Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7829 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 7829 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24281-2023 proposto da:
AZIENDA MUNICIPALIZZATA RAGIONE_SOCIALE E MERCATI – RAGIONE_SOCIALE VITTORIA AZIENDA SPECIALE DEL COMUNE DI VITTORIA IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOMECOGNOME
– intimata – avverso la sentenza n. 1158/2023 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 09/11/2023 R.G.N. 380/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Oggetto
Inammissibilità dell’appello
R.G.N. 24281/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 29/01/2025
CC
Rilevato che:
La Corte d’appello di Catania ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Azienda RAGIONE_SOCIALE Azienda Speciale del Comune di Vittoria avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa che, accogliendo il ricorso di NOME COGNOME aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato a quest’ultima il 20.4.2016 ed applicato la tutela reintegratoria di cui all’art. 18, comma 4, L. 300/1970, come modificato dalla L. 92/2012. L’illegittimi tà del licenziamento era stata motivata dalla adozione dello stesso in violazione del termine di 10 giorni previsto dall’articolo 21, punto 2, del c.c.n.l. per i dipendenti del settore unico gas acqua.
La Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di appello, con cui l’Azienda aveva dedotto l’errata applicazione dell’articolo 18, comma 4, cit. sostenendo che la tardività del licenziamento non fosse equiparabile ad alcuna delle ipotesi contemplate dal citato comma. Secondo i giudici di appello, il motivo di ricorso era inammissibile perché non muoveva alcuna specifica critica all’argomentazione esposta dal tribunale, in adesione alla sentenza di legittimità n. 21569 del 2018, concernente il medesimo contratto collettivo per cui è causa, secondo cui ‘la norma contrattuale nel momento in cui ricollega al ritardo la conseguenza di un’accettazione delle giustificazioni, ancorché inserita in un contesto di norme procedurali, ha rango di norma sostanziale che regola il corretto esercizio del potere di recesso datoriale. Ne deriva che il licenziamento intimato nella vigenza della nuova disciplina dell’art 18 St. Lav. va ritenuto non semplicemente inefficace per il mancato rispetto di un
termine procedurale, e dunque per motivi solo formali, bensì illegittimo per l’insussistenza del fatto contestato per avere il datore di lavoro accolto le giustificazioni a discolpa del dipendente e dunque per la totale mancanza di un elemento essenziale d ella giusta causa’.
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, entrambi diretti a censurare la declaratoria di inammissibilità del secondo motivo di appello. NOME COGNOME non ha svolto difese. L’Azienda ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con il primo motivo si censura la sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c. L’Azienda trascrive per estratto la sentenza di primo grado e il ricorso in appello al fine di d imostrare come l’impugnazione proposta dinanzi alla Corte d’appello censurasse specificamente l’applicazione della tutela reintegratoria, anziché della tutela prevista dal comma 6 dell’articolo 18, sul presupposto che la violazione derivante dal mancato rispetto del termine fissato dal contratto collettivo per l’adozione del licenziamento avesse rilievo unicamente procedurale. Nel motivo di appello era richiamata la giurisprudenza di legittimità che aveva riconosciuto la natura procedurale del vizio in esame e, tra queste, la pronuncia delle Sezioni Unite n. 30985 del 2017.
Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 18, comma 4, L. 300/1970, come modificato dalla L. 92/2012, ribadendosi la
fondatezza del (secondo) motivo di appello per essere l’intimazione del licenziamento senza il rispetto del termine contrattualmente fissato riconducibile all’ipotesi contemplata dall’art. 18, comma 6, e sanzionata con la tutela indennitaria tenue.
Il primo motivo di ricorso è fondato e deve trovare accoglimento.
S ul tema della inammissibilità dell’appello, le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 27199 del 2017) hanno affermato il seguente principio di diritto: ‘Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata’.
La sentenza appena citata ha sottolineato che ‘i giudici di secondo grado sono chiamati ad esercitare tutti i poteri tipici di un giudizio di merito, se del caso svolgendo la necessaria attività istruttoria, senza trasformare l’appello in una sorta di anticipato ricorso per cassazione. La diversità tra il giudizio di appello e quello di legittimità va fermamente ribadita proprio alla luce della portata complessiva della riforma legislativa del 2012 la quale mentre ha introdotto un particolare filtro che
può condurre all’inammissibilità dell’appello a determinate condizioni (artt. 348-bis e 348-ter cod. proc. civ.), ha nel contempo ristretto le maglie dell’accesso al ricorso per cassazione per vizio di motivazione; il che impone di seguire un’interpretazione che abbia come obiettivo non quello di costruire un’ulteriore ipotesi di decisione preliminare di inammissibilità, bensì quello di spingere verso la decisione nel merito delle questioni poste’. Ciò sul rilievo che costituisce ‘regola generale quella per cui le norme processuali devono essere interpretate in modo da favorire, per quanto possibile, che si pervenga ad una decisione di merito, mentre gli esiti abortivi del processo costituiscono un’ipotesi residuale’, in coerenza con i principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo secondo cui le limitazioni all’accesso ad un giudice sono consentite solo in quanto espressamente previste dalla legge ed in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (cfr. sentenza CEDU 24 febbraio 2009, in causa RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE; Cass., S.U., n. 10878 del 2015)’.
10. In base al principio di strumentalità delle forme processuali (cfr. anche Cass., S.U., n. 14916 del 2016; n. 13070 del 2018) l’atto di appello deve quindi contenere, ai fini della ammissibilità, la chiara ed inequivoca indicazione delle censure mosse alla pronuncia appellata, sia in punto di ricostruzione del fatto che di valutazione giuridica, con precisazione degli argomenti che si intendono contrapporre a quelli indicati dal primo giudice (cfr. Cass. n. 10916 del 2017); in altri termini, il ricorrent e in appello deve ‘individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum , circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono
e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata’ (Cass. n. 2143 del 2015).
11. Premesso che il motivo di ricorso con cui si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 434, comma 1, c.p.c., cioè di una norma che disciplina lo svolgimento del processo per giungere ad una decisione di merito, va ricondotto nella prevision e di cui all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., deve ribadirsi che, secondo il consolidato orientamento di legittimità, in caso di denuncia di errores in procedendo del giudice di merito, la Corte di cassazione è anche giudice del fatto, inteso come fatto processuale. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 8077 del 2012, hanno chiarito che ove sia denunciato il compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata (nel caso esaminato dalle S.U., un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento), ‘il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.)’.
12. Il ricorso in esame soddisfa i requisiti richiesti dalle disposizioni appena richiamate in quanto trascrive le parti
rilevanti della sentenza di primo grado e i motivi di ricorso in appello avverso le statuizioni di primo grado (p. 10-12).
13. La Corte d’appello ha giudicato inammissibile l’impugnazione dell’Azienda in quanto non avrebbe contraddetto gli argomenti esposti dal tribunale, replicanti quanto statuito dalla S.C. nella sentenza n. 21569 del 2018. Dalla lettura del (secondo) motivo di appello emerge, invece, come la parte appellante avesse sostenuto la valenza meramente procedurale del mancato rispetto del termine, per l’intimazione del licenziamento, previsto dal contratto collettivo ed avesse richiamato giurisprudenza di legittimità di segno opposto a quella citata dal tribunale e dalla corte d’appello (v. p. 12 e 13 del ricorso per cassazione).
14. Le critiche e le censure mosse dall’Azienda col ricorso in appello erano formulate in maniera conforme ai requisiti di ammissibilità dell’impugnazione come delineati dalle sentenze sopra richiamate ed erano certamente tali da meritare una decisione nel merito sulla questione giuridica posta, vale a dire la qualificazione del mancato rispetto del termine contrattuale per l’intimazione del licenziamento come violazione sostanziale o procedurale, con le conseguenze in termini di tutela applicabile.
15. Le ragioni esposte conducono all’accoglimento del primo motivo di ricorso, risultando assorbito il secondo motivo. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Catania, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso nell’adunanza camerale del 29 gennaio 2025.