Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6705 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6705 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32385/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 1219/2020 depositata il 03/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
– Il Tribunale di Avellino con sentenza n. 899/2010 rigettò l’opposizione a decreto ingiuntivo, proposta da NOME COGNOME, fideiussore della società RAGIONE_SOCIALE, contro RAGIONE_SOCIALE e per essa RAGIONE_SOCIALE, con il quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di € 745.116,07, oltre interessi, disattesa l’eccezione di nullità del contratto di fideiussione asseritamente non sottoscritto dall’opponente, che si sarebbe trovato negli Stati Uniti d’America alla data della sottoscrizione indicata sul contratto e che avrebbe in precedenza rilasciato alla banca fogli firmati in bianco.
– La sentenza veniva impugnata in appello ed il procedimento veniva sospeso, essendo stata proposta querela di falso, in via incidentale, dal COGNOME con riguardo al contratto di fideiussione per falsità della firma, abusivo riempimento dei documenti e falsità della data della sottoscrizione.
– Il Tribunale di Avellino ha rigettato la querela con sentenza n. 675/2015, ritenendo non provata la falsità della firma né l’abusivo riempimento di fogli in bianco, costituiti da moduli prestampati, mentre la pur accertata falsità della data apposta non inficiava il contenuto negoziale, risultando peraltro solo una modalità di gestione poco precisa della banca.
– Proposta impugnazione avverso tale ultima decisione, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 3 aprile 2020, n. 1219, l’ha dichiarata inammissibile, ritenendo che l’unico motivo di appello,
con il quale si lamentava il malgoverno delle risultanze probatorie in primo grado, fosse privo di specificità, non avendo l’appellante offerto la prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti o deduzioni idonee a condurre al ribaltamento della decisione impugnata, onde l’impugnazione per inammissibile ai sensi dell’art. 342 c.p.c.: l’appellante si era, infatti, limitato a riproporre l’impianto difensivo utilizzato in primo grado, ribadendo la propria presenza negli Stati Uniti nel giorno in cui risultava essere stato stipulato il contratto di fideiussione, con un’argomentazione tuttavia del tutto disarmonica, incoerente ed inconferente rispetto ai motivi posti a base della decisione impugnata, di cui aveva travisato il senso; in ogni modo, ha ritenuto altresì che l’appellante avesse mancato di allegare il contratto di fideiussione e la c.t.u. calligrafica, espletata in altro giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, mentre nel giudizio di appello l’appellante aveva l’onere di attivarsi affinché i documenti, già prodotti in primo grado, fossero sottoposti all’esame del giudice dell’impugnazione.
– Avverso questa sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME sulla base di due motivi, cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE e per essa RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE
6. – I motivi deducono:
i) violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 342 c.p.c., avendo la corte territoriale errato nel ritenere inammissibile l’appello, sull’assunto errato secondo cui l’appellante non avrebbe specificato ed argomentato i motivi di impugnazione; al contrario, il ricorrente aveva invece allegato e provato il fatto che alla data di sottoscrizione del contratto di fideiussione si trovasse negli Stati Uniti e che pertanto ciò fosse sufficiente ad integrare i vizi (falsità
della firma e della data riportata sul contratto) di nullità del contratto;
ii) violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 222 c.p.c., avendo la Corte territoriale errato nel ritenere non soddisfatto l’onere di deposito dei documenti fideiussione, atto di elevazione della garanzia, c.t.u. espletata in un diverso giudizio -già prodotti nel procedimento per querela di falso, dichiarando conseguentemente non assolto l’onere probatorio in capo all’appellante: al contrario, in conformità al disposto dell’art. 222 c.p.c., avrebbe dovuto ritenere che l’appellante avesse deciso implicitamente di rinunciare ad avvalersi di tali documenti, sebbene in precedenza da lui prodotti nel procedimento per querela e rientranti nella sfera di disponibilità della parte appellante.
7. – Il Presidente ha formulato la seguente proposta di decisione ai sensi dell’articolo 380 -bis c.p.c.: « – il primo motivo è inammissibile, perché difetta di specificità, posto che, invero, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi e i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell’iter processuale senza compiere generali verifiche degli atti ( e multis , Cass., sez. un., 22.1.2021, n. 1369; Sez. 6-5, 23.4.2021, n. 10888; Sez. 6-1, 25.9.2019, n. 23834; Sez. L, 5.8.2019, n. 20924; Sez. 5, 26.4.2017, n. 10272; Sez. 1, 2.2.2017, n. 2771); in particolare, il ricorrente che, in sede di legittimità, impugni la decisione del giudice di appello, la quale abbia dichiarato inammissibile un motivo di gravame proposto per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., ha l’onere di trascrivere, o almeno sintetizzare
adeguatamente, tanto il contenuto del provvedimento di primo grado impugnato, quanto il contenuto del motivo di appello proposto avverso tale provvedimento (Cass. Sez. 1, 20.1.2021, n. 990; Sez. L, 19.1.2021, n. 825; Sez. L, 5.8.2019, n. 20924): ma tali requisiti di redazione del motivo difettano nella specie, in particolare circa il dettagliato contenuto della prima decisione che in appello sarebbe stato censurato ed i relativi motivi; – che il secondo motivo è inammissibile, in quanto la corte territoriale ha enunciato solo ad abundantiam l’oggetto della attuale censura, onde va fatta applicazione del principio di diritto, secondo cui qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità, con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni ulteriori o sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare tale profilo della decisione (Cass., sez. VI, 1.7.2020, n. 13293; Cass., sez. III, 17.10.2019, n. 26296; Cass., sez. VI, 17.1.2019, n. 1093; Cass., sez. I, 10.4.2018, n. 8755; Cass., sez. I, 26.1.2018, n. 2037); -l’inammissibilità del motivo rende, quindi, del tutto irrilevante Cass., sez. un., 16.2.2023, n. 4835 ».
8. – COGNOME NOME ha chiesto la decisione del ricorso osservando, in replica alla proposta di definizione anticipata, quanto segue: « 1. il ricorrente che, in sede di legittimità, impugni la decisione del giudice di appello, la quale abbia dichiarato inammissibile un motivo di gravame proposto per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., ha l’onere di trascrivere, o almeno sintetizzare adeguatamente, tanto il contenuto del provvedimento di primo grado impugnato, quanto il contenuto del motivo di appello proposto avverso tale provvedimento. Il ricorrente ha inserito nel ricorso espressamente tanto il contenuto del provvedimento di primo grado impugnato (pag. 9 e 10 del
ricorso) quanto il contenuto del motivo di appello proposto avverso tale provvedimento (pag. 11, 12 e 13 del ricorso). 2. il secondo motivo è inammissibile, in quanto la corte territoriale ha enunciato solo ad abundantiam l’oggetto della attuale censura, onde va fatta applicazione del principio di diritto, secondo cui qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità, con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni ulteriori o sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare tale profilo della decisione. Su tale motivo, ammesso l’atto di appello, il difetto di allegazione prospettato dal giudice diventa un profilo di illegittimità non più ad abundantiam ma sostanziale ».
9. – Il ricorso è inammissibile.
9.1. – A fronte dell’appello spiegato, la Corte territoriale ha ritenuto l’inammissibilità di esso osservando quanto segue: « L’appellante, invero, si è limitato a reiterare l’assunto difensivo secondo cui, non era presente in Italia nel periodo in cui risultavano sottoscritti i documenti oggetto di querela di falso. Della censura formulata, tuttavia, manca del tutto una distinzione specifica delle doglianze; manca la prospettazione di una diversa ricostruzione o, comunque, di deduzioni volte a condurre al ribaltamento della decisione impugnata nei termini richiesti dall’appellante. L’appello si diffonde, piuttosto, in una serie di considerazioni giuridiche del tutto slegate dall’esame del caso concreto, proposte in modo disarmonico, incoerente e inconferente rispetto ai motivi posti a base della decisione impugnata di cui travisa il senso. Si rileva, in proposito che l’appellante a fronte delle argomentazioni sviluppate dal tribunale, e di cui si è dato in precedenza sommariamente conto, trascura di censurare la
decisione nel suo nucleo centrale ed assorbente, laddove il tribunale, ha escluso un abusivo riempimento dei documenti sottoscritti dal COGNOME, trattandosi di moduli prestampati, evidenziando che ‘la falsità delle date e la controfirma ammattita del funzionario possono essere ricondotti a modalità di gestione poco precise da parte della banca ma non integrano la prova presuntiva dell’assunto difensivo’ a fronte di tale motivazione, l’appellante si è limitato a ribadire la validità probatoria delle risultanze peritali senza tuttavia sottoporre a specifica e circostanziata censura le valutazioni del giudice di prime cure. Le argomentazioni proposte dall’appellante, pertanto, non appaiono risolutive in quanto non indicano aspetti contraddittori della motivazione adottata dal tribunale (che offre, invece, una lettura delle risultanze probatorie è esente da critiche), ma propongono ancora una volta una propria lettura del complessivo materiale probatorio, diversa rispetto a quella del giudice. Invero nessuna penetrante critica viene mossa alle ragioni esposte relativamente alla decisione adottata; né l’onere della specificazione dei motivi di appello può ritenersi assolto, con riferimento alla sentenza impugnata, dal mero richiamo agli accertamenti peritali effettuati ed in relazione alla documentazione, oggetto della querela, e, quindi, dalla mera riproposizione della linea di difesa già formulata in primo grado dall’appellante ».
9.2. – Orbene, il ricorso per cassazione dimostra l’esattezza della decisione adottata dal giudice di merito, dal momento che il ricorrente ripropone ancora una volta i medesimi argomenti già respinti dal Tribunale: e, cioè, ricorda che, al momento della sottoscrizione si sarebbe trovato all’estero e manifesta la personale opinione, dissenziente rispetto a quella del giudice di merito, secondo cui « la falsità delle date e la controfirma a matita del
funzionario non potevano essere ricondotte a modalità di gestione poco precise da parte della banca ».
9.3. – Ed invero, la censura così spiegata è inammissibile, giacché, se è vero che la decisione delle Sezioni Unite richiamata dalla ricorrente, numero 27199 del 16 novembre 2017, esclude che l’atto d’appello debba essere congegnato a mo’ di progetto di sentenza, è altrettanto vero che essa si colloca in pieno nella tradizione della giurisprudenza di questa Corte, la quale richiede che il motivo d’appello deve consentire al giudice dell’impugnazione di comprendere con chiarezza qual è il contenuto della censura proposta, enunciando – questo il punto che il ricorrente mostra di non avere esattamente percepito – il perché la decisione del primo giudice sia errata.
La decisione del 2017 è stata difatti così massimata dall’Ufficio del Massimario di questa Corte: « Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata ».
Ciò, come si è premesso, in continuità con quanto in precedenza affermato dalla S.C. – quando l’articolo 342 c.p.c. espressamente prevedeva, prima della riforma del 2012, il requisito della specificità – e cioè che l’appello non rappresenta più, nella
configurazione datagli dal codice di rito, il mezzo per passare da uno all’altro esame della causa, secondo la nota formulazione chiovendiana, ma consiste in una revisio fondata sulla denunzia di specifici vizi di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata, sicché l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza delle singole censure mosse alle singole statuizioni offerte dalla sentenza impugnata, il cui riesame è chiesto per ottenere la riforma del capo decisorio appellato.
Ha spiegato in proposito la S.C. che l’appello « deve contenere, ‘ i motivi specifici dell’impugnazione’. Il che sta ad indicare che l’atto d’appello non può limitarsi ad individuare le ‘statuizioni’ concretamente impugnate e cosi i capi di sentenza non ancora destinati a passare in giudicato ex art. 329, cpv., c.p.c. ma deve contenere anche le argomentazioni dirette a confutare la validità delle ragioni poste dal primo giudice a fondamento della soluzione delle singole questioni su cui si regge la decisione … e, quindi, non può non indicare le singole ‘questioni’ sulle quali il giudice ad quem e chiamato a decidere …, sostituendo o meno per ciascuna di esse soluzioni diverse da quelle adottate in prime cure » (Cass., Sez. Un., 23 dicembre 2005, n. 28498 ). L’appello, in altre parole, « è dato alla parte contro l’ingiustizia della sentenza di primo grado ed è rimessa alla stessa parte, per il principio dispositivo, la determinazione dei fatti nei quali l’ingiustizia si concreta, con la conseguenza della esigenza assoluta della motivazione, quale elemento inseparabile dalla postulazione dell’ingiustizia e con l’ulteriore conseguenza che, in difetto di tale motivazione del vizio denunciato, il giudice del gravame non può procedere alla revisio prioris instantiae» (Cass., Sez. Un., 29 gennaio 2000, n. 16).
In tale ottica, è divenuto ius receptum , nella giurisprudenza della S.C., il principio secondo cui il requisito della specificità dei motivi di cui all’art. 342 c.p.c. postula che alle argomentazioni della sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante,
finalizzate ad inficiare il fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza scindibili dalle argomentazioni che la sorreggono. L’appello deve cioè necessariamente contenere una parte argomentativa idonea a contrastare la motivazione della sentenza impugnata. Ciò -occorre rammentare -nonostante la sentenza di primo grado sia stata censurata nella sua interezza, dovendo anche in tal caso essere specificamente confutate le ragioni addotte dal primo giudice.
L’atto d’appello, ha ancora ripetuto la RAGIONE_SOCIALE.C., deve rivolgere alla sentenza impugnata « censure puntuali e precise », ovvero deve contenere la specificazione « sia pure in forma succinta, degli errores attribuiti alla sentenza di primo grado» (tra le tante Cass. 22 gennaio 2001, n. 875; Cass. 5 agosto 2002, n. 11710; Cass. 16 dicembre 2005, n. 27727; Cass. 23 gennaio 2009, n. 1707). I motivi dell’impugnazione – prima e dopo il 2012 – devono quindi non solo indicare il quantum appellatum , ma anche il quia : il motivo d’appello deve allora individuare le parti di cui l’appellante chiede la riforma e gli errori, in iudicando o in procedendo , da cui esse sono affette. In breve, si può dire schematizzando che il motivo di appello è specifico quando, esaminato ex ante , è idoneo a privare la sentenza impugnata della sua base logico-giuridica. Insomma, è come si diceva motivo specifico quello che, valutato ex ante , ossia prima ancora della verifica di fondatezza, possiede attitudine a scardinare la ratio decidendi che sorregge la sentenza impugnata: la specificità si riassume dunque in ciò, tra il motivo e la sentenza impugnata deve correre una relazione di incompatibilità, di reciproca esclusione, nel senso che, ipotizzato il motivo come fondato, allora la sentenza impugnata è necessariamente errata.
Non è superfluo aggiungere che il concetto di specificità del motivo di appello, come emergente dalla giurisprudenza di questa Corte,
non manifesta alcunché di formalistico, ed anzi costituisce valorizzazione dei poteri delle parti a discapito dei poteri officiosi del giudice, il che è perfettamente in linea con principi basilari del nostro processo civile, quali il principio dispositivo, che si realizza anche attraverso la necessaria corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ed il principio del contraddittorio.
9.4. – Come si diceva, siamo dunque dinanzi ad un caso paradigmatico di inammissibilità, giacché il ricorrente per cassazione ha riproposto per la terza volta la stessa prospettazione che motivatamente è stata disattesa dal Tribunale e, ciononostante, è stata tal quale riproposta in Corte d’appello, senza alcuna specifica obiezione tale da dimostrare la ragione, rimasta oscura anche in questa sede, della dedotta erroneità della decisione adottata.
9.5. -Il secondo mezzo è conseguentemente anch’esso inammissibile per carenza di interesse.
– Il ricorso è dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza. Va fatta applicazione come in dispositivo dei commi terzo e quarto dell’articolo 96 c.p.c.. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso, in favore della parte controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 10.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, ed inoltre al pagamento, in favore della stessa parte controricorrente, della somma di € 10.000,00, nonché, in favore della cassa delle
ammende, di quella di € 2.500,00, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater , che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis . Così deciso in Roma, il 5 marzo 2024.