Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34637 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 34637 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
Oggetto
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOME COGNOME
Presidente
VENDITA
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Rel. Consigliere
Ud. 03/12/2024
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28419/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME
COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
– controricorrente –
Avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di GORIZIA n. 222/2019 depositata il 20/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona del dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto di tutti i motivi di ricorso;
uditi gli avvocati NOME COGNOME per il ricorrente e COGNOME per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
La causa trae origine dall ‘opposizione a decreto ingiuntivo richiesto da NOME COGNOME in proprio e quale legale rappresentante di COGNOME COGNOME Studio Legale Tributario Commerciale Associato (in prosieguo anche solo Studio associato) per ottenere la restituzione di € 4650,00 quale prezzo di un divano ordinato alla ditta COGNOME e restituito in quanto difettoso.
All ‘ udienza di prima comparizione delle parti, la COGNOME confermava l ‘ offerta di consegna della nuova fornitura a suo tempo pervenuta dal produttore, nonché dava atto di aver omesso la citazione in giudizio della terza chiamata, RAGIONE_SOCIALE per avere la stessa dichiarato in via stragiudiziale la propria disponibilità a manlevarla in caso di esito sfavorevole della lite.
Il giudice di pace di Gorizia, in accoglimento dell’opposizione , revocava il decreto ingiuntivo con condanna alle spese della parte soccombente.
La sentenza veniva fatta oggetto di appello da parte della opposta.
La parte appellata si costituiva, chiedendo il rigetto del gravame.
Il T ribunale di Gorizia rigettava l’appello . In particolare, effettivamente risultava un’omissione della pronuncia su alcune domande ed eccezioni che comunque andavano rigettate nel merito e, dunque, la motivazione andava integrata.
Il giudice di pace aveva correttamente ritenuto che il termine assegnato al venditore per adempiere alla sostituzione del bene compravenduto non potesse considerarsi congruo. Infatti, la ditta RAGIONE_SOCIALE agiva quale rivenditore del marchio RAGIONE_SOCIALE e dunque era verosimile che dal momento del ricevimento della diffida ad adempiere in data 29 settembre 2016 si fosse attivata per verificare la possibilità di ritirare i beni consegnati alla produttrice al fine di valutare l’entità dei vizi lamentati. Di conseguenza il comportamento tenuto sembrava improntato al principio di buona fede avendo provveduto al ritiro della merce presso il luogo di originaria consegna e avendo comunicato soltanto 23 giorni dopo il ricevimento della diffida, la disponibilità alla consegna dei nuovi divani stimando in 50 giorni il tempo necessario per la loro produzione. L’indicazione di tale lasso temporale per la sostituzione degli elementi d’arredamento doveva ritenersi congrua anche con riferimento al tempo previsto dalle parti nella proposta di commissione in data 28 luglio 2016, fissato in circa 60 giorni. Il termine fissato non era essenziale non essendo indicata una data precisa di consegna e in assenza di ulteriori elementi da cui trarrne il carattere di essenzialità.
Per questi motivi, anche se il giudice di primo grado aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda di risoluzione giudiziale, tale domanda doveva essere respinta.
I l giudice dell’Appello richiamava i criteri alla stregua dei quali si doveva valutare la gravità dell’inadempimento in relazione alla giurisprudenza di legittimità e cioè lo squilibrio del sinallagma contrattuale, il comportamento delle parti da porsi in relazione all’apprezzamento dell’interesse del creditore all’adempimento della prestazione. Secondo la Corte, la parte venditrice, sin dalla denuncia iniziale della presenza di vizi, si era attivata per verificare con il produttore la possibilità di porvi rimedio sino a ritirare i beni e a raggiungere con il produttore l’accordo per la loro sostituzione. Il compratore non aveva allegato, né provato che la consegna differita dei beni gli aveva causato un effettivo pregiudizio e, dunque, l’inadempimento non poteva considerarsi grave.
La stessa sorte di rigetto spettava al motivo di appello con il quale si lamentava la mancata disamina della domanda relativa all’accertamento del ritardo della consegna dei beni rispetto alla data indicata inizialmente nel contratto concluso, infatti, i beni inizialmente erano stati consegnati con rispetto del termine previsto.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di otto motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto di tutti i motivi del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 329, secondo comma, c.p.c., 324 c.p.c. stante la sussistenza di giudicato interno implicito formatosi sulla sentenza di primo grado n. 248/2017 (R.G. n. 1083/2016) del G.d.P. di Gorizia per quanto concerne la statuizione di riconoscimento implicito dell’inadempimento grave da parte del produttore.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1454 c.c. poiché il Tribunale – nel valutare la congruità del termine assegnato con la diffida ex art. 1454 c.c. (19 giorni) – ha totalmente pretermesso di valutare l’interesse del creditore all’adempimento ed il suo sacrificio per l’attesa della prestazione.
Secondo parte ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto accertare se il protratto inadempimento di RAGIONE_SOCIALE avesse comportato un’alterazione dell’equilibrio e della complessiva economia del contratto.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 Cost., 2697 c.c., 115 e/o 116 e/o 183 e/o 244 c.p.c., perché il Tribunale non ha ammesso le decisive prove testimoniali richieste in primo grado e reiterate in appello.
Nel motivo sono riportati i capitoli per dimostrare la decisività delle circostanze ivi dedotte al fine di dimostrare l’interesse del creditore all’adempimento e l’essenzialità del termine .
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1453 e/o 1455 e/o 1490 e/o 1492 e/o
1497 e/o 1178 e/o 1378 e/o 1175 e/o 1375 c.c. in punto di principi in tema di valutazione della proporzionalità dell’inadempimento.
Il Tribunale avrebbe valorizzato, ai fini della sussistenza del grave inadempimento, solo gli elementi soggettivi, peraltro, esclusivamente dal lato del venditore e senza considerare l’interesse che il compratore intendeva realizzare. Avrebbe omesso completamente di considerare l’entità oggettiva dell’inadempimento ponendolo a raffronto con altri elementi oggettivi
Infatti, COGNOME, nonostante espressa diffida dell’Avv. COGNOME, ha proceduto comunque – in evidente malafede – all’incasso del saldo della vendita di Euro 3.650,00 (pur avendo già incassato un acconto di Euro 1.000,00) e, quindi, all’intero corrispettivo di Euro 4.650,00, nonostante fosse totalmente inadempiente in relazione all’obbligazione principale del contratto di vendita.
Inoltre, l ‘obbligazione era di risultato e NOME non ha provato l’esatto adempimento. La qualità dei beni era ictu oculi scadente e non conforme al contratto .
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Nel ricorso vengono elencati i fatti storici asseritamente omessi (principali e/o secondari) e non esaminati dal Tribunale che altrimenti avrebbero portato all’accoglimento della domanda.
Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: Nullità della sentenza ex artt. 111 Cost. e/o 132-II co. n. 4 c.p.c. e/o 118 disp. att. c.p.c.
Il ricorrente si duole delle carenze e/o lacune nelle argomentazioni del giudice di merito nonché dell ‘ illogicità, pure consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato estraneo al senso comune.
Il ricorrente evidenzia alcune parti della sentenza che ritiene contraddittorie e ritiene che manchi del tutto una motivazione.
Il settimo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1454 e/o 1453 e/o 1208 c.c. poiché il Tribunale – nel valutare la congruità del termine assegnato con la diffida ex art. 1454 c.c. (19 giorni) – ha tenuto conto degli eventi successivi alla scadenza allorché era già stata avviata la causa di risoluzione contrattuale.
L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e/o 1454 e/o 2727 e/o 2729 c.c. e/o 115 e/o 116 c.p.c. poiché il Tribunale non ha considerato che l’onere della prova sull’incongruità del termine ex art. 1454 c.c. competeva alla RAGIONE_SOCIALE che nulla avrebbe dedotto e/o provato al riguardo.
I motivi di ricorso, che possono essere esaminati tutti congiuntamente stante la loro evidente connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati.
Il primo motivo di ricorso è infondato. Il P.G. ha concluso per l’infondatezza del motivo in quanto il produttore non è stato parte del procedimento di primo grado; la circostanza documentata che si sia offerto di sostituire i beni non può essere posta alla base di un giudicato processuale, posto che l’inadempimento rilevante appare essere quello del rivenditore e non quello del produttore. Ed anzi, l’inadempimento del produttore è stato positivamente
valutato dal giudice come indice dell’assenza dei canoni di cui all’art. 1454 e 1375 c.c.
Il Collegio condivide tali conclusioni in quanto il difetto dei divani originariamente consegnati non è oggetto di contestazione mentre la sentenza impugnata ha escluso la responsabilità della venditrice ritenendo il suo comportamento improntato a buona fede, avendo provveduto a ritirare la merce difettosa ed avendo provveduto alla offerta di sua sostituzione con altra conforme a quanto pattuito nel contratto in un termine ritenuto congruo anche se successivo a quello indicato nella diffida ad adempiere ritenuto invece incongruo.
9.1 Con le censure veicolate con i motivi secondo, quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo il ricorrente vuole affermare l’inadempimento contrattuale della RAGIONE_SOCIALE e la risoluzione del contratto a seguito della propria diffida ad adempiere rimasta inattuata allo scadere del termine ivi previsto.
Anche in questo caso il Collegio condivide le conclusioni del P.G. secondo cui i motivi tendono ad una rivisitazione nel merito dell’accertamento del giudice il quale si è già pronunciato sulla gravità dell’inadempimento e sulla congruità del termine ex ar t. 1454 c.c..
Ogni rivalutazione di tale aspetto, puramente di merito, è esclusa nel giudizio di legittimità, non avendo il giudice esorbitato dai canoni applicativi di cui alle norme invocate, e ciò ancor più in un caso come quello in esame dove, mediante la formulazione di censure di violazione di legge in maniera del tutto generale, si cerca di contestare il merito della decisione (Cass. N. 13715/2023 ‘Non è consentito in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti di cui
all’art. 360, quinto comma, c.p.c., svolgere censure di merito sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge al fine di sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti ed una diversa valutazione del materiale probatorio’).
Alle condivisibili argomentazioni dell’Ufficio di procura deve aggiungersi che l’intimazione da parte del creditore della diffida ad adempiere di cui all’articolo 1454 cod. civ. e l’inutile decorso del termine fissato per l’adempimento non eliminano la necessità, ai sensi dell’articolo 1455 cod. civ., dell’accertamento giudiziale della gravità dell’inadempimento in relazione alla situazione verificatasi alla scadenza del termine, secondo un criterio che tenga conto, sia dell’elemento oggettivo della mancata prestazione nel quadro dell’economia generale del contratto, sia degli aspetti soggettivi rilevabili tramite un’indagine unitaria sul comportamento del debitore e sull’interesse del creditore all’esatto e tempestivo adempimento (Nella specie la S.C. ha escluso la gravità dell’inadempimento in relazione alla circostanza dell’offerta da parte della compratrice del prezzo alcuni giorni dopo la scadenza del termine e della mancanza di elementi da cui desumere che il decorso del termine fissato nella diffida comportasse la perdita dell’utilità economica perseguita con il contratto) Sez. 2, Sent. n. 9314 del 18/04/2007 – Rv. 597526).
Tale valutazione, circa la perdita dell’utilità economica del contratto, è rimessa al giudice di merito e nella specie, essendo congruamente motivata, si sottrae al sindacato di legittimità se non nei ristretti limiti dell’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti che nella specie, oltre ad essere precluso
trattandosi un caso di c.d. ‘doppia conforme’ , non si è neanche verificato.
Come rilevato dall’Ufficio di Procura il Tribunale di Gorizia ha motivato la non congruità del termine concesso per l’adempimento, anche in relazione al rifiuto opposto dall’acquirente ad una consegna dei beni a circa tre settimane dal primo acquisto, sulla base di un percorso logico-motivazionale che si fonda su criteri di carattere oggettivo e, quindi, sull’apprezzamento della circostanza per cui, un termine di tre settimane per la sostituzione dei beni appariva assolutamente coerente con i tempi cui doveva sottostare la rivenditrice, la quale era vincolata dai tempi del produttore.
Quanto al dedotto vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., si è già detto che è inammissibile stante il ricorrere dell’ipotesi di c.d. ‘doppia conforme’ ex art.. 348 ter c.p.c., comma 5.
Nell’ipotesi di ‘doppia conforme’ prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528/2014), adempimento non svolto. Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul
medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022, Rv. 664193 – 01)
Peraltro, il ricorrente, anche con le censura poste sotto tale profilo, tende in realtà ad una rivalutazione in fatto della vicenda mediante una diversa lettura delle fonti di prova complessivamente considerate.
In due gradi di giudizio si è accertata la correttezza del comportamento della società venditrice improntato al rispetto del canone della buona fede e incongruo il termine assegnato dal ricorrente nella sua diffida ad adempiere per ottenere la consegna dei divani.
Il Tribunale ha effettuato una valutazione complessiva delle risultanze istruttorie, sufficientemente e logicamente argomentata, fondando il proprio convincimento anche su una valutazione comparativa del comportamento di entrambe le parti in relazione agli interessi reciproci, ritenendo che sussistesse ancora in capo al ricorrente l’utilità economica della prestazione nel termine di consegna previsto dalla venditrice per la sostituzione del prodotto e, dunque, non risolto il contratto in presenza di un attuale interesse del creditore commisurato a quello della controparte.
Risulta evidente, pertanto, che l’inadempimento di COGNOME ha costituito il punto fondante la decisione in entrambi i gradi di giudizio (sicchè tale punto appare essere stato ampiamente valutato dal giudice a quo) e, come si è detto, la richiesta della difesa di parte ricorrente mira evidentemente a sollecitare la Corte
ad un rinnovato giudizio di merito anche mediante annotazioni di carattere non decisivo, quali l’avere adempiuto integralmente all’obbligo di pagamento del prezzo o quali l’incasso da parte della venditrice dell’assegno a pagamento nonostante formale diffida da parte dell’acquirente.
Deve richiamarsi in proposito il seguente principio di diritto: «L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata». (Sez. 1, Sent n. 16056 del 2016).
Per le ragioni esposte è infondato anche il terzo motivo di ricorso con il quale si censura la decisione del Tribunale di non ammettere le prove testimoniali richieste in primo grado e reiterate in appello.
Dai capitoli di prova riportati nel ricorso emerge la non decisività delle circostanze ivi dedotte al fine di dimostrare l’interesse del creditore all’adempimento e l’essenzialità del termine. Deve condividersi il richiamo alla giurisprudenza di
legittimità fatto dall’Ufficio di procura in relazione al seguente principio di diritto cui dare continuità: «Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Sez. 6-1, Ordinanza n. 5654 del 07/03/2017, Rv. 643989 – 01).
Infine, del tutto infondata è anche la censura di violazione dell’art.2697 c.c. in quanto nessuna inversione dell’onere della prova si è verificata.
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte contro ricorrente che liquida in euro 2100 più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione