Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8279 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8279 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29540/2021 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALEin proprio e quale capofila mandataria dell’omonimo raggruppamento temporaneo di imprese -in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente – contro
Oggetto: pubblico
Appalto
R.G.N. 29540/2021
Ud. 13 febbraio 2025
CC
RAGIONE_SOCIALE LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA , in
persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ope legis in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 2795/2021 depositata il 19/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2795/2021, pubblicata in data 19 aprile 2021, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE in proprio e nella qualità di mandataria dell’omonimo raggruppamento temporaneo di imprese, avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 21270/2017, pubblicata in data 6 novembre 2017.
RAGIONE_SOCIALE aveva agito innanzi il Tribunale capitolino in relazione ad un contratto di distribuzione assistita di prodotti ortofrutticoli presso istituti scolastici, oggetto del bando di gara prot. n. 2778/UM del 12 dicembre 2009, di cui si era resa aggiudicataria.
L’odierna ricorrente aveva in particolare contestato l’applicazione di penali relative: alla mancata/non conforme esecuzione del servizio entro il termine contrattuale; alle misure di accompagnamento; al mancato rispetto della proporzione frutta/ortaggi, oltre a contestare ulteriormente l’applicazione dell’IVA alle penalità, chiedendo quindi di disapplicare o, in subordine, di ridurre le penali medesime, con condanna dell’AGEA alla corresponsione delle somme dovute.
Respinta in primo grado la domanda, la Corte d’appello di Roma ha disatteso il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE, da un lato, ritenendo inammissibili ex art. 342 c.p.c. i motivi di gravame in quanto meramente reiterativi delle originarie argomentazioni della citazione, e, dall’altro lato, dichiarandone la infondatezza in ragione delle argomentazioni sul punto svolte dal giudice di prime cure.
La domanda di riduzione delle penali è stata poi dichiarata inammissibile ex art. 345 c.p.c. in quanto formulata tardivamente solo in sede di gravame.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre RAGIONE_SOCIALE in proprio e nella qualità di mandataria dell’omonimo raggruppamento temporaneo di imprese.
Resiste con controricorso AGEA.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce: ‘Nullità della procedura e della sentenza per Violazione degli art.112 e 342, comma 1 cpc, in relazione all’art. 360 n.4 cpc; Illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.’.
Viene impugnata la declaratoria complessiva di inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c. argomentando in senso contrario che i motivi di appello erano assistiti da adeguata specificità essendosi sottoposte a specifica critica le argomentazioni svolte nella sentenza di prime cure.
Deduce, anzi, la ricorrente, che la prova della specificità dei motivi di appello sarebbe costituita dal fatto che la stessa decisione
della Corte d’appello è poi scesa nel merito delle censure, in tal modo palesandosi anche la contraddittorietà ed illogicità della stessa motivazione della declaratoria di inammissibilità, atteso che la Corte d’Appello è stata in grado di individuare ed es aminare i motivi di appello, implicitamente ritenendoli specifici.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce: ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto in ordine agli artt. 1382 (clausola penale) e 1372 c.c. (efficacia contratto), con riferimento all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.; Violazione di cui all’art. 360 c.p.c. co. 1 n. 5, per omesso esame e stante l’assoluta omessa motivazione con riferimento a fatti decisivi per il giudizio che sono stato oggetto di discussione tra le parti ed oggetto dei punti di impugnazione di seguito riportati, e comunque illogicità e contraddittorietà della motivazione. – Con riferimento all’inammissibilità ex art. 342 c.p.c. del proposto motivo di appello, Nullità della procedura e della sentenza per violazione degli art. 112 e 342, comma 1 cpc, in relazione all’art. 360 n. 4 cpc; Illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.’
In relazione al mancato accoglimento dei motivi di appello concernenti l’applicazione e quantificazione delle penali si argomenta, da un lato, che i motivi di gravame erano specifici e, dall’altro lato, che la decisione della Corte d’appello si sarebbe lim itata a riproporre le argomentazioni del giudice di prime cure, senza procedere ad alcun vaglio specifico.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce: ‘ – Violazione e falsa applicazione di norme di diritto in ordine agli artt. 1 e 15 co.1 n.1 DPR 633/1972 (del DPR n. 633 del 1972), nonché agli artt. 1382, 1241 e 1372 c.c., con riferimento all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.; -Violazione di cui all’art. 360 c. p.c. co. 1 n. 5, per omesso esame, contradditoria ed
illogica motivazione con riferimento a fatti decisivi per il giudizio che sono stato oggetto di discussione tra le parti ed oggetto dei punti di impugnazione di seguito riportati, con riferimento ai motivi di infondatezza dell’appello; – Nullità della procedura e della sentenza per Violazione degli art.112 e 342, comma 1 cpc, in relazione all’art. 360 n.4 cpc; Illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., con riferimento alla declaratoria di inammissibilità ex art. 342 c.p.c. del proposto motivo di appello’
In relazione al mancato accoglimento del motivo di appello concernente la dedotta illegittimità dell’applicazione e rimborso dell’IVA su tutte le penali, vengono formulate le medesime censure articolate con il secondo motivo di ricorso.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce: ‘Nullità della procedura e della sentenza per Violazione degli art.112 e 345 cpc, in relazione all’art. 360 n.4 cpc; in ordine alla dichiarata inammissibilità ex art 345 c.p.c. della domanda in quanto proposta per la prima volta in grado di appello. – Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 1382 e 1384 del codice civile, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.; – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ed omessa ovvero carente motivazione, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.;’
In relazione al mancato accoglimento del motivo di appello concernente la riduzione delle penali ex art. 1384 c.c., si impugna la declaratoria di inammissibilità per tardività ex art. 345 c.p.c. adottata dalla Corte d’appello, argomentando che la domanda d i riduzione può essere proposta per la prima volta in appello e che a tale riduzione il giudice può provvedere anche d’ufficio.
Si ripropongono, poi, le argomentazioni a fondamento della domanda di riduzione.
Il ricorso è, nel suo complesso, inammissibile.
2.1. Si deve osservare, in premessa, che, avendo la Corte territoriale adottato una statuizione di inammissibilità del gravame ex art. 342 c.p.c., deve trovare applicazione l’orientamento -reiteratamente espresso da questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17004 del 20/08/2015; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 11675 del 16/06/2020; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 27388 del 19/09/2022; Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 32447 del 13/12/2024) -secondo il quale, qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare con la conseguenza che, da un lato, è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale e , dall’altro lato, è inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata, in quanto le valutazioni poi spese nel merito del gravame devono ritenersi puramente ipotetiche e virtuali (Sez. L – Ordinanza n. 29529 del 11/10/2022).
Alla luce di tale principio, mentre l’odierna ricorrente correttamente ha impugnato -con il primo mezzo -la declaratoria di inammissibilità dell’appello, per contro non aveva l’onere di impugnare le argomentazioni spese dalla Corte territoriale in ordine al merito del gravame medesimo, dovendosi anzi dichiarare inammissibili per difetto di interesse gli ulteriori motivi di ricorso.
Ciò in quanto si viene a porre una netta alternativa: ove trovasse accoglimento il primo motivo, la conseguente cassazione della
decisione impugnata verrebbe a comportare il rinvio della controversia al giudice d’appello, il quale sarebbe chiamato a nuovamente valutare il merito delle deduzioni della ricorrente; ove, invece, il primo motivo di ricorso dovesse essere disatteso, la declaratoria di inammissibilità dell’appello verrebbe a travolgere ogni deduzione concernente il merito.
2.2. Il primo motivo di ricorso, tuttavia, è inammissibile.
In primo luogo, inammissibile è la denuncia di ‘illogicità e contraddittorietà’ della motivazione, riferita all’art. 360, n. 5, c.p.c.
Questa Corte a Sezioni Unite, infatti, ha chiarito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con Legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile in Cassazione -deducendo il vizio di cui agli artt. 360, n. 4), e 132, secondo comma, n. 4), – c.p.c. solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Nessuna di dette carenze estreme risulta ravvisabile nella motivazione della decisione impugnata, la quale ha evidenziato -in modo sintetico ma chiaro -l’inammissibilità dell’atto di appello per
essere il medesimo reiterativo degli originari assunti dell’odierna ricorrente, peraltro conformandosi pienamente all’orientamento espresso da questa Corte per cui, se non occorre che l’appello venga ad utilizzare particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, è tuttavia necessario che l’impugnazione contenga una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice (Cass. Sez. U – Ordinanza n. 36481 del 13/12/2022; Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. U – Sentenza n. 27199 del 16/11/2017).
Alla luce di questo stesso principio deve ritenersi priva di pregio anche la deduzione concernente la diretta violazione dell’art. 342 c.p.c., in quanto la stessa risulta carente sul piano del rispetto della regola di specificità di cui all’art. 366 c.p.c. , essendosi la ricorrente, anche nella presente sede, limitata a reiterare deduzioni di merito che tuttavia non valgono in alcun modo ad evidenziare che la censura formulata nell’appello non fosse meramente reiterativa, come ritenuto dalla Corte d’appello , avendo la ricorrente riprodotto solo passaggi frammentari del proprio atto di appello.
Tanto vale a rendere anche superfluo l’esame dell’ulteriore doglianza riferita all’art. 112 c.p.c., dovendosi solo rammentare che per integrare detto vizio occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 12652 del 25/06/2020; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15255 del 04/06/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 18491 del 12/07/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21257 del 08/10/2014), ipotesi che si verifica quando il giudice non decida su alcuni capi della
domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte, ovvero pronunci solo nei confronti di alcune parti, e non nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 452 del 14/01/2015), laddove, nella specie, la Corte territoriale ha bensì statuito sulla domanda formulata con l’appello, seppur meramente in rito.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima