Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27289 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 27289 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23347/2022 R.G. proposto da
NOME COGNOME , domicilio digitale presso EMAIL, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Ministro pro tempore , domiciliato ope legis in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEO RAGIONE_SOCIALE che lo rappresenta e difende
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Dipendente Corpo RAGIONE_SOCIALE Penitenziaria -Giurisdizione -Appello Inammissibilità
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 09/10/2024 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO CATANIA n. 241/2022 depositata il 20/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 09/10/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 241/2022, depositata in data 20 marzo 2022, la Corte d’appello di Catania, nella regolare costituzione dell’appellato RAGIONE_SOCIALE, ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Catania n. 4502/2019, depositata in data 17 ottobre 2019.
Quest’ultima, a propria volta, aveva dichiarato inammissibili per difetto di giurisdizione le domande proposte dallo stesso NOME COGNOME – già Ispettore di RAGIONE_SOCIALE Penitenziaria -volte ad ottenere: l’accertamento del mobbing asseritamente subito nel periodo lavorativo dal 2001 al 2011 da parte di superiori gerarchici; la condanna dell’amministrazione convenuta al risarcimento dei danni; l’annullamento del licenziamento e/o dispensa dal servizio, con condanna alla reintegra nel posto di lavoro ed al pagamento di tutte le retribuzioni maturate dal licenziamento alla reintegra, oltre contributi previdenziali ed assistenziali.
Decidendo sul gravame del lavoratore la Corte territoriale -richiamati gli artt. 2, comma 2, D. Lgs. n. 80/1998 (trasfuso nell’art. 3, comma 1, D. Lgs. n. 165/2001) e 29, D. Lgs. n. 80/1998 (trasfuso nell’art. 63, comma 4, D. Lgs. n. 165/2001) – ha evidenziato che, contrariamente a quanto dedotto nell’impugnazione, il giudice di prime
cure non aveva affermato la devoluzione al giudice amministrativo dell’azione di risarcimento da responsabilità extracontrattuale proposta dal ricorrente, ma aveva ricondotto l’azione medesima all’art. 2087 c.c., qualificandola come azione da inadempimento contrattuale, sulla scorta delle allegazioni contenute nello stesso ricorso originario.
La Corte d’appello ha quindi osservato che il gravame non aveva adeguatamente criticato la qualificazione della domanda operata dal Tribunale, limitandosi ad insistere sulla sussistenza della giurisdizione ordinaria in materia di responsabilità extracontrattuale, in tal modo violando le prescrizioni di cui agli articoli 342 e 434 c.p.c.
La Corte d’appello, infine, ha rilevato un ulteriore profilo di inammissibilità del gravame, costituito dal fatto che il ricorrente aveva insistito nella impugnativa della dispensa dal servizio, nonostante si fosse limitato a sostenere la giurisdizione ordinaria in materia di azione risarcitoria e quindi senza argomentare in ordine alla sussistenza della giurisdizione ordinaria sull’impugnazione del licenziamento, il quale peraltro era già stato oggetto di una decisione del giudice amministrativo.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catania ricorre NOME COGNOME.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Il controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, primo comma, n. 4), c.p.c.
Il ricorrente impugna la decisione della Corte catanese, deducendo di avere specificamente argomentato il proprio gravame nel senso dell’assenza di un’adeguata motivazione della sentenza d’appello, la quale non avrebbe esplicato le ragioni per cui il grava me sarebbe stato ritenuto non conforme agli art. 342 e 434 c.p.c.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per avere la Corte d’appello omesso di pronunciarsi sulla questione di giurisdizione che veniva proposta con il gravame.
I due motivi di ricorso sono inammissibili.
2.1. Quanto al primo, lo stesso omette radicalmente di riprodurre i passaggi essenziali dell’atto di appello -insufficienti essendo i due sintetici richiami nelle pagg. 3 e 4 -e di localizzare l’atto medesimo, risultando in tal modo irrimediabilmente carente sul piano del rispetto del canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c.
Detta carenza preclude l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, in quanto tale esercizio presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022; ma cfr. anche Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021).
Va rilevato, del resto, che il motivo di ricorso viene a dedurre contemporaneamente, da un lato, che la Corte territoriale avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile un appello caratterizzato invece da specificità e, dall’altro lato, che la statuizione di inammissibilità sarebbe stata adottata con motivazione apparente.
Si evidenzia, in tal modo, un ulteriore profilo di inammissibilità, costituito dalla deduzione sostanzialmente cumulativa del vizio di violazione di norma processuale e di motivazione apparente o inesistente, dovendosi ribadire il principio per cui non è consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto e dell’omessa motivazione in quanto l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira inammissibilmente a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili e di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7009 del 17/03/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21611 del 20/09/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011).
2.2. Quanto al secondo motivo, lo stesso non si confronta con la ratio effettiva della decisione impugnata, la quale non ha omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame concernente la giurisdizione ma, nel momento in cui ha dichiarato inammissibile l’appello, ha ritenuto -correttamente precluso l’esame del merito della doglianza.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo, sulla base del valore di causa desumibile dall’originaria domanda, come riprodotta nel controricorso .
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 7.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione