Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2628 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2628 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9548/2023 R.G. proposto da : COGNOME, COGNOMERAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in PESARO INDIRIZZO DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in FANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1315/2022 depositata il 17/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. ─ Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’appello di Ancona ha respinto il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la pronuncia resa dal Tribunale di Pesaro con cui quest’ultimo aveva a sua volta rigettato l’opposizione al precetto a questi notificato dalla Cassa di Risparmio di Fano s.p.a. in ragione del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso dallo stesso Tribunale.
2.- La Corte di appello respingeva il gravame osservando che all’esito della fissazione di apposita udienza per la discussione orale della causa ex art. 281 sexies c.p.c. la parte non ha diritto a ottenere un’ulteriore rinvio, avendo peraltro nella specie il Tribunale fissato apposita udienza con termine fino a due giorni prima della stessa per il deposito di memorie regolarmente depositate dagli opponenti, per cui non sussisteva alcuna lesione del diritto di difesa e neanche di un interesse sostanziale; respingeva il motivo di censura fondata sulla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. impropriamente dedotta e ritenuta comunque del tutto infondata (avendo giustamente il Tribunale disatteso le istanze istruttorie relative a prove superflue e inammissibili, dal momento che tutte le eccezioni formulate non potevano essere sollevate in sede di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, ma dovevano essere proposte nell’opposizione al decreto ingiuntivo, compresa quella relativa all’addebito di interessi usurari); reputava priva di fondamento , infine, l’eccezione di carenza di legittimazione ad agire del Credito Valtellinese in ragione di un titolo esecutivo ottenuto dalla Banca Carifano poiché quest’ultima si era fusa per incorporazione nella prima, la quale
aveva in precedenza conferito la procura relativa all’attività di recupero dei crediti alla RAGIONE_SOCIALE, costituitasi nel giudizio di opposizione vertente sul credito che, nelle more del giudizio di appello, era stato ceduto alla società RAGIONE_SOCIALE
3.- La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME e NOME COGNOME con un ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, al quale ha resistito RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito di Credito Valtellinese tramite la mandataria RAGIONE_SOCIALE
4.E’ stata formulata una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c. La difesa di parte ricorrente ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 58 T.U.B. degli articoli 110 e 111 c.p.c. nonché dell’art. 2697 c.c. ovvero « il difetto di titolarità del diritto sostanziale dedotto in giudizio in capo alla società cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE non costituendo l’avviso di cessione dei crediti in blocco pubblicato in Gazzetta Ufficiale referente idoneo a fornire gli specifici e precisi contorni dei crediti inclusi o esclusi da detta cessione e, quindi, a comprovarne la titolarità in capo alla società cessionaria ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 e 5 c.p.c .»; si rileva che l’asserita cessionaria del credito ha l’onere di fornire idonea prova documentale della propria legittimazione sostanziale.
2.- Il secondo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 281 sexies c.p.c. in relazione all’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c. . Viene osservato che in base al cit. art. 281 sexies il giudice, fatte precisare le conclusioni, in presenza dell’istanza di parte, debba necessariamente fissare un’udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione dell’udienza differita.
3.- Il terzo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3
c.p.c. per l’ingiustificato diniego di ammissione di tutte le prove costituende ritualmente e tempestivamente dedotte dagli opponenti.
4.- Il quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 81 c.p.c. per carenza di legittimazione ad agire della banca opposta e dell’art. 83 c.p.c. per carenza di valida procura a sottoscrivere l’atto di precetto, in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c.; osservano i ricorrenti che la Corte d’appello avrebbe acriticamente recepito quanto asserito dal giudice di prime cure circa l’incorporazione di Banca Carifano nella capogruppo Credito Valtellinese prescindendo « dalla corretta ricostruzione del rapporto sostanziale dedotto in giudizio » e, in particolare, dal fatto affermato nell’atto di precetto da Cerved, di agire in giudizio quale procuratrice del Credito Valtellinese senza fornire prova al riguardo non avendo allegato una procura notarile idonea.
5.- Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art 1815 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in quanto il Tribunale avrebbe ritenuto immotivatamente di non tener conto della contestata natura usuraria dei tassi praticati dall’istituto di credito nel corso del rapporto, osservando che davanti al giudice dell’opposizione possono essere fatti valere, in caso di titolo di formazione giudiziale, solo fatti successivi alla formazione del titolo, e la Corte d’appello avrebbe omesso qualsiasi pronunciamento sul correlato motivo di gravame, respingendolo per effetto della dichiarata inammissibilità delle prove articolate a proposito di eccezioni deducibili solo nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, e non anche in quello di opposizione al precetto; in altre parole, la Corte di merito non avrebbe statuito sulla violazione dell’art. 1815 c.c. nonostante detta eccezione fosse proponibile anche avanti al giudice dell’esecuzione.
6.- La proposta ha il tenore che segue.
« Il primo motivo, che deduce il difetto di legittimazione attiva, è inammissibile, in quanto non autosufficiente ex art. 366 c.p.c. e si scontra con gli accertamenti in fatto compiuti dalla sentenza sulla base dei documenti in atti, sia pure sinteticamente ivi illustrati;
il secondo motivo, che deduce nullità della sentenza per non essere stato concesso nel primo grado il rinvio a nuova udienza di discussione ex art. 281-sexies c.p.c., è inammissibile, sia ai sensi dell’art. 366 c.p.c., posto che la deduzione è priva di autosufficienza poiché non essendo stati trascritti o riprodotti i verbali delle pregresse udienze, onde non è possibile verificare il rispetto del principio di seguito esposto; sia ai sensi dell’art. 360 -bis c.p.c., atteso che la corte territoriale ha mostrato di conformarsi al principio da questa Corte enunciato, secondo cui, se l’udienza in cui la causa è stata decisa fosse stata preceduta da altra udienza, secondo una prassi largamente in uso tra i giudici di merito, l’esigenza di evitare le c.d. decisioni a sorpresa, che la previsione del differimento su istanza di parte contenuta nell’art. 281-sexies
comma 1, c.p.c., si propone di tutelare, risulta parimenti salvaguardata in via preventiva (Cass. 10-06-2020, n. 11067; Cass. 24-09-2018, n. 22521);
il terzo motivo, che lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per non avere il Tribunale ammesso le prove in quanto ritenute irrilevanti o superflue, è inammissibile, avendo ampiamente motivato la Corte territoriale sia la condivisione della prima decisione, sia l’esistenza delle ragioni di ininfluenza ed inammissibilità delle prove richieste e della c.t.u., meramente esplorativa, e della istanza ex art. 210 c.p.c., del tutto generica (p.4); onde devono richiamarsi i principi consolidati, secondo cui la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare
la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, e, analogamente, la violazione dell’art. 116 c.p.c. è idonea a integrare il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova; detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcun piuttosto che a altre, essendo tale attività consentita dal paradigma della norma rubricata appunto «della valutazione delle prove» (tra le moltissime, Sez. 3, 28.2.2017, n. 5009; Sez. 2, 14.3.2018, n. 6231); mentre il giudizio sulla necessità ed utilità di fare ricorso a una consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è di regola incensurabile in Cassazione, se il giudice di merito ha motivato adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione (ex multis, Cass. n. 20264/2022;Cass. n. 21904/2020; Cass. n. 11267/2020; Cass. n. 134/2020;Cass. n. 33230/2019; Cass. n. 21563/2019; Cass. n. 20899/2019; Cass. n. 12701/2019; Cass. n. 9896/2019; Cass. n. 25061/2018; Cass. n. 19840/2018; Cass. n. 18137/2018; Cass. n. 14290/2018; Cass. n. 6784/2018; Cass. n. 5492/2018; Cass.n. 5465/2018; Cass. n. 8521/2017; Cass. n. 7472/2017; Cass. n. 25732/2016; Cass. n. 17399/2015; Cass. n. 4853/2007) e, pertanto, la motivazione del diniego può addirittura essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio
unitariamente considerato dal giudice (Cass. n. 22622/2020; Cass. n. 326/2020; Cass. n.6155/2009; ass. n. 15219/2007); né parte ricorrente confuta le ragioni, esposte nella sentenza impugnata, per la ritenuta inammissibilità dell’istanza ex art. 210 c.p.c.;
il quarto motivo, che deduce il difetto di legittimazione attiva e di procura, è inammissibile, avendo correttamente la corte del merito ritenuto la medesima sulla base della successione nel diritto in forza di atti di fusione e di cessione;
-il quinto motivo, che lamenta la violazione dell’art. 1815 c.c. per non avere la corte rilevato l’usura soggettiva quanto al tasso degli interessi, è inammissibile sotto plurimi profili: perché pretenderebbe un riesame del fatto, ed inoltre non coglie e non censura la motivazione della sentenza impugnata, secondo cui le contestazioni sul punto sono rimaste generiche ed aspecifiche ».
7.Il Collegio condivide le conclusioni circa l’inammissibilità dei motivi di cassazione proposti.
7.1 Premesso che col primo motivo si oppone che il credito oggetto del giudizio era compreso nella dedotta cessione e che l’avviso della cessione pubblicato nella Gazzetta Ufficiale era inidoneo a dar prova di ciò, non essendovi -in tesi – individuati i singoli rapporti ceduti né indicati altri e diversi criteri di individuazione dei medesimi come già rilevato nella PDA, non risulta in alcun modo -come era doveroso in conformità a principio di autosufficienza del ricorso di cui all’ art. 366 comma 1 n. 4 e 6 c.p.c.- ove e come la questione fosse stata sottoposta alla Corte d’appello , che di tale aspetto non tratta. Si rammenta pure che ove una società si costituisca in giudizio in sostituzione di altra, della quale assuma essere di essere successore a titolo universale o particolare, è tenuta a dimostrare la propria legittimazione solo ove una delle parti costituite l’abbia contestata (con riferimento al giudizio di appello, Cass. n. 9137/2020, ma già Cass. Sez. U. n.
11650/2006 con riguardo al giudizio di legittimità): parte ricorrente non deduce, però, che una contestazione sia stata sollevata al riguardo.
7.2- Quanto al secondo motivo, si osserva che la PDA è esauriente nel rilevare l’inammissibilità della censura, potendosi solo aggiungere, quale ulteriore motivo di inammissibilità, che il gravame non si confronta con le ragioni della decisione la quale espressamente afferma di non ravvisare alcuna lesione del diritto di difesa e neanche di un interesse sostanziale, avendo gli opponenti odierni ricorrenti – potuto depositare memorie conclusive prima dell’udienza fissata per la discussione orale della causa e non avendo i medesimi neppure in questa sede rappresentato perché, in presenza del riconoscimento di tale facoltà, non sarebbe stato salvaguardato il contraddittorio.
7.3 – Quanto al terzo motivo, la censura è inammissibile per l’assorbente ragione che tutte le questioni sollevate – in relazione alle quali è censurata l’omessa valutazione della prove indicate nelle richieste istruttorie -non erano proponibili in sede di opposizione ex 615 e 617, come già rilevato nella proposta di definizione anticipata, (così pag. 4), onde le prove articolate al riguardo non potevano che risultare irrilevanti.
7.4 – Il quarto motivo, che censura la sentenza gravata a proposito del rigetto dell’eccezione del difetto di legittimazione attiva e di procura, presenta un palese difetto di autosufficienza e tanto impedisce di comprendere perché nella circostanza sarebbe mancata la contemplatio domini ; dopodiché, non può non rilevarsi che la Corte di appello ha accertato che il Credito Valtellinese «aveva conferito la procura di gestione e recupero dei crediti con atto RAGIONE_SOCIALE di Sondrio del 20.4.2025 alla Cerved RAGIONE_SOCIALE.
7.5 – Quanto, infine, al quinto motivo di ricorso che lamenta la violazione dell’art. 1815 c.c. per non avere la Corte d’appello
rilevato l’usura, va ribadito che esso è inammissibile per l’assorbente ragione che non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha reputato l’eccezione relativa inammissibile nel giudizio di opposizione al precetto fondato sul decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (posto che la detta eccezione doveva essere sollevata nel giudizio di cognizione, ovvero nel corso del procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo).
Il ricorso va in conclusione dichiarato inammissibile.
9.- Le spese processuali seguono la soccombenza.
9.1- Considerato che la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ultimo comma a seguito di proposta di inammissibilità, la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 c.p.c., come testualmente previsto dall’art. 380 bis ultimo comma (« Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 »). L’art. 96 terzo comma, a sua volta, così dispone: « In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata» . Il quarto comma aggiunge: « Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000 ».
9.2- Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, si tratta di una disposizione (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 149/2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e
decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione «altresì»). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale) » (Cass. Sez. Un. n.27433/2023, in motivazione).
9.3 – In definitiva, i ricorrenti vanno condannati in solido tra loro, nei confronti della controricorrente al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi dell’art. 96 terzo comma c.p.c. avuto riguardo alla liquidazione dei compensi dovuti alla parte resistente, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende, ex art, 96 quarto comma c.p.c..
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti in solido fra loro, al pagamento, in favore della controricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di euro 7.000,00 in favore della parte controricorrente e dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende. A i sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª