Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26519 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26519 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19878/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO DEL FABBRICAO IN INDIRIZZO detto ‘V ILLA TUCCI ‘ e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME -controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 794/2024 depositata il 22/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.NOME COGNOME ricorre per la cassazione della sentenza di appello Napoli n.794 del 2024 con la quale è stato dichiarato inammissibile l’appello di essa ricorrente avverso la sentenza del Tribunale di Napoli emessa a conclusione di due giudizi riuniti tra la ricorrente, il condominio di INDIRIZZO Napoli, detto ‘Villa Tucci’, e NOME COGNOME, amministratore del medesimo condominio.
La Corte di Appello ha ravvisato la ragione di inammissibilità nel fatto che l’atto di appello non rispondeva ai requisiti di cui all’art.342 c.p.c. avendo la ricorrente ampiamente dissertato su circostanze relative ad altre controversie, omesso di confrontarsi con le pretese oggetto delle domande nei due giudizi riuniti, omesso di confutare le motivazioni delle sentenza di primo grado;
il Condominio e NOME COGNOME resistono con controricorso;
è stata formulata proposta di definizione della causa, ai sensi dell’art. 380 bis. c.p.c., per inammissibilità del ricorso. La ricorrente ha depositato istanza di decisione;
le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.i tre motivi di ricorso sono così formulati: ‘violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 e 366 c.p.c.’; ‘violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360, n. 3. e n. 4. Violazione di norme di diritto. Violazione della sentenza e del procedimento per omissioni di fatti da esaminarsi d’ufficio’; ‘violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 n. 3. e n. 4. Violazione di norme di diritto. Violazione della sentenza e del procedimento per omissioni di fatti da esaminarsi d’ufficio’.
Questa formulazione è seguita da una confusa esposizione delle vicende di causa, dalla prospettazione di una doglianza per cui la giudice che ha esteso la sentenza avrebbe dovuto astenersi
essendo stata relatrice nel ‘processo di cui alla sentenza n.65/2020 RG 15/16’ -processo e sentenza di cui non v’è traccia nella decisione impugnata, che i soli dati riportati non consentono neppure di identificare e di cui il ricorrente non indica con precisione l’oggetto e le statuizioni – e dalla elencazione di questioni espresse in modo tale da rasentare l’assoluta incomprensibilità essendo comunque certo che nessuna è correlata alla chiara ratio della sentenza impugnata (essere l’appello inammissibile per difetto di specificità ai sensi dell’art. 342 c.p.c.).
Il ricorso è inammissibile giacché esso, per come è formulato, non risponde in nulla ai requisiti di chiarezza, specificità e precisa riferibilità alla decisione impugnata, stabiliti dalla disciplina legale di cui all’articolo 366 cod. proc. civ. ed ormai da tempo focalizzati da una giurisprudenza pacifica e consolidata (tra le molte, Cass. 20870/2024; n.23745/2020; n. 11603/18; n.9570/17), come presupposti imprescindibili per porre questa Corte in condizione di effettuare, con la dovuta efficacia, concentrazione ed immediatezza, il controllo di legittimità ad essa demandato.
In particolare, il ricorso non tiene conto del fatto che ‘nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., giusta il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla RAGIONE_SOCIALE di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione’ (Cass. n.20870/2024).
Né il ricorso tiene conto del fatto che, come statuito (anche) dalle Sezioni Unite della Corte -alla stregua di un consolidato orientamento (v., ex plurimis, Cass., 30 aprile 2020, n. 8425; Cass., 21 marzo 2019, n. 8009) – «ai fini del rispetto dei limiti contenutistici di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità al dovere processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c.; l’inosservanza di tale dovere pregiudica l’intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata e, pertanto, comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ponendosi in contrasto con l’obiettivo del processo, volto ad assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa (art. 24 Cost.), nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (art. 111 Cost., comma 2, e art. 6 CEDU), senza gravare lo Stato e le parti di oneri processuali superflui.» (Cass. Sez. U., 30 novembre 2021, n. 37552);
all’inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese;
poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità del ricorso e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatta applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma;
4. sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio che liquida in €3 .500,00 per compensi professionali, €200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna la parte ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 3 .500,00 in favore dei controricorrenti nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 3 .000,00 in favore della cassa delle ammende.
Visto l’art.13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma 25 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME