Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15330 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15330 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 35477/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, c.f. CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso di loro nel loro studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, c.f. 00219800877, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliata in Roma presso l’AVV_NOTAIO nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 5571/2019 della Corte d’appello di Roma depositata il 13-9-2019,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22-52024 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO: appalto
R.G. 35477/2019
C.C. 22-5-2024
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE ha citato RAGIONE_SOCIALE avanti il Tribunale di Roma, chiedendo la risoluzione del contratto di fornitura di servizi di infrastruttura tecnologica e connesse funzionalità applicative concluso con la convenuta, per il suo grave inadempimento riferito ai difetti di funzionamento del sistema informatico tali da renderlo inidoneo all’espletamento delle sue funzioni; ha chiesto che la convenuta fosse condannata alla restituzione del corrispettivo versato pari a Euro 9.000,00 e in subordine che il prezzo fosse ridotto in ragione del minore valore dei servizi.
Si è costituita RAGIONE_SOCIALE, di seguito divenuta RAGIONE_SOCIALE, contestando la domanda e chiedendo in via riconvenzionale il pagamento dell’importo residuo dovuto per l’avviamento del servizio, nonché per il recesso illegittimo.
Escussi testimoni ed espletata c.t.u., con sentenza n. 1260/2015 depositata il 20-1-2015 il Tribunale ha rigettato la domanda principale e ha accolto la domanda riconvenzionale, condannando la società attrice a pagare a favore della società convenuta Euro 36.000,00 oltre iva, con la rifusione delle spese di lite.
2.RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, che la Corte d’appello di Roma con sentenza n. 5571/2019 depositata il 13 -9-2019 ha accolto, dichiarando risolto il contratto intercorso tra le parti, condannando RAGIONE_SOCIALE a restituire l’importo di Euro 9.000,00 già ricevuto e a rifondere le spese di lite di entrambi i gradi.
La sentenza ha considerato che, secondo quanto accertato dal consulente tecnico d’ufficio, le criticità nella fornitura si erano verificate con riguardo alla ‘velocità’ del collegamento internet e non era condivisibile l’affermazione del Tribunale secondo la quale la circostanza che RAGIONE_SOCIALE dovesse ‘provvedere al collegamento internet con le proprie sedi’ facesse risalire la
responsabilità in capo a questa società per l’inefficacia del collegamento internet; ciò perché tale collegamento era cosa diversa dal collegamento tra le sedi delle due società, che era quella che interessava in causa; con riguardo al problema della velocità del collegamento internet tra le sedi della due società, la committente era stata tranquillizzata con lo scambio di mail del 19 e 25 marzo 2010, non rendendosi conto la fornitrice che era proprio la lentezza del collegamento a rendere inefficace il servizio reso. Ha altresì escluso che la fornitrice avesse assolto ai suoi obblighi attraverso le clausole di stile contenute nel contratto, che non si riferivano al collegamento internet e, al contrario, indicavano la mancata conoscenza del problema da parte della fornitrice, la quale nel corso del rapporto aveva dimostrato di non avere correttamente valutato l’incidenza della velocità della connessione internet relativamente alla qualità del servizio fornito. Ha dichiarato che il difetto di conoscenze informatiche indispensabile per un ottimale funzionamento del sistema in capo al personale di RAGIONE_SOCIALE non era imputabile alla committente; ha dichiarato che la valutazione del consulente d’ufficio relativamente alla mancata indicazione da parte del fornitore al committente della necessità dell’installazione di un software Microsoft Office non si poteva ritenere ininfluente, alla luce della circostanza che la fornitrice si era obbligata a risolvere il problema mettendo a disposizione gratuitamente una propria postazione remota, perché ciò indicava che la fornitrice aveva cercato di porre rimedio nel corso del rapporto all’inadeguatezza del servizio fornito. Quindi ha concluso che si era verificato grave inadempimento da parte della fornitrice, tale da giustificare la risoluzione del contratto.
3.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 22-5-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo , intitolato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1334, 1373, 1453 e 1671 c.c., nonché degli artt. 113, 115, 324, 329, 342, 348bis c.p.c. in riferimento all’art. 360 co. 1 nn.3 e 4 c.p.c.’, la ricorrente dichiara che la sentenza del Tribunale era fondata su due autonome rationes decidendi , la prima relativa alla valutazione dei malfunzionamenti che non comportavano inadempimento e la seconda relativa al fatto che la committente aveva esercitato il recesso dal contratto nell’ottobre 2010, al di fuori delle ipotesi previste dal contratto stesso. La ric orrente rileva che l’appello n on aveva riguardato la parte della sentenza di primo grado secondo la quale era stato esercitato il recesso non giustificato da inadempienze della controparte e per tale ragione la committente doveva essere condannata a pagare il saldo dei corrispettivi; sostiene che si era formato il giudicato sul punto e per questo avrebbe dovuto essere dichiarata l’inammissibilità dell’appello .
1.1. Il motivo è infondato.
Sussiste il principio secondo il quale la nozione di ‘parte della sentenza’, alla quale fa riferimento l’art. 329 co. 2 cod. proc. civ. in tema di acquiescenza implicita e a cui si ricollega la formazione del giudicato interno identifica soltanto le ‘statuizioni minime’ costituite dalla sequenza fatto, norma, effetto, suscettibili di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia; ne consegue che
l’appello, motivato con riguardo a uno soltanto degli elementi della suddetta statuizione minima suscettibile di giudicato, apre il riesame sull’intera questione che essa identifica, ed espande nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene coessenziali alla statuizione impugnata, non siano stati coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (Cass. Sez. 2 28-9-2012 n. 16583 Rv. 624791-01, Cass. Sez. L 4-22016 n. 2217 Rv. 638957-01, Cass. Sez. 3 19-10-2022 n. 30728 Rv. 666050-01).
Nella fattispecie la stessa ricorrente allega che la sentenza di primo grado aveva dichiarato non solo che era stato esercitato il recesso al di fuori delle previsioni contrattuali che lo prevedevano, ma anche che il recesso non risultava giustificato da inadempienze della fornitrice; in questo modo la sentenza di primo grado aveva ritenuto la responsabilità della committente per avere esercitato il recesso nonostante la fornitrice non fosse inadempiente. La committente appellante aveva sostenuto con i suoi motivi di appello, accolti dalla sentenza impugnata, l’esistenza dell’inadempimento della fornitrice riferito ai gravi difetti di funzionamento dei servizi forniti; quindi era stata devoluta alla cognizione del giudice di appello la questione dell’inadempimento della fornitrice e, finch é quella questione rimaneva in discussione, evidentemente non poteva passare in giudicato la statuizione in ordine all’avvenuto recesso non giustificato da inadempienze della fornitrice. Infatti, nel momento in cui il giudice di appello ha accertato l’inadempimento della fornitrice, è necessariamente venuto meno il presupposto che aveva giustificato il recesso secondo il giudice di primo grado, indipendentemente dal fatto che fosse stata censurata anche la parte della sentenza che aveva ritenuto efficace il recesso.
2.Il secondo motivo è rubricato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 c.p.c., nonché 1362 c.c. in relazione all’art. 360 co.1 n. 5 c.p.c.’ e con esso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata abbia omesso di esaminare fatto decisivo oggetto di discussione e che non avrebbe consentito di riformare la sentenza di primo grado, riferito al dato che il contratto prevedeva a carico del committente la predisposizione non di un collegamento internet qualsiasi ma ‘a banda minima garantita’, ch e non era avvenuta.
2.1.Il motivo è infondato, dovendosi fare applicazione del principio secondo il quale il vizio di cui all’art. 360 co.1 n.5 cod. proc. civ. individua vizio relativo all’omesso esame di fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 62983101).
Nella fattispecie, il fatto di cui la ricorrente lamenta l’omesso esame è riferito al dato che la committente si fosse obbligata contrattualmente a predisporre collegamento internet con banda minima garantita e che fosse stata tale mancanza di collegamento a banda minima garantita ad avere determinato il malfunzionamento. Al contrario, tale fatto è stato esaminato dalla sentenza impugnata, laddove ha espressamente escluso che fosse l’inefficienza del collegamento internet predisposto dalla committente a essere causa dei malfunzionamenti. Infatti, la sentenza ha dichiarato di non condividere l’affermazione del Tribunale secondo la quale la circostanza che fosse contrattualmente previsto che la committente provvedesse al collegamento internet con le sue sedi facesse risalire a tale società la responsabilità per l’inefficienza del collegamento; ha spiegato che tale collegamento era cosa diversa dal collegamento tra la sede della committente e quella della fornitrice, che era il collegamento che
interessava per il malfunzionamento e con riguardo al quale la committente era stata tranquillizzata dalla fornitrice con lo scambio di mail del 19-15 marzo 2010, non rendendosi conto la fornitrice, al contrario, che era la lentezza di quel collegamento a rendere inefficace il servizio reso. Gli argomenti della ricorrente non sono volti a dimostrare che la lentezza del collegamento tra le sedi delle due società fosse determinato dal fatto che la committente non si fosse dotata di un collegamento ‘a banda minima garantita’ e in effetti la previsione contrattuale della quale la ricorrente lamenta l’omesso esame , come trascritta nel ricorso, prevedeva collegamento ‘con banda garantita’ tra ‘gli uffici della sede centrale del contraente’ e non tra il contraente e il fornitore. Infatti, la stessa sentenza impugnata, laddove ha accertato che la committente era stata tranquillizzata dalla fornitrice sulla questione della velocità del collegamento internet tra le sedi delle due società, indica che la fornitrice non aveva da imputare alcunché alla committente con riguardo a quel collegamento.
Quindi, poiché il fatto del quale la ricorrente lamenta l’omesso esame è stato preso in considerazione dalla sentenza impugnata, che ne ha escluso la rilevanza al fine dell’individuazione della causa dei malfunzionamenti del sistema e perciò della responsabilità della commi ttente, per il resto si rimane nell’ambito dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie, riservato al giudice di merito ed estraneo al perimetro del sindacato di legittimità.
3.Ne consegue che il ricorso deve essere integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente,
di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione