Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5663 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5663 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21836/2022 R.G. proposto da:
ESCURSIONI IN AVVENTURA DI NOME COGNOME in persona del titolare, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliata presso il domicilio digitale del medesimo, pec:
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, in ROMA INDIRIZZO
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 802/2022 depositata l’ 08/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, e la RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, con ricorso del 20/9/2010, convennero in giudizio la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE in avventura di NOME COGNOME esponendo che, a seguito di stipulazione di due contratti di locazione relativi a terreni ubicati in agro Limatola (BN) in favore della convenuta, la conduttrice si era resa morosa nel pagamento dei canoni di locazione dal mese di luglio 2009 e responsabile di arbitrarie trasformazioni dello stato dei luoghi. Chiesero pertanto dichiararsi l’intervenuta risoluzione dei contratti per grave inadempimento della convenuta e condannarsi la conduttrice all’immediato rilascio dei terreni oltre che all’immediata restituzione di ulteriore particella abusivamente occupata.
La conduttrice, nel costituirsi in giudizio, contestò le domande, allegò incertezze in ordine sulla destinazione dei terreni e chiese dichiararsi la nullità dei contratti di locazione ex art. 1344 c.c. posti in essere al solo fine di eludere il divieto di inutilizzabilità dei beni, sottoposti a vincolo di recupero ambientale, vertendosi in tema di ‘cava sospesa’ con gli obblighi di risanamento ambientale imposti dalla Regione Campania; chiese altresì, accertata la mala fede dei locatori, la restituzione di una serie di somme indebitamente versate alla locatrice per impossibilità dell’oggetto del contratto.
Il Tribunale accolse le domande, dichiarò risolti di contratti di locazione per fatto e colpa della conduttrice e la condannò al pagamento di somme a titolo di canoni non saldati, rigettando la domanda riconvenzionale proposta dalla medesima.
La soccombente propose appello, con atto di citazione del 21/10/2016, e nel contraddittorio con i locatori, la Corte d’Appello di Napoli, dopo aver sottoposto al contraddittorio delle parti la questione della tempestività dell’appello, trattandosi di materia soggetta al rito speciale locatizio, disposto il mutamento del rito, con sentenza n. 802 dell’8/3/2022, dichiarò inammissibile il gravame perché proposto con rito ordinario e non con rito locatizio, nonostante la causa fosse stata trattata in primo grado con il rito speciale.
Secondo la corte territoriale l’appello era tardivo perché, entro i termini di cui all’art. 327 c.p.c., era stato notificato l’atto di citazione ma non anche depositato il ricorso con iscrizione a ruolo della causa, con ciò determinando una irredimibile tardività dell’impugnazione.
Avverso la sentenza la ditta soccombente propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, cui resistono le parti indicate in epigrafe con congiunto controricorso.
In vista dell’adunanza camerale fissata per la trattazione della causa ai sensi dell’art. 380bis. 1 c.p.c., la parte controricorrente, prendendo atto dell’irrituale proposizione da parte della ricorrente di un ‘controricorso’ al controricorso, ha depositato memoria.
Considerato che:
con l’unico motivo di ricorso – deducente: ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 40 comma 3 c.p.c. 414 e ss. c.p.c. 447 bis c.p.c. 327 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’ – la ricorrente assume che la corte d’appello ha errato nel ritenere che il giudizio fosse stato trattato in primo grado con rito lavoro quando, invece, essendo stata svolta una istruttoria, doveva ritenersi evidente che il giudizio, pur introdotto con ricorso con rito lavoro, era poi stato mutato in rito ordinario con l’ammissione dell’istruttoria.
Il motivo di ricorso è palesemente inammissibile, in quanto, di fronte alla motivazione resa dalla corte partenopea, quella riportata nell’ultima proposizione della pagina 3, sia nelle premesse a pag. 4-5, sia nell’illustrazione del motivo, omette di prendere posizione sulle affermazioni di cui a detta proposizione, cioè sull’essere stato disposto il cambiamento del rito e sull’essere stata decisa la causa in primo grado in un’udienza di discussione, all’esito delle quale veniva letto il dispositivo.
Parte ricorrente si limita ad evocare e produrre il provvedimento emesso in data 24 gennaio 2011, con cui venne disposto ai sensi dell’art. 183 c.p.c., ma nulla dice su che cosa avvenne dopo ed in particolare nulla osserva sull’esistenza di una modifica del rito successiva e, soprattutto, sul modo in cui venne pronunciata la sentenza. Parte ricorrente si astiene dal riferire dello svolgimento
successivo del processo ed anche dal produrre i verbali fino alla decisione per dimostrare che non vi era stato cambiamento del rito.
Il motivo risulta inammissibile, in quanto non si correla alla motivazione.
Viene in rilievo il principio di diritto, ribadito ex multis anche da Sez. Un., n. 7074 del 2017, a suo tempo affermato da Cass. n. 359 del 2005.
Peraltro, ulteriore inammissibilità si potrebbe individuare nel profilo revocatorio per errore di fatto ex art. 395 n. 4 c.p.c. sottesa alla prospettazione che il rito non fu cambiato da quello ordinario (con cui era stato introdotto il giudizio, al contrario di quanto riferisce la sentenza nel ‘fatto’) in quello locativo, di contro all’affermazione opposta della sentenza.
Inammissibile è il ‘controricorso in replica al controricorso avversario’.
Anche le produzioni fatte dalla parte controricorrente con la memoria, fra cui l’ordinanza riservata del 17 settembre 2015, con la quale venne disposto effettivamente il mutamento del rito, sono inammissibili, fermo naturalmente il carattere dirimente dell’esposta ragione di inammissibilità del motivo.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile. La parte ricorrente va condannata al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione che liquida in € 6000 (oltre € 200 per esborsi), più accessori e spese generali al 15 %.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile del 7