Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31337 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 31337 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/12/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17015-2023 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata ‘ ex lege ‘ presso il proprio indirizzo di posta elettronica come in atti, rappresentata e difesa da sé medesima, ex art. 86 cod. proc. civ.;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME NOME, domiciliat a ‘ ex lege ‘ presso l’ indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO COGNOME ;
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME, domiciliato ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica dei propri difensori come in atti, rappresentato
Oggetto
OPPOSIZIONE ESECUZIONE
Inammissibilità del ricorso ex art. 366, co. 1, n. 3), c.p.c.
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/06/2025
Adunanza camerale
e difeso da sé medesimo, ex art. 86 cod. proc. civ., nonché dall’ AVV_NOTAIO COGNOME;
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA RAGIONE_SOCIALEP.A.;
– intimati –
Avverso la sentenza n. 77/2023, del Tribunale di Terni, depositata in data 01/02/2023;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale in data 26/06/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 77/23, del 1° febbraio 2023, del Tribunale di Terni, che ha rigettato l’opposizione – dalla stessa proposta ai sensi degli artt. 615, comma 2, e 617, comma 2, cod. proc. civ. avverso il decreto di trasferimento dell’immobile sito nella stessa città , alla INDIRIZZO, adottato all’esito della procedura esecutiva, pendente innanzi a quel Tribunale, avente ad oggetto la quota di 1/6 dell’immobile suddetto, intestato all’odierna ricorrente e proveniente dall’eredità del padre, NOME COGNOME.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente che, nell’ambito di procedura esecutiva immobiliare, instaurata da NOME COGNOME NOME COGNOME, che aveva colpito la quota di 1/6 dell’immobile suddetto, venne incardinato il giudizio di divisione endoesecutiva, conclusosi il quale si procedette – ad onta del dissenso manifestato dalla medesima ricorrente, motivato in
ragione sia dell’esistenza di un diritto di abitazione, sull’immobile pignorato, in favore dell’ulteriore condividente NOME COGNOME (soggetto, peraltro, incapace legalmente), sia della eccepita usucapione maturata dalla medesima COGNOME – alla vendita dell’immobile e all’emissione dell’ordine di trasferimento.
Proposta opposizione avverso tale provvedimento, rigettata l’istanza di revoca, veniva incardinata la fase di merito del giudizio, che si svolgeva nel contraddittorio della creditrice procedente, di uno tra quelli intervenuti nella procedura (la società RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito della Banca Nazionale del Lavoro ) e dell’AVV_NOTAIO, custode e professionista incaricato della vendita.
L’esito della fase di merito consisteva nel rigetto dell’opposizione .
Avverso la sentenza del Tribunale ternano ha proposto ricorso per cassazione la COGNOME, sulla base – come detto – di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, nn. 3), 4) e 5), cod. proc. civ. ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 788, 187 e 161 cod. proc. civ. con conseguente invalidità anche del decreto di trasferimento ‘ .
Assume la ricorrente che dalla ‘sentenza emessa dalla Corte d’appello di Perugia’ e ‘qui impugnata’ emerge che l’eccezione di usucapione, sollevata da essa COGNOME, era stata contrastata dalla COGNOME, la quale, ‘all’atto della costituzione nel giudizio di divisione’, si limitava a rivendicare ‘soltanto un suo diritto di abitazione’.
Orbene, a prescindere dalla fondatezza dell’eccepita usucapione, ‘quel che è certo’ -osserva l’odierna ricorrente -‘è che la medesima Corte d’appello di Perugia ha enucleato e reso
evidente la contestazione esistente tra i condividenti rispetto alla divisione dell’immobile’, avendo la COGNOME ‘eccepito l’esistenza del diritto di abitazione (sia ex art. 1021 cod. civ. sia ex art. 540 cod. civ.)’, contestazione della quale il giudi ce istruttore ‘avrebbe dovuto immediatamente investire il collegio’, senza, invece, emettere l’ordinanza di vendita, che risulta insanabilmente viziata, al pari del decreto di trasferimento.
Tuttavia, ‘nonostante l’acquisizione della citata sentenza della Corte d’appello di Perugia da parte del Giudice a quo ‘, il medesimo – sostiene la ricorrente ‘non sembra averne tratto le invalidanti conseguenze’.
3.2. Il secondo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, nn. 3), 4) e 5), cod. proc. civ. ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 540 e 555, comma 1, cod. proc. civ. con conseguente nullità insanabile anche dell’ordine di trasferimento (malamente emesso in sede endoesecutiva) che individua in modo non corretto le quote trasferite’.
Nell’evidenziare essere ‘indubbia’ la comunione – originata dalla morte del proprio padre – tra di essa, il fratello NOME COGNOME e NOME COGNOME (coniuge, allora superstite, del ‘ de cuius ‘ e madre dell’odierna ricorrente), NOME COGNOME evidenzia ‘di non essere mai stata erede di COGNOME NOME‘, come confermerebbe la circostanza che l’accettazione dell’eredità ‘è stata effettuata dall’AVV_NOTAIO‘, ovvero il custode dell’immobile pignorato, ‘solo nel 2011’.
Ribadisce che, ‘a fronte della contestazione fatta dalla condividente COGNOME‘ circa ‘l’esistenza del diritto di abitazione sull’immobile sottoposto a pignoramento’ (come risultante dalla già citata sentenza d’appello), proprio ‘l’originario pignoramento’ -destinato ad entrare ‘nella fattispecie a formazione progressiva del giudizio endoesecutivo’ -dovrebbe ‘considerarsi nullo’, nullità
‘che si estende al giudizio endoesecutivo nonché all’ordine di trasferimento’,
Avendo, infatti, la COGNOME conseguito – in forza di quello che viene ricostruito come un ‘legato ex lege ‘ – il suddetto diritto di abitazione, su un immobile del quale era ‘già ab origine proprietaria del 50%’, non potrebbe, per effetto della morte del coniuge, ‘essere considerata piena proprietaria dell’ulteriore 1/6 del medesimo immobile posto che il suo diritto reale di abitazione si estende a tutto l’immobile comprimendo altresì la pie na comproprietà degli altri proprietari’. Di conseguenza, essa COGNOME aggi ‘mai avrebbe potuto essere comproprietaria in piena proprietà dell’immobile per la quota di 1/6 essendo semmai titolare della nuda proprietà a seguito della compressione conseguente al diritto di abitazione della madre’.
Orbene, poiché ai sensi dell’art. 555, comma 1, cod. proc. civ. ‘l’atto di pignoramento immobiliare deve individuare i beni e i diritti immobiliari che si intendono sottoporre a pignoramento’, il suddetto diritto di abitazione spettante alla COGNOME ex art. 540 cod. civ. (‘quale legato ex lege senza necessità quindi di trascrizione o accettazione di eredità’) renderebbe ‘non conforme all’originario diritto dell’esecutata’, ovvero l’odierna ricorrente NOME COGNOME, ‘l’originario pignoramento’, avendo esso ‘individuato tale diritto nella piena proprietà di 1/6 dell’immobile’, così consolidando un debito che è stato anch’esso calcolato su tale quota.
La disposta vendita, quindi, ‘da una parte ha vanificato ogni legittima pretesa ereditaria della stessa ricorrente a vedersi attribuita una quota maggiore dell’immobile’ (e ciò ‘per effetto della collazione che forse avrebbe dovuto rientrare a pieno titolo nella divisione endoesecutiva della comunione ereditaria tra COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME‘, quest’ultima, peraltro, deceduta in corso di giudizio, così
‘generando un’ulteriore diversa comunione’); d’altra parte la medesima vendita avrebbe ‘addirittura creato ulteriori debiti per maggiori oneri condominiali inesistenti ab origine , il che sembra collidere con lo scopo stesso di ogni procedura esecutiva’.
3.3. Il terzo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, nn. 3), 4) e 5), cod. proc. civ. ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 586 cod. proc. civ. e 164bis disp. att. cod. proc. civ. con conseguente nullità del procedimento anche per mancato raggiungimento dello scopo tipico della procedura esecutiva e lesione dei principi del giusto p rocesso’.
Lamenta la ricorrente che l’AVV_NOTAIO, custode dell’immobile e poi professionista delegato alla vendita dello stesso, ebbe a presentare – successivamente alla vendita un’istanza nella quale, chiedendo la liquidazione dei propri compensi, ha richiesto, tra l’altro, la restituzione dell’importo di € 262,00, quali spese vive a carico della procedura, evidentemente da lui stesso anticipate.
Si tratterebbe di questione ‘rilevante’, e ciò ‘sia perché evidentemente non sembra ammissibile la commistione di moneta privata nell’ambito dello svolgimento di doveri d’ufficio; sia perché tali somme avrebbero dovuto essere anticipate dal procedente o per lo meno da altro creditore intervenuto; sia, soprattutto, perché non essendo stata mai depositata alcuna relazione, nessuno (soprattutto nessuno dei Giudici che si sono avvicendati) dal 2011 al 2019 ha mai potuto conoscere la questione’.
Si assume, dunque, che ‘la mancanza di terzietà del Pubblico Ufficiale ha viziato l’intero procedimento’, come confermato dal fatto che il procedimento esecutivo ‘ha malamente ed inutilmente compresso i diritti ereditari della scrivente di fatto svendendo (il prezzo di aggiudicazione è stato pari ad €. 123.750,00 (…) un bene immobile originariamente valutato €. 376.942,50 per
distribuire, dopo ben 5 o 6 esperimenti d’asta, solo €. 19.000,00 circa sufficienti a pagare appena le spese della procedura stessa e nessun credito ‘.
Hanno resistito all’avversaria impugnazione, con distinti controricorsi, NOME COGNOME e NOME COGNOME NOME COGNOME, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
Sono rimasti solo intimati gli altri soggetti meglio identificati in epigrafe.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
La ricorrente e il controricorrente COGNOME hanno presentato, ciascuno, memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, deve rilevarsi che il presente ricorso non risulta notificato alla società RAGIONE_SOCIALE, che pure risulta dal provvedimento impugnato (oltre che dalla stessa narrativa contenuta nel ricorso) essere stata parte del giudizio di merito, ponendosi quale contraddittore necessario.
Tuttavia, essendo il ricorso – come si dirà appena di seguito inammissibile, risulta superfluo provvedere all’integrazione del contraddittorio.
Questo Collegio, infatti, reputa di dover dare continuità all’affermazione secondo cui ‘ il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un ‘ evidente ragione di inammissibilità del ricorso, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un ‘ attività processuale del tutto ininfluente sull ‘ esito del giudizio ‘ (così, in motivazion e, Cass. Sez. 3, sent. 24 maggio 2013, n. 12995, Rv. 626808-01).
10. Ciò detto, il ricorso è inammissibile.
10.1. Esso, infatti, reca un’illustrazione della vicenda sostanziale e processuale, portata all’esame di questa Corte, tanto oscura, quanto farraginosa: basti considerare, a titolo esemplificativo, che la sentenza della Corte d’appello, dalla quale risulterebbe il diritto di abitazione della COGNOME (e sulla quale vengono basati i motivi primo e secondo di ricorso), viene indicata come ‘sentenza impugnata’, a conferma del le criticità che connotano la stesura de presente atto d’ impugnazione. Il tutto a tacere del fatto che di tale sentenza non viene riprodotto, neppure in via di sintesi, il contenuto.
Al riguardo va rammentato che i difetti di redazione del ricorso non comportano, di per sé, l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., salvo che non si risolvano in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa (nel regime anteriore alla novella di cui al d.lgs. n. 149 del 2022: Cass. Sez. Un., ord. 30 novembre 2021, n. 37552, Rv. 66297101). Tale ultimo è, però, proprio il caso in esame, perché la ricorrente non soddisfa, innanzitutto, l’onere di illustrare i motivi di opposizione proposti sin dalla fase sommaria del relativo giudizio, tanto da far apparire le censure oggetto del presente
ricorso, almeno in parte, come ‘nuove’, specie se poste al confronto con il contenuto della presente sentenza e della ricostruzione che essa opera dei motivi della proposta opposizione. Ciò che impone anche di dare ulteriore seguito al principio secondo cu i ‘ove una determinata questione giuridica -che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare « ex actis » la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa’ (Cass. Sez. 2, ord. 24 gennaio 2019, n. 2038, Rv. 652251-02).
In conclusione, il ricorso non è conforme, come detto, al disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., applicabile, peraltro, nella specie, nel testo novellato dall’art. 3, comma 27, lett. d), n. 1), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149. Ai sensi, infatti, di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 35 del medesimo d.lgs. n. 149 del 2022, le modifiche apportate all’art. 366 cod. proc. civ. ‘hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a dec orrere da tale data’ (nel caso di specie, il ricorso è stato notificato il 29 luglio 2023).
Invero, se già in forza del vecchio testo dell’art. 366, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. (che richiedeva l’esposizione ‘sommaria’ dei fatti della causa), si esigeva una narrativa idonea garantire al giudice di legittimità ‘di avere una chiara e completa co gnizione dei fatti che hanno originato la controversia ed oggetto di impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata’ (Cass. Sez. Un., sent. 18 maggio 2006, n. 11653, Rv. 588760-01), tale
conclusione s’impone, vieppiù, alla luce del nuovo testo della norma, che esige addirittura una ‘chiara’ esposizione, e ciò nella prospettiva della loro essenzialità ‘alla illustrazione dei motivi di ricorso’.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, in relazione alle rispettive attività difensive svolte dai controricorrenti.
A carico della ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso , sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere a NOME COGNOME NOME COGNOME e a NOME COGNOME, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidandole, per la prima, nella misura di € 3.6 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge, nonché, per il secondo, nella misura di € 4 .600,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di cassazione, svoltasi il 26 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME