Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8172 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8172 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4580/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
Oggetto: Appello -Art. 342 c.p.c. – Declaratoria inammissibilità – Ricorso per cassazione -Ammissibilità del motivo di censura -Condizioni Contenuto necessario del ricorso – Esame diretto degli atti processuali -Condizioni.
R.G.N. 4580/2021
Ud. 13/03/2025 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 5931/2020 depositata il 27/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 13/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 5931/2020, pubblicata in data 27 novembre 2020, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto da lla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 21052/2013, depositata in data 22 ottobre 2013.
Quest’ultima, a propria volta, aveva accertato in relazione a due rapporti di conto corrente -un debito della società attrice nei confronti della Banca pari ad € 999.675,00.
La Corte d’appello di Roma ha disatteso il gravame, da un lato dichiarandone la inammissibilità ex art. 342 c.p.c. -ritenendo l’appello ‘lacunoso sia nell’individuazione dei motivi (…) sia in quanto si sostanzia in una generica reiterazione degli assunti originari’ -e, dall’altro lato, dichiarandolo infondato nel merito.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE quale incorporante per fusione della RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. erronea dichiarazione d’inammissibilità dell’appello’ .
Viene impugnata la declaratoria complessiva di inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c. argomentando in senso contrario che i motivi di appello erano assistiti da adeguata specificità, sottoponendo a specifica critica le argomentazioni svolte nella sentenza di prime cure.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 117 TUB e art. 1283 c.c. – omessa applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di divieto di anatocismo bancario’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 1853 c.c. in relazione alla denegata compensazione dei saldi contabili tra 1 due c/c n. 1047/14 e n. 909’ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1224 e 1226 c.c. relazione alla domanda di risarcimento del danno’ .
Il ricorso è, nel suo complesso, inammissibile.
2.1. Preliminarmente, devono essere disattese le deduzioni svolte dalla controricorrente in memoria ex art 380bis .1 c.p.c.
Si sostiene, infatti, che, per effetto della cancellazione dal registro delle imprese della società RAGIONE_SOCIALEdetentrice del l’intero capitale sociale della ricorrente RAGIONE_SOCIALE, si sarebbero integrati sia la perdita della capacità di stare in giudizio dell’amministratore della ricorrente medesima sia una serie di cause di
scioglimento di quest’ultima ai sensi dell’art. 2484 c.c., con conseguente integrarsi dell’effetto interruttivo.
Al riguardo, invero, è sufficiente, da un lato, evidenziare l’assenza di specificità delle deduzioni, fondate su mere visure camerali, inidonee a suffragare soprattutto le conclusioni giuridiche cui le deduzioni medesime vorrebbero giungere e, dall’altro lato che al giudizio di cassazione, dominato dall’impulso di ufficio, non sono applicabili le comuni cause interruttive previste dalla legge (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6642 del 13/03/2024; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 26452 del 10/10/2024; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 2625 del 02/02/2018).
2.2. Passando, allora, all’esame del merito, s i deve osservare, in premessa, che, avendo la Corte territoriale adottato una statuizione di inammissibilità del gravame ex art. 342 c.p.c., deve trovare applicazione l’orientamento reiteratamente espresso da questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17004 del 20/08/2015; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 11675 del 16/06/2020; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 27388 del 19/09/2022; Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 32447 del 13/12/2024) -secondo il quale, qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha né l’onere né l’interesse ad impugnare dette argomentazioni, con la conseguenza che, da un lato, è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale e, dall’altro lato, è invece inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui con la stessa si pretenda di sollecitare un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito svolta ad abundantiam nella sentenza gravata, in quanto le
valutazioni spese nel merito del gravame devono ritenersi puramente ipotetiche e virtuali (Sez. L – Ordinanza n. 29529 del 11/10/2022).
Alla luce di tale principio, l’odierna ricorrente, mentre correttamente ha impugnato -con il primo mezzo -la declaratoria di inammissibilità dell’appello, per contro non aveva l’onere di impugnare le argomentazioni spese dalla Corte territoriale in ordine al merito del gravame medesimo, dovendosi anzi dichiarare inammissibili per difetto di interesse gli ulteriori motivi di ricorso.
Ciò in quanto si viene a porre una netta alternativa: ove trovasse accoglimento il primo motivo, la conseguente cassazione della decisione impugnata verrebbe a comportare il rinvio della controversia al giudice d’appello, il quale sarebbe chiamato a nuovam ente valutare il merito delle deduzioni della ricorrente; ove, invece, il primo motivo di ricorso dovesse essere disatteso, la declaratoria di inammissibilità dell’appello verrebbe a travolgere ogni deduzione concernente il merito.
2.3. Il primo motivo di ricorso, tuttavia, è inammissibile.
Il motivo, infatti, risulta inammissibile per carenza di adeguata specificità ex art. 366 c.p.c., essendosi la ricorrente limitata a sintetizzare in termini assolutamente generici il contenuto del proprio appello, omettendo invece di riprodur re quest’ultimo nei suoi passaggi fondamentali o, almeno, di procedere alla sua localizzazione negli atti del giudizio.
Occorre, infatti, ribadire il principio per cui il ricorrente che censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048
del 06/09/2021; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 29495 del 23/12/2020; Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 22880 del 29/09/2017)
La radicale carenza riscontrabile nel ricorso ora in esame viene a precludere anche l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, in quanto è necessariamente all’ammissibilità del motivo di ricorso che viene ad essere subordinato l’esercizio del potere -dovere del giudice di legittimità di accertare la sussistenza del denunciato vizio attraverso l’esame diretto degli atti (Cass. Sez. U – Sentenza n. 20181 del 25/07/2019; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 27368 del 01/12/2020; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15071 del 10/09/2012).
Tale esercizio presuppone, quindi, sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, primo comma, n. 4 e n, 6, c.p.c., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022; ma cfr. anche Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della
contro
ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara il ricorso inammissibile;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 15.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima