Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29922 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29922 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 3119-2025 r.g. proposto da:
AVV_NOTAIO (c.f. CODICE_FISCALE), del foro di Milano, pec: EMAIL, rappresentato e difeso in proprio, ex art. 86 c.p.c., nonché, anche in via disgiunta, dall’AVV_NOTAIO COGNOME e -mail: EMAIL, pec: EMAIL del Foro di Roma, presso lo studio del quale in INDIRIZZO, è domiciliato, come da procura in atti.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in INDIRIZZO INDIRIZZO, codice fiscale e n. d’iscrizione al Registro Imprese di Milano CODICE_FISCALE e P.IVA. P_IVA, in persona dell’Amministratore Unico e legale rappresentante geom. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE),
quale incorporante di RAGIONE_SOCIALE e nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, con sede in MilanoINDIRIZZO INDIRIZZO, codice fiscale CODICE_FISCALE e P.IVA P_IVA, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante AVV_NOTAIO, entrambe rappresentate e difese, in forza di procure speciali in calce al controricorso dall’avvocato NOME COGNOME del Foro di Milano .
– controricorrenti –
e altresì contro
Procedura di Liquidazione del patrimonio prof. AVV_NOTAIO (c.f. CODICE_FISCALE), pec: EMAIL, in persona del liquidatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE).
-intimata –
avverso la sentenza n. 3326/2024 pronunciata dalla Corte d’Appello di Milano, pubblicata il 6 dicembre 2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/10/2025 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
1.Con atto di citazione notificato alla procedura di liquidazione del Patrimonio AVV_NOTAIO, a RAGIONE_SOCIALE e a RAGIONE_SOCIALE (quale società incorporante RAGIONE_SOCIALE), l’ AVV_NOTAIO chiedeva al Tribunale di Milano di: (i) accertare e dichiarare la nullità degli atti compiuti nel corso della procedura competitiva per la vendita da parte della procedura di liquidazione in favore di RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) della partecipazione nella società RAGIONE_SOCIALE; (ii) di accertare e dichiarare la nullità degli atti compiuti nel corso della procedura competitiva per la vendita da parte della procedura di l iquidazione in favore di RAGIONE_SOCIALE (ora PIL) dell’immobile sito in Milano, INDIRIZZO; (iii) accertare e dichiarare la nullità ex art. 2929 c.c. degli atti compiuti dal giudice designato, dottAVV_NOTAIO, e dal liquidatore, dottAVV_NOTAIO, anche in asserita collusione con l’AVV_NOTAIO, nonché con i legali rappresentanti delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, intervenute nella seconda procedura competitiva – e nello specifico: (a) dell’istanza del 10 novembre 2020 con la quale il liquidatore della procedura, AVV_NOTAIO, aveva chiesto al giudice designato, AVV_NOTAIO, di ordinare la cancellazione delle formalità pregiudizievoli gravanti sull’ immobile, ivi comprese quelle derivanti dal verbale di separazione consensuale tra l’AVV_NOTAIO e la ex coniuge COGNOME; (b) del relativo decreto autorizzativo emesso dal giudice designato in data 13 novembre 2020; (iv) riconoscere e dichiarare l’ex moglie, NOME, titolare dell’asserito diritto di godimento derivante dal citato verbale di separazione. A fondamento delle domande, l’attore deduceva: l’esistenza di presunti favori al COGNOME, aventi alla radice un accordo tra il giudice designato AVV_NOTAIO e il liquidatore giudiziale, AVV_NOTAIO; l’esistenza in capo alla NOME di un presunto diritto di godimento su una parte dell’ immobile, derivante da un verbale di separazione consensuale omologato dal Tribunale di Milano in data 10 luglio 2017 e asseritamente opponibile alla procedura. T ale asserita ‘collusione’ avrebbe comportato la nullità della vendita della partecipazione da parte della procedura in favore di NOME, nonché la nullità della vendita dell’ immobile da parte della procedura in favore della RAGIONE_SOCIALE, mentre il presunto diritto di godimento della NOME – asseritamente opponibile alla procedura – avrebbe reso illegittimo l’ordine di cancellazione delle formalità gravanti sull’ immobile emesso dal giudice designato con il decreto del 13 novembre 2020.
Nella resistenza della RAGIONE_SOCIALE, quale società incorporante di RAGIONE_SOCIALE a seguito di fusione, il Tribunale di Milano, con la sentenza datata 11 gennaio 2024 e di cui al n. 357/2024, rigettava le pretese attoree. e la Corte di appello di Milano, con la sentenza qui impugnata, ha dichiarato,
Avverso la sentenza proponeva appello l’AVV_NOTAIO infine, inammissibile il gravame.
La Corte territoriale ha osservato e rilevato, per quanto qui ancora di interesse, che: (i) era fondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 342 cod. proc. civ.; (ii) infatti, nel caso di specie non risultava possibile enucleare dalla narrativa dell’atto di impugnazione specifiche ragioni di doglianza al percorso logico-argomentativo seguito dal giudice di prime cure;
(iii) l’appellante si era solo limitato ad affermare l’erroneità della sentenza appellata, senza tuttavia indicare in modo specifico gli elementi e gli argomenti idonei a confutare i passaggi motivazionali della decisione assunta dal giudice di prime cure; (iv) più in particolare, l’appellante si era limitato a ripetere, in modo tautologico, le proprie tesi con argomentazioni irrilevanti e generiche rispetto ai passaggi motivazionali della sentenza di primo grado, che erano dunque rimasti privi di specifica confutazione; (v) più nello specifico, l’appellante: – non aveva confutato l’assunto del Tribunale secondo cui vi era carenza di legittimazione attiva del AVV_NOTAIO in relazione alla domanda relativa all’affermazione del diritto di godimento della COGNOME , in quanto lo stesso non era né si era affermato titolare del diritto di godimento, che nella sua prospettazione spettava invece alla COGNOME e a tutela del quale aveva proposto la domanda, essendosi l’appellante limitato a sostenere la sussistenza di un suo ‘legittimo e rilevante interesse’ ; – non aveva fornito argomentazioni idonee a confutare l’assunto secondo cui ‘Rispetto alla prospettazione attorea (collusione delle convenute al fine di avvantaggiare l’AVV_NOTAIO nella realizzazione del suo programma di acquisto senza concorrenti e a condizioni favorevoli dell’intero immobile di INDIRIZZO) le due parti difese dall’AVV_NOTAIO non si trovavano in un rapporto conflittuale, ma convergente’; – si era limitato a ribadire la sussistenza di un conflitto di interessi in capo al liquidatore COGNOME, avendo lo stesso ‘favorito gli interessi di un terzo: COGNOME‘, senza, tuttavia, confutare l’assunto del primo giudice secondo cui, sulla base della prospettazione attorea, la collusione avrebbe portato COGNOME a preferire le società di COGNOME nella liquidazione (con il risultato che il ricavato sarebbe stato inferiore a quello potenzialmente conseguibile all’esito di effettiva competitività delle vendite’ ), mentre l’assunto attoreo risultava, in ogni caso, infondato in quanto la competitività era stata garantita dalle pubblicità e ‘la porzione minore dell’immobile’ era comunque ‘ stata venduta ad un valore superiore a quello di stima ‘ ; la partecipazione in COGNOME era stata venduta ad euro 50.000,00, ma le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE di AVV_NOTAIO si erano rese cessionarie del 100% della massa dei creditori vantati verso il Fallimento per quasi 12 milioni di euro, con la conseguenza che la vendita aveva realizzato il fabbisogno delle
procedure ‘ in modo non meno soddisfacente di quanto complessivamente ipotizzato’; – non aveva dedotto gli specifici errori eventualmente commessi dal giudice di prime cure nella ricostruzione dell’iter seguito dalla procedura di liquidazione, avendo solo genericamente recriminato la decisione del giudice di ritenere corretta e documentata la ricostruzione operata dalla controparte; (vi) infine, il Tribunale aveva ritenuto che la domanda di accertamento delle nullità degli atti della procedura di accordo e della procedura di liquidazione del patrimonio del debitore COGNOME con COGNOME, oltre che inammissibile – in quanto il controllo di validità degli atti del procedimento concorsuale spetta agli organi della procedura ex artt. 26 e 36 l. fall. – era infondata, in quanto l ‘esistenza di un accordo collusivo in danno del debitore COGNOME fra acquirente e la procedura di liquidazione non era stato provato in alcun modo e non emergeva dai fatti esposti dall’attore e dalla sequenza degli atti dei procedimenti che avevano riguardato il debitore COGNOME.
La sentenza, pubblicata il 6 dicembre 2024, è stata impugnata da ll’AVV_NOTAIO con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
La Procedura di Liquidazione del patrimonio, intimata, non ha svolto difese. La parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ‘ Nullità della sentenza impugnata … in relazione alla violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c.’ , per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che, a pena di inammissibilità dell’appello, fosse onere dell’impugnante censurare anche le statuizioni di rigetto meritale, pur a fronte di una assorbente statuizione di rigetto in rito per incompetenza funzionale.
1.1 Deduce in particolare la parte ricorrente di aver fondato il proprio appello su un motivo di rito, il quale avrebbe assorbito le questioni di merito,
rendendo così nella sostanza superflua la deduzione specifica di motivi di appello in relazione al merito stesso.
1.2 Il motivo così formulato è, all’evidenza , inammissibile.
Da un lato, le censure peccano di difetto di autosufficienza perché non emerge dalla lettura del motivo qui in esame che la parte appellante, oggi ricorrente, avesse formulato un motivo di doglianza in rito e, dall’altro, sono anche articolate in modo disancorato dalla ratio decidendi che non si fonda sulla conferma di una declaratoria di incompetenza del Tribunale, quanto sulla mera constatazione che le doglianze veicolate nell’atto di citazione in primo grado avrebbero dovuto essere oggetto di contestazione in sede endoprocedimentale.
Ne consegue che n on si può dunque affermare che l’atto di appello fosse fondato sulla sola questione di rito, con conseguente assorbimento delle questioni di merito.
La censura non si confronta, inoltre, con la declaratoria di inammissibilità dell’appello disposta dalla Corte territoriale ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ.
Con il secondo mezzo si deduce ‘ Nullità della sentenza impugnata ex art. 360, comma I, n. 4, c.p.c. in relazione alla violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., per avere la Corte territoriale … ritenuto inammissibile, al fine di sostanziare la critica alla sentenza, la riproposizione delle argomentazioni formulate in I° grado in punto di legittimazione ad agire dell’attore pur a fronte di una motivazione apodittica, meramente apparente della sentenza di primo grado ‘ , che avrebbe pretermesso ogni esame di tali argomentazioni.
2.1 Anche il secondo motivo è inammissibile perché la censura non si confronta con la motivazione spesa dalla Corte di appello nella sua interezza, motivazione che, oltre ad aver evidenziato, sul punto qui da ultimo in discussione, l ‘ inammissibilità del gravame per difetto di autosufficienza delle relative censure, ha anche evidenziato (fin dalla indicazione delle conclusioni rese innanzi al Tribunale e riportate nella sentenza qui impugnata) che il petitum avanzato in primo grado dall’odierno ricorrente er a proprio diretto a far valere in giudizio non un diritto proprio dell’attore , ma un diritto altrui, e
cioè quello di godimento sull’immobile liquidato , asseritamente sussistente in capo alla ex moglie, in virtù del sopra richiamato verbale di separazione. Affermazione quest’ultima che non ha trovato esplicita e convincente smentita nelle doglianze proposte anche in questa sede di giudizio di legittimità.
3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato per ‘ Nullità della sentenza impugnata ex art. 360, comma I, n. 4, c.p.c. in relazione alla violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., per avere la Corte territoriale, in difformità dall’orientamento consolidato di RAGIONE_SOCIALE, ritenuto inammissibile, al fine di sostanziare la critica alla sentenza, la riproposizione delle argomentazioni formulate in I grado in punto di legittimazione ad agire dell’attore pur a fronte di una motivazione apodittica, meramente apparente della sentenza di primo grado, che ha pretermesso ogni esame di tali argomentazioni ‘ .
4. Il quarto mezzo denuncia ‘ Nullità della sentenza impugnata ex art. 360, comma I, n. 4, c.p.c. in relazione alla violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., per avere la Corte territoriale, in difformità dall’orientamento consolidato di RAGIONE_SOCIALE, ritenuto inammissibile, al fine di sostanziare la critica alla sentenza, la riproposizione delle argomentazioni formulate in I° grado in punto di legittimazione ad agire dell’attore pur a fronte di una motivazione apodittica, meramente apparente della sentenza di primo grado, che ha pretermesso ogni esame di tali argomentazioni ‘ .
4.1 Il terzo e quarto motivo, che possono essere trattati congiuntamente, sono del pari inammissibili, in quanto le doglianze – così proposte alla declaratoria di inammissibilità del gravame disposta ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ. da parte della Corte di merito – peccano di genericità.
Le censure riguardano, invero, da un lato, il contestato profilo della nullità della costituzione delle convenute in giudizio per il patrocinio di un difensore comune, in asserito, conflitto di interesse e, dall’altro, il profilo della presunta collusione tra il liquidatore e le società aggiudicatarie, tutte riconducibili secondo il ricorrente – al titolare effettivo (COGNOME).
4.2 Sul punto è utile ricordare che, secondo i consolidati principi espressi da questa Corte, il ricorrente che censuri in cassazione la statuizione di
inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, a sua volta e nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass. 29 settembre 2017, n. 22880; Cass. 6 settembre 2021, n. 24048; v. anche: Cass. Sez. L – , Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022).
Va infatti ricordato che la deduzione della questione dell’inammissibilità dell’appello, a norma dell’art. 342 cod. proc. civ., integrante “error in procedendo” – che legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito – presuppone pur sempre ‘l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 4 e n, 6, c.p.c., che deve essere modulato, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza” (così, espressamente: Cass. n. 3612/2022, cit. supra ; cfr. anche Cass. Sez. 3, ordinanza n. 18776 del 04/07/2023; Cass. Sez. 2, ordinanza n. 21514 del 20/08/2019).
Orbene, le censure proposte dal ricorrente non obbediscono ai principi qui ricordati ed ora riaffermati, non avendo specificato in quale modo avessero censurato le statuizioni di primo grado in modo da rendere specifici i motivi di gravame.
4.3 Con particolare riferimento alle censure articolate nel quarto motivo, va aggiunto che la stesse si concentrano sulla ‘critica’ rispetto ad una pronuncia del giudice di prime cure che aveva rilevato che l’esistenza di un accordo collusivo e preventivo in danno del debitore COGNOME fra acquirente e la procedura di liquidazione, come espressione della massa dei creditori di COGNOME per lo scambio di crediti (sia quelli verso COGNOME, sia verso COGNOME) con gli immobili, non era stato comunque provato e non emergeva dai fatti esposti dall’attore e dalla sequenza dei procedimenti che avevano riguardato
il debitore COGNOME. A fronte di una pronuncia del Tribunale che aveva chiaramente affermato che mancava la prova della collusione, la critica in appello avanzata dalla controparte era stata formulata in modo totalmente generico e aspecifico, con conseguente (ed affermata) inammissibilità dell’appello ex art. 342 c od. proc. civ.
Ne consegue l’inammissibilità anche del motivo di ricorso per cassazione qui in esame che non si confronta integralmente con le sopra riferite rationes decidendi .
Il ricorrente propone infine un quinto motivo col quale denuncia ‘ Nullità della sentenza impugnata ex art. 360, comma I, n. 4, c.p.c. in relazione agli artt. 132 c.p.c. e 111, co. 6, Cost., per motivazione meramente apparente in punto di carenza di specificità dei motivi di appello ‘.
5.1 Anche il quinto motivo è inammissibile, in quanto – a fronte di una motivazione (quella impugnata) che ha articolato un argomentare complesso e certo non riconducibile nel paradigma della motivazione apparente (Cass. Sez. U., Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; n. 8053 del 2014; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019) – la doglianza qui proposta risulta, ancora una volta, generica e non idonea a scalfire il costrutto motivazionale su cui poggia la sentenza oggi impugnata per cassazione.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 9.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14.10.2025
Il Presidente NOME COGNOME