Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21881 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21881 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19135/2023 proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avv.to NOME COGNOME con domicilio digitale ex lege ;
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale ex lege ;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4140/2022 del TRIBUNALE DI TORINO depositata in data 26/10/2022, nonché avverso l’ordinanza n. 511/2023 della CORTE D’APPELLO DI TORINO, depositata il 18/5/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7/7/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
ritenuto che:
con ordinanza resa in data 18/5/2023, la Corte d’appello di Torino ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 348ter c.p.c., l’appello proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza resa in data 26/10/2022 con la quale il Tribunale di Torino li aveva condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME a pagare a NOME COGNOME euro 352.192,36, oltre al rimborso delle spese processuali, somma corrispondente a quanto i convenuti si erano illecitamente appropriati mediante condotte delittuose di circonvenzione di incapace e di appropriazione indebita ai danni di NOME COGNOME – cugina di NOME COGNOME, a sua volta dante causa di NOME COGNOME -; condotte in relazione alle quali NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati sottoposti a procedimento penale, conclusosi con il proscioglimento degli imputati dai reati loro ascritti per intervenuta prescrizione, e con la contestuale condanna degli stessi imputati ai soli effetti civili al risarcimento a NOME COGNOME dei danni da liquidarsi in separata sede;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha affermato che l’appello non vantava alcuna ragionevole probabilità di essere accolto, avendo il primo giudice correttamente accertato l’efficacia di giudicato della sentenza penale emessa agli effetti civili in favore della parte civile NOME COGNOME e a carico degli imputati, a norma dell’art. 578 c.p.p., salva la concreta liquidazione del danno che il Tribunale di Torino aveva correttamente effettuato, rilevando come, ove fosse mancata la condotta illecita di circonvenzione di incapace e di appropriazione indebita dei COGNOME, NOME COGNOME non avrebbe redatto il testamento olografo con il quale aveva lasciato beni
alla madre degli imputati NOME COGNOME né avrebbe compiuto quegli atti di disposizione che consentirono agli imputati di appropriarsi delle somme di lei;
ciò posto, in assenza di qualsiasi altro congiunto, in mancanza di tali reati, l’intera eredità di NOME COGNOME sarebbe stata devoluta a NOME COGNOME, quale unico congiunto in vita e, dunque, erede legittimo della prima e, conseguentemente, per lui, di NOME COGNOME avente causa di NOME COGNOME;
avverso la sentenza del Tribunale e l’ordinanza della Corte d’appello , NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;
NOME COGNOME resiste con controricorso;
i ricorrenti hanno depositato memoria;
considerato che,
con il primo motivo, i ricorrenti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, c.p.c., denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223, 1227 e 2909 c.c., artt. 651, 652 e 578 c.p.p. per essere stata illegittimamente ritenuta comprovata l’effettiva sussistenza del nesso causale tra i fatti illeciti ascritti ai ricorrenti stessi e le pretese conseguenze dannose denunciate dalla controparte, a tal fine non essendo sufficiente il solo riscontro della condanna pronunciata a carico degli imputati in sede penale;
il motivo è inammissibile;
devono essere preliminarmente ritenute inammissibili tutte le censure avanzate dai ricorrenti laddove in ipotesi rivolte avverso l’ordinanza di inammissibilità emessa ex art. 348ter dalla corte territoriale, non avendola gli odierni istanti censurata sotto nessun profilo per vizi suoi propri – in quanto unici vizi censurabili in caso di dichiarazione di inammissibilità dell’appello , ex art. 348ter c.p.c.-;
nel merito, varrà considerare che il Tribunale – e la Corte d’appello di conserva – ha espressamente sottolineato la circostanza dell’avvenuta dimostrazione, secondo il criterio del ‘ più probabile che non ‘ , che, in assenza delle condotte illecite commesse dagli odierni ricorrenti, NOME COGNOME non avrebbe redatto il testamento olografo con il quale aveva disposto beni alla madre degli odierni ricorrenti, con la conseguenza che la relativa eredità, in assenza di altri congiunti, sarebbe stata interamente devoluta a NOME COGNOME unico suo congiunto;
allo stesso modo, il Tribunale – e la Corte d’appello di conserva – ha espressamente qualificato comprovato il nesso di causalità tra il danno subito da NOME COGNOME e le condotte di appropriazione indebita degli imputati, non potendo ritenersi questi ultimi titolati a disporre dei beni e ad appropriarsi delle sostanze di NOME COGNOME prima del suo decesso;
da qui la prova dell’effettività del danno offerto da NOME COGNOME (e dunque della sua avente causa) e del relativo nesso di causalità con la condotta dei responsabili, odierni ricorrenti;
ciò posto, la censura in esame si risolve nella prospettazione di una rilettura nel merito dei fatti di causa e delle prove, sulla base di un’impostazione direttamente critica non consentita in sede di legittimità;
con il secondo motivo, si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., per avere il giudice di primo grado omesso di dare il giusto risalto alla corrispondenza con la quale NOME COGNOME aveva dichiarato la propria intenzione di lasciare il proprio patrimonio alla COGNOME e ai suoi figli, nonché di tener conto delle altre circostanze di fatto analiticamente indicate in ricorso;
il motivo è inammissibile;
avendo la corte territoriale dichiarato inammissibile l’appello in applicazione dell’art. 348ter c.p.c., l’evocazione, in sede di legittimità, del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. deve ritenersi inammissibile, trovando applicazione al riguardo il corrispondente divieto imposto dallo stesso art. 348ter c.p.c.;
con il terzo motivo, i ricorrenti denunciano omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., per avere il giudice di primo grado erroneamente ritenuto che, con il testamento olografo dell’8 maggio 2007, NOME COGNOME avesse attribuito alla COGNOME un mero legato, anziché istituirla erede, in contrasto con l’evidente contenuto del negozio testamentario in esame;
il motivo è inammissibile;
ferma l’inammissibilità della censura in esame, laddove considerata unicamente sotto il profilo tracciato dalla relativa rubrica – riferita al preteso omesso esame di fatti decisivi controversi ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. -, poiché articolata in violazione dell’art. 348ter c.p.c. nella parte in cui esclude l’invocabilità del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. in caso di dichiarazione di inammissibilità dell’appello pronunciata sulla base della medesima norma, va comunque rilevata l’inammissibilità della doglianza in esame anche in considerazione dei soli contenuti sostanziali della censura (volti a contestare il rilevato preteso errore di interpretazione del testamento da parte del giudice di merito), non avendo i ricorrenti tenuto conto del carattere dirimente di quanto espressamente rilevato dalla corte territoriale nella parte in cui ha sottolineato la superfluità di « ogni indagine volta ad acclarare se il lascito disposto con il predetto testamento in favore dei sigg.ri Mendilicchio debba intendersi a titolo
di erede o di legato, risultando comunque ormai acclarata la piena responsabilità dei sigg.ri COGNOME per avere indotto la testatrice a redigere detto atto di ultima volontà con volontà viziata, profittando del suo stato di incapacità dovuta a demenza, e quindi per i danni conseguenti alle condotte tutte di circonvenzione pure accertate » (cfr. pagg. 7-8 della sentenza impugnata);
si tratta di una specifica sottolineatura diretta a rendere del tutto irrilevante, sotto il profilo risarcitorio, la questione della natura della disposizione testamentaria (legato versus istituzione d’erede): una precisazione destinata non solo a rendere piena giustificazione della condanna al risarcimento del danno estesa anche alle conseguenze di tale profilo della condotta dei danneggianti, ma altresì tale da rendere del tutto irrilevante, poiché priva di interesse, la risoluzione della questione posta in iure con il motivo in esame;
sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo; ricorrono, in considerazione dell’irragionevole implausibilità degli argomenti difensivi proposti in questa sede, i presupposti per la condanna dei ricorrenti al pagamento, in solido, alla controricorrente della somma equitativamente determinata nell’importo di euro 7.000, ai sensi dell’art. 96, co. 3, c.p.c., nonché per la condanna dei ricorrenti al pagamento alla Cassa delle ammende della somma equitativamente determinata nell’importo di euro 2.500, ex art. 96, co. 4, c.p.c.;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 7.000, oltre agli esborsi liquidati in euro 200 e agli accessori come per legge, nonché al pagamento, in favore della controricorrente, della somma di euro 7.000 ex art. 96, co. 3, c.p.c. e al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di euro 2.500 ai sensi dell’art. 96, co. 4, c.p.c.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile