Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3595 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 3595 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/02/2024
R.G.N. 23563/21
U.P. 30/1/2024
Fornitura merci -Pagamento corrispettivo -Disconoscimento sottoscrizione
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 23563/2021) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Cosenza, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ;
-intimata –
avverso l’ordinanza di inammissibilità della Corte d’appello di Bologna rep. n. 1573/2021, depositata il 1° giugno 2021,
comunicata il 4 giugno 2021, nonché la sentenza del Tribunale di Modena n. 689/2020, pubblicata il 16 giugno 2020;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30 gennaio 2024 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME;
sentite le conclusioni rassegnate nel corso dell’udienza pubblica dal P.M., in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del primo motivo, con assorbimento dei rimanenti;
richiamata la precedente ordinanza interlocutoria n. 30738/2022, depositata il 19 ottobre 2022, all’esito della camera di consiglio non partecipata del 13 maggio 2022, di rimessione alla pubblica udienza.
FATTI DI CAUSA
1. –COGNOME NOME spiegava opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 6515/2014, per l’importo di euro 10.206,35, emesso sulla base del rilascio di due assegni, uno bancario e l’altro postale, a cura della RAGIONE_SOCIALE, a titolo di pagamento di una fornitura di merce, e -per l’effetto conveniva, davanti al Tribunale di Modena, la RAGIONE_SOCIALE al fine di sentire pronunciare la revoca del provvedimento monitorio opposto, in ragione della trasformazione della RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE SRAGIONE_SOCIALE.l.
L’opponente negava altresì l’esistenza di qualsiasi rapporto commerciale intrattenuto con la RAGIONE_SOCIALE, disconosceva tutti i documenti prodotti da controparte, contestandone la falsità, e
rilevava di essere stato vittima di una serie di comportamenti truffaldini, con utilizzazione indebita del proprio nome.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale chiedeva il rigetto dell’opposizione, in quanto infondata in fatto e in diritto, eccependo la mancata comunicazione al creditore, mediante raccomandata, della trasformazione della società e sostenendo, comunque, che agli atti vi era riconoscimento di debito a cura del debitore, risultante dagli accordi di dilazione di pagamento.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 689/2020, depositata il 16 giugno 2020, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava COGNOME NOME al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della complessiva somma di euro 10.206,35, oltre interessi dalla domanda al saldo.
Al riguardo, la pronuncia esponeva: – che, pur non potendo essere utilizzati gli assegni posti a fondamento della fase monitoria, alla stregua dell’accertamento della apocrifia delle sottoscrizioni ivi apposte, il credito poteva ritenersi provato sulla scorta dell’allegato riconoscimento di debito e dell’accordo di dilazione di pagamento; – che la trasformazione della società non poteva essere opposta al terzo, in mancanza della dimostrazione di alcuna comunicazione formale di tale trasformazione; – che non era stato contestato il ricevimento della merce da parte del socio accomandatario, che anzi ne aveva ammesso la sussistenza.
2. -Proponeva appello COGNOME NOME, il quale lamentava che erroneamente non si era tenuto conto del disconoscimento di tutti i documenti prodotti da controparte e della proposizione della
querela di falso, né erano state ammesse le richieste istruttorie avanzate.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE, la quale concludeva per la declaratoria di inammissibilità dell’appello e, nel merito, per il suo rigetto.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Bologna, con l’ordinanza di cui in epigrafe, dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione, ai sensi dell’art. 348 -bis c.p.c., vigente ratione temporis , per difetto di una ragionevole probabilità del suo accoglimento.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a ) che il disconoscimento di tutti i documenti prodotti da controparte non poteva essere equiparato ad un efficace disconoscimento, in quanto generico, sicché non poteva ritenersi disconosciuta la sottoscrizione apposta sul prodotto riconoscimento di debito del 13 dicembre 2013; b ) che, inoltre, la e-mail inviata il 29 ottobre 2014 dal legale della società, con cui si manifestava esplicitamente l’intenzione di onorare il debito, attraverso pagamenti rateali, confermava l’esistenza dell’obbligazione; c ) che, in ordine al contestato raggiro perpetrato ai danni del COGNOME, tali circostanze avevano rilevanza nel solo rapporto tra i presunti artefici del raggiro e l’appellante, ma non assumevano pregio nei rapporti con i terzi in buona fede, che avevano contrattato con la società agendo ai fini di far valere il credito maturato nei confronti della società medesima, come da questa riconosciuto, con la conseguente responsabilità del socio accomandatario, qualità che il COGNOME aveva realmente e consapevolmente assunto.
-Avverso l’ordinanza di inammissibilità e la sentenza di primo grado ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, COGNOME NOME.
È rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE
-Con ordinanza interlocutoria n. 30738/2022, depositata il 19 ottobre 2022, all’esito della camera di consiglio non partecipata del 13 maggio 2022, questa Corte ha rimesso la causa alla pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (verso l’ordinanza di inammissibilità) il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 348bis e 348ter c.p.c., per avere la Corte di merito dichiarato l’inammissibilità dell’appello, in mancanza di ragionevole probabilità di essere accolto, dopo aver proceduto alla trattazione della causa, con pregiudizio effettivo e concreto al diritto di difesa.
Obietta l’istante che entrambi i contendenti avevano articolato le proprie richieste istruttorie all’udienza fissata e, in particolare, parte appellante aveva ribadito la propria querela di falso avverso i documenti fondanti la pretesa mentre parte appellata aveva chiesto di poter precisare le conclusioni, contestando le richieste di controparte.
-Con il secondo motivo (verso l’ordinanza di inammissibilità) il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 355 e ss. c.p.c. e dell’art. 222 c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di compiere alcuna indagine preliminare volta
ad accertare l’esistenza o meno dei presupposti giustificativi dell’introduzione in via incidentale del giudizio di falso, già richiesto in primo grado e reiterato in appello, avverso documenti espressamente specificati.
3. -Con il terzo motivo (verso la sentenza di primo grado) il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., l’eccesso di potere, l’illogicità, l’assoluta inesistenza e contraddittorietà della motivazione, con violazione degli artt. 112, 115 e ss. c.p.c. e 111 Cost., l’omesso esame e valutazione di importanti elementi processuali e prove, la violazione di legge per mancato esame dei mezzi di prova documentale e il travisamento degli stessi, con violazione degli artt. 633 e ss. c.p.c., la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, l’erronea condanna alle spese di lite, la mancata statuizione sulle richieste della parte opponente, per avere il Tribunale fatto riferimento ad una consulenza tecnica d’ufficio mai espletata e ad ammissioni di credito mai avvenute, oltre che alla mancata contestazione della fornitura, invece rinnegata in ogni modo, avendo il COGNOME dedotto di non avere mai avuto a che fare con la TRS, nonché facendo riferimento ad eventi processuali inesistenti.
Osserva, ancora, l’istante che la sentenza gravata avrebbe stravolto i principi di diritto che regolano il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo e quelli inerenti alla distribuzione dell’onere probatorio, tanto più che la controparte nulla avrebbe eccepito sulle eccezioni di falsità dell’intera documentazione prodotta, su cui parte opponente non aveva accettato il contraddittorio e aveva proposto querela di falso, se non
attraverso generiche e pre-formulate, quanto giuridicamente inutili, locuzioni.
Aggiunge il ricorrente che la richiesta di rateizzazione del credito sarebbe stata inesistente e assolutamente falsa, sicché sarebbe stata ingiustificata la decisione del giudice di non dare corso al giudizio incidentale di querela di falso e alla richiesta di ammissione della prova per interpello, né il giudice avrebbe potuto, d’ufficio, condannare al pagamento della stessa somma portata nel provvedimento monitorio, all’esito della sua revoca, in violazione dell’art. 112 c.p.c.
4. -Con il quarto motivo (verso la sentenza di primo grado) il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., della palese contraddittorietà, omesso e/o erroneo esame, erronea interpretazione del fatto e delle prove raccolte, nonché di tutta l’istruttoria, erronea e connotata da contraddittoria motivazione, della violazione di legge nella valutazione del raggiungimento della prova, della parziale istruzione del giudizio, della mancata ammissione delle prove richieste e della querela di falso sporta, per avere il Tribunale trascurato le risultanze processuali, dalle quali sarebbe emerso che il COGNOME era un mero autista dei titolari della società di abbigliamento e che, dietro la promessa di un miglioramento della propria posizione economica, era stato indicato come intestatario della società RAGIONE_SOCIALE, che avrebbe dovuto rimanere inattiva, mentre, in realtà, sarebbero stati conclusi dei contratti di acquisto, utilizzando il nome della società mediante falsificazione della firma del COGNOME, quale unico soggetto legittimato.
Deduce l’istante, poi, che tutti i documenti posti a suffragio del procedimento monitorio sarebbero stati disconosciuti e sarebbe stata, inoltre, eccepita anche la loro falsità, sicché la relativa documentazione non avrebbe potuto essere utilizzata, anche con riferimento al riconoscimento di debito, di cui peraltro sarebbero mancati i requisiti.
Sostiene, di seguito, il ricorrente che avrebbe puntualmente negato la sussistenza di qualsiasi rapporto commerciale con la RAGIONE_SOCIALE, la quale mai avrebbe potuto dimostrare di avere realmente avuto rapporti con la RAGIONE_SOCIALE e vieppiù col COGNOME.
In ultimo, il ricorrente evidenzia che la comunicazione della trasformazione della RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata comunicata a mezzo fax.
5. -Il primo motivo è fondato.
Infatti, la Corte territoriale ha provveduto a dichiarare l’inammissibilità dell’appello per difetto di una ragionevole probabilità che fosse accolto nel merito, dopo che le parti, all’udienza di trattazione, avevano dibattuto sulle richieste istruttorie articolate e, in particolare, sulla querela di falso reiterata dall’appellante in sede di impugnazione. E senza avere previamente sentito le parti sul punto relativo all’inammissibilità.
Ora, sebbene la discussione sull’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva o sull’esecuzione provvisoria del provvedimento di primo grado impugnato (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28630 del 03/10/2022) o l’invito a precisare le conclusioni, quale adempimento preliminare necessario prima che il giudice riservi la causa in decisione e dunque che prescinde dal previo svolgimento della fase di trattazione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n.
3642 del 12/02/2021), non impediscano la pronuncia dell’ordinanza di inammissibilità del gravame, siffatta facoltà è, invece, preclusa allorché le parti abbiano discusso sulle reciproche richieste istruttorie.
Ebbene, l’inosservanza della specifica previsione, di cui all’art. 348 -ter , primo comma, c.p.c. (vigente ratione temporis ), secondo cui l’inammissibilità dell’appello va dichiarata, sentite le parti, prima di procedere alla trattazione ex art. 350 c.p.c., costituisce un vizio proprio dell’ordinanza resa a norma dell’art. 348bis c.p.c. e, pertanto, integra una violazione della legge processuale deducibile per cassazione ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., escludendo anche la necessità di valutare se da tale violazione sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 15786 del 07/06/2021; Sez. L, Sentenza n. 10409 del 01/06/2020; Sez. 6-3, Ordinanza n. 19333 del 20/07/2018; Sez. 6-3, Ordinanza n. 20758 del 04/09/2017).
Dopo l’inizio della trattazione mediante il consenso prestato alla formulazione e alla discussione delle richieste istruttorie in udienza -la Corte d’appello ha, pertanto, perduto il potere di definire anticipatamente la lite mediante l’ordinanza predetta, con la conseguente nullità dell’ordinanza di inammissibilità.
-All’esito, i residui, dipendenti, motivi sono assorbiti.
-In definitiva, il primo motivo del ricorso deve trovare accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, mentre i residui motivi restano assorbiti.
L’ordinanza impugnata deve essere, dunque, cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
‘L’inosservanza della specifica previsione, di cui all’art. 348 -ter , primo comma, c.p.c. (vigente ratione temporis ), secondo cui l’inammissibilità dell’appello va dichiarata, sentite le parti, prima di procedere alla trattazione ex art. 350 c.p.c., costituisce un vizio proprio dell’ordinanza resa a norma dell’art. 348 -bis c.p.c. e, pertanto, integra una violazione della legge processuale deducibile per cassazione ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., escludendo anche la necessità di valutare se da tale violazione sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti, come accade allorché le parti abbiano dibattuto sull’ammissibilità delle richieste istruttorie’.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa l’ordinanza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 30 gennaio 2024.
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME