Con il secondo motivo di ricorso -rubricato: Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario anche in ragione della natura accessoria della misura della rimozione delle installazione abusive, comunque prevista in altre fattispecie e non applicabile al caso di speciesi deduce l’erroneità dell’affermata giurisdizione in capo al giudice amministrativo anche in considerazione della natura accessoria, in forza della espressa qualificazione ad essa attribuita dal legislatore ( cfr. art.20, comma 5, del Codice della strada) della sanzione ripristinatoria della rimozione delle installazioni abusive, prevista per altre fattispecie e non applicabile al caso di specie, trattandosi di un’occupazione di soprasuolo e non del suolo stradale
Con il terzo motivo -rubricato: Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in materia di canoni di occupazione di spazi ed aree pubbliche. Eccesso di potere giurisdizionale – la ricorrente censura la sentenza n.10010/2023 laddove il
Consiglio di Stato, decidendo la controversia nel merito, aveva non solo annullato il verbale di accertamento ma anche statuito che nessun canone (o altro corrispettivo) sarà reciprocamente dovuto dalle parti in causa .
In particolare, si lamenta difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario in materia di canoni di occupazione di spazi e aree pubbliche, avendo tale canone natura di entrata patrimoniale. Si deduce poi, un eccesso di potere giurisdizionale con invasione della sfera del legislatore laddove il Consiglio di Stato, con la citata sentenza, nello stabilire la non debenza dei canoni o altri corrispettivi da parte di una impresa di gestione di autostrade avrebbe creato una normativa di esenzione dal COSAP non reperibile nell’ordinamento.
La controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso sotto un duplice profilo:
tardività perché le eventuali impugnazioni, per motivi attinenti alla giurisdizione, avverso la sentenza del Consiglio di Stato n.3517 del 2019, pubblicata il 28 maggio 2019, avrebbero dovuto essere proposte, al più tardi, entro il 28 dicembre 2019;
per non essere stati impugnati tutti i capi della sentenza del Consiglio di Stato n.3517/2019 che avevano statuito circa la sussistenza della giurisdizione amministrativa, e, in particolare, sulla statuizione che aveva ritenuto sussistente tale giurisdizione anche in ragione della domanda formulata in giudizio da RAGIONE_SOCIALE riguardante la posizione concessoria nel suo complesso e non una mera pretesa patrimoniale.
Nel merito rileva l’infondatezza dei primi due motivi di ricorso e l’inammissibilità del terzo laddove si deduce un eccesso di potere giurisdizionale con invasione sia dell’ambito della giurisdizione riservata al giudice ordinario sia della sfera riservata al legislatore.
Va, da prima, esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, sollevata dalla controricorrente, con riferimento alle statuizioni relative alla giurisdizione amministrativa contenute nella sentenza del Consiglio di Stato n.3517/2019, pubblicata il 28 maggio 2019, in quanto l’eventuale
impugnazione avrebbe dovuto essere proposta al più tardi entro il 28 dicembre 2019.
Rassegna la controricorrente che la Provincia, come dalla stessa esposto in ricorso, avrebbe ritenuto ammissibile l’impugnazione della prima sentenza resa dal Consiglio di Stato (che, riformando la decisione del TAR declinatoria della giurisdizione in favore del giudice ordinario, aveva dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo e rimesso la causa al primo giudice) unitamente alla sentenza n. 10010/2023 resa dal Consiglio di Stato a conclusione del giudizio di merito, in ossequio al dettato di cui all’art.360, comma 3, c.p.c. , come interpretato dalla costante giurisprudenza di questa Corte (v., ex multis, Cass., Sez. U., n.10937/2017; id n.2688/2013; id n. 2588/2012, id n.23891/2010), laddove la prima sentenza del Consiglio di Stato (n.3517/2019) era, invece, una sentenza definitiva con la conseguenza che la sua mancata tempestiva impugnazione ne aveva determinato il passaggio in giudicato.
5.1. Appare d’uopo rammentare che, a fronte del precedente orientamento (invocato dalla Provincia alla pag. 9 del ricorso per fondare l’ammissibilità dell’impugnazione congiunta delle due decisioni del Consiglio di Stato) il quale affermava, ex art.360, terzo comma, c.p.c., la non immediata impugnabilità, con ricorso per cassazione, della sentenza d’appello che avesse affermato la giurisdizione del giudice ordinario, negata dal giudice di primo grado e rimesso la causa a quest’ultimo (trattandosi di pronunc ia che, decidendo sulla questione pregiudiziale insorta, non era idonea a definire neppure parzialmente il giudizio), la giurisprudenza di questa Corte ha subìto un mutamento a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 25774 del 22/12/2015 così massimata <>.
Nella motivazione della pronuncia citata le Sezioni Unite, tra le sentenze che devono intendersi definitive, ha espressamente ricompreso l’ipotesi della sentenza del giudice di appello che dispone la rimessione al primo giudice perché dichiara la giurisdizione negata in primo grado, in quanto tale pronuncia concludendo il giudizio dinanzi al giudice d’appello, esclude un ulteriore potere decisorio del giudice che l’ha pronunciata, essendo l’unica sentenza di quel grado di processo. Bench é́ risolva esclusivamente una questione e non definisca ancora la lite sostanziale in essere, essa nondimeno consuma ed esaurisce il compito del giudice di appello ponendo fine al giudizio dinanzi a lui.
Tali principi risultano a tutt’oggi seguiti, con orientamento costante, non solo dalle Sezioni semplici ma dalle stesse Sezioni Unite (v. Cass., Sez. U., n. 21194 del 13/09/2017 ; id. n. 10015 del 15/04/2021 e n. 38597 del 6/12/ 2021, entrambe su ricorsi avverso decisione del Consiglio di Stato).
5.2. Gli argomenti spesi, in memoria, dalla ricorrente per disattendere tali principi, rimeditandoli, non appaiono idonei allo scopo dovendosi all’uopo ribadire, conformemente al P.M., che la decisione sulla giurisdizione, l’unica portata davanti al giudice di appello, affermando la giurisdizione stessa e rimettendo le parti davanti al primo giudice, definisce totalmente il giudizio sul gravame che viene così ad essere concluso; di talché non è conferente il richiamo al terzo comma dell’art.360 c.p.c. c he concerne solo le questioni pregiudiziali che non definiscono il giudizio, lasciando aperto lo stesso davanti al giudice pronunciatosi sulle questioni. Intendendosi per giudizio non tutta la materia pendente in causa ma solo quella portata alla cognizione del giudizio di appello (cfr. Cass., Sez. U., n.3556 del 10/02/2017 su ricorso avverso sentenza della Corte dei Conti).
5.3. Né tanto meno può accedersi alla tesi, esposta sempre dalla ricorrente in memoria, che, nel caso in esame, l’ammissibilità dell’impugnazione congiunta delle due decisioni discenderebbe dall’ overrulling posto in essere, dalla citata Cass., Sez. U. n. 25774/2015 per il solo giudizio civile, e con riferimento alle sentenze dei giudici speciali sulla giurisdizione, con la citata sentenza n.38597/2021 solo dal 2021, e quindi, in epoca successiva, alla
scadenza del termine per l’eventuale immediato ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato n.3517/2019.
Invero, il precedente citato dalla ricorrente a conforto, dato da Sez. U. 5 maggio 2017 n. 10937, non è dissonante rispetto ai principi sanciti, sin dal 2015, dalla citata Cass., Sez. U., n.25774/2015 (la quale, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente detta principi di ordine generale e non limitati al solo giudizio civile) ma questi specifica nella particolare ipotesi, cosi individuata nella massima, di sentenza d’appello della Corte dei conti che decida il gravame incidentale relativo alla statuizione affermativa della giurisdizione contabile, confermando la stessa, e non anche l’appello principale sul merito, sospendendo il giudizio su di esso in attesa della definizione di un altro procedimento.
In ogni caso, e peraltro, sono presenti nella giurisprudenza di questa Corte diversi precedenti resi, su sentenze dei giudici speciali in materia di giurisdizione, in epoca antecedente la scadenza del termine per proporre il ricorso immediato quali Cass. Sez. Un. n. n.48 del 17.1.2002 (richiamata da Cass. Sez. U. n. 38597/2021) e Cass. Sez. Un. n.21194 del 13 settembre 2017 (la quale pur citata a conforto nella memoria dalla Provincia ha negato la rimessione in termini e dichiarato tardivo un ricorso proposto sempre avverso sentenza del Consiglio di Stato in tema di giurisdizione).
5.4 Da quanto esposto deriva non solo l’assorbimento della seconda eccezione di inammissibilità formulata dalla controricorrente ma anche, e soprattutto, in conformità alle richieste del P.M., l’inammissibilità dei primi due motivi di ricorso, svolti unicamente avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 3517/2019 ormai passata in cosa giudicata, come peraltro dato atto anche dalla sentenza successiva resa nel 2023 e con la quale il Consiglio di Stato ha deciso nel merito la controversia.
Il terzo motivo di ricorso, come già esposto, censura la sentenza n.10010/2023 nella parte in cui il Consiglio di Stato aveva statuito che nessun canone (o altro corrispettivo) di occupazione sarà reciprocamente dovuto dalle parti in causa. Secondo la prospettazione difensiva il Consiglio di Stato si
sarebbe pronunciato su materia, quali i canoni, demandata al Giudice ordinario e, peraltro, sulla scorta di una normativa di riferimento (non già solamente male interpretata e applicata, ma finanche) non rinvenibile positivamente e dallo stesso giudice spe ciale ‘creata’ , con conseguente eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento.
In altri termini, secondo la prospettazione difensiva il giudice speciale, laddove, delibando la domanda di annullamento dei verbali impugnati aventi ad oggetto sanzioni amministrative, ha, finanche, escluso dall’ambito applicativo del canone COSAP le occupazioni di che trattasi, siccome involgenti secondo l’asserita (e insussistente) normativa di riferimento ‘interessi’ di più ampio rilievo, ha invaso sia l’ambito della giurisdizione riservata al giu dice ordinario (in materia di canoni e altri corrispettivi, oltre che di sanzioni pecuniarie) sia la sfera riservata al legislatore, applicando non la norma esistente ma una norma da lui creata, non rinvenendosi nell’ordinamento disposizioni espresse che e scludano dall’applicazione di tale canone le occupazioni poste in essere per asseriti ‘interessi di più ampio rilievo’.
6.1. Il motivo non è meritevole di accoglimento. Come noto, per la giurisprudenza consolidata di questa Corte <<ai sensi dell'art. 386 c.p.c., la giurisdizione si determina in base all'oggetto della domanda e il significato della disposizione va inteso nel senso che il criterio in base al quale debbono essere regolati i rapporti tra le diverse giurisdizioni è quello del "petitum sostanziale", cioè dello specifico oggetto e della reale natura della controversia, da identificarsi non soltanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della "causa petendi", costituita dal contenuto della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuabile in relazione alla sostanziale protezione accordata, in astratto, dall'ordinamento alla posizione medesima, senza che a tal fine possa assumere rilievo la prospettazione dalla parte (v., ex multis, Cass. civ., S.U., ord. 10 gennaio 2023, n. 362; Cass., S.U., 30 giugno 2022 n. 20852).
Nel caso in esame, la domanda contenuta nel ricorso originario di ASPI, accolta nella sentenza impugnata, tendeva all'annullamento del verbale di accertamento e di contestazione dell'abusività, stante l'assenza di concessione,
dell'occupazione del soprasuolo pubblico ad opera della concessionaria dell'autostrada, quale atto prodromico all'irrogazione da parte della Provincia della sanzione amministrativa pari al doppio del canone di occupazione (di poi irrogata con ordinanza ingiunzione non opposta e, anzi, eseguita da ASPI).
E' pacifico, inoltre, che le domande relative alla non debenza del canone e anche delle sanzioni sono state già proposte innanzi al Giudice ordinario e da questi rigettate, con sentenze che hanno trovato conferma da parte di questa Corte la quale, con plurime pronunce rese tra le parti, ha ribadito la legittimità delle richieste di pagamento del COSAP da parte della Provincia di Teramo non essendo ravvisabile alcuna esenzione nei confronti del soggetto concessionario l'autostrada (cfr. Cass. n.16395 de l 10.06.2021 e, di recente, Cass. n. 20708 del 25 luglio 2024 la quale ha espressamente confutato, ritenendole non pregiudiziali né condivisibili, le argomentazioni spese dal Consiglio di Stato nelle sentenze, di merito, impugnate nel presente giudizio).
6.2. Ciò posto, va rilevato che l 'impugnata sentenza del Consiglio di Stato si è conformata alla domanda come sopra individuata (la cui devoluzione alla giurisdizione al giudice amministrativo è ormai assistita da giudicato, per le ragioni svolte sub 5), rilevando che l'occupazione del soprasuolo non poteva ritenersi abusiva, come contestato nel verbale impugnato, per l'inesistenza giuridica in capo ad ASPI dell'obbligo di munirsi della concessione.
Le affermazioni svolte nella sentenza impugnata in ordine alla non debenza del COSAP appaiono costituire mere conseguenze argomentative della ritenuta inesistenza di tale obbligo. In altri termini, il Giudice amministrativo, una volta negato l'obbligo di m unirsi di concessione per occupare il suolo pubblico mediante i pontoni autostradali e negato, quindi, il carattere abusivo dell'occupazione, ha fatto a ciò conseguire, con mera valenza argomentativa, la non debenza del canone.
6.3 Va, peraltro, osservato che la censura, nei termini in cui è posta, pare adombrare un vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata rispetto al quale il ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione sarebbe comunque, concernendo un error in procedendo , inammissibile.
6.4. Infine, non può, neppure, ritenersi sussistente il denunciato sconfinamento nella sfera di esclusiva prerogativa del legislatore.
Come chiarito, anche di recente, da queste Sezioni Unite ( cfr. Ordinanza n. 18722 del 09/07/2024) <>.
6.5 Nel caso in esame non appare revocabile in dubbio che, lungi dall’esercitare un’attività normativa creativa , il Giudice amministrativo è giunto alla sua decisione attraverso il vaglio e l’interpretazione (la cui correttezza o meno esula dall’ oggetto di questo giudizio) del quadro normativo vigente in materia.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente alla refusione in favore della controricorrente delle spese liquidate come in dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di Cass., Sez. U., 20 febbraio 2020 n. 4315 si d à atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la Provincia di Teramo al pagamento in favore della controricorrente delle spese liquidate in complessivi euro 2.800,00 oltre euro
200 per esborsi, rimborso forfettario delle spese nella misura del 15%, e accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del d.P.R. n.115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025