Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 17831 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 17831 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12880/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA LUNGOTEVERE INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO DI INDIRIZZO SAVONA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 168/2019 depositata il 07/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale che ha concluso riportandosi alle conclusioni scritte, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Uditi gli avv.ti COGNOME su delega, per il ricorrente e l’avv. COGNOME per il Condominio di INDIRIZZO Savona.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Genova ha rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME contro la sentenza di primo grado del Tribunale della stessa città, la quale aveva a sua vola rigettato le domanda proposte dagli appellanti, originari attori, nei confronti del Condominio del caseggiato sito in Savona, INDIRIZZO tesa alla declaratoria della nullità della deliberazione assunta nell’assemblea in data 9 maggio 2013, con riferimento al punto n. 2: Rendiconto lavori di manutenzione straordinaria al tetto -Decisione e delibera conseguente.
La Corte d’appello in via preventiva ricostruiva il contenuto dell’impugnazione, riconoscendone l’inammissibilità ai sensi dell’art. 342 c.c.; quindi proseguiva l’analisi riconoscendone l’infondatezza anche nel merito. In particolare: a) riconosceva la legittimità dell’intervento in causa della condomina COGNOME; b) condivideva la valutazione dei primo giudice i ordine alla non applicabilità, ratione temporis, della legge di riforma del condominio; c) i tribunale non aveva fatto travisato la ragione di impugnativa fatta valere dagli attori, i quali avevano lamentato esattamente che l’approvazione
fosse avvenuta nonostante l’esistenza dei vizi e il loro riconoscimento da parte dell’impresa, come se non si trattasse di impugnare una delibera condominiale, ma di introdurre una controversia con l’impresa appaltante; d) che il tribunale aveva deciso correttamente pure nella parte in cui aveva riconosciuto la tardività di alcune censure, in quanto non proposte con citazione iniziale; e) che la delibera risultava regolare anche a prescindere dal voto del condominio rispetto al quale gli appellanti avevano negato la legittimità dell’intervento.
Per la cassazione della sentenza COGNOME, COGNOME e COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi. Resistono con controricorso il Condominio di INDIRIZZO Savona e COGNOME NOME.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti:
nullità della sentenza impugnata per violazione del contraddittorio;
omessa valutazione dei vizi di nullità della delibera declassandolo a vizi di annullabilità;
abuso di potere da parte dell’assemblea per avere illegittimamente approvato il rendiconto a danno dei condomini;
inesistenze deleghe la cui dimostrazione spettava ai condomini;
mancanza di specificità dell’ordine del giorno;
erronea dichiarazione da parte della corte d’appello del legittimo intervento della per ragioni diverse rispetto a quelle statuite dal tribunale che avevano assunto forza di giudicato.
Il ricorso è inammissibile. Come risulta dalla esposizione in fatto, la Corte d’appello ha riconosciuto che l’impugnazione era ai limiti
dell’inammissibilità ex art. 342 c.p.c. Né un tale riconoscimento iniziale è rimasto allo stato di apodittica enunciazione, avendo la Corte di merito di seguito a esso indicato le ragioni che giustificavano una tale valutazione. Esaurita la motivazione con riguardo all’inammissibilità del gravame, la Corte d’appello ha aggiunto: «Peraltro, pure a volere superare ogni questione in tema di inammissibilità del gravame ex art. 342 c.p.c., rimane la constatazione, a giudizio della Corte, che le censure mosse dalla difesa degli appellanti alla decisione di primo grado non paiono fondate nel merito». La sentenza passa quindi al l’esame delle censure nel merito.
In rapporto a tale contenuto della decisione è inevitabile riconoscere, da un lato, che le considerazioni sull’infondatezza delle censure nel merito, nella logica della decisione, costituiscono mere argomentazioni ipotetiche e virtuali, le quali non possono formare oggetto di impugnazione proprio per l’assenza di valenza decisoria (Cass. n. 32092/2024; n. 27388/2022; cfr. Cass., S.U., n. 31024/2019), dall’altro, e in modo speculare, che sussisteva certamente l’onere dei ricorrenti di impugnare innanzitutto la statuizione di inammissibilità. Nondimeno nessuno dei motivi di ricorso investe la decisione in ordine a questo profilo: il che rende applicabile il principio secondo cui «in tema di impugnazione, allorché il giudice di appello, dopo aver rilevato l’inammissibilità del gravame, così privandosi della potestas iudicandi , abbia comunque esaminato il merito dell’impugnazione, poiché queste ultime argomentazioni restano puramente ipotetiche e virtuali deve ritenersi inammissibile il ricorso in cassazione con il quale si pretenda un sindacato in ordine alla motivazione di merito svolta ad abundantiam , senza censurare la statuizione di inammissibilità,
atteso che su questa unica ratio decidendi giuridicamente rilevante della sentenza impugnata si è formato il giudicato (Cass. n. 29529/2022; Cass. n. 30393/2017; S.U., 24469/2013).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite in favore dei controricorrenti, liquidate, per ciascuno di essi, in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda