Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4268 Anno 2025
LAUDANO AMALIA
– intimata – avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  d’APPELLO  di  SALERNO  n. 289/2023 depositata il 9/03/2023.
Civile Ord. Sez. 3   Num. 4268  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19810/2023 R.G. proposto da :
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA al INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  NOME (CODICE_FISCALE)  che  la  rappresenta  e  difende  unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica in atti
– ricorrente –
contro
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 3/12/2024, dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME  COGNOME  intimò  sfratto  per  morosità,  per  mancato pagamento di sei canoni -da febbraio a luglio 2019 -ad NOME COGNOME quale conduttrice de ll’immobile , ad uso commerciale, adibito a panificio, sito in Maiori, da questa condotto il locazione in forza di contratto di sei anni stipulato nell’anno 2013  e ritualmente registrato, con previsione legale di rinnovazione sessennale.
La conduttrice non comparve in udienza dinanzi al Tribunale di Salerno e, in data 3/07/2019, provvide al versamento di sei canoni di locazione maggiorati dell’imposta di registro .
Lo sfratto non venne convalidato e il Tribunale fissò una nuova udienza per la comparizione delle parti, atteso che la notifica per la prima udienza non era stata rituale, per mancanza di idoneo termine a comparire.
NOME  COGNOME  riassunse,  quindi,  il  giudizio  e  il  Tribunale  di Salerno,  con  sentenza  n.  2763  del  20/09/2021,  pronunciò  la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento della conduttrice e la condannò al pagamento dei canoni scaduti e di quelli ancora a scadere.
La COGNOME propose impugnazione  avverso la sentenza del Tribunale e la Corte d’appello di Salerno, nel ricostituito contraddittorio  con  la  RAGIONE_SOCIALE,  ha,  con  sentenza  n.  289  del 9/03/2023, rigettato il gravame.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, affidato a un unico complesso motivo, NOME COGNOME.
NOME COGNOME è rimasta intimata.
Il ricorso è stato avviato a trattazione con proposta di definizione accelerata.
Il Consigliere delegato ha formulato proposta di inammissibilità dell’impugnazione .
R.g. n. 19810 del 2023; ad. 3/12/2024; estensore: COGNOME
La ricorrente ha chiesto la decisione nelle forme della trattazione ordinaria.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l’ odierna  adunanza camerale, per la quale il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni e la ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il  motivo  di  ricorso  deduce:  la  violazione  e  falsa  applicazione delle norme di cui agli artt. 1219, 1362, 1453, 1454 e 1455 c.c.; l’omesso  esame  circa  un  fatto  decisivo  per  il  giudizio  oggetto  di discussione tra le parti (le determinazioni e l’inerzia della locatrice osservate  nelle  precedenti  occasioni  di  ritardi  nell’adempimento dell’obbligazione di pagamento del canone da parte della conduttrice). Tanto ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c.
La  proposta  di  definizione  accelerata  è  del  seguente  testuale tenore:
«entrambi i motivi congiuntamente esaminabili sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 -bis c.p.c.; la Corte di merito ha deciso  conformemente  alla  consolidata  giurisprudenza  di  questa Corte  e  l’esame  dei  motivi  non  offre  elementi  per  confermare  o mutare l’orientamento della stessa; costituiscono invero jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte i seguenti principi:
─ il pagamento in corso di causa dei canoni di locazione scaduti, non  esclude  la  valutazione  da  parte  del  giudice  del  merito  della gravità dell’inadempimento del conduttore dedotto con l’intimazione di sfratto, specie quando l’inadempimento sia stato preceduto da altri prolungati, reiterati e ravvicinati ritardi nel pagamento del canone medesimo (Sez. 3, Sentenza n. 8550 del 10/08/1999, Rv. 529262 01);
─ l’inerzia del locatore nel richiedere il puntuale adempimento del  canone  rispetto  a  pur  reiterati  ritardi  del  conduttore  non  va interpretata alla stregua di un comportamento tollerante di
accondiscendenza  ad  una  modifica  contrattuale  del  termine  di pagamento,  non  potendo  una  condotta  così  equivoca  indurre  il conduttore a ritenere di essere autorizzato ad adempiere in base alla propria disponibilità (Sez. 3, Sentenza n. 30730 del 26/11/2019, Rv. 656228 – 02);
la Corte d’appello ne ha fatto coerente applicazione rispetto alla fattispecie concreta così come accertata in sentenza;
la  ricorrente,  nel  contestare  la  pertinente  evocazione  dei  detti principi, tende inammissibilmente a sollecitare una diversa ricognizione del fatto attraverso una nuova valutazione di merito;
la denuncia di omesso esame ex art. 360 n. 5 c.p.c., comunque generica e inosservante dell’onere di specifica indicazione degli atti e documenti richiamati, è inammissibile per la preclusione che deriva -ai sensi dell’art. 348 -ter, ultimo comma, cod. proc. civ. [come sostituito dall’art. 54, comma 1, lett. a), d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134] -dall’avere la Corte d’appello deciso in modo conforme alla sentenza di primo grado (c.d. doppia conforme), non avendo la ricorrente assolto l’onere in tal caso su di essa gravante di indicare le ragioni di fatto della decisione di primo grado ed in cosa queste si differenziavano da quelle poste a fondamento della decisione di appello (v. Cass. 22/12/2016, n. 26774; 06/08/2019, n. 20994; 15/03/2022, n. 8320);».
Il  Collegio  ritiene  che  le  censure  siano  tutte  inammissibili,  in quanto effettivamente le prospettazioni della ricorrente si limitano a richiedere un diverso apprezzamento o valutazione delle circostanze relative all’inadempimento, protrattosi per sei mesi e delle missive inviate dalla COGNOME alla COGNOME, al fine di trarne la conclusione che si trattava di un accordo tacito o quantomeno di un comportamento di tolleranza legittimante la ritardata corresponsione dei canoni.
La  Corte  d’appello  ha  richiamato  l’orientamento  di  legittimità secondo il quale, per le locazione di immobili adibiti a uso diverso da
quello  abitativo,  il  pagamento  dei  canoni  scaduti  non  preclude  la valutazione,  nel  corso  del  giudizio  successivo  all’intimazione  dello sfratto per morosità, dell’inadempimento in termini di gravità (Cass. n.  24460  del  18/11/2005  Rv.  584930 -01;  Cass.  n.  14527  del 11/10/2002 Rv. 557845 – 01), ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 1453 cod. civ.
Giova, peraltro, ribadire che secondo la giurisprudenza di questa Corte l ‘ir rilevanza della tolleranza del locatore nel ricevere in ritardo il canone di locazione al fine di escludere la qualificazione in termini di inadempimento rientra nell’ambito della discrezionalità del giudice di  merito  ed  è,  pertanto,  non  censurabile  utilmente  in  sede  di legittimità ove adeguatamente, come nella specie, motivata (Cass. n. 14240 del 08/07/2020 Rv. 658329 – 01).
La valutazione di inammissibilità delle censure proposte ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. è coerente alla giurisprudenza di questa Corte in tema di cd. doppia conforme, ai sensi dell’art. 348ter , commi 4 e 5 c.p.c., norma abrogata dall’art. 3, comma 26 del d.lgs. n. 149 del 10/10/2022 ma il cui contenuto precettivo è stato replicato dall’art. 360, quarto comma, c.p.c., come inserito dall’art. 3, comma 27, dello stesso d.lgs. n. 149 del 2022, applicabile nella specie, in forza dell’art. 35, comma 5, del detto d.lgs, che ne prescrive l’applicabilità ai ricorsi per cassazione notificati a decorrere dal 1/01/2023, quale quello qui in scrutinio.
La ricorrente, invero, non ha in alcun modo riportato circostanze di fatto diverse da quelle conformemente considerate dal Tribunale e dalla Corte d’appello , così come richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di cd. doppia conforme, già richiamata dalla proposta  di  definizione  accelerata  (da  ultimo:  Cass.  n.  8320  del 15/03/2022 Rv. 664432 – 01).
Il ricorso è, pertanto, inammissibile.
La  RAGIONE_SOCIALE  non  ha  svolto  attività  difensiva,  cosicché  alla dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione non può
conseguire una statuizione di condanna al pagamento di spese di lite che  non  sono  state  sostenute,  per  questa  fase  di  legittimità  e tantomeno una condanna ai sensi dell’art. 96, terzo comma, codice di  rito  processuale  civile,  che  presuppone,  oltre  alla  soccombenza anche che vi sia una parte costituita in cui favore riconoscere il danno da attività processuale pretestuosa.
La decisione da parte del Collegio è, come scritto, conforme alla proposta di definizione accelerata formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
La conformità è integrale: riguarda non solo l’esito del ricorso, inteso come dispositivo o formula terminativa della deliberazione, ma anche le ragioni che tale esito sostengono, cosicché la dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione comporta che sussistano i presupposti di cui all’art. 96, quarto comma, c.p.c., per la condanna della ricorrente al pagamento di una somma determinata come da dispositivo, in favore della Cassa delle ammende (Cass. n. 27947 del 4/10/2023 Rv. 669107 -01 e in precedenza Sez. U n. 27195 del 22/09/2023 Rv. 668850 -01) alla stregua dell’autonoma valenza precettiva del richiamo a tale ultima disposizione, contenuto nel citato art. 380bis , terzo comma, c.p.c., che si giustifica in funzione della finalità di disincentivare la richiesta di definizione ordinaria a fronte di una proposta di definizione accelerata (esigenza che sussiste anche nel caso di mancata costituzione dell’intimata).
La decisione di inammissibilità del ricorso comporta, infine, che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115  del  2002,  la  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese. Condanna la ricorrente al pagamento della somma di euro 1.000,00 in  favore della Cassa delle ammende, ai  sensi  dell’art.  96,  quarto comma, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competete Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il  ricorso,  a  norma  del  comma  1bis ,  dello  stesso  articolo  13,  se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Corte  di