Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25912 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25912 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 9652/2024 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e COGNOME RAGIONE_SOCIALE, tutti elettivamente domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato NOME COGNOME giusta procure speciali allegate al ricorso.
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la SENTENZA, n. cron. 6653/2023, depositata dalla CORTE D’APPELLO DI ROMA il 17/10/2023.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 17/09/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con atto ritualmente notificato, RAGIONE_SOCIALE quale debitrice principale, nonché RAGIONE_SOCIALE. di COGNOME NOME e quest’ultimo in proprio , quali garanti, citarono la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. innanzi al Tribunale di Roma per ivi veder accogliere le seguenti conclusioni: « Accertato e dichiarato che la Banca ha proceduto sul conto ad applicazione di tassi usurari, condizioni non contrattualizzate (per assenza dei contratti e del contratto ex art. 1842 c.c.) e pattuite con conseguente applicazione di tassi usurari, spese e commissioni non contrattualizzate, pronunciarsi: a) sulla gratuità della linea di credito, come concessa, e sulla inidoneità ed invalidità del contratto di corrispondenza a regolamentare la linea di credito ad esso appoggiata; b) sulla illegittimità dell’applicata capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e sull’applicazione dei tassi passivi (perché us urari ex art. 644 c.p.c. ed ex L. 108/96 ed ex art. 1815 comma 2 c.c); c) sulla illegittimità dell’applicazione di tassi ultralegali non concordati in costanza di rapporto; d) sulla illegittimità dell’applicazione della commissione di massimo scoperto, perché non concordata, e dei tassi extrafido, applicati ma non concordati, nonché dello ius variandi , dichiarando nulle ed inefficaci le variazioni avvenute in costanza di rapporto e non concordate; accertare e dichiarare che la banca ha pattuito ed applicato tassi usurari per cui a tale titolo nulla è dovuto per tutti i rapporti e, conseguentemente, a mezzo della espletanda CTU, procedere al ricalcolo su base annuale, senza anatocismo alcuno, senza spese e commissioni dal sorgere del rapporto ad oggi e senza interessi ad alcun saggio, al fine di rideterminare i reali saldi conto (dare -avere tra le parti) alla data di citazione e, per l’effetto, con la emananda sentenza ed alla luce delle risultanze dell’espletanda istruttoria, statuire come di giustizia in ordine alla condanna dell’istituto di credito convenuto alla restituzione delle somme indebitamente percepite, con interessi e rivalutazione dalla domanda al saldo previa compensazione tra quanto pagato in eccesso dall’attrice per le causali dedotte in atti e in perizia (salva la gratuità) e quanto asseritamente dovuto alla Banca convenuta, se dovuto; ordinare alla banca convenuta, qualora non vi avesse già provveduto spontaneamente, di effettuare, laddove posta in
essere, la corretta segnalazione del presente procedimento in Centrale dei RAGIONE_SOCIALE sotto la voce ‘stato del rapporto contestato’, ai sensi del 13° e 14° aggiornamento della circolare Banca di Italia 11.02.1991 n. 139 e successive modifiche ed integrazioni; accertare e dichiarare, la liberazione del prestatore di garanzia fideiussoria per un’obbligazione futura ex art. 1956 c.c. In ogni caso, condannare parte convenuta al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, danni morali, all’immagine ed esistenziali nella misura che sarà ritenuta di giustizia ».
Costituitasi la banca convenuta, che contestò le avverse pretese e propose domanda riconvenzionale di accertamento del credito (e relativa condanna al pagamento), l’adito tribunale , con sentenza del 14 febbraio 2018, n. 3350, così dispose: «1) Condanna gli attori, RAGIONE_SOCIALE, API di COGNOME NOME e COGNOME NOME, in solido tra loro, al pagamento della complessiva somma di euro 237.469,25 oltre: a) interessi previsti convenzionalmente dal contratto di conto corrente n. 13186 dal 1 aprile 2015 fino all’effettivo soddisfo sulla somma di euro 166.346,65; 2) interessi al tasso convenzionale previsto dal contratto di finanziamento del 30 settembre 2013 dal 10 aprile 2015 fino all’effettivo soddisfo sulla somma di euro 71.122,60. 2) Condanna gli attori, in solido tra loro, alla refusione, in favore di parte convenuta, delle spese della presente procedura che liquida in complessivi euro 13.430,00 per compensi oltre rimborso forfetario per spese generali al 15% iva e cap come per legge; 3) Pone definitivamente a carico di parte attrice le spese della consulenza tecnica d’ufficio ».
2. Il gravame promosso da RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e NOME COGNOME in proprio avverso quella decisione fu parzialmente accolto dall’adita Corte di appello di Roma, che, con sentenza del 17 ottobre 2023, n. 6653, pronunciata nel contraddittorio con la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a., così dispose: «A ccoglie l’appello per quanto di ragione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata: condanna, in solido, gli appellanti al pagamento della somma di euro 226.225,29 oltre interessi convenzionali quali pattuiti nel contratto di conto corrente n. 13186 dal 1.4.2015 sino al soddisfo sulla somma di euro 166.346,45 ed oltre interessi
convenzionali previsti dal contratto di finanziamento concluso il 30.9.2013 dal 10.4.2015 al soddisfo sull’importo residuo in favore dell’appellata; conferma, nel resto, le statuizioni di merito della sentenza impugnata; condanna in solido gli appellanti al pagamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio in favore dell’appellata che, già compensate per un quarto, si liquidano per ciascun grado in euro 12.000 per onorari oltre spese generali».
Per quanto qui ancora di interesse, quella Corte , tra l’altro, ha ritenuto : i ) inammissibile, per genericità, e, pertanto, contrario al disposto dell’art. 342 cod. proc. civ., il primo motivo di gravame, rimarcando che « La ‘tesi prospettata dal Giudice di prime cure’, non meglio precisata in appello, non si vede in qual modo possa scontrarsi con le norme tempo per tempo vigenti, delle quali il Tribunale ha invece fatto corretta applicazione. Il motivo si rivela, pertanto, generico, mentre nel resto rimanda a giurisprudenza non pertinente, che si è occupata o della capitalizzazione annuale o del solo anatocismo degli interessi debitori »; ii ) infondati il terzo ed il quarto motivo. Ha osservato, in proposito, che « Il c.t.u. non ha rilevato alcun superamento del tasso soglia usurario, utilizzando quale criterio di calcolo le istruzioni di Banca d’Italia (cfr. la pagina 98 della c.t.u.). Dal tenore dei motivi emerge che essi si siano riferiti al contratto di finanziamento. È decisivo osservare (pag. 54 della c.t.u.) quanto segue: l’interesse di mora, pari a 17,0875% è stato in ogni caso previsto in misura pari al tasso soglia antiusura trimestralmente stabilito ai sensi della l. 108/1996, cioè entro una percentua le suscettibile in ogni caso di evitare l’applicazione di tassi usurari; le spese sono specificamente previste in un valore fisso a seconda della natura delle stesse ed esse ricomprendono anche voci di spesa, quale il ‘conteggio di estinzione anticipata’, il quale non rientra in ogni caso nel calcolo dell’usura (cfr. Cass. n. 7352 del 2022). In base alle previsioni contrattuali, quindi, non è possibile individuare una percentuale che si sommi al tasso di mora, contrariamente all’assunto degli appellanti, s econdo i quali il tasso soglia usurario è superato, dovendosi aggiungere una percentuale per spese e commissioni connesse all’erogazione del credito ».
Per la cassazione di questa sentenza RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e NOME COGNOME in proprio hanno proposto ricorso affidandosi a tre motivi. Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. è rimasta solo intimata.
Il 24/26 novembre 2024, il consigliere delegato ha depositato una proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Con istanza del 23/24 dicembre 2024, TRAGIONE_SOCIALE A.RAGIONE_SOCIALE.I. di COGNOME NOME e NOME COGNOME in proprio hanno chiesto la decisione del loro ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della delibera CICR del 09.02.2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », per non aver la corte distrettuale accertato e dichiarato l’omessa pattuizione del TAE nonché l’illegittima applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi ;
II) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 1283, 1284, 1419 c.c. e 117 TUB, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », per non aver la corte capitolina accertato e dichiarata l’illegittimità dell’ammortamento alla francese del finanziamento oggetto di causa;
III) « Violazione dell’art. 91 c.p.c. , in relazione all’art. 360, co mma 1, n. 3, c.p.c. » per aver la Corte condannato gli appellanti alla refusione delle spese di appello nonostante l’accoglimento parziale delle richieste di riforma della sentenza di primo grado.
Va rilevato, innanzitutto, che la menzionata proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. ha il seguente tenore:
« 1. Il primo motivo si rivela inammissibile perché non censura in alcun modo la ritenuta inammissibilità ex art. 342 cod. proc. civ. («Il primo motivo è inammissibile per genericità ed esso è pertanto contrario al disposto dell’art. 342 c.p.c. Il Tribunale, come espressamente riportato nel corpo dell’appello, ha osservato che il contratto di conto corrente era stato concluso il 26.11.2002, in data successiva al d.lgs. 349/1999, nonché alla delibera CICR del 9.2.2000 e che esso riportava la pari periodicità degli interessi debitori e
creditori, cosicché il c.t.u. aveva calcolato l’esatto ammontare del dare/avere tra le parti, computando la capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi sino al 31.12.2013 e senza alcuna capitalizzazione per il periodo successivo. La ‘tesi prospettata dal Giudice di prime cure’, non meglio precisata in appello, non si vede in qual modo possa scontrarsi con le norme tempo per tempo vigenti, delle quali il Tribunale ha invece fatto corretta applicazione. Il motivo si rivela pertanto generico, mentre nel resto rimanda a giurisprudenza non pertinente, che si è occupata o della capitalizzazione annuale o del solo anatocismo degli interessi debitori») del primo motivo di gravame innanzi ad essa formulato dagli odierni ricorrente.
1.1. Giova ricordare, in proposito, che la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello impone alla parte ricorrente per cassazione avverso tale decisione di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene errone a tale statuizione, riportando il contenuto dell’atto di appello nella misura necessaria ad evidenziarne la specificità (cfr. anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 3612 del 2022; Cass. n. 22880 del 2017; Cass. n. 24048 del 2021).
1.2. Nella specie, invece, le argomentazioni sviluppate nella odierna doglianza lamentano, sostanzialmente, la pretesa nullità della capitalizzazione degli interessi operata dalla banca, ma non spiegano perché il motivo, ritenuto aspecifico dalla corte distrettuale, avesse, invece, i requisiti di cui all’art. 342 cod. proc. civ. (nemmeno avendone riportato, sebbene solo nelle sue parti essenziali, il relativo contenuto). È sufficiente ribadire, dunque, che, quando, come fatto dalla corte capitolina nel caso in esame, il giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile uno dei motivi di gravame, ritenendolo privo di specificità, il ricorrente per cassazione contro tale sentenza, ove intenda impedirne il passaggio in giudicato nella parte relativa alla dichiarata inammissibilità, ha l’onere di denunziare l’errore in cui è incorsa la sentenza gravata e di dimostrare che il motivo d’appello, ritenuto non specifico, aveva invece i requisiti richiesti dell’art. 342 cod. proc. civ. (cfr., ex aliis , Cass. n. 18776 del 2023; Cass. n. 21514 del 2019; Cass. n. 9243 del 2004; Cass. n. 2749 del 1995). In altri termini, come
sostanzialmente si desume da Cass. n. 24550 del 2023, nel giudizio di cassazione, il motivo che, a fronte della dichiarazione di sua inammissibilità da parte del giudice del gravame, attinga direttamente il merito, senza censurare l'” error in procedendo ” in cui questi sarebbe incorso, così da rimuovere la ragione in rito che aveva impedito la valutazione nel merito della censura mosse con l’atto di appello, determina l’inammissibilità del motivo di ricorso, derivando da tale omissione il passaggio in giudicato della statuizione di inammissibilità e il conseguente venir meno dell’interesse della parte a far valere in sede di legittimità l’eventuale erroneità delle ulteriori statuizioni, sul punto, della decisione impugnata.
Il secondo motivo di ricorso è infondato per l’affatto dirimente ragione che la recente Cass., SU, n. 15130 del 2024 (alla cui ampia motivazione può qui farsi rinvio ex art. 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ.) ha stabilito che «In tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento “alla francese” di tipo standardizzato tradizionale, la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione composto degli interessi debitori non è causa di nullità parziale del contratto, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto, né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti».
Il terzo motivo, infine, è inammissibile, posto che: i) come si legge, affatto condivisibilmente, in Cass. n. 15697 del 2023, « la denuncia di violazione della norma di cui all’art. 91, comma 1, cod. proc. civ., trova ingresso, in questa sede di legittimità, solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa (cfr ., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 2984 del 2022; Cass. n. 26912 del 2020; Cass. n. 18128 del 2020), e tanto non è dato cogliere dal motivo all’esame»; ii) le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che «l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le
stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, cod. proc. civ.» (cfr. Cass., SU, n. 32061 del 2022), come, peraltro, concretamente avvenuto nella specie, senza che sia qui ulteriormente sindacabile l’enti tà della disposta compensazione ».
Il Collegio reputa affatto condivisibile tali conclusioni, che, pertanto, ribadisce interamente, facendole proprie, altresì evidenziando che le stesse non sono state specificamente confutate dalla parte ricorrente, limitatasi unicamente a chiedere la decisione del ricorso, nemmeno depositando una memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
In conclusione, quindi, l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE. di COGNOME NOME e NOME COGNOME in proprio deve essere respinto, senza necessità di pronuncia quanto alle spese di questo giudizio di legittimità, essendo Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. rimasta solo intimata.
4.1. Alla stregua di quanto sancito, affatto condivisibilmente, dalla qui condivisa giurisprudenza di questa Corte ( cfr., ex aliis , Cass., SU, n. 27195 del 2023; Cass. n 27947 del 2023; Cass. nn. 5243 e 26383 del 2024; Cass. nn. 7385 e 8668 del 2025) -secondo cui, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), nel caso in cui il giudizio in conformità alla proposta, l’omessa costituzione dell’intimato, se da un lato preclude la statuizione ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ. (non ricorrendo una situazione che consenta una pronuncia sulle spese), dall’altro ne impone la condanna al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ., alla stregua dell’autonoma valenza precettiva del richiamo a tale ultima disposizione, contenuto nel citato art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ., che si giustifica in funzione della ratio di disincentivare la richiesta di definizione ordinaria a fronte di una proposta di definizione accelerata
(esigenza che sussiste anche nel caso di mancata costituzione dell’intimato) –RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e NOME COGNOME in proprio vanno condannati, in solido tra loro, al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
4.2. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e NOME COGNOME in proprio e li condanna al pagamento, in solido tra loro, della somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 17 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME