Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26950 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26950 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18392/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CAMPOBASSO n. 150/2020 depositata il 12/05/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.- Il RAGIONE_SOCIALE, assumendo di essere titolare di quattro conti correnti presso Banca Monte dei Paschi di Siena, aveva richiesto al Tribunale di Campobasso di dichiarare nulla, per ogni contratto, la clausola contrattuale relativa alla capitalizzazione trimestrale anatocistica degli interessi passivi, alle c.m.s., alle valute e spese di tenuta e chiusura conto, e di accertare di conseguenza l’effettivo saldo debitore. La Banca aveva chiesto il rigetto della domanda.
1.1 La sentenza con cui il Tribunale -all’esito di CTU ha provveduto ad accertare il minor saldo passivo dei conti correnti oggetto di causa dichiarando nulle le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi e di determinazione delle c.m.s. -appellata da Banca MPS -è stata confermata dalla Corte d’Appello di Campobasso che ha osservato:
(a) quanto al motivo d’appello che denunciava « l’arbitraria eliminazione di tutte le spese trimestrali pattuite » senza che l’esclusione delle spese fosse prevista nei quesiti formulati dal giudice, che detti quesiti non erano stati travalicati dall’operato del CTU, al quale il giudice stesso aveva dato incarico (con il quesito 6) di riferire ogni altra circostanza utile all’accertamento dei fatti, e che il Tribunale aveva, comunque, ritenuto infondate le doglianze di parte attrice relative alle spese di tenuta e chiusura conto e alle valute, ritenendo fondate solo quelle riguardanti la capitalizzazione degli interessi e la c.m.s.;
(b) quanto al motivo d’appello con cui RAGIONE_SOCIALE si doleva che il giudice avesse ritenuto illegittimi gli importi addebitati a titolo di c.m.s. prescindendo dalle pattuizioni contrattuali, che il giudice di
prime cure aveva tenuto conto delle pattuizioni di cui alle scritture di stipula dei vari contratti intercorsi tra le parti, ma le aveva ritenute nulle per indeterminabilità dell’oggetto, con motivazione immune da censure e che, in relazione alla contestata quantificazione della somma indebitamente appostata a detto titolo, il CTU aveva allegato i prospetti analitici relativi a detti addebiti, ed il Tribunale aveva correttamente sommato le risultanze relative ai diversi c/c;
(c) quanto al motivo d’appello con cui RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto che i quesiti conferiti al CTU non avessero tenuto conto dei pagamenti solutori e ripristinatori ha osservato, come già il Tribunale, che la questione era priva di rilevanza poiché l’attore non aveva proposto una domanda di ripetizione di indebito e la banca non aveva sollevato eccezione di prescrizione.
3.- Avverso detta sentenza Banca MPS ha presentato ricorso affidandolo a tre motivi di cassazione. Ha resistito, con controricorso il RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE). Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.-Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., degli articoli 112 e 277 c.p.c. « nonché di ogni altra norma e principio in tema di corrispondenza chiesto e pronunciato »; e « contestuale omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 comma1 n. 5 c.p.c .»
2.- Il motivo è inammissibile in entrambe le articolazioni.
2.1Anzitutto la denunciata violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., prospettata, nella seconda parte del motivo con riguardo ad una pretesa omessa pronuncia su una ragione di gravame (riguardante il fatto che il CTU avesse proceduto a calcolare la c.m.s. secondo una periodicità per anno anziché a
trimestre, differente da quella menzionata nei quesiti) si rivela inammissibile perché tale norma -nel testo introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 -riguarda il vizio specifico di omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente le domande o le eccezioni formulate nella causa di merito, ovvero i motivi di appello, sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a questi profili (cfr., ex aliis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 6127 e 2607 del 2024; Cass., SU, n. 23650 del 2022; Cass. nn. 9351, 2195 e 595 del 2022; Cass. nn. 4477 e 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015).
2.2.Parimenti inammissibile, mancando del requisito dell’autosufficienza, è la prima articolazione del motivo che prospetta un error in procedendo in termini di corrispondenza tra chiesto e pronunciato: invero nel denunciare la violazione dell’art. 112 c.p.c. in riferimento a censure che la Corte di merito non avrebbe considerato -riguardanti, secondo l’illustrazione del motivo, l’effettiva esclusione dalla rettifica del saldo di tutte le spese trimestrali pattuite essendo risultata infondata la allegazione attorea di nullità della relativa clausola – la ricorrente avrebbe dovuto non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare lo specifico passaggio dell’atto d’appello in cui dette censure erano state così formulate (tanto più che la sentenza gravata, che dà conto delle ragioni di appello cui risponde, non menziona le specifiche doglianze che la ricorrente afferma non esaminate); in mancanza di dette allegazioni la
censura svolta si risolve nella sollecitazione della Corte di legittimità ad una inammissibile rivalutazione del fatto effettuata dal giudice del merito.
3.Il secondo motivo denuncia ai sensi dell’art. 360 n.3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 23, co.1 e 26, co.2 di cui al d.p.r. n. 600 del 1973, in relazione alle ritenute fiscali dovute alla banca. Osserva la ricorrente, che il CTU avrebbe errato – e così la Corte d’Appello – poiché « nel ricalcolo operato non dovevano computarsi le ritenute fiscali, vertendosi in materia di rettifica del saldo, dovendosi semmai tassarsi gli introiti del correntista in conformità a quanto disposto dalla normativa in epigrafe richiamata» .
3.1- Il motivo è inammissibile poiché la questione non risulta essere mai stata oggetto del giudizio, né è menzionata nel provvedimento impugnato, sicchè il ricorso è privo di autosufficienza perché non rispettoso del principio secondo cui « Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio » (Cass., 9 luglio 2013, n. 17041; Cass., 13 giugno 2018, n. 15430; Cass., 13 agosto 2018, n. 20712).
Il terzo motivo denuncia ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697 c.c. 2033 c.c., in riferimento alla valutazione dei fatti costitutivi posti a fondamento della domanda promossa dalla società attrice, nonché dell’art. 194 c.p.c. in relazione all’arbitraria attività di indagine del CTU che avrebbe sopperito al carente onus probandi della correntista. In particolare ritiene la ricorrente che il CTU abbia, di fatto, travalicato i limiti posti dall’art. 194 c.p.c. poiché il titolare di un conto corrente bancario che agisca per la ripetizione e/o anche solo per l’accertamento di asseriti indebiti (e/o la rettifica di determinate poste) ha l’onere di allegare e provare gli elementi costitutivi dell’azione promossa; mentre nella specie le allegazioni e/o contestazioni generiche dedotte dalla società correntista erano da considerarsi inammissibili e non colmabili con l’attività di indagine compiuta dal CTU e culminata « nella elucubrazione di massime giurisprudenziali cui il Giudice di primo grado e, successivamente la Corte d’Appello, hanno ritenuto implicitamente di aderire senza con ciò porre alcun veto… sulle argomentazioni giuridiche prospettate dal Perito »; in definitiva la CTU non avrebbe potuto essere ammessa ed avrebbe posto rimedio al carente onere di allegazione indagando su questioni non prospettate dalle parti e sulla base di documentazione arbitrariamente acquisita in quanto mai prodotta in corso si causa.
4.1- Anche detto motivo è inammissibile per le ragioni pocanzi dette poiché le censure che la ricorrente muove alla sentenza di secondo grado non risultano essere mai state oggetto del giudizio d’appello, né la ricorrente specifica quale passaggio argomentativo della sentenza gravata sarebbe in contrasto con l’interpretazione o l’applicazione della norma asseritamente violata.
5.- in definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. al pagamento delle spese in favore di RAGIONE_SOCIALE, liquidate nell’importo di euro 7.200,00 cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10.10.2024