Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 652 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 652 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17744/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti-
nonchè
contro
COGNOME
DE
MARCHIO
NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1471/2019 depositata il 14/10/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023
dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto che
1.-NOME COGNOME ha concluso con NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME una transazione: si trattava di risanare i debiti che la società RAGIONE_SOCIALE aveva verso le banche. I COGNOME erano fideiussori della società, oltre che soci fondatori, insieme al figlio di NOME COGNOME ossia NOME COGNOME e la moglie di costui, NOME COGNOME.
1.1.L’accordo prevedeva l’impegno di NOME COGNOME di liberare i COGNOME COGNOME dal loro vincolo verso la banca, mentre costoro si impegnavano a mettere a disposizione della società la somma di 155 mila euro ciascuno onde liberarla dai debiti verso le banche.
2.-I COGNOME COGNOME hanno però agito in giudizio nei confronti di NOME COGNOME accusandolo di essere inadempiente alle obbligazioni assunte con la transazione, ossia all’obbligo di mettere la sua parte e rinegoziare le garanzie bancarie della società. Per contro, i due garanti facevano presente di avere versato la loro.
2.1.- Nel giudizio conseguente, il COGNOME si è difeso sostenendo di non aver potuto rinegoziare le garanzie e dunque ottenere la liberazione dei fideiussori a causa degli ostacoli frapposti proprio da costoro.
3.-Il Tribunale di Ancona ha accolto la domanda, ravvisando dunque inadempimento del COGNOME, ed ha condannato quest’ultimo al risarcimento del danno a favore dei Taliani De Marchio, quantificandolo nella differenza tra quanto corrisposto dagli attori, a causa dell’inadempimento della controparte, al fine di ripianare il debito (circa 355 mila euro) e quanto da loro messo a disposizione in base alla transazione, ossia quanto avrebbero dovuto pagare se ci fosse stato adempimento (ossia 155 mila): quindi un danno da 200 mila euro circa.
La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Ancona.
4.-Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il sig. NOME COGNOME nella qualità di erede con beneficio d’inventario del NOME COGNOME nelle more deceduto, con cinque motivi.
I COGNOME COGNOME resistono con controricorso, depositando altresì atto denominato ‘Memora ex art. 378 cod. proc. civ.’ che tuttavia non può considerarsi tale, sostanziandosi non già nell’illustrazione de gli argomenti difensivi svolti nel controricorso bensì nel mero apodittico rinvio agli stessi.
Considerato che
La corte di merito ha accertato che il NOME COGNOME non ha adempiuto alla obbligazione assunta con la transazione di rinegoziare le fideiussioni in modo da liberare dal relativo obbligo i Taliani De Marchio.
Hanno altresì ritenuto non dimostrato che l’inadempimento di tale obbligazione fosse dovuto all’ostruzionismo degli stessi COGNOME De COGNOME, i quali, secondo la controparte, strumentalmente non avevano approvato il bilancio, facendo naufragare le trattative per la vendita ad un potenziale cliente dello stock di magazzino, del valore di 80 mila euro.
5.- Con il primo motivo il ricorrente denunzia omesso esame di fatto decisivo e motivazione apparente.
Si duole che nell’impugnata sentenza la corte di merito scambi il convenuto originario NOME COGNOME con il figlio NOME, attribuendo al primo obbligazioni e situazioni riguardanti viceversa il secondo, tanto da indicare il NOME quale fideiussore della società pur non essendo il medesimo tale.
Lamenta che detto scambio di persona, oltre a comportare l’omesso esame d el fatto processuale consistente nella vera identità del convenuto e del suo ruolo nella vicenda, ha altresì inciso sulla motivazione dell’impugnata sentenza, rendendola inadeguata in ragione dei riferimenti errati ai protagonisti della vicenda oggetto di giudizio.
6.- Con il terzo motivo denunzia violazione degli articoli 1936 e 1954 c.c.
Si duole che l’operata confusione tra i l padre NOME e il figlio NOME abbia inciso anche sulla individuazione del danno, risultando attribuito al NOME COGNOME l’ inadempimento agli obblighi propri del fideiussore sul presupposto che egli rivestisse tale ruolo, laddove fideiussore è sempre stato l’odierno ricorrente .
Il motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
E’ vero che nella parte narrativa risulta a volte confuso il figlio NOME con il padre NOME, convenuto in giudizio e del cui inadempimento si discute, ma è del pari vero che nella motivazione dell’impugnata sentenza viene fatto riferimento al convenuto solo con il cognome (COGNOME e lo si individua attraverso la sua condizione di parte della transazione: vi è l’ errata indicazione al ruolo di co-fideiussore, ma si evince facilmente con tutta evidenza che si ha riguardo al ruolo del NOME COGNOME ritenuto responsabile dell’inadempimento dell’ obbligazione assunta con la transazione, e cioè di rinegoziare le fideiussioni verso le banche, ed essere costui ad essere considerato obbligato a risarcire il danno conseguente a tale inadempimento.
7.- Con il secondo motivo il ricorrente denunzia omesso esame di un fatto decisivo.
Lamenta di aver dedotto sin dal primo grado in via subordinata, ossia in caso di accoglimento della domanda, la questione circa l’ammontare del risarcimento, da contenersi nella differenza tra la somma corrisposta dai due attori (355 mila) e quanto costoro avrebbero versato in caso di regolare esecuzione del contratto: differenza che ammontava a circa 22 mila euro.
Si duole che il giudice di prime cure non abbia pronunciato su tale domanda e, riproposta in appello, non sia stata considerata nemmeno dal giudice del gravame.
Il motivo è inammissibile.
Risulta dall’odierno ricorrente dedotto invero vizio di omesso esame di un fatto in luogo dell’ error in procedendo ex art. 112 c.p.c. per l’asserita omessa pronuncia su domanda espressamente formulata.
Senza sottacersi che, avendo la corte di merito condannato al risarcimento del danno seppure in misura diversa, la medesima ha in realtà implicitamente rigettato la quantificazione dello stesso proposta dal l’odierno ricorrente, sicché non v’è omissione di pronunzia ma esame e rigetto implicito della medesima.
8.- Con il quarto motivo il ricorrente denunzia violazione degli articoli 1218 e 1223 c.c.
Si duole che la corte di merito abbia liquidato il danno considerando la differenza tra quanto effettivamente corrisposto dagli attori (355 mila euro) e quanto invece avrebbe dovuto essere a loro carico se il ricorrente avesse adempiuto (155 mila euro), in violazione del criterio causale, che impone di ritenere risarcibili solo i danni che costituiscono la conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento , atteso che l’obbligazione verso la banca (degli attori stessi in quanto fideiussori) non può dirsi sorta a seguito dell’inadempimento della transazione , trattandosi di obbligazione
preesistente e trovante fonte nelle fideiussioni, non già nella transazione.
Il motivo è inammissibile.
Va anzitutto osservato come, a prescindere dal merito, non risulti che una tale questione ( che il danno risarcito in primo grado fosse frutto della confusione di due titoli di obbligazione diversi ) sia stata posta in appello , non risultando dall’odierno r icorrente indicato come, dove e quando ha investito i giudici di secondo grado della medesima, che si appalesa pertanto inammissibilmente prospettata per la prima volta nella presente sede di legittimità.
Deve per altro verso sottolinearsi come il riccorente non colga in realtà la ratio della decisione impugnata, ovvero tenti di prospettarla diversamente da quale essa è, atteso che il danno risulta liquidato come conseguenza dell’inadempimento della transazione, ossia di un obbligo assunto non verso la banca (che era quello fondato sulle fideiussioni) bensì verso gli originari attori, nessuna confusione essendo stata pertanto operata dalla corte di merito tra i due titoli.
In altri termini, i giudici di appello hanno calcolato il danno (e la relativa quantificazione integra questione di fatto) derivato dall’inadempimento dell’impegno assunto con la transazione: danno diverso da quello originario verso le banche.
Non sono infatti le banche a dolersi dell’inadempimento (nel qual caso avrebbe dovuto essere calcolato tenendo conto dell’obbligazione verso di esse assunta) bensì i beneficiari della transazione, e cioè le controparti del Borsini, sicché correttamente la corte di merito ha valutato il pregiudizio derivante dall’inadempimento della transazione , laddove avrebbe errato se avesse incluso nel danno il rapporto dell’odierno ricorrente con le banche in ragione delle stipulate delle fideiussioni.
9.- Con il quinto motivo il ricorrente denunzia violazione degli articoli 1286 e 1362 c.c.
Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che, in base all’accordo transattivo, le obbligazioni da lui assunte erano alternative, nel senso che la sua responsabilità era subordinata ad un duplice inadempimento: che i due attori non venissero liberati dalle fideiussioni verso la banca, e che venisse consentita l’utilizzazione di linee di credito che dovevano rimanere inalterate per non comportare ulteriori debiti. Condizione quest’ultima invero non verificatasi, essendo stata pertanto erroneamente affermata la responsabilità in proposito.
Il motivo è sotto plurimi profili inammissibile.
Va anzitutto osservato che la questione non risulta invero posta in grado di appello , non avendo l’odierno ricorrente indicato quando ed in che termini ha posto in tale sede il la questione ( e nemmeno se la stessa sia stata trattata in prime cure ).
Deve ulteriormente sottolinearsi che anche ad intendere la clausola nel senso proposto dal ricorrente (responsabilità subordinata al verificarsi di una duplice condizione) il motivo postula invero accertamenti di fatto ( che i due obbligati si siano astenuti dal consentire o da utilizzare essi stessi le linee di credito; se le condizioni dedotte in contratto si siano o meno avverate ) proprie del giudizio di merito ed invero preclusi in questa sede di legittimità.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella misura di 5.000,00 euro per onorari, oltre ad euro 200,00 per esborsi, nonché oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Roma 26.10.2023
Il Presidente