Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16365 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16365 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
Oggetto: Compravendita – Inadempimento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 02908/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME presso il cui domicilio digitale è domiciliata ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME presso il cui domicilio digitale è domiciliata;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 2494/2019 della Corte d’Appello di Milano, pubblicata il 7/6/2019 e non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/2/2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE citò in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE onde ottenerne la condanna al pagamento della somma da questa ancora dovuta in base ad un contratto tra esse intercorso, avente ad oggetto la fornitura di due impianti di spruzzatura gel-coat e di un sistema di spruzzatura in bassa
pressione, con annesso, per ciascun impianto di spruzzatura gelcoat, pacchetto software per programmazione off-line.
Come risulta dal ricorso, la società RAGIONE_SOCIALE si costituì eccependo il ritardo dell’attrice nell’adempimento dell’obbligo di consegna degli impianti e del collaudo, chiedendo la risoluzione del contratto in ragione dell’inefficienza del software, siccome fornito solo in lingua inglese, nonostante la diversa pattuizione, e caratterizzato da inaccettabili tempi di sua programmazione, con conseguente legittimità della sospensione dei pagamenti.
Con sentenza dal 29/4/2016, il Tribunale di Sondrio, accertato l’inadempimento della società RAGIONE_SOCIALE e qualificato il contratto da essa stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE in termini di appalto, condannò la prima al pagamento, in favore della seconda, della somma di € 630.000,00, oltre rivalutazione e interessi.
Il giudizio di gravame, instaurato dalla società RAGIONE_SOCIALE, si concluse, nella resistenza della società RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 2494/2019, pubblicata il 07/06/2019, con la quale la Corte d’Appello di Milano respinse l’appello, provvedendo a qualificare il contratto in termini di compravendita e ritenendo insussistente l’inadempimento della venditrice in quanto i beni forniti erano idonei all’uso cui erano destinati.
Contro la predetta sentenza, la RAGIONE_SOCIALE, propone ricorso per cassazione affidato a sei motivi. RAGIONE_SOCIALE si difende con controricorso, illustrato anche con memoria.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la nullità delle sentenze o dei procedimenti davanti al giudice di primo grado e alla Corte territoriale, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc.
civ., per avere i giudici dei due gradi del giudizio deciso sulla base di una c.t.u. percipiente, espletata in primo grado e ritenuta decisiva, nonostante questa avesse esaminato tre CD rom che la difesa COGNOME aveva prodotto soltanto con la terza memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., anziché con la seconda, e, dunque, tardivamente, e che la difesa della ricorrente aveva disconosciuto ex art. 2712 cod. civ. Ad avviso della ricorrente, il vizio insanabile della prova in esame era evidenziato dal fatto che, alla sua stregua, era stato valutato positivamente l’esito del collaudo che era stato posto dalle parti a condizione del pagamento delle ultime traches del prezzo, per un importo di euro 630.000,00. 2. Col secondo motivo, alternativo al precedente, si lamenta la violazione degli artt. 115, 116, 153 e 183, sesto comma, cod. proc. civ., e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito e, prima ancora, il giudice di primo grado, omesso di rilevare d’ufficio e utilizzato, ai fini della decisione, una consulenza percipiente, le cui conclusioni erano fondate anche su materiale probatorio tardivamente prodotto (tre CD rom video prodotti dalla difesa COGNOME con la terza memoria di cui all’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., depositata il 24/06/2013 e considerata avere efficacia dirimente), senza considerare che la decadenza dalla produzione, foriera di nullità, poteva essere rilevata d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo e che la reputata realizzazione del collaudo, da parte della c.t.u., era fondata proprio su siffatti documenti.
3. Il primo e secondo motivo, da trattare congiuntamente in quanto afferenti al medesimo thema decidendum della tardività della produzione dei video di cui all’allegato n. 20 della terza memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., attestanti il funzionamento del software collegato al macchinario fornito e asseritamente posti a fondamento della decisione, siccome esaminati dal c.t.u., ora
affrontata in termini di nullità della sentenza, ora di violazione di legge, sono inammissibili.
Occorre in primo luogo evidenziare come la questione della tardività della produzione dei CD rom, prospettata nelle censure, non risulti in alcun modo trattata nella sentenza impugnata, né, prima ancora, delineata tra le censure proposte in sede d’appello, con la conseguenza che la stessa non può essere proposta davanti a questa Corte, atteso che la violazione del regime delle preclusioni di cui all’art. 183 cod. proc. civ. può essere rilevata d’ufficio dal giudice per tutta la durata del grado in cui si verifica, ma non anche nel grado successivo, giacché la regola di cui all’art. 157, terzo comma cod. proc. civ. – secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente – non opera per il medesimo arco temporale, concernendo le sole nullità determinate dal comportamento della parte, ma che non siano rilevabili d’ufficio, ed inoltre giustificandosi la mancata operatività di detta disposizione fino a quando il potere officioso del giudice sussista e sia esercitabile come quello della parte (in questi termini Cass., Sez. 3, 27/7/2021, n. 21529, che, in applicazione del suddetto principio, ha accolto il ricorso della parte che – nell’inerzia dell’avversario lamentava l’indebito rilievo d’ufficio, da parte del giudice d’appello, della tardiva produzione di documenti decisivi per il giudizio, erroneamente ritenuti “inutilizzabili”; anche Cass., Sez. 3, 30/8/2018, n. 21381).
Va peraltro osservato come le censure non attingano neppure tutte le argomentazioni poste dai giudici a fondamento della reiezione della domanda di risoluzione del contratto del 2008, qualificato come vendita, avendo essi escluso che i beni forniti fossero inidonei all’uso cui erano destinati, sia in quanto la stessa appellante aveva circoscritto la doglianza al software e non agli impianti, sia in
quanto conduceva a tale risultato la stessa descrizione dei vizi lamentati (‘scarsa compatibilità con il ciclo produttivo delle imbarcazioni marchio Cranchi, richiedendo tempi di programmazione eccessivamente lunghi e non normali’), sia in quanto l’acquirente aveva accettato la fornitura allorché, senza porre in dubbio la debenza della somma di euro 630.000,00, a fornitura già da tempo avvenuta, si era accordata, il 26/1/2012, con la venditrice affinché il relativo pagamento venisse condizionato all’avvio, da parte di quest’ultima, di un corso di formazione del personale sull’uso degli impianti.
Costituendo allora l’accertamento del funzionamento degli impianti operato dal c.t.u. soltanto uno degli elementi posti a fondamento della reiezione della domanda di risoluzione, appare evidente come la mancata impugnazione anche degli altri renda privo di interesse l’esame della correttezza dell’operato del c.t.u.
Infatti, qualora la sentenza del giudice di merito si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni determina l’inammissibilità, per difetto di interesse, anche del gravame proposto avverso le altre, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulla ratio decidendi non censurata, con la conseguenza che la sentenza impugnata resterebbe, pur sempre, fondata su di essa (Cass., Sez. I, 18 aprile 1998, n. 3951; Cass., Sez. 2, 30/3/2022, n. 10257).
4.1 Con il terzo motivo di ricorso è lamentato l’omesso esame di una pluralità di fatti storici decisivi per il giudizio che se esaminati avrebbero determinato la Corte a decidere diversamente ovvero la violazione degli artt. 115, 116 e 196 cod. proc. civ. e 1453, 1455 e 1460 cod. civ, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., avendo i giudici omesso di considerare 1)
l’ottimizzazione del software alle esigenze del COGNOME; 2) i tempi inaccettabili di lavorazione; 3) redazione in lingua inglese delle istruzioni.
Quanto al primo punto, i giudici avevano affermato che i difetti lamentati risultavano riferirsi non agli impianti, ma al software necessario per il loro impiego, e reputato sufficiente, per il fine voluto, che il software fosse standard e non, invece, ottimizzato sul campo, ossia programmato correttamente per consentire ai robot di svolgere la loro funzione di lavorazione di spruzzatura di manufatti di grandi dimensioni, senza considerare che nessuna rilevanza poteva attribuirsi all’assenza di vizi del software fornito, essendo dirimente la sua conformità alle esigenze dell’acquirente.
Quanto al secondo punto, i giudici avevano omesso di valutare l’importanza dei tempi di lavorazione garantiti dagli impianti forniti, i quali consentivano di effettuare in tre mesi ciò che invece si sarebbe potuto fare in otto ore, e avevano anche omesso di disporre c.t.u. al riguardo, senza neppure motivare le ragioni della reiezione, nonostante lo stesso c.t.u., pur avendo considerato il collaudo svolto, come evincibile dal video prodotto dalla controparte, non ne avesse potuto attestare l’esito positivo, né fosse stato incaricato perché vi provvedesse lui stesso. Peraltro, i giudici non avevano neppure specificato i motivi per i quali il difetto del software non potesse determinare l’inettitudine degli impianti commissionati a svolgere il lavoro a cui erano destinati in tempi accettabili, né avevano considerato che il c.t.u. non aveva neppure visionato l’apparecchio in funzione.
Quanto al terzo punto, infine, nessuna delle due sentenze di merito aveva valutato il fatto che le istruzioni della fornitura di software off-line fossero in inglese e non in italiano, come prescritto, invece, dalla Direttiva CEE 98/37/CE.
4.2 Il terzo motivo è inammissibile.
Infatti, ne ll’ipotesi di c.d. «doppia conforme», prevista dall’art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (per tutte, Cass., Sez. 5, 18/12/2014, n. 26860; Cass., Sez. 5, 11/05/2018, n. 11439; Cass., sez. 1, 22/12/2016, n. 26774; Cass., sez. L., 06/08/2019, n. 20994).
Il mancato adempimento, nella specie, di tale incombente determina l’inammissibilità della censura.
5.1 Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1353, 1362 e ss., 1372, 1460, 2697 e 2702 cod. civ., nonché degli artt. 61, 62, 191, 194, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché, a fronte di un contratto, quello del 15/12/2008, che condizionava il pagamento del saldo del prezzo all’espletamento positivo del collaudo, da effettuarsi in contraddittorio con la direzione dei lavori e da documentare in un verbale, e in assenza del quale non poteva insorgere alcun credito della controparte, i giudici avevano colmato la lacuna probatoria della controparte affidandosi alle considerazioni sul punto del c.t.u., tratte da quattro filmati tardivamente prodotti e dal contenuto
frammentario, oltreché unilateralmente realizzato in circostanze ignote.
5.2 Il quarto motivo è altrettanto inammissibile.
È, infatti, noto che, secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018), qualora una determinata questione giuridica che (come quella in esame) implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere (rimasto, nella specie, inadempiuto) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa. (Cass., Sez. 2, 25/1/2023, n. 2261).
6.1 Con il quinto motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1362 e ss., 1460, 1988 e 2697 cod. civ. e 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito interpretato l’accordo stipulato dalle parti in data 26/01/2012 in termini di riconoscimento di debito unicamente in capo alla società RAGIONE_SOCIALE omettendo di ravvisare che, nella predetta scrittura, era stata dedotta anche una controprestazione a carico di RAGIONE_SOCIALE, di cui, a fronte delle contestazioni avanzate, non era stato dimostrato l’adempimento, con la conseguenza che si era determinata ingiustamente l’inversione dell’onere della prova. La predetta scrittura, infatti, subordinava il pagamento ad una controprestazione (il corso di istruzione), il cui inadempimento ne avrebbe determinato la sospensione. Peraltro, i giudici avevano
trascurato quanto dedotto e dimostrato circa le contestazioni sulla fornitura avanzate successivamente a quell’accordo dall’acquirente nei confronti della venditrice, con la conseguenza che erroneamente avevano tratto dalla suddetta scrittura il convincimento che la società acquirente avesse accettato la fornitura.
6.2 Il quinto motivo è inammissibile.
La doglianza non è, infatti, correlata al contenuto della decisione impugnata, non soltanto perché i giudici, differentemente da quanto lamentato, hanno chiaramente detto che il pagamento del compenso di euro 630.000,00 era stato subordinato dalle società, con la scrittura del 26/1/2012, all’espletamento di un corso di istruzione circa l’uso degli impianti, cui si era obbligata la venditrice, ma anche perché il richiamo a tale documento, intervenuto diversi anni dopo l’ultima prestazione, concordata nel 2008 ed espletata nel 2009, è servito ai giudici per affermare che l’acquirente aveva mostrato con la stessa di avere accettato la fornitura ricevuta, non avendo messo in dubbio l’obbligo, su di essa gravante, di pagare il prezzo, che era stato condizionato ad una prestazione diversa.
Ciò comporta l’inammissibilità della censura, atteso che l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata; queste ultime, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che non rispetti questo requisito; in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un
“non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 , primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (Cass., Sez. 3, 14/2/2022, n. 4678; Cass., Sez. 3, 31/8/2017, n. 6496, Cass., Sez. 3, 31/8/2015, n. 17330, Cass., Sez. 3, 11/1/2005, n. 359; Cass., Sez. 1, 14/11/2023, n. 31670).
Sono, peraltro, inammissibili anche le ulteriori questioni prospettate con la censura, ossia quelle riconducibili alla mancata considerazione, da parte della Corte territoriale, dell’ulteriore carteggio che era intercorso tra le parti nel periodo successivo al 2012, posto che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. (Cass., Sez. 1, 13/6/2024, n. 16583).
Tale decisività non può però attribuirsi alle lettere di contestazione inviate successivamente dalla società acquirente a quella alienante, posto che il senso del richiamo all’accordo del 2012 era correlato, nell’impianto argomentativo dei giudici, alla reputata idoneità del bene compravenduto all’uso cui era destinato, di cui l’accettazione della società costituiva una mera conferma.
7.1 Con il sesto motivo di ricorso si lamenta, infine, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2712 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., per avere i giudici di merito attribuito valore di prova piena ai video o prodotti con i CD rom allegati, quali documenti nn. 19 e 20, rispettivamente alle memorie nn. 2 e 3 ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., dalla difesa RAGIONE_SOCIALE, nonostante il loro disconoscimento circa la conformità dei fatti, avendo la ricorrente
contestato, all’udienza di ammissione dei mezzi istruttori e anche in appello, che quei video ritraessero operazioni di collaudo. Ad avviso della ricorrente, i giudici avevano, dunque, erroneamente applicato l’art. 2712 cod. civ., essendo la riproduzione fotografica idonea ad assumere valore probatorio solo quando risulti conforme al fatto allegato ed emerga da essa il dato temporale, allorché il fatto attenga a circostanze di luogo e di tempo.
7.2 La sesta censura è inammissibile.
Come già osservato con riguardo al motivo che precede, la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 n. 4) cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio» (Cass. 7/9/2017, n. 20910; Cass. 3/7/2020, n. 13735; sull’argomento, Cass. 12/1/2024, n. 1341, secondo cui «il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un ‘non motivo’ del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ.»; anche Cass. 9/4/2024, n. 9450).
Nella specie, i giudici di merito non hanno affatto affrontato la questione legata al collaudo degli impianti compravenduti, con la conseguenza che la stessa non ha alcuna attinenza rispetto alla decisione, ciò che ne comporta l’inammissibilità.
8. In conclusione, dichiarata l’inammissibilità di tutti i motivi, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico della ricorrente.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda